La Madonna del Granato
Marzo-Aprile 2001
Sommario
Decreto vescovile
Editoriale
Devotio mariana
Ascoltiamo il Santo Padre 
750° del dono dello Scapolare
Storia e vita del Santuario
Cenni storici
A decoro
Vita eremitica
Attualità
Varie
 
 
 

 

  
Decreto Vescovile 

 Avendo molto a cuore il bene spirituale della nostra comunità diocesana; avendo grande desiderio di diffondere e sviluppare sempre più la devozione alla Vergine Santissima, Madre di Dio e Madre nostra, molto amata e venerata dai nostri fedeli; avendo avuto la possibilità di conoscere e constatare quanto è grande, antico e radicato il culto della nostra Mamma celeste, venerata nella già cattedrale di Capaccio Vecchia, in tutta la zona di Capaccio e della piana del Sele, come nei dintorni, sotto il titolo di Madonna del Granato; desiderando che tale devozione possa svilupparsi maggiormente, e tale luogo di culto mariano diventare secondo punto di riferimento e di devozione mariana per tutta la nostra comunità diocesana, dopo quello del Sacro monte di Novi Velia; ben sapendo che i Santuari sono segni visibili deWinvisibile presenza della Madre del Signore in mezzo al popolo cristiano, dove la Beata Vergine invita i fedeli a cantare la potenza e la misericordia di Dio e a celebrare il culto del Signore in spirito e verità (Giovanni Paolo Il-Capua 1992);ELEVO LA CHIESA DI CAPACCIO VECCHIA IN CUI SI VENERA LA MADRE DI DIO SOTTO IL TITOLO DI MADONNA DEL GRANATO A SANTUARIO DIOCESANO immediatamente soggetto al Vescovo concedendo in pari tempo ogni privilegio che comunemente sono riservati a detti santuan. Per conservare inalterata la sua prerogativa di culto mariano, di luogo di preghiera, di raccoglimento, di grande esperienza spirituale e di riconciliazione, vengono vietate in maniera categorica, le seguenti celebrazioni: Battesimi, Matrimoni, Messe di prima comunione e celebrazioni esequiali. Il Santuario avrà un suo Rettore, distinto dal parroco del posto, un consiglio per gli affari economici, formato da uomini di provata fede cristiana e ricchi di grande senso ecclesiale, i cui compiti saranno regolati da uno statuto e da un regolamento, che costituiranno parte integrante del presente decreto. Resta facoltà del Vescovo servirsi della collaborazione di un suo delegato, i cui compiti verranno definiti dal biglietto di nomina. 
Dato a Vallo della Lucania 2 Luglio 1992 


Editoriale  
Trascrivendo i versi su riportati,  (“Briciole di cielo”: Ed.Dehoniane),  inizio l’editoriale di questo -Numero Speciale- del giornalino del santuario della Madonna del Granato, per manifestarne   l’intento: esprimere il mio grazie al Signore per quanto mi ha concesso di realizzare in questo periodo di tempo che ho trascorso qui tra voi. 
  Questa fausta ricorrenza fa riferimento al decimo anniversario della riapertura al culto dell’antica cattedrale di Capaccio Vecchia: 
        “23 Marzo 1991-2001” 
  Credo di fare cosa gradita ai numerosi lettori di questo organo di stampa religioso-mariano, se evidenzio questa data di calendario.  
   Dieci anni, non sono molti, daccordo, ma sono comunque un bel “tratto di strada” che abbiamo percorso insieme. 
  E’ un tempo sufficiente quindi per tirare le somme su quanto, con l’aiuto di Dio, si è fatto e per programmare il lavoro che ci attende; sempre con lo stesso entusiasmo e maggiore impegno. 
  Se si considera poi che alcune persone, forse commiserando bonariamente, il mio inziare da solo e senza alcun confort di sostegno, sentenziarono che non avrei resistito più di tre mesi, allora, ne convenite pure voi, il parlarne è più che opportuno, anzi, doveroso. 
  S. Paolo ci ricorda prima che: “...è nella nostra indigenza che si manifesta l’onnipotenza di Dio” e ancora: “Rendete comunque sempre grazie al Signore”. 
  Eccomi pronto ad esternare questi miei sentimenti di gratitudine al Datore di ogni grazia e benedizione. 
   Come Carmelitano poi, avendo evidenziato ( fin da quando presentai la mia particolare richiesta ai miei legittimi superiori) il desiderio di risiedere sì in un eremo per vivere in solitudine, ma che questo luogo fosse anche dedicato alla Madonna. 
  In questo modo, mi dicevo, avrei avvertito quasi fisicamente, la presenza materna di Maria che fin dalle origini del nostro Ordine, invochiamo: “Madre e Sorella”. 
  Lei soltanto poteva offrirmi quel “sostegno ed aiuto”, indispensabili, per inziare e proseguire il cammino di vita eremitica senza tentennamenti di sorta. 
  E visto che, la Vergine Santa, a chi a Lei si affida, “...liberamente al dimandar precorre”, a Lei rivolgo il mio filiale ringraziamento subito dopo averlo espresso per il suo Divin Figlio Gesù. 
  Lo esprimo dal più profondo del cuore,  per avermi accompagnato passo passo, come mamma premurosa verso il proprio figlio, in questi dieci anni di permanenza nell’eremo a Lei dedicato. 
  In terzo luogo devo ringraziare sua Ecc.za Rev.ma Mons. Giuseppe Rocco Favale Vescovo residenziale di Vallo della Lucania per avermi accolto paternamente e generosamente. 
  Quando lo ascoltai per la prima volta, tramite telefono, (Novevembre 1990) mi disse di essere contentissimo di avermi in diocesi; “Ho diverse chiese che fanno al tuo caso, vieni e scegli ”.  
   Nel giorno della innaugurazione (Marzo 1991) nel discorso programmatico che pronunciò nella basilica riaperta, assecon dò anche un mio “pio desiderio” quello cioè di non permettere lo svolgimento di matrimoni ed altri sacramenti propri dell’attività parrocchiale. 
  Così potevo esprimermi nel mio “specifico carmelitano”: dare più spazio alla preghiera, alla accoglienza, alla direzione spirituale, alla confessione, oltre, beninteso, alla celebrazione eucaristica mattutina. 
  In questa mia lista di sentiti ringraziamenti, non posso sorvolare sul generoso e spontaneo apporto di tanti devoti del santuario, per rendere meno duro il mio  lavoro in questo luogo. 
 Infatti, grazie a questa mia continua presenza in Capaccio vecchia, luogo a loro tanto caro, quello che per molti sembrava ormai un sogno irrealizzabile era diventata stupenda realtà: Capaccio Vecchia tornava a rinascere! 
  Quanto mi sia stata gradita questa loro generosità nei miei confronti, la voglio evidenziare riportando un episodio che ha toccato profondamente il mio animo. 
  Tre giorni dopo il mio ingresso nell’eremo, si scatenò un nubifragio tremendo, tuoni e saette, acquazzoni scroscianti con raffiche di vento, sembrava il finimondo. 
   Alle 20.00, non preoccupandomi di tutto questo putiferio, tranquillo, me ne ero già andato a riposo per potermi alzare alle prime luci dell’alba, secondo la regola monastica che mi ero imposta.  
  Dopo un pò di tempo avvertii dei colpi  insistenti, come di pietre che venivano battute sul portone; andai ad aprire e trovai un gruppo di uomini bagnati ed affaticati che recavano sulle spalle una stufa a gas con rispettiva bombola. 
  Impressionati dal maltempo si erano preoccupati di andare a comprare l’occorrente per fornirmi di un minimo indispensabile perché non “morissi di freddo” in questo luogo da tempo disabitato e privo di riscaldamenti. 
  La Madonna del Granato, attraverso  questa squisita sensibilità dei suoi devoti, dava a intendere al sottoscritto che le difficoltà  non devono scoraggiarci mai. 
  Sempre invece, devono farci rivolgere in alto lo sguardo supplice, secondo quanto suggerisce tra l’altro il salmo: “...alzo gli occhi verso i monti da dove mi verrà l’aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore che ha fatto cielo e terra”. 
  Grazie quindi a tutti voi che mi avete sostenuto in questo decennio della mia presenza tra voi e che la Madonna del Granato, Madre di tutte le grazie vi ricompensi di celestiali benedizioni secondo i desideri del vostro cuore! 
                                        La Direzione 



Il 23 marzo u.s. ricorreva anche il 10° anniversario della apertura di un eremo carmelitano presso il cenobio che sorge (nel comune di Capaccio -SA-) sulle pendici del Monte Calpazio: 
  L’abitato che funge da eremo, è attiguo all’antica cattedrale che i Pestani vi eresero nel X secolo. 
  Attualmente, tutto il complesso architettonico, è conosciuto come Santuario Mariano Diocesano e con il titolo di Madonna del Granato. 
  L’eremita carmelitano quivi residente dallo stesso giorno della riapertura al culto del vecchio santuario, 23 marzo 1991, ha voluto ricordare, con particolare devozione ai suoi confratelli prima e quindi a tutti i devoti frequentatori del Santuario, questa  fausta ricorrenza, con una giornata di preghiera, in comunione con loro, presso l’altare di Dio. 
  Nel mattino ha avuto luogo in basilica, una inaspettata e graditissima partecipazione di confratelli nella solenne concele- brazione eucaristica. 
  Erano presenti: il Padre Provinciale: P. Nicola M. Barbarello della Provincia Napoletana ed una decina di confratelli, qui convenuti per un corso di esercizi spirituali, oltre ad alcuni parroci della zona; è seguito il pasto in comune ed in santa letizia nel refettorio. 
  Nel pomeriggio invece è stata la volta dei laici: un folto gruppo di fedeli e devoti della Madonna del Granato, si è unito al “monaco di Capaccio Vecchio”, in una fervorosa preghiera di ringraziamento al Signore per tutte le grazie e benedizioni concesse lungo tutto questo arco di tempo. 
       Come è avvenuta la scelta di questo luogo? 
   In seguito ad un incontro tra il Vescovo di Vallo della Lucania (SA): Mons. Giuseppe Rocco Favale ed il superiore provinciale del tempo: P. Lucio M. Renna, ora Vescovo residenziale nella Diocesi di Avezzano (AQ), venni a fare conoscenza del Vescovo locale e del luogo (che avrei scelto ove fissare eventualmente la mia dimora), nel novembre del 1990. 
  Accompagnato dal Parroco di Capaccio (SA) e dal Segretario del Vescovo, salii sul terrazzo del cenobio annesso al Santuario: sotto la collina, lo sguardo spazia va sull’ampia piana del sele che terminava nel mare del golfo di Salerno, alle mie spalle si ergeva invece lo sperone roccioso del monte Calpazio. 
  “ Questo eremo così posizionato (dissi ai sacerdoti su riferiti) mi fa ricordare il convento: “Stella Maris” dei confratelli Carmelitani Scalzi in Israele! 
   Anche questo è posizionato sul promontorio del Carmelo e sotto si estende la piana con il golfo di Haifa. 
  “...non ho più bisogno di vedere altrove, mi fermo quì, dissi, il Monte Calpazio sarà per me il mio nuovo Monte Carmelo”. 
  Il profeta Geremia mostra il fascino di questo monte della terra santa: “Vi ho introdotti nella terra del Carmelo perché ne gustiate i frutti e dei più squisiti”. 
  La tradizione carmelitana ha fatto di questo richiamo profetico che esalta la bellezza del Giardino del Carmelo un costante riferimento per esprimere la sua spiritualità. 
  “O beata solitudo, o sola beatitudo”, hanno declamato nei loro cantici d’amore, i santi del Carmelo; così, i figli del Carmelo, nei secoli, hanno maturato e trasmesso una forma di vita sui generis, tipica di luoghi eremitici. 
  “In silentio et spe” e quindi adatta a “produrre, attraverso la meditazione continua della Parola di Dio, il dolce miele della contemplazione. 
  Anche il titolo mariano con il quale è qui invocata la Madre di Dio, rimanda ad un giardino: dice infatti il profeta Isaia: “Ricordati Israele, Dio non ti ha dato un deserto da abitare, ma un giardino fertilissimo, che produce frutti squsiti: fichi e melagrane”. 
  Per i devoti abitanti della zona, questo frutto bellissimo e dolcissimo della bontà divina è: La Madonna del Granato. 
  Il frutto del melograno, infatti, così come è composto dai numerosissimi e dolcissimi chicchi, ben si presta a simboleggiare le grazie senza numero che la Madonna può intercedere a nostro favore presso il suo Figlio Divino. 
  Il suo grembo verginale, infatti,  ha custodito come in uno scrigno prezioso, l’autore stesso della Grazia Divina, e perciò, Fonte Inesauribile di Grazia: Cristo Gesù. 
  Per questo motivo, quotidianamente e con confidenza, rivolgo a Lei la mia preghiera: “...fa che in quest’eremo a te dedicato, fiorisca una numerosa comunità di fratelli che vogliano vivere nell’ossequio di Cristo sul tuo esempio, ed ardano di zelo per la causa di Dio ad imitazione del Profeta Elia”. 
  In questi dieci anni, l’eremo ha ospitato numerosi gruppi parrocchiali di varie provenienze per una giornata di ritiro ed anche sacerdoti, seminaristi e giovani in ricerca vocazionale, mirata alla vita consacrata o sacerdotale, per alcuni giorni o anche per una settimana o più giorni, per fare esperienza di “deserto”. 
  A tutti gli innamorati di Dio o per i “ribelli alla mediocrità”, (come diceva Paolo VI), vorrei proporre di condividere con me questa forma di vita eremitica che mi è stata inculcata durante gli anni di formazione (Marianato-Noviziato-Chiericato) e maturata durante la mia esperienza missionaria nello Zaire presso la succursale parrocchiale del Monte Aboro, da me, ivi fondata. 
   Vita che vorrei continuare con l’aiuto di Dio e sotto lo sguardo materno di Maria, “Usque ad mortem”! 
(Per chi desidera sapere l’orario che vige in ques’eremo andare a pagina 32) 


Devotio Mariana 

  Come ho precisato nel numero precedente, il 2001 è l’anno mariano carmelitano e di consequenza, in questa rubrica, tratterrò della spiritualità mariana carmelitana, servendomi per le riflessioni del testo: “La veste più bella” (Ed. Carmelit.). 
   Nel numero precedente ho parlato dello scapolare del carmine come di un dono veramente regale; ora approfondiamo il significato di questo dono di Maria al suo Ordine e alla Chiesa tutta. 
  “Io gioisco pienamente nel Signore”. Sì, in Lui posso gioire, esultare. E qual’è il motivo di tanta gioia, di una gioia così grande che giunge fino nell’anima, senza contentarsi di fermarsi al di fuori, alla superficie? 
  Risponde la parola di Dio, spiegando: “perché egli mi ha rivestito delle vesti di salvezza” (Is 61, 10-11). 
   Eravamo nudi, infatti, spogliati a causa del peccato, della nostra allontananza  da Dio, del tradimento a Lui, della dimenticanza di Lui: tutto questo ci aveva spogliati. 
   Non potevamo più sopportare né il freddo intenso, né il caldo: eravamo costretti a fuggire di continuo. 
   Ora non è più così: è venuta la grazia, la misericordia. E’ venuto di nuovo il Signore che ci ha creati per il suo amore e ha detto: “Adamo dove sei? Vieni, ti voglio vestire!” (cfr Gn 3,9). 
   E lo ricoprì: allora, all’inizio dei tempi, e allo stesso modo oggi, nei nostri tempi. 
   E’ grazie alla veste che Dio,  da vero Padre qual’è, ci ha confezionato e ci ha messo addosso, che noi possiamo ancora gioire ed essere contenti: è il segno del suo amore e della sua tenerezza. 
   Dunque, non è certo una veste di questo mondo, una veste soltanto esterna, che ci può dare quella felicità cui, insieme a tutti, aneliamo... allora cos’è?    
   Come Santa Teresa di Gesù Bambino, cerchiamo la risposta nella Scrittura. San Paolo scrive: “Vi siete rivestiti di Cristo”. 
  Dunque, la veste di cui parliamo non è un oggetto, bensì una Persona: Gesù Cristo. 
   Solo Lui poteva essere quell’abito di gioia, quel manto di allegrezza di cui avevamo bisogno. 
   Lui e sua Madre, perché essi non sono mai separati. Infatti, “quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge” 
(Gal 4,4). 
   Maria è lo strumento umano privileggi- ato dalla grazia, il canale mediante il quale il Padre ci ha donato il Figlio, riempiendoci dello Spirito per farci suoi figli nel Figlio. 
   Sin dai primi passi della Chiesa, i Cristiani hanno guardato a Lei come alla materna protettrice e alla Vergine piena dello Spirito di Dio. 
   Alla donna forte nel dolore, alla discepola attenta alla Parola, alla Madre che con la sua presenza richiama quella del Figlio. 
   Perciò la Chiesa neonata si è radunata proprio attorno a Lei per accogliere il dono dello Spirito e lanciarsi sulle strade del mondo per diffondere il Vangelo. 
  Un’antichissima preghiera dei primi secoli del cristianesimo, invoca: “sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio” . 
   Col passar dei secoli, il riferimento alla Madre di Dio è diventato richiamo ai valori più genuini e vivi della fede cristiana, tanto da divenire la bandiera di coloro che s’impegnavano per la riforma della Chiesa. 
   In questo clima, sui monti dai quali si vede la pianura di Nazareth, nasce agli inzi del secolo XIII un gruppo di eremiti che si radunano attorno ad una fonte detta “di Elia”: i Carmelitani. 
  Costoro, si presenteranno e pretenderanno di essere riconosciuti dalla Chiesa come i “Fratelli della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo”. 
   “Il Carmelo è tutto di Maria”. Parole coniate per descrivere una realtà antica: il legame reciproco fra i Carmelitani / le Carmelitane e Maria, la Madre di Gesù, divenuta madre di tutti i suoi discepoli. 
   E proprio questa è la qualifica principale degli eredi di quegli antichi eremiti: discepoli di Gesù, come Maria. 
   Essi lodano Dio, ringraziandolo per aver loro donato Maria, e pregano così: “Umile ancella, Maria accolse la tua Parola e la custodì nel suo cuore; mirabilmente unita al mistero della Redenzione, perseverò con gli Apostoli in preghiera nell’attesa dello Spirito Santo. 
  Madre spirituale di tutti gli uomini, veglia con amore sulla moltitudine dei suoi figli, e risplende, segno di consolazione e di sicura speranza, sul nostro cammino. 
   In Lei, come in una perfetta immagine, noi vediamo realizzato quello che desideriamo e speriamo di essere nella Chiesa”. 
   Cerchiamo di capire e di conoscere meglio questo legame, per comprendere i grandi valori contenuti nel segno dello Scapolare Mariano-Carmelitano. 
  La spiritualità mariana del Carmelo, non può prescindere quindi da questo segno esterno di particolare consacrazione a Lei, né privarsi di evidenziare nella predicazione, del grande richiamo di imitazione della B.V. Maria attraverso il suo santo abito: “Breviario di virtù” (Pio XII). 


Ascoltiamo il Santo Padre 

  In occasione della celebrazione del 750° anniversario del dono dello Scapolare, anche il Santo Padre si è voluto unire alla gioia di tutto il Carmelo inviando una suo messaggio ai superiori generali dell’Ordine. 
   E’ più che opportuno quindi, pubblicare anche sul nostro giornalino della “Madonna del Granato” (redatto da un religioso carmelitano), il testo completo del documento pontificio. 
   1. “Il provvidenziale evento di Grazia, che è stato per la Chiesa l’Anno giubilare, la induce a guardare con fiducia e speranza al cammino appena intrapreso nel nuovo millennio.  
 “Il nostro passo, all’inizio di questo nuovo secolo - ho scritto nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte - deve farsi più spedito... Ci accompagna in questo cammino la Vergine Santissima, alla quale... ho affidato il terzo millennio” (n. 58). 
  Con profonda gioia ho pertanto appreso che 1’Ordine del Carmelo, nei suoi due rami, antico e riformato, intende esprimere il proprio amore filiale verso la sua Patrona, dedicando l’anno 2001 a Lei, invocata quale Fiore del Carmelo, Madre e Guida nel cammino della santità.  
  Al riguardo, non posso non sottolineare una felice coincidenza: la celebrazione di quest’anno mariano per tutto il Carmelo avviene, secondo quanto tramanda una venerabile tradizione dell’Ordine stesso, nel 750° anniversario della consegna dello Scapolare.  
  E’ quindi una celebrazione che costituisce per l’intera Famiglia carmelitana una meravigliosa occasione per approfondire non solo la sua spiritualità mariana,  
  ma per viverla sempre più alla luce del posto che la Vergine Madre di Dio e degli uomini occupa nel mistero di Cristo e della Chiesa e, pertanto, di seguire Lei che è la “Stella dell’evangeliz zazione” (cfr Novo millennio ineunte, n. 58). 
  2. Le varie generazioni del Carmelo, dalle origini fino ad oggi, nel loro itinerario verso la “santa montagna, Gesù Cristo nostro Signore” (Messale Romano, Colletta della Messa in onore della B. V. Maria del Carmelo, 16 luglio), hanno cercato di plasmare la propria vita sugli esempi di Maria. 
Per questo nel Carmelo, e in ogni anima mossa da tenero affetto verso la Vergine e Madre Santissima, fiorisce la contemplazione di Lei che, fin dal principio, seppe essere aperta all’ascolto della Parola di Dio e obbediente alla sua volontà (Lc 2,19.51). Maria, infatti, educata e plasmata dallo Spirito (cfr Lc 2, 44-50), fu capace di leggere nella fede la propria storia (cfr Lc 1, 46-55) e, docile al suggerimenti divini, “avanzò nella peregrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unione col Figlio sino alla croce, dove, non senza un disegno divino, se ne stette (cfr Gv 19,25), soffrendo profondamente col suo Unigenito e associandosi con animo materno al sacrificio di Lui” (Lumen gentium, 58). 
3. La contemplazione della Vergine ce la presenta mentre, come Madre premurosa, vede crescere il suo Figlio a Nazaret (cfr Lc 2,40.52), lo segue lungo le strade della Palestina, lo assiste alle nozze di Cana (cfr Gv 2,5) e, ai piedi della Croce, diventa la Madre associata alla sua offerta e donata a tutti gli uomini nella consegna che lo stesso Gesù fa di Lei al suo discepolo prediletto (cfr Gv 19,26). Quale Madre della Chiesa, la Vergine Santa è unita ai discepoli “in continua preghiera” (At 1,14) e, quale Donna nuova che anticipa in se ciò che si realizzerà un giorno per tutti noi nella piena fruizione della vita trinitaria, e assunta in Cielo, da dove stende il manto di protezione della sua misericordia sui figli pellegrinanti verso il monte santo della gloria. 
Un simile atteggiamento contemplativo della mente e del cuore porta ad ammirare l’esperienza di fede e di amore della Vergine, che già vive in sé quanto ogni fedele desidera e spera di realizzare nel mistero di Cristo e della Chiesa (cfr Sacrosanctum Concilium, 103; Lumen gentium, 53). Per questo giustamente carmelitani e carmelitane hanno scelto Maria come propria Patrona e Madre spirituale ed hanno sempre dinanzi agli occhi del cuore Lei, la Vergine Purissima che guida tutti alla perfetta conoscenza ed imitazione di Cristo. 
Fiorisce così un’intimità di rapporti spirituali che incrementano sempre più la comunione con Cristo e con Maria. Per i Membri della Famiglia carmelitana Maria, la Vergine Madre di Dio e degli uomini, non è solo un modello da imitare, ma anche una dolce presenza di Madre e Sorella in cui confidare. Giustamente santa Teresa di Gesù esortava: “Imitate Maria e considerate quale debba essere la grandezza di questa Signora e il beneficio di averla per Patrona” (Castello interiore, III, 1,3). 

4. Questa intensa vita mariana, che si esprime in preghiera fiduciosa, in entusiastica lode e in diligente imitazione, conduce a comprendere come la forma più genuina della devozione alla Vergine Santissima, espressa dall’umile segno dello Scapolare, sia la consacrazione al suo Cuore Immacolato (cfr PIO XII, Lettera Neminem profecto latet [11 febbraio 1950: AAS 42, 1950, pp. 390-391]; Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentum, 67). E’ così che nel cuore si realizza una crescente comunione e familiarità con la Vergine Santa, “quale nuova maniera di vivere per Dio e di continuare qui in terra l’amore del Figlio Gesù a sua madre Maria” (cfr Discorso all’Angelus, in Insegnamenti XI/3, 1988, p. 173). Ci si pone così, secondo l’espressione del Beato martire carmelitano Tito Brandsma, in profonda sintonia con Maria la Theotokos, diventando come Lei trasmettitori della vita divina: “Anche a noi il Signore manda il suo angelo ... anche noi dobbiamo ricevere Dio nei nostri cuori, portarlo dentro i nostri cuori, nutrirlo e farlo crescere in noi in modo tale che egli sia nato da noi e viva con noi come il Dio-con-noi, l’Emmanuele” (Dalla relazione del B. Tito Brandsma al Congresso Mariologico di Tongerloo, agosto 1936). 
Questo ricco patrimonio mariano del Carmelo è divenuto, nel tempo, attraverso la diffusione della devozione del Santo Scapolare, un tesoro per tutta la Chiesa. Per la sua semplicità, per il suo valore antropologico e per il rapporto con il ruolo di Maria nei confronti della Chiesa e dell’umanità, questa devozione è stata profondamente e ampiamente recepita dal popolo di Dio, tanto da trovare espressione nella memoria del 16 luglio, presente nel Calendario liturgico della Chiesa universale. 
5. Nel segno dello Scapolare si evidenza una sintesi efficace di spiritualità mariana, che alimenta la devozione dei credenti, rendendoli sensibili alla presenza amorosa della Vergine Madre nella loro vita. Lo Scapolare è essenzialmente un «abito». Chi lo riceve viene aggregato o associato in un grado più o meno intimo all’Ordine del Carmelo, dedicato al servizio della Madonna per il bene di tutta la Chiesa (cfr Formula dell’imposizione dello Scapolare, nel “Rito della Benedizione e imposizione dello Scapolare”, approvato dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, 5/1/1996). Chi riveste lo Scapolare viene quindi introdotto nella terra del Carmelo, perché “ne mangi i frutti e i prodotti” (cfr Ger 2,7), e sperimenta la presenza dolce e materna di Maria, nell’impegno quotidiano di rivestirsi interiormente di Gesù Cristo e di manifestarlo vivente in sé per il bene della Chiesa e di tutta l’umanità (cfr Formuladell’imposizione dello Scapolare, cit.). 
Due, quindi, sono le verità evocate nel segno dello Scapolare: da una parte, la protezione continua della Vergine Santissima, non solo lungo il cammino della vita, ma anche nel momento del transito verso la pienezza della gloria eterna; dall’altra, la consapevolezza che la devozione verso di Lei non può limitarsi a preghiere ed ossequi in suo onore in alcune circostanze, ma deve costituire un «abito», cioè un indirizzo permanente della propria condotta cristiana, intessuta di preghiera e di vita interiore, mediante la frequente pratica dei Sacramenti ed il concreto esercizio delle opere di misericordia spirituale e corporale. In questo modo lo Scapolare diventa segno di «alleanza» e di comunione reciproca tra Maria e i fedeli: esso infatti traduce in maniera concreta la consegna che Gesù, sulla croce, fece a Giovanni, e in lui a tutti noi, della Madre sua, e l’affidamento dell’apostolo prediletto e di noi a Lei, costituita nostra Madre spirituale. 
6. Di questa spiritualità mariana, che plasma interiormente le persone e le configura a Cristo, primogenito fra molti fratelli, sono uno splendido esempio le testimonianze di santità e di sapienza di tanti Santi e Sante del Carmelo, tutti cresciuti all’ombra e sotto la tutela della Madre. 
Anch’io porto sul mio cuore, da tanto tempo, lo Scapolare del Carmine! Per l’amore che nutro verso la comune Madre celeste, la cui protezione sperimento continuamente, auguro che quest’anno mariano aiuti tutti i religiosi e le religiose del Carmelo e i pii fedeli che la venerano filialmente, a crescere nel suo amore e a irradiare nel mondo la presenza di questa Donna del silenzio e della preghiera, invocata come Madre della misericordia, Madre della speranza e della grazia. 
Con questi auspici, imparto volentieri la Benedizione Apostolica a tutti i frati, le monache, le suore, i laici e le laiche della Famiglia carmelitana, che tanto operano per diffondere tra il popolo di Dio la vera devozione a Maria, Stella del mare e Fiore del Carmelo!” 
 
 

Dal Vaticano, 25 marzo 2001 
Joannes Paulus II 


CENNI STORICI 

 Nella ricorrenza del decennale della riapertura al culto di questo antico santuario credo di far cosa gradita ai lettori riportare alcuni cenni storici circa le origini di questo complesso architettonico del Granato oggi monumento nazionale. 

Distrutta PAESTUM nell’877 D.C. ad opera dei Saraceni, la gente sfuggita all’eccidio, insieme al suo vescovo, si salvò sul monte Calpazio, ove edificò un nuovo centro abitato che prese il nome di CAPACCIO (in latino CAPUT AQUAE) per la presenza alle sue falde di sorgenti d’acqua.  
 Nel X secolo fu iniziata la costruzione del maestoso tempio che dornina tutta la “Piana del Sele” ed avendovi il vescovo posto la sua residenza, divenne cattedrale della diocesi di PAESTUM - CAPACCIO. Per aver dato “ospitalita” alla “congiura dei baroni’ contro l’imperatore; la Capaccio Vecchia fu distrutta dalle armate di Federico II nel 1247.   Alcuni cittadini rifugiatisi nella vicina Terra di S. Pietro, diedero inizio al nuovo centro cittadino detto appunto Capaccio Nuova.  
 L’interesse della antica cattedrale di S. Maria del Granato è dovuto sia alla sua splendida posizione sull’ampio golfo di Salerno, che alle antichissime origini.  
 Infatti prima del tempio cristiano vi sorgeva nei pressi un altro piccolo tempio Pagano (le cui origini affondano nella leggenda Greco- Romana) ed era dedicato a Giunone cui era sacro il melograno.  
 Nella vetusta cattedrale, era venerata la Madre di Dio con il titolo di S. MARIA MAGGIORE; dopo il XIV secolo subentrò il titolo di S.MARIA DEL GRANATO (ne fanno testo alcuni sarcofagi episcopali conservati nella cripta della cattedrale di Salerno).  
 Il grandioso tempio di stile romanico è suddiviso in tre navate terminanti in altrettanti absidi; la ristrutturazione come appare oggi risale al grande restauro del 1708 ad opera del Vescovo di Capaccio Mons. Francesco Nicolai.  
 Vanno in oltre ricordati: il bel pulpito marmoreo (XV sec.?), l’ampia monofora dell’abside maggiore (XIII sec.?) ed in ultimo un’urna marmorea in cui nel 954 furono riposte le reliquie di S. Matteo Apostolo, ora conservate nel duomo di Salerno.  
 Nel 1838 un altro vescovo di Capaccio Mons. Michele Barone diede inizio alla costruzione di un edificio annesso al tempio per accogliere il clero perchè zelasse il culto del Santuario.  
 Il 23 marzo 1991 Sua Eccellenza Rev.ma Mons. Giuseppe Rocco Favale, Vescovo di Vallo della Lucania riconsacrava l’altare maggiore, dopo un ennesimo restauro all’antico santuario, durato circa un ventennio, tra il tripudio di una innumerevole folla di devoti, pervenuti da tutta la piana del Sele. 
 Nel 2 Luglio 1992 il nostro Vescovo con decreto episcopale elevava la chiesa di Capaccio vecchia a Santuario Diocesano.  
 In occasione del grande Giubileo del 2000, il nostro Santuario usufruiva di una legge straordinaria dello Stato, emanata per l’evento giubilare, di un ulteriore intervento di restauro. 
 In seguito a questi lavori, la Sovrintendenza ai beni storici e culturali di Salerno, permetteva l’abbattimento del vecchio altare, ricostruito nel 1921, e che era addossato all’abside maggiore. 
 Rinvenuto il basamento di un preesistente altare datato al 1500 circa, su di esso veniva posizionata la così detta: “Urna di S. Matteo”; si otteneva così il nuovo altare più rispondente alle esigenze di culto volute dalla riforma liturgica del Concilio Ecumenico Vat. II. 
 In occasione della incoronazione con corone auree della venerata immagine della Madonna del Granato, avvenuta sul sagrato della Basilica l’otto Dicembre 2000, veniva posizionato come un paleotto marmoreo davanti al basamento del nuovo altare, la antichissima lapide del VI sec. proveniente da un sepolcro cristiano.  
 Custodisce il Santuario un religioso carmelitano dell’A.Oss., desideroso di fondarvi una comunità eremitica che viva nell’ossequio di Cristo sull’esempio di Maria e ardente di zelo per la causa di Dio ad imitazione del Profeta Elia, secondo l’ideale del Carmelo. 


A Decoro 

  Con questo numero del giornalino del nostro santuariorio, che vuole ricordare il decennale della sua riapertura al culto, penso sia giunto il momento opportuno per fare un resoconto di quanto si è potuto realizzare a decoro del santuario in questo arco di tempo che va dal 23/03/1991 al 23/03/2001. 
 Gli assidui devoti sanno che all’apertura del santuario, questo complesso (chiesa e convento), era privo di tutto, sia per quel che riguarda la suppellettile: banchi, sedie, confessionali, armonium etc. come per l’arredo sacro: paramenti, tovaglie per altari, vasi sacri, croci, candelieri, statue, “via Crucis”. 
   Tratteremo di seguito, prima gli interventi per rendere più idoneo il culto in chiesa e poi per quanto concerne il convento. 
  

      A)   Interventi nella chiesa 

 Il precedente restauro (iniziato negli anni ottanta), aveva sì provveduto all’impianto di illuminazione sotto traccia, mancavano però i corpi luminanti e l’aggancio alla rete pubblica; ugualmente dicasi dell’impianto microfonico: era, anch’esso, del tutto mancante. 
 Nelle giornate di vento (che non sono rare in questo luogo), era una impresa celebrare i sacri riti: il vento forte e gelido  intirizziva la schiena ai devoti quivi convenuti, rendendo quasi impossibile la partecipazione al culto. 
 Da queste prime annotazioni, appare chiaro che bisognava incominciare da zero sotto tutti i punti di vista.  
  Non è quindi tanto la vanagloria che ci spinge ad elencare quanto si è realizzato, quanto un senso di giustizia; si vuole evidenziare l’apporto generoso e nascosto di semplici devoti che con i loro sacrifici, fin dai primissimi giorni della riapertura del santuario, hanno reso possibile quanto ora è diventata realtà. 
 La prima necessità, era quella di permettere ai fedeli di poter assistere alle sa cre funzioni almeno seduti: mancando infatti i banchi, si era costretti a stare in piedi. 
  Chi si offriva ad arredare la chiesa almeno con banchi vecchi o con sedie di fortuna? 
 Il sig. Pasquale Nappo di Castellamma re, di Stabia (NA) ha risposto prontamente all’appello. 
  Dovendo rinnovare l’arredo nella sala di ristorazione da lui gestita, e sollecitato dalla signora Rosa Consigliato sua parente e al contempo assidua frequentatrice del Santuario, ha generosamente regalato tutte le  le vecchie sedie (ma in ottimo stato di conservazione) al Santuario.  
 L’inaspettato benefattore dopo aver noleggiato un camion per il trasporto, di persona è venuto a consegnare ben   centocinquanta sedie la metà delle quali in legno e ferro, con sedile pieghevole che potevano all’occasione servire anche come inginocchiatoi. 
 In seguito ad una visita fraterna qui all’eremo  da parte del Priore dei Carmeli tani di Caivano, mio confratello, mi sento proporre un’altra singolarissima offerta. 
  Avendo ordinato dei nuovi banchi per il suo santuario della Madonna di Campiglione, era disposto a regalarmi i suoi, visto che il santuario del Granato ne era privo, a condizione che provvedessi al trasporto. 
  Non me lo feci ripetere una seconda volta...una settimana dopo i banchi di Caivano facevano bella mostra nel santuario di Capaccio. 
 Inoltre, perché la voce del celebrante potesse essere ascoltata fin in fondo alla chiesa, bisognava apprestare un minimo di amplificazione; come fare? 
  Chiesi al solito confratello se mi poteva venire incontro anche in questo e  mi regalò il suo vecchio impianto fatto a suo tempo dalla “Geloso”. 
  Acquistai alcuni microfoni, per altare sede e ambone e così  sopperii a quest’altra emergenza.  
  A questo punto, non potevo più rimandare il problema   concernente la realizzazione di una struttura protettiva dal vento. 
 Per la messa in opera di un “tamburo” all’ingresso chiesa, i problemi da superare erano vari e più...complessi:  
 1) realizzare un progetto da parte di un architetto del luogo, 2) ottenere l’approvazione di esso da parte dela Sovrintendenza ai beni artistici di Salerno, 3) reperire i fondi ecc. ecc. 
  “Chi si ferma è perduto” dice un antico proverbio, e quindi...fiducia nella Provvidenza sì ma bisognava anche rimboccarsi  le maniche; e così, anche questa opera ora è una realtà...ve la presento: 
   
           Vetrata Antivento 

  La disponibilità della ditta Farro Michele di Capaccio a portare avanti questo lavoro ed a farmi credito, mi ha dato l’imput ad iniziare; ho contattato quindi l’arch. Italo Cerullo di Capaccio per stendere un progetto di massima. 
   Ottenuta l’approvazione da parte delle competenti autorità, si diede inizio all’opera. 
 Veramente, è il caso di dirlo, è stata la prima delle opere ( di un certo spessore economico: £ 51.000.000). 
  Era giunto il momento di “bussare” e con la speranza di una porta che si apre (secondo i suggerimenti di Gesù), mi rivolsi alla  Cassa rurale ed Artigiana di Capaccio. 
  Si ottenne una cospiqua elargizione da parte di codesto ente, quivalente quasi ad un terzo dell’intero ammontare della spesa. 
 Per il rimanente della spesa (oltre trenta milioni) bisognava invece bussare al cuore dei fedeli devoti della Madonna del Granato e costoro hanno contribuito generosamente. 
  E’ doveroso quindi pubblicare l’elenco di questi benefattori: 

 Fam. Mauro, Giuseppe - Carmina; Fam. Garritano, Ermenegildo - Antonia; Fam. Fiore, Nicola - Giovanna; Sig.na Cecilia Baratta ved. Salati; Sig. Merola Francesco; Fam. Perrillo Luigi; Don Remigio M. Jandoli; Sig. Crisci Luciano; Sign.na Mauro Maria Rosa; Sig. Salati Antonio; 
Albergo “ Scluman” loc. Laura; Sig. Capo Lucio; Sig. Difulco Mario; Avv. Picilli; Albergo “Clorinda”; Albergo “Esplanada”; Sig. Voza Vincenzo; Sign.na Voza Pia; Trattoria “Nonna Sceppa”; Sig. Taddeo Raffaele; Sig. Taddeo Gennaro; Albergo “Excelsior”; Sig. Marino Domenico; Maddalena Franco Passarrelli; Martorano Antonio; Fam. Di Biasi Eugenio - Elena; Sign.na Liccardi Roberta; Fam. Capo Antonio; Sig. Marino Domenico; Sig. Scariati Giovanni; Sig. Capozzi Raffaele “a nome del piccolo Daniele”; Hotel Meridiana; Sig. Farro Carmine; Sig. De Marco Giovanni; Fam. Palmieri Antonio; Sig. Valletta Antonietta; Fam. Jannelli Carmine; Sig. MalvinoMatilde; Fam. Restaino, Giovanni - Delia; Fam. Ferrentino Roberto - Cris.; Fam. Marrandino, Virgilio - Alba; Sig. M. Fortunato 
  
 A questi nominativi di offerenti noti, vanno aggiunti diversi offerenti che hanno voluto conservare l’anonimato; è doveroso ricordare anche tutti coloro che in diversi modi hanno contribuito alla raccolta delle offerte come gli anomatori del santuario che hanno organizzato lotterie per reperire fondi.  
 Non vorrei passare sotto silenzio l’apporto del’architetto Italo Cerullo che ripetutamente ha messo a disposizione dell’opera, di cui sopra, la vendita delle sue ceramiche artistiche. 

   
  
Interventi per il convento 

 Annesso al santuario c’è anche un cenobio, costruzione realizzata nel 1835 dal compianto Vescovo di Capaccio: Mons. Michele Barone, per permettere ai canonici di risiedere presso il santuario Mariano per zelarne, più da vicino, il culto. 
 Questo edificio serve ora come residenza al monaco Carmelitano che ha scelto di vivere, in questo luogo di solitutine e silenzio, una forma di vita eremitica. 
 Anch’esso, come  ho già descritto per il santuario, nel giorno dell’innagurazio ne era completamente inabitabile: privo  di rete idrica e fognaria, di linea elettrica e telefonica, di impianto gas, come pure di qualsiasi arredo; le celle erano completamente spoglie... più carmelitane di così? 
 “Nada, Nada, Nada”, ci suggerisce il nostro confratello e Dottore Mistico S. Giovanni della Croce, per cui avevo tutti gli “ingredienti” per incominciare davvero la vita eremitica: privo di tutto ma ricco di Dio. 
 Fidandomi della Divina Provvidenza ho dato inizio, con volontarie rinunce,  anche per questo cenobio, a procurare un pò di arredo.  
 Una settimana dopo il mio ingresso, l’animatore vocazionale della nostra Provincia, decide di farmi visita con il gruppo giovani aspiranti, per condividere per una settimana con me questa forma di vita che da poco avevo appena iniziato nell’Eremo di Capaccio. 
 Erano in dodici, disponevo di tredici celle, spoglie... dove metterli a dormire? 
 Gia dal mese di giugno del 1990, avevo ricevuto il permesso dal superiore provinciale di poter dare inizio alla mia esperienza di eremita Carmelitano. 
 Nell’attesa che fossero completati i lavori di sistemazione del Cenobio, mi diedi alla predicazione ed alla visita dei sodalizi Carmelitani presenti nei vari paesi intorno al nostro Convento di Palmi (RC). 
 Da questo mio lavoro Apostolico, mi ero procurato il necessario per la vita nell’Eremo; fu così che non appena ebbi notizia dell’arrivo dei miei confratelli, diedi fondo al mio “tesoro” per arredare le undici celle con sedie, tavoli e brandine. 
 Fu la prima spesa che sostenni per rendere più accogliente anche il Cenobio; da allora la Provvidenza mi è venuta incontro permettendomi di poter ricevere quanti tra sacerdoti, seminaristi e giovani in ricerca vocazionale, bussavano alla  mia porta.  


VITA EREMITICA: UTOPIA? 

 Per eventuali interessati ad una forma di vita eremitica, secondo la regola del Carmelo, ecco l’orario che vige in quest’eremo: 
ORARIO  
Ore 3.30 Levata 
4.00 Angelus-Mattutino 
4.30 Meditazione 
5.30 Lectio Divina 
6.30 Lodi 
7.00 S. Messa 
7.45 Terza 
8.00 Lavoro 
12.00 Angelus-Esame di C.-Sesta 
12.30 Pranzo 
13.00 Riordino: Refettorio-Cucina 
13.30 Tempo a disposizione di ognuno 
(Preghiera: Nona - Studio - Attività varie) 
17.30 Vespro - Angelus 
18.00 S. Rosario - Adorazione SS.mo 
19.00 Ricreazione 
20.00 Completorio 
20.30 Riposo 
“Sette volte al giorno ti loderà la mia bocca”  
(Dal Salmo) “Rimanga ognuno nella sua cella 
meditando giorno e notte nella Legge del Signore 
e vigilando nella Preghiera”  
(Dalla S. Regola) 


Espressioni di vita Eremitica 

 A) Preghiera 

1) In coro ci si presente con la cappa   bianca 

2) Ogni “ORA” celebrata in Comunità,   è in canto. 

3) Entrando in Chiesa recitare il    “Laetatus sum”. 

4) Prima del Mattutino, canto dell’Ave   Maris Stella. 

5) Dopo “Sesta” recitare il “De    Profundis” 

6) Dopo la S. Messa e dopo ogni “Ora”   antifona mariana a scelta. 

7) Ogni mercoledì e sabato antifona   mariana: “Flos Carmeli” 

8) Dopo compieta sempre la “Salve Re-  gina” 

9) Dopo la “Salve Regina” il Priore   asperge singolarmente i monaci. 

 B) Penitenza 

Astinenza dalle carni (sia quelle di pesce che di altra provenienza) tutti i giorni della settimana; eccetto le domeniche che non sono di Avvento e Quaresima. 

Digiuno: 
a discrezione di ognuno; preferendo i momenti di refezione non “comuni” (colazione o cena) 

Disciplina: 
ogni venerdì (in privato) 

Divieto di alcolici distillati. 

Uso moderato di vino e caffè. 

N.B. Ai visitatori ed ospiti, possono offrirsi sia i liquori che il caffè. 

 C) Norme pratiche 

Nell’eremo si indossi sempre la tonaca. 

Ogni Domenica vi sia la “Correzione Fraterna” (Capitolo conventuale) 

La colazione (ore 05,45) e la cena (18,30) non sono “Atti comuni” 

Durante i pasti, c’è sempre -Silenzio- 

Nell’eremo non vi sia la televisione. 

A fine mese non c’è diritto a denaro personale. 

Non c’è diritto alle vacanze. 

N.B. Si possono visitare i genitori ed i parenti in occasioni particolari. 
 

 “....Questa via è santa e buona, camminate in essa.” 
    (Dalla S. Regola) 


Regola dell’ordine dei fratelli della Beatissima Vergine Maria del monte Carmelo 

Alberto, per grazia di Dio patriarca della chiesa di Gerusalemme, ai diletti figli in Cristo B. e agli altri eremiti che, sotto la sua obbedienza, dimorano accanto alla fonte al monte carmelo, salute nel Signore e benedizione dello Spirito Santo. 
 Molte volte e in molte maniere i santi padri hanno stabilito in che modo ciascuno, in qualsiasi Ordine si trovi o qualunque forma di vita religiosa abbia scelto, debba vivere nell’Ossequio di Gesù Cristo e servire fedelmente a Lui con cuore puro e retta coscenza. 
 (Dal Prologo) 


Preghiera di S. Simone Stoch 

 Fior del Carmelo 
vite fiorente  
splendore del cielo 
tu solamente 
sei Vergine e Madre. 

 Madre mite  
e intemerata 
sii propizia  
ai Carmelitani 
stella del mare. 


Attualità 
A) Orgoglio “gay”: troppi luoghi comuni 

 Sette sintetiche illuminanti risposte ai luoghi comuni sull’omosessualità, da ricordare, da utilizzare. 
Attenti al lupo. Quel lupo astuto e pericolosissimo che si nasconde dietro la maschera rassicurante del “luogo comune”. Il luogo comune è oggi il peggior nemico del cristianesimo: esso si diffonde a macchia d’olio, come una malattia il cui contagio avviene per trasmissione orale.  
 Di bocca in bocca 1’errore travestito da buonsenso circola nelle piazze, negli uffici, nelle case, e trova spesso il povero cattolico assolutamente impreparato.   Come un lupo vorace si mangia la fede e la sua capacità di ragionamento, e lo trasforma in un uomo del mondo che ragiona come il mondo.  
 Un esempio su tutti: l’omosessualità.   Prendendo spunto dall’intelligenza del Beato Pio IX, utilizziamo l’espediente letterario del Sillabo, e riassumiamo sette “false proposizioni” che riguardano l’omosessuahità, spiegando in sintesi dove sta l’errore. 
1. L’omosessualità è una tendenza innata, e quindi agire di conseguenza non è una colpa. 
“La genesi psichica dell’omosessualità rimane in gran parte inspiegabile”.   Così il il n. 2357 del Catechismo della Chiesa Cattolica. Allora, delle due, l’una:  
- o l’omosessualità è tale per ragioni di patologia - psichica o organica - e allora la sua è una malattia che può e deve essere curata. 
 - Oppure l’omosessuale vuole essere tale per una scelta culturale, e in tal caso entra in gioco il suo libero arbitrio. 
 In entrambi i casi, la Chiesa non giudica la tendenza omosessuale, ma chiede dixks4-lare sulla condotta: “le persone onosessua 
li sono chiamate alla castità” (n.2359 del Catechismo). 
2. Ci sono tante persone che vivono da 
cxrcsessuali, quindi è tma cosa nor male. 
I mezzi di comunicazione utilizzano con grande abilità un meccanismo elementare: 
parlare molto di un certo comportamentoser ve a renderlo normale; E’ stato così p) e r il divorzio e l’aborto. 
Oggi si tenta la stessa operazione con la 
pornografiQ e l’omosessualità. Noi non ce ne accorgiamo, ma è una sorta di avvelena-mento progressivo a lento rilascio: alla fine tutto è normale. Compresa la pedofi ha. 
Ma la Chiesa ci insegna che non è la stati-stica a tracciare la strada maestra verso 
il Paradiso. La verità non è deirocratica: non si può mettere ai voti. 
3. Non esistono ccmnportauenti “normali” e “anormali” * 
Questa affermazioné è la sintesi della fol ha contemporanea, poiché nessuna legge, hessuna conviùenza civile sarebbero possi-bili cancellando queste due categorie fon-damentali. 
Se non esiste la normalità, non esiste nem meno il giusto e l’ingiusto, il vero e il falso. E la vita dell ‘uomo sarebbe condan-nata all ‘insignificanza. 
4. L importante è che due persone si amino: il resto non conta. 
E’ il classico luogo comune buonista capa-ce di ammaliare schiere di cattolici Rrivi di anticorpi. La Chiesa - ma prima ancora la natura - ci insegna che 1 ‘amore è auten tico solo quando e creativo”, cioè quando produce, quando dona, quando trae dal nul-la qualcosa di bello. Quando, in una paro-la, genera. Per questo il diritto canonico considera nullo un matrimonio nel siano sta ti esclusi in partenza i figli. 
L’omosessualità è per definizione un n o n 
-a m o r e, perché è per definizione steri 
le. E’ un amore impossibile, perché vorreb te piegare la natura, violentarla. 
5. La Chiesa discrimina e abbandona nel 
solitudine gli cmxnsessuali. 
L’unico luogo dove un omosessuale può esse-re accolto come fratello è la Chiesa. La Chiesa, infatti, ama come Maestra, dicendo la verità che libera: va e non peccare più. 
La Chiesa ama come Madre, attendendo ognu-no di noi, omosessuali compresi, nell’oasi sempre fresca del confessionale. Dentro il quale non c’è posto per nessun tipo di or-goglio, tanto meno gay. 
6. Chiedere agli cxrosessuali dì vivere 
castauønte significa operare una di-scriminazione intollerabile ai loro danni. 
Gesù chiede a tutti gli uomini di vivere castamente: in particolare, a tutti coloro 
che non sono sposati, e che magari sono in quello stato non per scelta ma per le cir-costanze della vita, come pure a divorzia-ti e separati. Ma, per citare una battuta del Cardinal Biffi, anche agli sposati è ri chiesto un grande sforzo: rinunciare a tut te le donne (o a tutti gli uomini) del mon do, ad eccezione della propria sposa (o del proprio sposo). 
Il mondo si meraviglia - o deride - la fati-ca di questo cammino perché non crede nel-la potenza della Grazia, ed è accecato dal la presunzione di fare da se. 
7. Ognuno ha diritto a vivere la sessualità caiø preferisce, anche con persone dello stesso sesso. 
Come tutti purtroppo sperimentiamo, l’uomo è certo libero di peccare. Ma per conservare questa libertà, di fare il bene e di fare il male, occorre che sia capace di riconoscere il bene e il male. E la condotta omosessuale è - almeno oggettivamente - un male grandissimo. Quando poi a questa miseria umana si aggiungono la rivendicazione, l’ostentazione, ha pretesa di uno status giuridico, le manifestazioni di piazza e 1’ irrisione del Papa e della Chiesa, allora 
il male si moltiplica perché grande è lo scandalo che si semina nel cuore di molti innocenti. E con questi peccatori Gesù non fu tenero... 
(da “La Via” Febbraio 2000  
G. Lentini) 

 B) Piovono i castighi 

 I castighi di Dio ce li procuriamo noi. La colpa ètutta nostra, perché usiamo male la nostra libertà e la nostra responsabilità. Dio vuole solo il nostro bene, ma noi siamo sordi e ciechi di fronte ai suoi aiuti e ai suoi sapienti richiami. Ecco alcune tragiche e dolorose situazioni. 
 Gli italiani non vogliono più figli o ne vogliono trop-po pochi. Così, presto o tar-di, diventeremo schiavi o sudditi dei neri, dei gialli, dei verdi, dei pellerossa e simili... Gli italiani non si adattano più ai lavori sem-plici, umili, pesanti e gra-vosi. Così verranno gli cx-tracomunitari a occuparli e si moltiplicheranno i nostri disoccupati. 
 Molti italiani hanno ab-bandonato la Messa festiva e i Sacramenti. Così crolla la 
famiglia, i giovani si ribella-no, i delinquenti si moltipli-cano, i problemi si compli-cano, gli aborti aumentano, la droga dilaga, la prostitu-zione impera... E chi più ne ha più ne metta. La lugubre litania si prolunga sempre più e la cronaca nera, divcn-tata sempre più impressio-nante e noiosa, occupa gior-nali, riviste, radio, tivù... 
Cari italiani, o ritorniamo a Dio e ai valori che conta-no, oppure dovremmo lec-carci ferite ancora più dolo-rose e sanguinanti. E non saremmo autentici vigliacchi. Ciascuno di noi faccia un serio esame di coscienza e cominci da se stesso una sincera conversione verso Dio, che ci attende con cuo-re aperto, e verso il prossi-mo, che ha bisogno del no-stro genuino amore. 
Don Mario Gatti 
Verona        
  
  
 C) Infanticidio  
  (cosa ne pensava Trilussa) 

 L’aborto è un’infanticidio, cioè l’uccisione di un innocente; il poeta romanesco ci illumina al riguardo con una sua composizione poetica: 

  E’ mezzanotte e c’è la luna piena. 
Una tigre e una jena 
escheno de la tana e vanno in giro 
cò la speranza de trovà da cena. 

Ma se guardino intorno 
e nun troveno gnente. 
“ aspetteremo che se faccia giorno”; 
pensa la tigre rassegnatamente. 

Però - dice - se sente 
un fru fru tra le piante... 
chi c’è? Una donna! e che farà a quest’ora? 
aspetterà un amante... 
cammina con un’ aria sospettosa... 
qualche cosa c’è sotto... certamente 
c’è sotto quarche cosa. 

Cià un fagotto - lo posa - è una pupazza! 
ma che pupazza - è una creatura viva! 
pare che chiami mamma - e mo? l’ammazza! 

E’ la madre! hai capito? 
Come? la madre?! Verginemmaria! 
La tigre spaventata scappa via 
e la jena cià un occhio inumidito! 

Trilussa 

 “... meditate gente, meditate” 
 (ndr) 
 
 

DA SAPERE,  DA RICORDARE 
 

    L’aborto procurato e volontario è sempre peccato, è sempre omicidio. La legislazione italiana sull’aborto, entrata in vigore il 6 gennaio 1978 non è legge che può lasciare tranquilla una coscienza. S una legge umana, e nessuna legge umana può sopprimere una legge divina. 
— La legge di Dio è chiara e precisa: “non uccidere 
— Ogni bambino o bambina, fin dal loro concepimento sono esseri umani e come tali, hanno diritto a nascere. 
— Chiunque opera l’aborto, o vi coopera in modo diretto, anche con il solo consiglio com-mette peccato grave che grida vendetta al co-spetto di Dio e offende i valori fondamentali della convivenza umana. 
— Il cristiano che si macchia dell’abomine-vole delitto dell’aborto, incorre nella scomuni-ca cioè si esclude immediatamente dalla comu-nione della chiesa e non può ricevere i sacra-menti. 
— Alla gestante in difficoltà si deve offrire tutto l’aiuto necessario, tutta la comprensione possibile, l’assistenza in famiglia e nella comu-nità cristiana, in particolare nei consultori e nei centri di accoglienza ispirati a sani orientamen-ti morali. 
  
 D) Costo di un Deputato 

STIPENDIO 37.086.079 AL MESE 
STIPENDIO BASE 19.325.396 al mese 
PORTABORSE 7.804.232 al mese (generalmente parente, familiare o amico dell’amico dell’amico del cugino di uno raccomandato) 
RIMBORSO SPESE AFFITTO 5.621.690 al mese 
RIMBORSO SPESE (che non si possono dire) 1.001.320 al mese 
RIMBORSO SPESE VIAGGIO 2.052.910 al mese 
TELEFONO CELLULARE gratis 
TRIBUNA D’ONORE NEGLI STADI gratis 
 TESSERA DEL CINEMA gratis 
TESSERA TEATRO gratis 
TESSERA AUTOBUS - METROPOLITANA gratis 
FRANCOBOLLI gratis 
VIAGGI AEREO NAZIONALI gratis 
VIAGGI TRENO CARROZZA LETTO gratis 
CIRCOLAZIONE AUTOSTRADE gratis 
CORSO LINGUA STRANIERA gratis 
PISCINE E PALESTRE gratis 
VAGONE RAPPRESENTANZA DELLE FS gratis 
AEREO DI STATO gratis 
USO DI PREFETTURE ED AMBASCIATE gratis 
CLINICHE gratis 
RIMBORSO SPESE MEDICHE gratis 
ASSICURAZIONE INFORTUNI gratis 
ASSICURAZIONE IN CASO DI MORTE gratis 
AUTO BLU CON AUTISTA gratis 
GIORNALI gratis 
RISTORANTE gratis (nel 1999 hanno mangiato e bevuto gratis per 2.850 milioni di lire) 
Liquidazione (per ogni anno di mandato si intascano uno stipendio) 
Pensione 4.762.669 (possono acquisire il diritto alla pensione dopo 35 mesi in Parlamento mentre obbligano i cittadini a 35 anni) 
Indennità di carica (da 650.000 circa a 12.500.000) 
200.000.000 circa li incassano con il rimborso spese elettorali (in violazione alla legge sul finanziamento ai partiti) 
50.000.000 ogni anno ciascuno se fondano un giornaletto (La sig.ra Pivetti, ex-Presidente Camera dei Deputati, per tutta la vita avrà l’auto blu ed una scorta sempre a suo servizio) 
Questa classe politica ha causato un danno al paese di 2 MILIONI E 446 MILA MILIARDI (L. 2.446.000.000.000.000) 

La sola camera dei deputati costa al cittadino 4.289.968 AL MINUTO! 

 (da una e-mail del 18/04/01 sul  
  mio sito internet) 
 

  

  

VARIE 

A) Nel prossimo numero Maggio-Giugno continueremo l’elenco dei nomi dei vari benefattori e delle varie opere realizzate in tutto questo decennio dall’apertura del Santuario ad oggi (23 Marzo 1991 - 2001). 

B) Come già accennato precedentemente su questo giornalino, questo anno 2001 è per noi del Carmelo il 750° anniversario del dono dello Scapolare da parte della nostra Patrona al suo Ordine ed alla Chiesa Universale. 
 Per la circostanza stanno fiorendo varie iniziative in tutto il mondo per solennizzare tale ricorrenza; degno di nota sarà l’appuntamento di tutta la Famiglia Carmelitana per il 12 Settembre prossimo (Nome di Maria), l’incontro con il S. Padre in P.zza S. Pietro (RM). 
 I dettagli di questo raduno, li pubblicherò nel prossimo numero.