Cicerone - In Verrem
Oratio II
Liber IV: De Signis

LXVI - Antioco è derubato del candelabro

Rex primo nihil metuere, nihil suspicari; dies unus, alter, plures; non referri. Tum mittit, si videatur, ut reddat. Iubet iste posterius ad se reverti. Mirum illi videri; mittit iterum; non redditur. Ipse hominem appellat, rogat ut reddat. Os hominis insignemque impudentiam cognoscite. Quod sciret, quod ex ipso rege audisset in Capitolio esse ponendum, quod Iovi Optimo Maximo, quod populo Romano servari videret, id sibi ut donaret rogare et vehementissime petere coepit. Cum ille se et religione Iovis Capitolini et hominum existimatione impediri diceret, quod multae nationes testes essent illius operis ac muneris, iste homini minari acerrime coepit. Vbi videt eum nihilo magis minis quam precibus permoveri, repente hominem de provincia iubet ante noctem decedere; ait se comperisse ex eius regno piratas ad Siciliam esse venturos.

Il principe in un primo momento non nutriva alcun timore, non sospettava nulla; un giorno, due giorni, più giorni; non veniva riconsegnato. Allora manda qualcuno affinché Verre restituisca il candelabro, se gli sembrerà opportuno. Costui ordina di ritornare più tardi. Al principe la cosa sembra strana; manda qualcun altro; non viene restituito. Si rivolge personalmente al (nostro) uomo, lo prega affinché lo restituisca. Prendete ora atto della faccia tosta di questo individuo e della (sua) e straordinaria impudenza. Ciò che egli sapeva, ciò che dallo stesso principe aveva udito che doveva essere messo in Campidoglio, ciò che appariva essere conservato per Giove Ottimo Massimo e per il popolo romano, cominciò a pregare e richiedere insistentemente che (Antioco) glielo donasse. Dato che quello diceva che egli era frenato dal rispetto religioso di Giove Capitolino e dalla stima degli uomini, poiché molte nazioni erano testimoni di quell'opera d'arte e di quel dono, costui cominciò a minacciare l'uomo con decisione. Appena vede che quello non si lascia affatto smuovere dalle minacce più che dalle preghiere, subito ordina che quell'uomo si allontani prima della notte dalla provincia; dice di essere venuto a sapere che dal suo regno stavano per arrivare i pirati verso la Sicilia.

LXVII - Antioco cacciato dalla Sicilia

Rex maximo conventu Syracusis in foro, ne quis forte me in crimine obscuro versari atque adfingere aliquid suspicione hominum arbitretur,--in foro, inquam, Syracusis flens ac deos hominesque contestans clamare coepit candelabrum factum e gemmis, quod in Capitolium missurus esset, quod in templo clarissimo populo Romano monumentum suae societatis amicitiaeque esse voluisset, id sibi C. Verrem abstulisse; de ceteris operibus ex auro et gemmis quae sua penes illum essent se non laborare, hoc sibi eripi miserum esse et indignum. Id etsi antea iam mente et cogitatione sua fratrisque sui consecratum esset, tamen tum se in illo conventu civium Romanorum dare donare dicare consecrare Iovi Optimo Maximo, testemque ipsum Iovem suae voluntatis ac religionis adhibere. Quae vox, quae latera, quae vires huius unius criminis querimoniam possunt sustinere? Rex Antiochus, qui Romae ante oculos omnium nostrum biennium fere comitatu regio atque ornatu fuisset, is cum amicus et socius populi Romani esset, amicissimo patre, avo, maioribus, antiquissimis et clarissimis regibus, opulentissimo et maximo regno, praeceps provincia populi Romani exturbatus est.

Il principe, con il massimo affollamento, a Siracusa, nel foro, - perché nessuno per caso pensi che io mi occupo di un capo d'accusa non accertato e invento dei particolari sulla base di un semplice sospetto nei confronti di Verre e del principe - nel foro, dicevo, a Siracusa piangendo e chiamando testimoni gli dei e gli uomini, cominciò a strillare che il candelabro fatto di pietre preziose e gemme, che avrebbe voluto mandare sul Campidoglio, che avrebbe voluto che in quello nobilissimo tempio fosse segno tangibile della sua alleanza ed amicizia per il popolo romano, Caio Verre l'aveva portato via; intorno alle altre opere d'arte, fatte di oro e di gemme, che, pur essendo sue, si trovavano in mano a Verre, disse che egli non si preoccupava. Disse invece che il fatto che gli fosse stato rubato questo (candelabro) era una cosa miserevole e indegna. Questo sebbene fosse già stato precedentemente offerto in voto per proposito e decisione sua e di suo fratello, in quel momento egli, dinanzi a quella folla di cittadini romani, lo dava, lo donava, lo dedicava, lo consacrava a Giove Ottimo Massimo e chiamava come testimonio della sua volontà e del suo sacro impegno lo stesso Giove. Quale voce, quali polmoni, quali forze possono sostenere i lamenti di un solo delitto? Il principe Antioco, che pure era stato a Roma per quasi due anni, davanti agli occhi di tutti noi, accompagnato da una scorta e da un apparato veramente regali, benché egli fosse amico e alleato del popolo romano, figlio e nipote di re a noi molto amici, discendente di tre antichissime e illustri, erede di un regno molto ricco e vasto precipitosamente fu espulso dalla provincia del popolo romano.