Cicerone - De lege Agraria
Oratio II

VIII

Ego quidem kalendis Ianuariis acceperim rempublicam, Quirites, intellego, plenam sollicitudinis, plenam timoris, in qua nihil erat mali, nihil adversi, quod boni non metuerant, improbi non exspecterant [...].

Io capisco, o Quiriti, quale Stato io abbia preso in mano il primo gennaio, pieno di affanni, pieno di paura, nel quale con c'era nessun male, nessun'avversione che glio onesti non temessero e i disonesti non aspettassero [...].

IX - Il programma di governo del console Cicerone

Quae cum ego non solum suspicarer, sed plane cernerem - neque enim obscure gerebantur - dixi in senatu in hoc magistratu me popularem consulem futurum. Quid enim est tam populare quam pax? qua non modo ei quibus natura sensum dedit sed etiam tecta atque agri mihi laetari videntur. Quid tam populare quam libertas? quam non solum ab hominibus verum etiam a bestiis expeti atque omnibus rebus anteponi videtis. Quid tam populare quam otium? quod ita iucundum est ut et vos et maiores vestri et fortissimus quisque vir maximos labores suscipiendos putet, ut aliquando in otio possit esse, praesertim in imperio ac dignitate. Quin idcirco etiam maioribus nostris praecipuam laudem gratiamque debemus, quod eorum labore est factum uti impune in otio esse possemus. Qua re qui possum non esse popularis, cum videam haec omnia, Quirites, pacem externam, libertatem propriam generis ac nominis vestri, otium domesticum, denique omnia quae vobis cara atque ampla sunt in fidem et quodam modo in patrocinium mei consulatus esse conlata?

Ed io, non solo sospettanto queste cose, ma vedendo(le) chiaramente - e infatti non accadevano di nascosto -, ho detto in senato che in questa carica sarei stato console del popolo. E infatti cosa c'è di tanto popolare quanto la pace? E mi sembra che non solo quelli ai quali la natura ha dato la percezione, ma anche tetti e campi si rallegrino di questa. Che c'è di tanto popolare quanto la libertà? E vedete che essa e ricercata non solo dagli uomini, ma anche dalle bestia e che è anteposta a tutte le (altre) cose. Che c'è di tanto popolare che la tranquillità? Ed essa è così allegra che sia voi che i vostri antenati e tutti gli uomini più forti pensano che bisogna sobbarcarsi le fatiche più grandi affinché una buona volta si possa stare in tranquillità, specialmente (gli uomini impegnati) nel comando e nella dignità (= i più prestigiosi). Che perciò anzi dobbiamo una lode precipua ai nostri antenati perché grazie alla loro fatica è avvenuto che noi possiamo stare tranquillamente in pace. Pertanto come posso non essere dalla parte del popolo, vedendo che tutte queste cose, Quiriti, (e cioè) la pace esterna, la libertà propria della vostra stirpe e del (vostro) nome, la tranquillità interna e infine tutte le cose che vi sono care e importanti, sono state portate in garanzia e in qualche modo tutela del mio consolato?