Cicerone - De Officis
Liber I

CV

Sed pertinet ad omnem officii quaestionem semper in promptu habere, quantum natura hominis pecudibus reliquisque beluis antecedat; illae nihil sentiunt nisi voluptatem ad eamque feruntur omni impetu, hominis autem mens discendo alitur et cogitando, semper aliquid aut anquirit aut agit videndique et audiendi delectatione ducitur. quin etiam, si quis est paulo ad voluptates propensior, modo ne sit ex pecudum genere (sunt enim quidam homines non re, sed nomine) sed si quis est paulo erectior, quamvis voluptate capiatur, occultat et dissimulat appetitum voluptatis propter verecundiam.

In tutto il problema relativo al dovere conviene tenere sempre presente quanto la natura umana sia superiore a quella delle bestie e degli altri bruti; quelle non avvertono se non il piacere e vi sono trascinate d'impeto, la mente umana invece si alimenta di nozioni e di pensieri, cerca o fa sempre qualche cosa, è spinta dal diletto di vedere e di udire. Che anzi, se c'è qualcuno un po' incline ai piaceri, purché non sia una bestia, poiché vi sono taluni uomini solo di nome non di fatto, ma anche che guardi un po' più in alto, sebbene preso dalla sensualità, nasconde e dissimula il suo desiderio di piacere per vergogna.

CVI

Ex quo intellegitur corporis voluptatem non satis esse dignam hominis praestantia eamque contemni et reici oportere, sin sit quispiam, qui aliquid tribuat voluptati, diligenter ei tenendum esse eius fruendae modum. Itaque victus cultusque corporis ad valitudinem referatur et ad vires, non ad voluptatem. Atque etiam, si considerare volumus, quae sit in natura excellentia et dignitas, intellegemus, quam sit turpe diffluere luxuria et delicate ac molliter vivere, quamque honestum parce, continenter, severe, sobrie.

Dal che si capisce che il diletto carnale non è abbastanza degno della superiorità dell'uomo, e che bisogna rigettarlo e tenerlo in dispregio; se poi c'è qualcuno che fa delle concessioni ai piaceri, si comprende che deve tenere una certa misura nel godere. Così il vitto e la cura del corpo si commisurino alla salute ed alle forze, non già al piacere. Ed anche se vogliamo considerare quale eccellenza e dignità siano nella nostra natura intenderemo come sia vergognoso guazzare nel lusso e vivere con ogni raffinata mollezza, e quanto onesta invece una vita frugale, moderata, continente, severa e sobria.

CXXXIV - Come si deve condurre una conversazione

Sit ergo hic sermo, in quo Socratici maxime excellunt, lenis minimeque pertinax, insit in eo lepos. Nec vero, tamquam in possessionem suam venerit, excludat alios, sed cum reliquis in rebus tum in sermone communi vicissitudinem non iniquam putet. Ac videat in primis, quibus de rebus loquatur, si seriis, severitatem adhibeat, si iocosis leporem. In primisque provideat, ne sermo vitium aliquod indicet inesse in moribus; quod maxime tum solet evenire, cum studiose de absentibus detrahendi causa aut per ridiculum aut severe, maledice contumelioseque dicitur.

Sia dunque questo il linguaggio della conversazione, in cui si distinguono massimamente i socratici, leggero e niente affatto arrogante, vi sia in esso grazia; né, invero, come è entrato in suo possesso, escluda gli altri, ma come negli altri casi così nel linguaggio comune non reputi invano il parlare uno per volta; e soprattutto veda di quali cose si parla, se serie, ricorra alla serietà, se leggere, alla facezia; e soprattutto faccia in modo che la conversazione non dichiari che c'è qualche vizio nei costumi; cosa che massimamente tanto suole accadere quanto si parla male e oltraggiosamente degli assenti a bella posta a scopo di denigrazione o in tono scherzoso o seriamente.

CXXXV

Habentur autem plerumque sermones aut de domesticis negotiis aut de re publica aut de artium studiis atque doctrina. Danda igitur opera est, ut, etiamsi aberrare ad alia coeperit, ad haec revocetur oratio, sed utcumque aderunt; neque enim isdem de rebus nec omni tempore nec similiter delectamur. Animadvertendum est etiam, quatenus sermo delectationem habeat, et ut incipiendi ratio fuerit, ita sit desinendi modus.

Ma si tengano per lo più conversazioni o sugli affari privati, o sullo stato o sugli studi delle arti o sulla dottrina. Dunque bisogna fare in modo che, sebbene abbia iniziato a passare ad altro argomento, il discorso sia ricondotto a queste cose, ma secondo il gusto dei presenti; infatti non ci dilettiamo né delle medesime cose né in ogni momento, né allo stesso modo. Bisogna anche vedere fino a che punto la conversazione procuri diletto, e come c'è stato un modo di incominciare, così ci sia un modo di finire.