Anna Freud, figlia del fondatore della
psicoanalisi Sigmund Freud, nacque a Vienna nel 1895 e morì a Londra nel
1982. Nel 1922 entra a far parte della Società psicoanalitica di Vienna e, per
il suo interesse rivolto all'analisi infantile, nel 1937 organizzò a Vienna il
primo asilo per bambini poveri con intenti psicoanalitici. Trasferitasi con il
padre in Inghilterra, fu direttrice dell'Hampstead Child Therapy Clinic di
Londra, grande istituto terapeutico, ma anche laboratorio di osservazione e
verifica della coerenza della teoria psicoanalitica classica. I dati clinici
raccolti in quest'istituto furono resi pubblici nell'Hampstead Index loro
monumentale raccolta ragionata. La sua opera più nota è senza dubbio "L'Io e i
meccanismi di difesa" (1936) che ha svolto un'influenza profonda sulla
psicoanalisi post-freudiana.
Altre opere sono "Normalità e pedagogia
nell'età infantile" (1965); "Difficoltà della psicoanalisi: confronto tra punti
di vista passati e presenti" (1968).
Anna Freud sposta il suo interesse dall'Es
all'Io, dall'analisi delle pulsioni a quella delle difese, ritenendo
contraddittoria la teoria del padre sulle funzioni dell'Io (prima differenza con
Sigmund Freud) per cui queste rimangono ancora indefinite.
Così, negli anni
Trenta, con Anna Freud cade la Psicologia del profondo sostenuta dal
padre, e si ha la nascita della Psicologia dell'Io. Ella stessa dice:
"L'accresciuta attenzione prestata all'Io durante il processo terapeutico
pose fine al periodo in cui l'analisi veniva considerata esclusivamente come
psicologia del profondo e l'analisi diventa analisi della personalità
totale nel vero senso del termine".
Anna Freud è stata una delle principali studiose di psicoanalisi infantile sia dal punto di vista terapeutico, sia teorico. I temi specifici del suo lavoro sono in sintesi:
La terapia di Anna Freud, rivolta ai soggetti
in età evolutiva, si scontra immediatamente con l'esperienza analoga di
Melanie Klein, un'altra studiosa di psicoanalisi infantile. Infatti, la
Klein aveva sostenuto che l'analisi può eliminare o ridurre tutti i disturbi
psichici del bambino. Invece Anna Freud, molto più critica e prudente, si
interroga sui vantaggi e gli svantaggi di un'analisi precoce e ritiene
necessario limitare la terapia analitica solo ai casi di vera e propria nevrosi
infantile. L'aspetto diagnostico, trascurato dalla psicoanalisi degli adulti,
diviene, in questo contrasto tra le due donne, centrale: nel caso della Klein si
comprende la normalità tramite la patologia, nel caso di Anna Freud, invece,
avviene il contrario, cioè il punto di partenza è la conoscenza del processo
evolutivo normale.
Inoltre il rapporto psicoanalisi infantile-pedagogia è
individuato nei seguenti punti fondamentali:
In altre parole l'aspetto pedagogico ha una finalità riparativa perché tende a riparare i danni inflitti al bambino nel corso del processo educativo.
Anna Freud mette in evidenza la
differenza tra la terapia analitica degli adulti e quella infantile scontrandosi
di nuovo con Melanie Klein. Anna Freud contrariamente alla Klein, che ritiene
superfluo un periodo preliminare di preparazione all'analisi, ritiene che sia
necessario un periodo preliminare all'analisi vera e propria volto a rendere il
bambino "analizzabile". Tutto ciò perché le differenze tra l'analisi
infantile e quella adulta coincidono con la particolare modalità con cui il
bambino entra nel rapporto terapeutico. Bisogna essere cauti perché molto spesso
il bambino non sa di costituire un problema, non è lui che decide di partecipare
alla terapia, ma sono i genitori che decidono per lui valutando la sua
"cattiveria" in rapporto al loro livello di tolleranza. Nel bambino
mancano, inoltre, tutti quegli elementi che sono alla base del rapporto
terapeuta-paziente adulto: la comprensione della malattia, il desiderio di
guarire, la decisione di curarsi.
Sigmund Freud aveva individuato quattro
elementi dell'analisi adulta: storia personale,
interpretazione dei sogni, delle libere associazioni e del transfert.
Sua figlia di questi ritiene che il più
facilmente trasferibile nell'analisi infantile sia l'interpretazione dei
sogni, perché il
bambino non ha ancora sviluppato la razionalità dell'adulto e il
disegno è lo
strumento di analisi infantile migliore.
La Klein, invece, ha sistematizzato
la tecnica di osservazione psicoanalitica dei bambini fondandola nell'analisi
del gioco infantile. La Klein sostiene, infatti, che gli elementi del gioco sono
paragonabili alle libere associazioni dell'adulto in trattamento terapeutico e
stabilisce, in questo modo, un'analogia tra l'analisi adulta e quella infantile.
Secondo Anna Freud, invece, gli elementi del gioco non hanno valore
significativo come le libere associazioni dell'adulto. Queste ultime, infatti,
si verificano nel contesto del transfert analitico e sono guidate dalla consapevolezza della
necessità di guarire mediante il trattamento terapeutico; il
gioco invece è spontaneo e naturale e non implica
la coscienza di essere sottoposti a trattamento terapeutico.
L'analista non si può porre al posto del genitore senza provocare delle interferenze pericolose, ma può tutt'al più prendere il posto dell'Ideale dell'Io. Nonostante ciò la funzione del terapeuta è quella di decidere quali delle pulsioni infantili possono essere soddisfatte e quali debbano essere condannate.
Poiché il mondo esterno, la famiglia, costituiscono una parte fondamentale nella vita del bambino e poiché il suo Super-io si basa ancora sull'amore di coloro che lo dirigono, per la prima volta con Anna Freud viene introdotta la necessità di una terapia familiare, di analizzare cioè anche i genitori in modo da ottenere la loro collaborazione. Ma Anna valuta anche gli eventuali rischi di istituzionalizzazione. Quindi ella cerca di sensibilizzare genitori, medici, insegnanti a cogliere i bisogni dei bambini prima che l'indifferenza degli adulti li trasformi in sintomi. È importantissima l'educazione familiare, e, in accordo con suo padre, Anna ritiene che essa debba situarsi a metà strada tra autorità e permissività.
Nel libro "L'Io e i meccanismi di
difesa", scritto nel 1936, Anna Freud si occupa, come lei stessa dice:
"dei modi e dei metodi con i quali l'Io respinge il dispiacere e l'angoscia
ed esercita un controllo sul comportamento impulsivo, sugli impulsi e sui moti
pulsionali".
Dunque l'Io diventa l'oggetto, lo strumento di
indagine, ma è anche un infido alleato della terapia perché se da una
parte fa proprie le esigenze di guarigione, dall'altra si oppone alla
destrutturazione degli argini che ha interposto alle richieste pulsionali ed
alla cancellazione del sintomo che funziona anche in modo
egosintonico.
I meccanismi di difesa sono messi in moto da tre tipi di angoscia che colpiscono l'Io: di fronte alla morale, alla realtà e alle pulsioni. Negli adulti si possono manifestare tutti e tre i tipi, invece nei bambini, data la loro impossibilità di modificare la realtà, le costruzioni dell'Io possono volgersi verso pericoli esterni, angosce reali e per questo bisogna che il bambino scinda i fattori reali da quelli creati dalla fantasia. Ciò può rendere più sopportabile l'angoscia ma non bisogna escludere la funzione fondamentale del genitore e dell'adulto in generale, che deve contribuire a rendere migliori le condizioni di vita del bambino.
Lo scopo dell'Io è quello di armonizzare le
esigenze dell'Es, del Super-io e del mondo esterno. Noi non cogliamo il lavoro
dei meccanismi di difesa ma possiamo dedurlo dai risultati.
Per
esempio:
Atteggiamenti come la vergogna, il disgusto e
la pietà sono il risultato di lotte contro l'esibizionismo, l'insudiciarsi e la
crudeltà. È l'eccesso che rivela la patologia di
difesa.
L'osservazione diretta è essenziale soprattutto per il periodo
preverbale che viene valorizzato dall'adozione di una prospettiva evolutiva.
Inoltre per Anna Freud è importante più che la cura, la profilassi delle
malattie nervose e dall'analisi infantile ella ha elaborato il seguente
schema:
Anna Freud fa un'analisi delle fasi
evolutive dell'individuo dalla totale dipendenza del neonato dalle cure materne
alla fiducia in sé del giovane adulto, mettendo in evidenza le reazioni varie
alle influenze ambientali, cioè tra strutturazione, maturazione e
adattamento. La linea evolutiva si snoda lungo alcune tappe fondamentali.
Prima ritroviamo l'unità biologica madre-figlio che è caratterizzata dal
narcisismo.
Solo in una seconda fase il neonato giunge a costituire un rapporto
intermittente con il seno della madre che è l'oggetto parziale che esiste nel
momento del bisogno e scompare in quello della sazietà. Infine il rapporto con
l'oggetto viene connotato della valenza pre-edipica, cioè amato e odiato al
tempo stesso. I periodi successivi sono gli stessi descritti anche da Sigmund
Freud: fase fallico-edipica, di latenza, preadolescenziale e adolescenziale.
Nella descrizione delle fasi evolutive, Anna Freud è molto attenta alla
dimensione relazionale in cui descrive anche il rapporto tra il bambino e il suo
corpo, memore dell'affermazione di Freud padre che l'Io è innanzitutto
Io corporeo.
L'evoluzione infantile è sempre problematica, incerta tanto
che bisogna saper ricorrere alla regressione. Il quadro analitico di un bambino
è molto instabile per cui è difficile diagnosticare una nevrosi infantile. Ciò
dipende anche dalle diverse caratteristiche di ogni personalità: tolleranza
alla frustrazione, capacità di sublimazione, di sopportare l'angoscia, la
tendenza a completare lo sviluppo. Nell'evoluzione ogni fase è costituita da
una "patologia fisiologica" e solo attraverso la costruzione di una
completa mappa evolutiva si può comprendere la psicopatologia
dell'adulto.
Nell'ambito delle scuole psicoanalitiche è importante la posizione di Melanie Klein, sia per il contributo dato alla psicologia infantile dai suoi studi originali, sia per le differenze che la dividono e la oppongono ad Anna Freud. Melanie Klein si affaccia sulla scena psicoanalitica intorno agli anni venti. Nacque a Vienna nel 1882 da una famiglia di ebrei non osservanti. Sposata piuttosto giovane ad un certo Stephen Klein, divorziò dopo aver avuto tre figli. Dopo il 1910 si trasferì a Budapest e poi a Berlino. Fu in analisi con due dei più grandi allievi di Freud: Karl Abram e Saudor Farenczi. La Klein, però, modificò in parte il pensiero di Freud operando progressivamente piccoli ma consistenti spostamenti di ottica e di metodo. A causa delle modifiche al trattamento psicoanalitico dei bambini entrò in contrasto con la figlia di Freud, Anna. Il dissidio fu parzialmente ricomposto quando entrambe si ritrovarono profughe a Londra per motivi razziali. Qui vi rimase fino alla morte nel 1960. Le sue opere più importanti sono: "Psicoanalisi dei bambini" (1932) e "Invidia e gratitudine" (1957).
La Klein si situa legittimamente sulla linea
di Freud ma è importante soprattutto perché a lei spetta il merito di aver
portato la psicoanalisi nel luogo che fondamentalmente le compete: il cuore del
bambino.
Con la Klein abbiamo una vera e propria rivoluzione dell'asse
scientifico. Infatti , mentre Freud aveva descritto l'economia dell'inconscio
come dinamica pulsionale, la Klein organizza la vita psichica intorno al
rapporto con l'oggetto.
L'uso dei giocattoli si dimostra essenziale
per l'analisi infantile. Questo già sperimentato precedentemente da altri
studiosi, nella terapia infantile, però, non è un surrogato ma esattamente
l'analogo delle libere associazioni degli adulti. I processi mentali che si
succedono nel corso di una seduta analitica con adulti sono gli stessi che si
verificano con i bambini, cambiano soltanto le modalità espressive.
Durante
questo processo analitico bisogna tenere conto del materiale prodotto che
deriva dal maneggio di giocattoli, dal gioco con l'acqua, dal disegno, dalla
rappresentazione dei ruoli dove di solito il bambino fa l'adulto e il terapeuta
il bambino. Di notevole importanza è, poi, il modo con il quale il bambino fa
tutto questo e i mezzi scelti per passare da una cosa ad un'altra. Solo in
questo modo si rilevano i pensieri sottostanti (contenuto latente) e la loro
carica affettiva. In questo tipo di analisi è molto importante anche l'ambiente
terapeutico che deve essere:
I giocattoli messi a disposizione del bambino devono essere piccoli, numerosi e vari perché soltanto così il bambino è in grado di esprimere una vasta serie di fantasie ed esperienze. È importante, per tale scopo, che questi giocattoli non siano meccanici. La loro gran semplicità mette il bambino in grado di usarli in molte situazioni differenti. I giocattoli di ciascun bambino sono tenuti chiusi in un particolare cassetto, in modo da riprendere nella seduta successiva il corso delle associazioni precedentemente elaborate.
Melanie Klein parallelamente ad Anna Freud studia la psicoanalisi infantile ma fra le due ci sono notevoli differenze evidenziate nel seguente prospetto:
Rispetto a Sigmund e Anna Freud la posizione della Klein risulta più radicale, meno umanistica, ma più tesa a scoprire l'autentica personalità dei bambini, che molto spesso ci stupisce e ci coglie di sorpresa, specie quando rimaniamo condizionati dall'immagine di un bambino che non esiste se non nelle oleografie pedagogiche di vecchio stampo. Tutto sta a non costruire una pedagogia e un'educazione esclusivamente "regolatrici".
Jung nacque a Kesswill, in Svizzera, nel 1875. Sicuramente condizionato dall'ambiente familiare (il padre era un pastore protestante), sin da adolescente fu attratto dalla cultura e dalle credenze religiose. E proprio questo fondo di misticismo gli impedì di accettare i principi fondamentali della psicoanalisi; elaborò, quindi, una teoria psicologica che si oppone alla psicoanalisi nei punti fondamentali. Dopo la laurea in medicina conseguita nel 1900, Jung entrò come assistente nell'ospedale psichiatrico di Zurigo. Nel 1906, poi, entrò in contatto con Freud e subito dopo aderì all'Associazione Psicoanalitica Internazionale, diventandone anche presidente e direttore della rivista ufficiale. Nel 1913 avvenne la rottura con Freud; il fatto, però, non gli impedì di continuare a provare una grande ammirazione per lo psicoanalista austriaco. Anche per rispetto a Freud, infatti, Jung chiamò la sua teoria "psicologia analitica". Dati i suoi interessi culturali, negli anni '20 e '30 viaggiò moltissimo: in Centro - America, in Africa e soprattutto in Asia. Nel 1932 ottenne un incarico come professore all'Università di Zurigo, che tuttavia lasciò dieci anni dopo per motivi di salute. Tra le sue opere principali si segnalano: "Studio diagnostico delle associazioni" (1906), "Trasformazioni e simboli della libido" (1912), "Psicologia dell'inconscio" (1917), "Tipi psicologici" (1921), "L'Io e l'inconscio" (1928), "Sugli archetipi dell'inconscio collettivo" (1934), "Psicologia e religione" (1940), "Psicologia e alchimia" (1944), "Simbolica dello spirito" (1948), "Aion" (1951) e "Ricordi, sogni, riflessioni" (1961). Quando poi, nel 1933uando poi , Hitler conquistò il potere in Germania, e la Società tedesca di psicoterapia, di cui Jung fu nominato presidente onorario nel 1930, fu riorganizzata secondo i principi del nazionalsocialismo, lo psicanalista svizzero non rassegnò le dimissioni come gli altri membri ed ampliò l'associazione a livello internazionale. Ciò gli valse numerose accuse di filonazismo e di antisemitismo, dalle quali si difese sostenendo di aver cercato di proteggere, in tal modo, la psicoanalisi e gli analisti ebrei.
Il dissenso di Jung nei confronti della teoria freudiana si sviluppa essenzialmente intorno ad alcune questioni fondamentali. In primo luogo Jung ritiene che nella teoria freudiana, e quindi nel concetto di "libido" sia presente in modo eccessivo la sessualità. L'energia libidica è, infatti, considerata dallo psicanalista svizzero come un'energia vitale generalizzata che si esprime nella crescita, nella riproduzione e in altri tipi di attività durante le fasi della vita, e nelle cui regole possiedono grande influenza gli "archetipi". Questi si configurano come principi inderogabili allo stato inconscio che si evidenziano nelle fiabe, nei deliri, nei sogni, nelle allucinazioni: come forme ideali, innate, insomma, quali sono ad esempio "l'animus" e "l'ombra", una sorta di parte oscura, presente nell'individuo umano. La sessualità, dunque, riveste per Jung un ruolo più limitato rispetto all'importanza datale da Freud, e costituisce solamente uno degli impulsi che compongono la "libido". Altra prerogativa del suo pensiero è, poi, il riconoscimento del ruolo fondamentale della religione nella vita umana, cosa non riconosciuta da Freud, e l'analisi più mistica che fa dell'unità psiche - uomo . Egli, infatti, insiste sulle origini numinose e religiose dell'inconscio e prende in attenta considerazione il mito ed il simbolo ("Psicologia e religione"): un esempio sono i "Mandala", figure geometriche primarie costituite da cerchi inseriti in quadrati o viceversa, tipici delle religioni orientali . All'interno del ripensamento junghiano della psicanalisi, poi, si evidenzia soprattutto il concetto di "inconscio collettivo": mentre Freud parla quasi esclusivamente di un inconscio personale, che si identifica per lo più con il rimorso infantile, Jung afferma l'esistenza, al di là di un inconscio personale, di un inconscio collettivo, che si configura, come dice egli stesso, come "una poderosa massa ereditaria spirituale che rinasce in ogni struttura cerebrale individuale" e che contiene quegli elementi impersonali, collettivi appunto, comuni a tutti gli individui, che sono gli "archetipi". Altra tematica di Jung è la nozione di "complesso", ossia di quei contenuti psichici e per lo più emozionali che, pur essendo essenzialmente inconsci, disturbano la vita cosciente dell'individuo, condizionando negativamente la sua personalità. Punto focale della sua psicologia è, ancora, la descrizione dei "tipi psicologici" e la distinzione tra il tipo "estroverso" ed "introverso". Il primo privilegio, a livello conscio, il mondo esteriore rispetto a quello interiore, sviluppando un atteggiamento di accettazione di esso, mentre, a livello inconscio, si concentra sull'Io , tramite un atteggiamento di "compensazione" necessario all'equilibrio psichico. L'introverso, invece, mentre a livello conscio si ripiega su di sé, sviluppando un atteggiamento critico verso l'esistente, a livello inconscio, appare più concentrato sulla realtà esterna. Nella teoria junghiana, inoltre, ha un posto importante il processo di individuazione, che consiste nella realizzazione del significato individuale dell'esistenza. Riguardo alla genesi delle nevrosi, poi, mentre per Freud il fattore scatenante va ricercato in un conflitto tra gli istinti individuali e le coercizioni imposte dall'ambiente (da ciò scaturisce anche la tesi freudiana del "costo" della civiltà, nel senso che essa implica un "costo" in termini di piacere e, quindi, frustrazione ossia rinuncia all'appagamento degli impulsi e dei desideri individuali) , per Jung le nevrosi si instaurano in individui predisposti somaticamente in cui si sia verificata una rottura del fragile equilibrio esistente tra conscio ed inconscio. Inoltre Jung respinge la costruzione edipica freudiana: il bambino è certamente attaccato alla madre, ma per bisogno di dipendenza strettamente connesso alla funzione nutrizionale e non in relazione ad un desiderio incestuoso nei confronti del genitore di sesso opposto e solo successivamente, all'attenuarsi di questo bisogno, si sviluppano le funzioni sessuali. Infine egli sostiene che alla coscienza è stata attribuita un'importanza troppo grande: in realtà essa è assolutamente dipendente dall'inconscio, e la descrive come "una sorta di strato superficiale, di epidermide che galleggia sull'inconscio che si estende in profondità, come un vasto oceano di una continuità perfetta". Jung, dunque, ridimensiona Freud sino a considerarlo l'ultimo frutto dell'età vittoriana e lo accusa di profondo pessimismo, definendo il suo atteggiamento "critico, demolitore, negativista", poiché in esso mai si apre uno spiraglio liberatorio su forze soccorritrici, risanatrici, che l'inconscio faccia giungere a beneficio del malato. E proprio a tale pessimismo borghese di Freud (che, peraltro, scaturisce anche dalla convinzione che l'uomo, a causa del "costo" della civiltà non possa essere felice, poiché la sofferenza è componente strutturale della vita in quanto l'individuo è costretto a patire nel corpo e nella psiche, a decadere e a morire) ed alla cultura della crisi si contrappone il pensiero di Jung, radicato nella realtà storica del suo tempo, volto al superamento della crisi degli anni '20, e contraddistinto dalla ricerca di una immagine positiva della civiltà occidentale e dalla nostalgia per la dimensione "eroica" dell'uomo.
The importance of a primitive element in human psychology was also apparent in the work of another psychologist, Carl Jung (1875 - 1961). In The Psychology of the Unconscious (1916), Jung argued that a basic element of man's unconscious mind was formed by his racial memory, that is the primitive memory preserved by each individual of the experience of his race during its evolution. It operated on a symbolic level, which meant that certain figures or objects in the ordinary world had great symbolic power and that people responded to them without realizing it. Only the psychologist, or perhaps the poet, could discover these hidden, symbolic meanings and understand their importance. This is what the French Symbolist poets, particularly Mallarmé, writing at the end of the nineteenth century, had tried to do, giving mystical significance to their impressions of the observed world, the world of the senses, and using language which spoke to the irrational rather than the rational in the reader. It was the aim of the Irish poet W.B. Yeats too, not only in his poetry but also in the elaborate prose work A Vision, in which he formulated a complete symbolical system. (Literature into language - Garzanti)
L'importanza di un elemento primitivo nella psicologia umana è presente nell'opera dello psicologo Carl Jung (1875 - 1961). Nella psicologia dell'inconscio Jung asserisce che un elemento basico della mente inconscia dell'uomo è formato dalla sua "memoria razziale", cioè dalla memoria primitiva, conservata da ogni individuo, delle esperienze della sua razza durante la sua evoluzione. Essa opera ad un livello simbolico, nel senso che certe figure od oggetti nel mondo ordinario esercitano un grande potere simbolico e che la gente si manifesta sensibile ad essi anche senza comprenderli. Solo lo psicologo, o forse il poeta, può scoprire questi significati nascosti e simbolici, comprendendone l'importanza. Questo è ciò che i poeti francesi Simbolisti, particolarmente Mallarmé, scrivendo alla fine del 19° secolo, hanno cercato di fare, dando un significato mistico alle loro impressioni nel mondo osservato, il mondo dei sensi, e usando un linguaggio che parla all'irrazionale piuttosto che al razionale dell'uomo. È questo anche lo scopo del poeta irlandese Yeats, non solo nella sua poesia ma anche nell'elaborato lavoro di prosa "Una Visione", in cui egli formula un completo sistema simbolico.
Osservazioni:
La tendenza a
rivalutare la componente mitico - simbolica e anzi a porla al centro della
riflessione delle diverse branche del sapere caratterizza tutta la ricerca di
Jung, che così mostra i suoi stretti rapporti non solo con le indagini
antropologiche, ma anche con il mondo dell'arte e della poesia. In tal senso
basti pensare in Italia all'Ermetismo e al Neorealismo, al culto del primitivo e
all'interesse di Pavese per il mondo arcaico e contadino. Nel passo che segue,
tratto da una conferenza del 1916 rielaborata e pubblicata nel 1928, Jung
distingue l'inconscio personale da quello collettivo, formato dagli archetipi (o
immagini primordiali comuni a tutta l'umanità).
Da quanto abbiamo detto finora, risulta che nell'inconscio dobbiamo distinguere uno strato che potrebbe essere definito l'inconscio personale. I materiali contenuti in questo strato sono di natura personale in quanto hanno il carattere, da una parte, di acquisizione dell'esistenza individuale, dall'altra di fattori psicologici che potrebbero anche essere coscienti. È ben comprensibile che elementi psicologici incompatibili soggiacciano alla rimozione e siano quindi inconsci, ma d'altra parte è data la possibilità che i contenuti rimossi siano resi coscienti e mantenuti tali, una volta riconosciuti. Noi diciamo che questi materiali sono contenuti personali quando possiamo dimostrarne gli effetti o la parziale comparsa o l'origine del nostro passato personale. Sono elementi integranti della personalità, che appartengono all'inventario di questa, elementi la cui assenza dalla coscienza determina un'inferiorità sotto questo o quell'aspetto, e cioè un'inferiorità che non ha già il carattere psicologico di una mutilazione organica o di un difetto congenito, ma piuttosto il carattere di una omissione, per la quale si avverte un risentimento morale. Tuttavia, come mostra il mio esempio dell'idea arcaica di Dio, l'inconscio sembra contenga anche altre cose, oltre a quelle che la personalità ha acquisito e che le appartengono. La mia ammalata non era affatto consapevole della derivazione di "spirito" da "vento" o del parallelismo dei due concetti. Questo contenuto non fu da lei mai pensato, né mai le fu insegnato. Il passo relativo del Nuovo Testamento - tò pneuma pnei òpou thélei (il vento soffia dove vuole; Giov. 3.8) - le era inaccessibile, perché ella non legge il greco. Se proprio dovesse essere un'acquisizione personale, potrebbe trattarsi di una cosiddetta "criptomnesia", cioè di un'inconscia rievocazione di un pensiero che la sognatrice ha letto in qualche luogo. Contro questa possibilità, nel caso speciale, non ho nulla da obiettare. Ma ho visto un numero sufficiente di altri casi in cui una criptomnesia era da escludere con sicurezza. Anche se in questo caso si dovesse trattare di una criptomnesia - ciò che mi sembra pochissimo probabile,- resterebbe tuttavia ancora da spiegare in base a quale disposizione precedente proprio quest'immagine fece presa e più tardi fu di nuovo "ecforizzata", secondo l'espressione di Semon . Si tratta comunque, con o senza criptomnesia, di una vera e propria immagine primordiale di Dio cresciuta nell'inconscio di un uomo moderno esplicandovi un'azione vitale, un'azione che potrebbe dar da pensare sotto l'aspetto psicologico - religioso. In quest'immagine io non trovo nulla che possa esser detto "personale": è un'immagine collettiva, la cui apparizione etnica ci è nota da tempo. Quest'immagine storica e universalmente diffusa è riaffiorata grazie al naturale funzionamento della psiche, ciò che non deve affatto stupire, perché la mia ammalata è venuta al mondo con un cervello umano, che oggi presumibilmente funziona ancora alla stessa maniera che nei Germani antichi. Si tratta della reviviscenza di un archetipo, come ho definito altrove queste immagini primordiali. È il modo di pensare analogico e primitivo del sogno, che ricostruisce queste antiche immagini. Non si tratta di idee ereditate, ma di disposizioni ad accogliere l'idea che sono organiche, ereditate. In considerazione di questi fatti, dobbiamo altresì ammettere che l'inconscio contenga non soltanto elementi personali, ma anche gli elementi impersonali, collettivi, in forma di categorie ereditarie, o archetipi. Io ho quindi enunciato l'ipotesi che l'inconscio, nei suoi strati più profondi, possegga contenuti collettivi, relativamente vivi... Parlo perciò di un inconscio collettivo.
(C. G. Jung, L'Io e l'inconscio.)
Lavorando nei centri d'igiene sessuale, Reich
viene in contatto con la gente, con le loro difficoltà materiali, con la loro
impossibilità di avere una vita sessuale soddisfacente, con quello che chiamerà
la "miseria sessuale delle masse". Riconosce inoltre nella sessualità il terreno
privilegiato della repressione. Mentre per Freud l'aggressione si risolve in
un'estroversione dell'istinto di morte, per Reich diviene una potenzialità
legittima che solo la repressione sessuale più capillare riesce a deviare dai
suoi obiettivi.
Trasferitosi in seguito a Berlino, Reich tenta di spiegare il
perché dell'adesione proletaria al movimento nazista e della mancata diffusione
della società sovietica. Secondo il filosofo non basta proclamare che le masse
proletarie sono state ingannate; di fatto esse stesse hanno desiderato una
soluzione reazionaria. Occorre analizzare, perciò, oltre che le determinazioni
politiche ed i rapporti di struttura e sovrastruttura, i fattori soggettivi
della storia. Vi è un divario tra condizioni materiali e ideologia del
proletariato. Mentre per la classe dominante l'ideologia riflette e legittima i
propri interessi, quella del proletariato appare come un'assurda adesione
all'ideologia dominante. In questo divario, tra economia e ideologia, Reich
colloca il lavoro della psicologia collettiva. L'ideologia di una classe può
estendersi alle altre classi solo se è preparata da una "struttura
caratteriale", ossia da una mentalità collettiva. In "Analisi del carattere"
Reich critica coloro che tentano di spiegare la storia tramite le pulsioni
anziché viceversa.
Prima di tutto sono i rapporti sociali che interferiscono
sui bisogni umani modificandoli, poi i bisogni modificati interagiscono sui
fattori storici. Ogni ordinamento sociale forma i caratteri di cui ha bisogno
per esprimersi. In una società divisa in classi è la classe dominante che decide
il carattere più idoneo alla propria sopravvivenza ed è la famiglia il luogo
dove nasce l'ideologia. Tuttavia nel processo familiare, il Super-Io del bambino
non viene costruito secondo il modello del padre ma su quello del suo Super-Io.
Così nella famiglia gli impulsi sessuali repressi si trasformano in energie
contropulsionali. Quindi mentre l'Es è il luogo dove si radunano gli istinti,
l'Io agisce contro la repressione. Il sintomo è la resistenza in quanto
manifesta l'impulso e l'inibizione. La resistenza e la storia finiscono per
costituire il carattere, che diviene perciò un precipitato delle forze
istintuali e repressive dell'individuo fissate in una contrapposizione
immobilizzante.
Il rimedio contro la nevrosi consiste, quindi,
nel denunciare il moralismo puritano ed instaurare, al suo posto, una
sesso-economia (utopia della sessualità liberata). Il fine è quello di liberare
le energie sessuali dalla corazza caratteriale che le imprigiona, rendere
possibile la maturità e la salute. A tal fine Reich evoca due polarità
antitetiche: l'individuo sano e quello nevrotico, rappresentanti rispettivamente
della natura e della società. Il nevrotico è caratterizzato da un'economia
libidica particolare. Gli è impossibile raggiungere la potenza orgastica, cioè
il completo abbandono al piacere dell'orgasmo e lo scarico completo
dell'eccitazione al termine dell'amplesso, perché le resistenze antipulsionali
vi si oppongono. Si produce così all'interno dell'organismo un ingorgo di
energia vitale: stasi sessuale. Ma non è facile sciogliere la corazza
caratteriale che rinserra l'energia sessuale, perché essa è sostenuta da difese
inconsce.
Inoltre è bene sottolineare che il carattere si forma nei primi
anni di vita, come risposta alle prime restrizioni sessuali. La sua struttura,
poi, si manifesta in tutto il comportamento dell'individuo. Oggetto della cura
non è, dunque, il sintomo, ma il suo substrato, il carattere nevrotico e, in
particolare, le difese che esso oppone all'analisi. Innanzi tutto la diagnosi
del carattere prende in considerazione non solo le parole del paziente, ma tutto
il suo comportamento. Anche nel transfert positivo Reich vede una resistenza.
Occorre allora che l'analista isoli un tratto del carattere e lo mostri al
paziente come fonte, per lui, di disagio. In questo modo suscita nell'analizzato
il desiderio di liberarsi di ciò che avverte come corpo estraneo. L'analisi
delle resistenze giunge fino alla loro formazione e scinde la loro composizione
in due elementi costitutivi: la pulsione rimossa proveniente dall'Es e la
pulsione rimuovente, proveniente dall'Io. L'analista lavora su quest'ultima così
che l'individuo finalmente liberato è in grado di lottare da "rivoluzionario"
per una società non repressiva. Se l'utopia freudiana pone come ideale
l'intellettuale, l'immaginario di Reich evoca la figura del rivoluzionario di
matrice anarchica.
Si misura in questi termini la differenza tra Freud e
Reich: per il primo non vi è natura incontaminata, guarigione totale, perché la
pulsione è da sempre intaccata dalle energie contropulsionali, la salute è
infettata dalla malattia, perché la rimozione è ineliminabile dal funzionamento
psichico; per Reich, invece, la rimozione è solo un effetto patologico della
repressione esercitata da forze sociali estranee e contrapposte ad un nucleo
psichico incontaminato.
In "Psicologia di massa del fascismo" Reich fa
risalire la repressione sessuale dei giovani alla società patriarcale, che si
sarebbe sostituita, tramite la detenzione dei mezzi di produzione, ad un
originario matriarcato paritario e permissivo. Per Reich l'Edipo non è una
struttura universale e necessaria, ma un'organizzazione familiare tipica di un
determinato assetto sociale e perciò destinata a sparire. In questo senso sono
anticipati i temi poi proposti dai movimenti di liberazione degli anni sessanta.
Ma oltre alla descrizione degli affetti, Reich persegue la ricostruzione dei
metabolismi che trasformano le energie sessuali in forze irrazionali. Con la
"sesso-economia" cerca di coniugare la psicoanalisi al marxismo, inaugurando il
"freudomarxismo". Poiché l'indagine sesso-economica rivela che le pulsioni
dell'uomo appaiono strettamente contaminate da forze contropulsionali, Reich si
trova costretto a postulare un al di là dell'inconscio.
Il terzo e più
profondo strato è chiamato "nucleo biologico". Esso è dotato di energia
orgonica, cosmica e primordiale. Con lo studio della funzione dell'orgasmo
elaborò la formula "tensione – carica – scarica – distensione", e si spinse a
misurare con l'oscilloscopio i fenomeni bioelettrici causati dal piacere
(distensione) e dall'angoscia (contrazione).
Fu proprio a causa dei suoi
esperimenti che fu arrestato e condotto in carcere.
Una potente riattualizzazione della
sesso-economia è stata proposta da Deleuze e Gattari nell'opera
"Antiedipo". I due autori sostengono che è l'interdizione stessa dell'incesto
che orienta il desiderio, nomade e polimorfo, verso gli oggetti parentali
proibiti e perciò desiderabili. Si produce in tal modo quella situazione di
vuoto (l'oggetto impossibile) e di colpa, sulla quale opera la riproduzione
sociale. L'individuo così costituito è pronto a funzionare da passivo produttore
e consumatore di merci. La teoria di Deleuze e Gattari rischia però di costruire
un nuovo idealismo. Il rifiuto del valore della storicità individuato da Marx
porta alla creazione di una struttura vuota, fuori dello spazio e dal
tempo.
Nell'Antiedipo si tratta della schizofrenia come libertà assoluta,
intendendo per schizofrenia una malattia mitica che non ha nulla a che vedere
con la patologia psichica.
Inoltre il desiderio di una libertà sessuale e
della rivoluzione sociale, come già accennato, avvicina Reich alla stessa
contestazione studentesca del sessantotto, alle lotte per i diritti civili negli
anni settanta, ai movimenti delle donne e degli omosessuali.
Entrambi hanno uno stesso approccio con il
paziente-spettatore: ripropongono i loro comportamenti in modo da svilupparli in
funzione didattica facendo provare un certo disgusto verso un determinato
atteggiamento errato.
Tuttavia si differenziano profondamente per il loro
linguaggio e per la loro "missione". Così, sebbene caratterizzati da un analogo
sfondo sessuale, lo scopo di Pasolini è rendere il "sesso" indigeribile, fine
invece di Reich è vincere la sessuofobia della società per liberare le energie
sessuali dalla corazza caratteriale che le imprigionano.
Il sesso, infatti,
nel film di Pasolini "Salò o le 120 giornate di Sodoma", diviene simbolo della
"violazione commessa dalla borghesia" (la "realtà" dei corpi innocenti viene
violata, manipolata, manomessa dal potere consumistico) e in quanto tale va
disprezzato; ecco perché la violenza sui corpi, il desiderio cupo ed ossessivo
della carne non può altro che mostrare, nel suo film, l'amore degradato, senza
allegria, a puro scambio fisiologico, negato a qualsiasi slancio liberatorio.
Pasolini, conoscendo la psiche umana, infatti, gioca sul senso di disgusto
dello spettatore, abituato a vedere nel rapporto sessuale l'apice dell'amore,
parlandogli direttamente, mostrando con la straniante atemporalità della
metafora un quadro storico apparentemente reale e inculcandogli
contemporaneamente il disprezzo verso la borghesia e verso la stessa
psicoanalisi. Così nel tragico cumulo di macerie dell'Italia, cade la
pietà e contro la fine della pietà a poco o a nulla servono i
rattoppi: occorrono proposte radicali che non possono non essere, in ultima
analisi, "swiftiane" e umoristiche proprio per il loro estremismo
provocatorio.
Pasolini ritiene, inoltre, che l'errore da noi compiuto
consiste nel "credere che la storia non sia e non possa essere che la storia
borghese". L'affermare che la storia è priva di senso significa negare una
storia (borghese) che «si afferma come accumulazione, sviluppo, riproduzione,
irreversibilità, continuità totalizzata piena di "senso" e ordinata a un
telos». Da qui la sua provocazione: "Non si torna indietro? Stupida
verità". Alla storia così intesa egli oppone la cronaca "che è la vera storia
perché - anche se non ed è finita, non è accettata, non è parlata - è
infinitamente più avanti della nostra storia di comodo; perché la realtà è nella
cronaca e non nelle interpretazioni, che in quanto tali sono sempre parziali. Da
ciò nasce il rifiuto della storia da parte di Pasolini.
Pasolini, infine,
contesta dello sviluppo sociale il suo indissolubile rapporto con il sistema di
produzione (capitalistico), e pertanto tende a divenire un modo di essere della
società intera. Egli è però cosciente che marginalità e differenza nulla possono
contro dei processi che sono oramai irreversibili. Tuttavia il suo rifiuto
permane: anche se l'andare avanti è inarrestabile, e forse anche necessario per
il benessere collettivo, esso rimane profondamente ingiusto e maledetto per
tutte le "macerie umane" che impietosamente si lascia dietro.
"Pasolini è
stato crudele Ci ha ricordato la realtà del mondo in cui abitiamo, abituati"
(Gianni Scalia).
Da un punto di vista storico, Fromm nota che molte lingue non hanno un termine equivalente ad "avere" e anzi le lingue in cui il possesso viene espresso mediante la forma indiretta dell'"è a me" e non con l'"io ho" sono la maggioranza. La parola designante l'avere si è sviluppata infatti, a suo giudizio, insieme con la proprietà privata ed ha finito per costituire un'espressione ingannevolmente semplice, soprattutto rispetto all'essere, che pare ben più complesso e difficile, anche perché, tra gli altri significati, denota la realtà e l'autenticità di colui o ciò che è. "E affermare che qualcosa o qualcuno è - scrive Fromm - rimanda all'essenza della persona o della cosa". Il suo convincimento è che avere ed essere costituiscono allora due diverse maniere di atteggiarsi nei propri confronti e in quelli del mondo: "nella modalità esistenziale dell'avere, il mio rapporto è di possesso e proprietà tale per cui aspiro ad impadronirmi di ciascuno e di ogni cosa, me compreso; in quella dell'essere, vanno distinte due forme, una contrapposta all'avere, che significa autentico rapporto con il mondo e l'altra, contrapposta all'apparenza, che si riferisce alla vera natura di una persona o cosa". La modalità dell'essere ha come requisiti l'indipendenza, la libertà e la presenza della ragione critica e consiste nel dare piena espressione alla molteplicità di doti che ogni essere umano possiede, sia pur in vario grado. È rinnovarsi, crescere, espandersi, trascendere il carcere del proprio io isolato, amare. Proprio quanto, constata l'autore tedesco, gli uomini non riescono più a fare, per il loro alto grado di alienazione, che si riverbera anche nella maniera di esprimersi. Fromm fa l'esempio di un paziente che esordisce da uno psicanalista con la frase: "Dottore, io ho un problema: ho l'insonnia. Benché abbia una bella casa, bravi figli, un matrimonio felice, ho molte preoccupazioni". Fino a qualche decennio fa invece il paziente probabilmente avrebbe detto: "Sono agitato, non posso dormire" e magari avrebbe usato anche l'espressione "eppure sono felicemente sposato". Dietro questo cambiamento "lessicale" si cela in realtà una negazione dell'esperienza soggettiva: l'Io è sostituito dall'impersonalità del possesso, i sentimenti ugualmente. Ma un "problema" non è una cosa che si possa possedere. Esso può piuttosto possedere me, il che vuol dire che ho trasformato me stesso in un problema ed ora sono posseduto dalla mia creazione.
Dal momento che la società attuale è dedita all'acquisizione, raramente capita d'imbattersi in manifestazioni della modalità esistenziale dell'essere. Ma entrambe le modalità hanno un riflesso nella vita quotidiana. Basti pensare all'apprendere – situazione che ci è quanto mai familiare: degli studenti che facciano propria la modalità esistenziale dell'avere, cercheranno di trascrivere ed imparare esattamente le parole dell'insegnante. In questo modo non arricchiranno il loro sistema di pensiero, ma immagazzineranno passivamente idee cristallizzate. Al contrario, gli studenti che faranno propria la modalità dell'essere non andranno alle lezioni come tabulae rasae, avendo già riflettuto in precedenza sulla materia ed inoltre risponderanno in maniera attiva e produttiva a ciò che ascoltano, in quanto il loro ascoltare è un processo vitale in cui ognuno risulta coinvolto e mutato in quanto ognuno dopo la lezione è (o dovrebbe essere) diverso da com'era prima. Finanche l'amore (e non solo ogni aspetto della vita quotidiana, dal leggere al conversare) ha due significati, a seconda che sia inteso nell'accezione dell'avere o in quella dell'essere. Nel primo caso infatti, l'amore viene scambiato per una cosa, mentre in realtà esiste solo l'atto d'amare, che implica l'occuparsi dell'altro, il conoscerlo ed accettarlo, che si tratti di una persona, di un albero o di un dipinto. E alla base di ogni mutamento per Fromm c'è proprio la vittoria sull'egoismo, la preoccupazione nei confronti dei propri simili e delle generazioni future.
Al quadro pessimistico della situazione attuale, Fromm contrappone il socialismo comunitario, la sua utopia di stampo millenaristico e messianico, che lo porta ad attendersi dall'amore della vita, vera natura dell'uomo, la sconfitta delle componenti distruttive. Un "radicalismo umanista" che si muove fra analisi scientifica ed utopia politica, per approdare alla delineazione di un uomo nuovo e di una nuova società, in cui, ponendosi in una prospettiva di stringente attualità, è possibile rinvenire finanche i prodromi della spiritualità New Age, assurta alla ribalta di recente. In sorprendente sintonia con la riscoperta olistica dell'uomo di stampo orientale, Fromm scriveva infatti: "Questa Città dell'Essere sarà la città dell'uomo nuovo, ossia quella società che è organizzata in modo tale che la natura sociale e amante dell'uomo non sia separata dalla sua esistenza sociale, ma diventi un'unica cosa con essa". Mito o mutamento possibile?