Una
visita mirata ad ammirare la splendida Crocifissione del Perugino nella Chiesa
di S.Maria Maddalena dei Pazzi mi portò a scoprire, grazie alla saggezza
del colto e simpatico parroco – Domenico Restante – la Cappella
Del Giglio, che si affaccia sul chiostro prospiciente la chiesa. Rimasi quasi
folgorato da un affresco del Poccetti che rappresenta la Madonna che nutre San
Bernardo. La Vergine, seduta su una nuvola, col Bambino in grembo e attorniata
da angeli, fa sprizzare da una mammella il latte che giunge alla bocca di San
Bernardo, posto più in basso.
Devo dire che mai un’immagine così aveva colpito la mia immaginazione e sollecitato la mia curiosità e da allora il tema delle Madonne allattanti è diventato per me fonte di ricerca inesauribile.
Dovevo conoscere quali artisti avevano trattato questo tema, quanti avevano ritratto la Vergine in questo atteggiamento così naturale ed umano, dove si trovavano queste pitture. A parte alcune molto note, e già da me conosciute, era subentrato un forte desiderio di approfondire questo tema e il viaggio è stato affascinante.
Non pretendo di essere stato completamente esaustivo, però spero di aver dato un contributo a conoscere meglio questa parte iconografica della Madonna e aver sollecitato la curiosità di altri per proseguire ed approfondire questo argomento fino adesso tralasciato. 519 sono le opere da me catalogate ma molte altre saranno sparse in tutto il mondo: tabernacoli lungo le starde di campagna, piccole chiese di piccoli paesi, conventi, musei, palazzi, dei quali (mio malgrado) non ho conoscenza: pertnto ogni segnalazione sarà graditissima e apprezzata.
L’affresco della Cappella Giglio, che tanto mi colpì, non è l’unico esempio (vedi Pittore fiammingo, Lactatio Bernardi, Liegi, Museo d’Arte Religiosa e Cano Alonso, San Bernardo e la Madonna, Madrid, Museo del Prado – in totale sono 6 i dipinti trovati riproducenti la Lactatio Bernardi) e il perché ce lo chiarisce un cronista di quel tempo :”Nel dicembre 1146 Bernardo andò a predicare a Speyer, si recò al duomo per pregare di fronte ad un’immagine di Maria per chiedere ad Essa la Grazia e da quell’immagine sprizzò latte dai seni in direzione di San Bernardo”.
La prima comparsa di Maria nell’arte cristiana si ha nella scena dell’Adorazione dei Magi nella cosiddetta “Cappella Greca” del Cimitero di Priscilla (circa metà II sec.); invece la prima immagine di Maria “Galactotrephousa” (così era chiamata in Oriente, mentre in Occidente veniva appellata come “Maria Lactans”) è di origine copta e si trova in una cella monastica di Banit in Egitto e in una caverna eremitica del Monte Latmos in Asia minore (entrambi del sec. VI – VII) nonché a Roma in un frammento di scultura del sec. VI rinvenuto nel Cimitero di San Sebastiano. L’immagine paleocristiana della Virgo lactans, che nella rappresentazione del gesto materno per eccellenza evidenziava l’incarnazione del Cristo in una creatura terrena, fu recuperata nel secolo XII e incontrò enorme successo a partire dal XIII secolo, in coincidenza con la diffusione, promossa dai crociati, delle icone della Galactotrephousa che stimolò una fiorente produzione d’immagini devozionali sia nella pittura che nella scultura.
Il tema è ripreso poi da tantissimi artisti, fiamminghi, francesi, spagnoli, naturalmente italiani; pittori e scultori si cimentano con questa immagine molto terrena dove traspare, al di là di ogni insegnamento teologico, l’amore di una Madre che allatta il proprio Bambino. E’ vero che il latte di Maria è visto come fonte di sapere teologico e di saggezza divina, è visto anche come simbolo di redenzione dell’umanità, insieme al sangue del Cristo ( Salisburgo, Abbazia delle Suore Benedettine del Nomberg – fine sec. XVII) ma in queste rappresentazioni quello che più risalta è la pace, la serenità, la forza dell’Amore. C’è una specie di pudore a guardare questi dipinti, siamo quasi portati a distogliere gli occhi da quelle immagini, ma è lo stesso imbarazzo che abbiamo quando vediamo allattare un bimbo qualunque, perché abbiamo paura di disturbare, di interrompere quel filo magico che unisce una madre al proprio figlio mentre lo allatta, un linguaggio segreto e silenzioso che solo loro comprendono.
Parlavo prima di pittori e scultori, ma devo aggiungere incisori, maestri vetrai (vedi le vetrate della Cattedrale di Chartres dove c’è una Madonna allattante e la vetrata della chiesa di Klosternerburg –Austria – dove è rappresentata la madre di Isacco che allatta) ed ogni altra forma d’arte così come sono state usate tutte le esperienze artistiche e tutti i materiali: dipinti su tela, su tavola, affreschi, incisioni, miniature, sculture in pietra, legno, avorio ecc.
Ho tralasciato, volutamente, in questa ricerca iconografica le immagini della Madonna non propriamente allattante, opere queste presenti in molte chiese della Campania in generale e del napoletano in particolare, e quelle immagini nelle quali appare come Dispensatrice di latte alle anime del Purgatorio – detta anche Madonna delle Grazie (Chieti, Municipio, già Convento dei Padri Carmelitani ) oppure La Madonna e le anime del Purgatorio di Pedro Machuca, olio su tavola cm. 167 x 135, Museo del Prado [n. 2579] ) sia le rappresentazioni del Bambino che gioca allegramente con i seni della SS. Madre; anche se dispiace fare questa esclusione perché si tratta di immagini bellissime, piene di festosità, di serenità, di giocondità (vedi per tutte Filippino Lippi, Madonna col Bambino, San Giuseppe e un Angelo, New York, Metropolitan Museum) nelle quali il rapporto madre-figlio oltrepassa e supera la rappresentazione religiosa.
Un’altra precisazione voglio fare a proposito di questa mia ricerca: di riproduzioni dell’immagine della Madonna allattante ne ho trovate molte altre, soprattutto presso l’Archivio iconografico della “Fondazione Berenson”, ma a causa della mancanza di dati (autore anonimo, tecnica esecutiva, dimensioni, collocazione) mi sono astenuto dal classificarle.
In Italia il culto della Madonna del Latte ebbe notevole diffusione tra il 1300 e il 1400, periodo in cui sono documentate la gran parte delle rappresentazioni del tema. Il culto che veniva tributato alla Madonna del Latte riguardava in genere la richiesta di protezione dalle possibili complicazioni cui la puerpera e il nascituro erano esposti durante il parto e nella prima infanzia, come l’assenza o la carenza di latte con i rischi connessi. Ma tante altre sono state le ragioni per cui sono proliferate immagini di Madonne allattanti soprattutto dove poi sono sorti Santuari o Monasteri: la presenza di una fonte in zone dove l’acqua era rara o scarseggiava; l’apparizione miracolosa della Vergine; una grazia ricevuta; un miracolo avvenuto, ed altre ancora. Tutto questo lo possiamo evincere anche dai nomi delle luoghi dove si trovano queste opere: il più comune è “chiesa di Santa Maria delle Grazie”, ma abbiamo anche “oratorio della Madonna del morbo”, “cappella del Sacro Cingolo” (cordiglio con cui il sacerdote, nelle funzioni religiose, si cinge il camice), “oratorio della Madonna della Tosse”, “santuario della Madonna della febbre”, “chiesa del Latte Dolce”, “chiesa della Madonna della Neve” (in località dove la neve non cade mai, per cui miracolosa), santuario della “Madonna dei Miracoli”, oratorio della “Madonna del Morbo”; significativi sono anche i titoli delle opere: oltre, naturalmente, alle “Madonne del Latte” e “Madonne dell’Umiltà”, abbiamo “Madonna che allatta il Bambino presso una fontana”, una “Madonna Incaldana” (ricca di acque calde) e “Madonna delle Grazie”.
Molti dipinti sono dedicati alla Madonna dell’Umiltà : queste immagini venivano utilizzate come simbolo delle virtù dell’umiltà e della povertà praticate dai frati e perciò provengono o sono presenti in chiese degli Ordini mendicanti.
Un discorso a parte meriterebbero i tabernacoli e le nicchie presenti a quasi ogni angolo di strada di Firenze. Nel 1348 la peste si abbattè su Firenze uccidendo tre quarti degli abitanti; la popolazione aveva paura a riunirsi nelle chiese a causa del contagio, perciò presero sempre più campo i “tabernacoli a mensa” ,con la pietra orizzontale che serviva per celebrare la Messa, e che si aggiunsero a quelli già esistenti. Tra le raffigurazioni più comuni, naturalmente, la “Madonna salus infirmorum”, poi quelle dei Santi protettori contro la peste: San Rocco, San Sebastiano, San Giuliano, Sant’Antonio Abate e quelle della “Madonna del Latte”: a Firenze ne contiamo ben 22 tra cui 14 in bassorilievi di terracotta posti sia in tabernacoli sia in semplici nicchie del muro.
Come si può evidenziare (vedi allegati), alla fine del ‘500 la rappresentazione della Vergine allattante diminuisce notevolmente e ciò ha una spiegazione storica. Infatti, sotto l’influsso dell’Umanesimo, le Madonne assumono forme anche troppo umane e, non senza ragione, il Concilio di Trento (1563) proibì “di dare alle sante immagini attrattive provocanti”.
La Vergine nutrice è una donna, senza dubbio una madre :”Beata colei che allattò il Cristo Nostro Signore” cita il Vangelo affermando semplicemente la grandezza del mistero dove il Cristo, che nutre gli Angeli e tutti gli esseri viventi, ha voluto sottolineare come Egli appartiene alla Madre.
All’alba dell’arte cristiana la scena, tenera e semplice, ha dovuto commuovere. Se l’affresco del II secolo, nella catacomba di Priscilla, non fosse così sciupato, senza dubbio fornirebbe l’esempio certamente più elevato dell’epoca: il Bambino nudo, rannicchiato contro Maria piegata in una posa d’allattamento, sembra pressare con la sua manina il seno materno e gira la testa con la vivacità di un piccolo che è stato disturbato nell’ora della sua poppata. L’opera potrebbe essere d’ispirazione siriana, ripresa dall’immagine di Vergine allattante del Monastero coopto di Banit.
L’arte
medievale, così sensibile e cristiana, poteva forse non contemplare Maria
che offre il suo latte al Bambino di pochi mesi?
Dalle vetrate di Chartres fino a tutto il Rinascimento, pittori e scultori si
sono espressi con la medesima delicatezza della poesia della Chiesa, associando
il bianco del latte al bianco del giglio:
Lacte
fluunt ubera
Cum pudoris lilio
L’arte ellenistica, più nobile ma anche più convenzionale, non brilla per vivacità né per spontaneità.
E’ dal Trecento in poi che le Madonne allattanti raggiungono i più alti livelli di puro lirismo, anche in artisti cosiddetti minori. Lo sfondo del dipinto si illumina d’oro, spesso seduta in trono, rivestita da magnifici - e nello stesso tempo semplici - drappi, con angeli e Santi scalati in profondità che le fanno da contorno, oppure immersa in una calma e tranquillizzante natura in alcune tele rappresentanti il “riposo durante la fuga in Egitto” la Madonna, che in queste immagini riesce a conciliare il candore inviolabile della Vergine e il dovere gioioso di giovane Madre, è sorpresa nella Sua abitudine di pudore e di serietà, una flemma segreta sotto le Sue palpebre abbassate: il Suo raccoglimento, quando il Gesù Bambino ha fame, è puntuale come l’ora della preghiera.
“Il mondo – come dice Montalembert nella sua introduzione alla Vita di Santa Elisabetta – non è stato soltanto riscattato dal sangue di Gesù Cristo, ma è stato anche purificato dal latte di Maria, da quel latte che è stato il primo nutrimento di Dio sulla terra”.
Studiosi e critici approfondiranno e trarranno le giuste conclusioni da questo mio lavoro di ricerca; comunque ciò che io voglio evidenziare è l’universalità della rappresentazione nel senso che quasi tutti gli artisti in un periodo così lungo, da i più noti ai meno conosciuti, hanno sentito l’esigenza e il bisogno di ritrarre questa immagine così terrena della Vergine, pur essendo al di fuori dei temi canonici dettati dalla Chiesa.
Alessandro Saccardi
madonneallattanti@libero.it