Cicerone - Pro Sestio

III - Probità di Publio Sestio

 [...] Duxit uxorem patre vivo optumi et calamitosissumi viri filiam, L. Scipionis. Clara in hoc P. Sesti pietas extitit et omnibus grata, quod et Massiliam statim profectus est, ut socerum videre consolarique posset fluctibus rei publicae expulsum, in alienis terris iacentem, quem in maiorum suorum vestigiis stare oportebat, et ad eum filiam eius adduxit, ut ille insperato aspectu complexuque si non omnem at aliquam partem maeroris sui deponeret, et maximis praeterea adsiduisque officiis et illius aerumnam, quoad vixit, et filiae solitudinem sustentavit. Possum multa dicere de liberalitate, de domesticis officiis, de tribunatu militari, de provinciali in eo magistratu apstinentia; sed mihi ante oculos obversatur rei publicae dignitas, quae me ad sese rapit, haec minora relinquere hortatur. [...]

[...] Quando il padre era ancora in vita, sposò la figlia dell’uomo migliore e più dannoso, Lucio Scipione. La pietà di Publio Sestio in questo si mostrò chiara e gradita a tutti, sia perché andò subito a Marsiglia, per poter vedere e consolare il suocero, che giaceva in terre straniere, esiliato a causa di moti popolari allo stato, a cui sarebbe convenuto seguire le orme dei propri antenati, sia perché gli condusse sua figlia, affinché quello grazie all’inattesa vista e alla comprensione abbandonasse se non tutto ma almeno una parte del suo dolore, sia inoltre perché sostenne con i servizi più grandi e assidui il travaglio di quello finché visse, e la solitudine della figlia. Posso dire molte cose sulla generosità, gli impegni domestici, il tribunato militare, la moderazione provinciale in quella magistratura; ma mi si presenta davanti agli occhi la dignità dello stato, che mi spinge a se (e che mi) esorta a lasciare queste cose di minor conto. [...]