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- Matteo 5,39
39ma io vi
dico di non opporvi al malvagio;
anzi se uno ti
percuote la guancia destra,
tu porgigli anche
l'altra;
è uno dei
più conosciuti insegnamenti di Gesù, ma allo stesso tempo, uno dei
più controversi e difficili da attualizzare. E’ certamente fra quelli
che spiazzando, ha destato più perplessità, fra gli esseri umani.
Forse
perché lo si considera superficialmente, senza cercare di capirne, il
senso profondo.
Nostro
Signore, quando proferì la frase "se uno ti percuote la guancia
destra, tu porgigli anche l'altra", voleva farci capire che è
infruttuoso rispondere al male con il male. Amplificare l’eco di un’azione
malevola con un’altra di pari o maggiore portata. Perché il male
danneggia l’essere umano, lo turba profondamente, togliendogli la
serenità, la pace e la carità che regna in lui, quando vive, da figlio
di Dio.
Porgere l’altra
guancia, non significa, subire il male, senza comprenderne il senso e la
portata. E spesso porgere l’altra guancia, non passa per il silenzio,
se non in ultima battuta, quando si capisce che l’altra parte, non è
in grado di accogliere la nostra disponibilità al dialogo, o i nostri
gesti di correzione fraterna. E tale discorso è ampiamente e
chiaramente affrontato in:
- Matteo 18,15-17
- 15 Se
il tuo fratello commette una colpa, va' e ammoniscilo fra te e lui
solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; 16 se
non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa
sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. 17 Se
poi non ascolterà neppure costoro, dillo all'assemblea; e se non
ascolterà neanche l'assemblea, sia per te come un pagano e un
pubblicano.
Nel versetto
soprastante, il pagano e il pubblicano, non sono da considerarsi come
nemici, ma alla stregua di stranieri che parlano una lingua differente e
come tali non in grado di comprendere la Parola di Cristo; Tuttavia,
cristianamente vivendo, non devono essere emarginati, schiacciati,
allontanati ma (dopo alcuni tentativi di instaurare comunque un dialogo
fatto di segni e gesti), constatatone l’incapacità relazionale,
debbono essere accolti, nonostante i loro limiti. Nonostante non siano
in grado di capire ed accettare il valore degli insegnamenti di Cristo.
Ancora è Lo
stesso Gesù, attraverso un episodio che lo vede direttamente
interessato, ad insegnarci concretamente, cosa significa porgere l’altra
guancia, in:
- Giovanni 18,19-23
- 19 Allora
il sommo sacerdote interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e alla
sua dottrina. 20 Gesù gli rispose: «Io ho
parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel
tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di
nascosto. 21 Perché interroghi me? Interroga
quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che
cosa ho detto». 22 Aveva appena detto questo,
che una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo:
«Così rispondi al sommo sacerdote?». 23 Gli
rispose Gesù: «Se ho parlato male, dimostrami dov'è il male; ma se
ho parlato bene, perché mi percuoti?».
Con la
domanda "perché mi percuoti...", Nostro Signore, non
risponde ad una offesa con un’altra offesa e nemmeno se ne esce,
considerata l’indiscutibile dialettica ed intelligenza, con delle
velate minacce, come avrebbero fatto tantissimi altri uomini,1
se si fossero travati nella sua privilegiata condizione di Messia ma,
neppure tace.
Ad un
oltraggio, risponde pacatamente (con animo sereno, senza alcuna
aggressività), chiedendo il perché, ossia, il motivo di tale
oltraggio. In poche parole, non si chiude, all’altro, come spesso
fanno gli uomini, i quali, con il gesto di porgere l’altra guancia,
cadono in un mutismo2 che diventa separazione,
allontanamento, rigetto, del fratello, rischiando di diventare, rottura
permanente (definitiva).
Gesù, ha il
coraggio di mettere le carte in tavola,3 non vuole perdere
chi ha sbagliato, ma nel tentativo di riconquistarlo, di
riappacificarsi, apre con lui un dialogo, per indurlo a riflettere, per
chiarire, per cercare spiegazioni.
E così
facendo ci insegna come si deve porgere l’altra guancia (quando le
circostanze lo permettono).4
Dunque, mai
chiudere a priori, la comunicazione con l’altro, qualora sorga un’incomprensione
o si pensi di essere stati oggetto di ingiusta, di offesa, per non
cadere nella rete del separatore per eccellenza, ma fare almeno un
tentativo, per cercare di rimarginare la frattura, risanare la
situazione e non interrompere la relazione.
Altrimenti
considerato che sbagliamo tutti, in quanto tutti peccatori, rischiamo di
isolarci dal resto del mondo. E Dio non ha creato l’uomo perché fosse
da solo, perché fosse un’isola. L’isolato non funziona, non ha
senso, in quanto va contro la struttura della Creazione. Infatti la
peggiore condanna di un uomo è quella solitudine che lo porta verso la
perdita e il nulla.
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Note:
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1.
come avrebbero fatto molti altri uomini vittime di offese,
trasportati dai moti irrefrenabili dei loro cuori e avvelenati dalle istigazioni
del nemico della natura umana.
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2.
suggerito dal nemico della natura umana.
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3.
tentare di sostenere un dialogo con colui che lo offende, non ne rivela
la debolezza, ma la grandezza, la nobiltà, l'equilibrio interiore e
la forza (coraggio, valore). Caratteristiche che possono appartenere, per Sua grazia, a tutte le creature umane, in
quanto, fatte a Sua Immagine e Somiglianza.
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4.
quando l’altro non è un pubblicano o un pagano che rigetta ogni
sforzo comunicativo, come nel versetto sopraccitato di Matteo
18,15-17
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