Sommario
Decreto
vescovile
Editoriale
Devotio
mariana
Ascoltiamo
il Santo Padre
750°
del dono dello Scapolare
Storia e vita
del Santuario
Cenni
storici
A
decoro
Vita
eremitica
Attualità
Varie
Decreto
Vescovile
Avendo molto a cuore
il bene spirituale della nostra comunità diocesana; avendo grande
desiderio di diffondere e sviluppare sempre più la devozione alla
Vergine Santissima, Madre di Dio e Madre nostra, molto amata e venerata
dai nostri fedeli; avendo avuto la possibilità di conoscere e constatare
quanto è grande, antico e radicato il culto della nostra Mamma celeste,
venerata nella già cattedrale di Capaccio Vecchia, in tutta la zona
di Capaccio e della piana del Sele, come nei dintorni, sotto il titolo
di Madonna del Granato; desiderando che tale devozione possa svilupparsi
maggiormente, e tale luogo di culto mariano diventare secondo punto di
riferimento e di devozione mariana per tutta la nostra comunità
diocesana, dopo quello del Sacro monte di Novi Velia; ben sapendo che i
Santuari sono segni visibili deWinvisibile presenza della Madre del Signore
in mezzo al popolo cristiano, dove la Beata Vergine invita i fedeli a cantare
la potenza e la misericordia di Dio e a celebrare il culto del Signore
in spirito e verità (Giovanni Paolo Il-Capua 1992);ELEVO LA CHIESA
DI CAPACCIO VECCHIA IN CUI SI VENERA LA MADRE DI DIO SOTTO IL TITOLO DI
MADONNA DEL GRANATO A SANTUARIO DIOCESANO immediatamente soggetto al Vescovo
concedendo in pari tempo ogni privilegio che comunemente sono riservati
a detti santuan. Per conservare inalterata la sua prerogativa di culto
mariano, di luogo di preghiera, di raccoglimento, di grande esperienza
spirituale e di riconciliazione, vengono vietate in maniera categorica,
le seguenti celebrazioni: Battesimi, Matrimoni, Messe di prima comunione
e celebrazioni esequiali. Il Santuario avrà un suo Rettore, distinto
dal parroco del posto, un consiglio per gli affari economici, formato da
uomini di provata fede cristiana e ricchi di grande senso ecclesiale, i
cui compiti saranno regolati da uno statuto e da un regolamento, che costituiranno
parte integrante del presente decreto. Resta facoltà del Vescovo
servirsi della collaborazione di un suo delegato, i cui compiti verranno
definiti dal biglietto di nomina.
Dato a Vallo della Lucania
2 Luglio 1992
Editoriale
Trascrivendo i versi su
riportati, (“Briciole di cielo”: Ed.Dehoniane), inizio l’editoriale
di questo -Numero Speciale- del giornalino del santuario della Madonna
del Granato, per manifestarne l’intento: esprimere il mio grazie
al Signore per quanto mi ha concesso di realizzare in questo periodo di
tempo che ho trascorso qui tra voi.
Questa fausta ricorrenza
fa riferimento al decimo anniversario della riapertura al culto dell’antica
cattedrale di Capaccio Vecchia:
“23 Marzo 1991-2001”
Credo di fare cosa
gradita ai numerosi lettori di questo organo di stampa religioso-mariano,
se evidenzio questa data di calendario.
Dieci anni,
non sono molti, daccordo, ma sono comunque un bel “tratto di strada” che
abbiamo percorso insieme.
E’ un tempo sufficiente
quindi per tirare le somme su quanto, con l’aiuto di Dio, si è fatto
e per programmare il lavoro che ci attende; sempre con lo stesso entusiasmo
e maggiore impegno.
Se si considera poi
che alcune persone, forse commiserando bonariamente, il mio inziare da
solo e senza alcun confort di sostegno, sentenziarono che non avrei resistito
più di tre mesi, allora, ne convenite pure voi, il parlarne è
più che opportuno, anzi, doveroso.
S. Paolo ci ricorda
prima che: “...è nella nostra indigenza che si manifesta l’onnipotenza
di Dio” e ancora: “Rendete comunque sempre grazie al Signore”.
Eccomi pronto ad
esternare questi miei sentimenti di gratitudine al Datore di ogni grazia
e benedizione.
Come Carmelitano
poi, avendo evidenziato ( fin da quando presentai la mia particolare richiesta
ai miei legittimi superiori) il desiderio di risiedere sì in un
eremo per vivere in solitudine, ma che questo luogo fosse anche dedicato
alla Madonna.
In questo modo, mi
dicevo, avrei avvertito quasi fisicamente, la presenza materna di Maria
che fin dalle origini del nostro Ordine, invochiamo: “Madre e Sorella”.
Lei soltanto poteva
offrirmi quel “sostegno ed aiuto”, indispensabili, per inziare e proseguire
il cammino di vita eremitica senza tentennamenti di sorta.
E visto che, la Vergine
Santa, a chi a Lei si affida, “...liberamente al dimandar precorre”, a
Lei rivolgo il mio filiale ringraziamento subito dopo averlo espresso per
il suo Divin Figlio Gesù.
Lo esprimo dal più
profondo del cuore, per avermi accompagnato passo passo, come mamma
premurosa verso il proprio figlio, in questi dieci anni di permanenza nell’eremo
a Lei dedicato.
In terzo luogo devo
ringraziare sua Ecc.za Rev.ma Mons. Giuseppe Rocco Favale Vescovo residenziale
di Vallo della Lucania per avermi accolto paternamente e generosamente.
Quando lo ascoltai
per la prima volta, tramite telefono, (Novevembre 1990) mi disse di essere
contentissimo di avermi in diocesi; “Ho diverse chiese che fanno al tuo
caso, vieni e scegli ”.
Nel giorno
della innaugurazione (Marzo 1991) nel discorso programmatico che pronunciò
nella basilica riaperta, assecon dò anche un mio “pio desiderio”
quello cioè di non permettere lo svolgimento di matrimoni ed altri
sacramenti propri dell’attività parrocchiale.
Così potevo
esprimermi nel mio “specifico carmelitano”: dare più spazio alla
preghiera, alla accoglienza, alla direzione spirituale, alla confessione,
oltre, beninteso, alla celebrazione eucaristica mattutina.
In questa mia lista
di sentiti ringraziamenti, non posso sorvolare sul generoso e spontaneo
apporto di tanti devoti del santuario, per rendere meno duro il mio
lavoro in questo luogo.
Infatti, grazie a
questa mia continua presenza in Capaccio vecchia, luogo a loro tanto caro,
quello che per molti sembrava ormai un sogno irrealizzabile era diventata
stupenda realtà: Capaccio Vecchia tornava a rinascere!
Quanto mi sia stata
gradita questa loro generosità nei miei confronti, la voglio evidenziare
riportando un episodio che ha toccato profondamente il mio animo.
Tre giorni dopo il
mio ingresso nell’eremo, si scatenò un nubifragio tremendo, tuoni
e saette, acquazzoni scroscianti con raffiche di vento, sembrava il finimondo.
Alle 20.00,
non preoccupandomi di tutto questo putiferio, tranquillo, me ne ero già
andato a riposo per potermi alzare alle prime luci dell’alba, secondo la
regola monastica che mi ero imposta.
Dopo un pò
di tempo avvertii dei colpi insistenti, come di pietre che venivano
battute sul portone; andai ad aprire e trovai un gruppo di uomini bagnati
ed affaticati che recavano sulle spalle una stufa a gas con rispettiva
bombola.
Impressionati dal
maltempo si erano preoccupati di andare a comprare l’occorrente per fornirmi
di un minimo indispensabile perché non “morissi di freddo” in questo
luogo da tempo disabitato e privo di riscaldamenti.
La Madonna del Granato,
attraverso questa squisita sensibilità dei suoi devoti, dava
a intendere al sottoscritto che le difficoltà non devono scoraggiarci
mai.
Sempre invece, devono
farci rivolgere in alto lo sguardo supplice, secondo quanto suggerisce
tra l’altro il salmo: “...alzo gli occhi verso i monti da dove mi verrà
l’aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore che ha fatto cielo e terra”.
Grazie quindi a tutti
voi che mi avete sostenuto in questo decennio della mia presenza tra voi
e che la Madonna del Granato, Madre di tutte le grazie vi ricompensi di
celestiali benedizioni secondo i desideri del vostro cuore!
La Direzione
Il 23 marzo u.s. ricorreva
anche il 10° anniversario della apertura di un eremo carmelitano presso
il cenobio che sorge (nel comune di Capaccio -SA-) sulle pendici del Monte
Calpazio:
L’abitato che funge
da eremo, è attiguo all’antica cattedrale che i Pestani vi eresero
nel X secolo.
Attualmente, tutto
il complesso architettonico, è conosciuto come Santuario Mariano
Diocesano e con il titolo di Madonna del Granato.
L’eremita carmelitano
quivi residente dallo stesso giorno della riapertura al culto del vecchio
santuario, 23 marzo 1991, ha voluto ricordare, con particolare devozione
ai suoi confratelli prima e quindi a tutti i devoti frequentatori del Santuario,
questa fausta ricorrenza, con una giornata di preghiera, in comunione
con loro, presso l’altare di Dio.
Nel mattino ha avuto
luogo in basilica, una inaspettata e graditissima partecipazione di confratelli
nella solenne concele- brazione eucaristica.
Erano presenti: il
Padre Provinciale: P. Nicola M. Barbarello della Provincia Napoletana ed
una decina di confratelli, qui convenuti per un corso di esercizi spirituali,
oltre ad alcuni parroci della zona; è seguito il pasto in comune
ed in santa letizia nel refettorio.
Nel pomeriggio invece
è stata la volta dei laici: un folto gruppo di fedeli e devoti della
Madonna del Granato, si è unito al “monaco di Capaccio Vecchio”,
in una fervorosa preghiera di ringraziamento al Signore per tutte le grazie
e benedizioni concesse lungo tutto questo arco di tempo.
Come è avvenuta la scelta di questo luogo?
In seguito
ad un incontro tra il Vescovo di Vallo della Lucania (SA): Mons. Giuseppe
Rocco Favale ed il superiore provinciale del tempo: P. Lucio M. Renna,
ora Vescovo residenziale nella Diocesi di Avezzano (AQ), venni a fare conoscenza
del Vescovo locale e del luogo (che avrei scelto ove fissare eventualmente
la mia dimora), nel novembre del 1990.
Accompagnato dal
Parroco di Capaccio (SA) e dal Segretario del Vescovo, salii sul terrazzo
del cenobio annesso al Santuario: sotto la collina, lo sguardo spazia va
sull’ampia piana del sele che terminava nel mare del golfo di Salerno,
alle mie spalle si ergeva invece lo sperone roccioso del monte Calpazio.
“ Questo eremo così
posizionato (dissi ai sacerdoti su riferiti) mi fa ricordare il convento:
“Stella Maris” dei confratelli Carmelitani Scalzi in Israele!
Anche questo
è posizionato sul promontorio del Carmelo e sotto si estende la
piana con il golfo di Haifa.
“...non ho più
bisogno di vedere altrove, mi fermo quì, dissi, il Monte Calpazio
sarà per me il mio nuovo Monte Carmelo”.
Il profeta Geremia
mostra il fascino di questo monte della terra santa: “Vi ho introdotti
nella terra del Carmelo perché ne gustiate i frutti e dei più
squisiti”.
La tradizione carmelitana
ha fatto di questo richiamo profetico che esalta la bellezza del Giardino
del Carmelo un costante riferimento per esprimere la sua spiritualità.
“O beata solitudo,
o sola beatitudo”, hanno declamato nei loro cantici d’amore, i santi del
Carmelo; così, i figli del Carmelo, nei secoli, hanno maturato e
trasmesso una forma di vita sui generis, tipica di luoghi eremitici.
“In silentio et spe”
e quindi adatta a “produrre, attraverso la meditazione continua della Parola
di Dio, il dolce miele della contemplazione.
Anche il titolo mariano
con il quale è qui invocata la Madre di Dio, rimanda ad un giardino:
dice infatti il profeta Isaia: “Ricordati Israele, Dio non ti ha dato un
deserto da abitare, ma un giardino fertilissimo, che produce frutti squsiti:
fichi e melagrane”.
Per i devoti abitanti
della zona, questo frutto bellissimo e dolcissimo della bontà divina
è: La Madonna del Granato.
Il frutto del melograno,
infatti, così come è composto dai numerosissimi e dolcissimi
chicchi, ben si presta a simboleggiare le grazie senza numero che la Madonna
può intercedere a nostro favore presso il suo Figlio Divino.
Il suo grembo verginale,
infatti, ha custodito come in uno scrigno prezioso, l’autore stesso
della Grazia Divina, e perciò, Fonte Inesauribile di Grazia: Cristo
Gesù.
Per questo motivo,
quotidianamente e con confidenza, rivolgo a Lei la mia preghiera: “...fa
che in quest’eremo a te dedicato, fiorisca una numerosa comunità
di fratelli che vogliano vivere nell’ossequio di Cristo sul tuo esempio,
ed ardano di zelo per la causa di Dio ad imitazione del Profeta Elia”.
In questi dieci anni,
l’eremo ha ospitato numerosi gruppi parrocchiali di varie provenienze per
una giornata di ritiro ed anche sacerdoti, seminaristi e giovani in ricerca
vocazionale, mirata alla vita consacrata o sacerdotale, per alcuni giorni
o anche per una settimana o più giorni, per fare esperienza di “deserto”.
A tutti gli innamorati
di Dio o per i “ribelli alla mediocrità”, (come diceva Paolo VI),
vorrei proporre di condividere con me questa forma di vita eremitica che
mi è stata inculcata durante gli anni di formazione (Marianato-Noviziato-Chiericato)
e maturata durante la mia esperienza missionaria nello Zaire presso la
succursale parrocchiale del Monte Aboro, da me, ivi fondata.
Vita che vorrei
continuare con l’aiuto di Dio e sotto lo sguardo materno di Maria, “Usque
ad mortem”!
(Per chi desidera sapere
l’orario che vige in ques’eremo andare a pagina 32)
Devotio
Mariana
Come ho precisato
nel numero precedente, il 2001 è l’anno mariano carmelitano e di
consequenza, in questa rubrica, tratterrò della spiritualità
mariana carmelitana, servendomi per le riflessioni del testo: “La veste
più bella” (Ed. Carmelit.).
Nel numero
precedente ho parlato dello scapolare del carmine come di un dono veramente
regale; ora approfondiamo il significato di questo dono di Maria al suo
Ordine e alla Chiesa tutta.
“Io gioisco pienamente
nel Signore”. Sì, in Lui posso gioire, esultare. E qual’è
il motivo di tanta gioia, di una gioia così grande che giunge fino
nell’anima, senza contentarsi di fermarsi al di fuori, alla superficie?
Risponde la parola
di Dio, spiegando: “perché egli mi ha rivestito delle vesti di salvezza”
(Is 61, 10-11).
Eravamo nudi,
infatti, spogliati a causa del peccato, della nostra allontananza
da Dio, del tradimento a Lui, della dimenticanza di Lui: tutto questo ci
aveva spogliati.
Non potevamo
più sopportare né il freddo intenso, né il caldo:
eravamo costretti a fuggire di continuo.
Ora non è
più così: è venuta la grazia, la misericordia. E’
venuto di nuovo il Signore che ci ha creati per il suo amore e ha detto:
“Adamo dove sei? Vieni, ti voglio vestire!” (cfr Gn 3,9).
E lo ricoprì:
allora, all’inizio dei tempi, e allo stesso modo oggi, nei nostri tempi.
E’ grazie alla
veste che Dio, da vero Padre qual’è, ci ha confezionato e
ci ha messo addosso, che noi possiamo ancora gioire ed essere contenti:
è il segno del suo amore e della sua tenerezza.
Dunque, non
è certo una veste di questo mondo, una veste soltanto esterna, che
ci può dare quella felicità cui, insieme a tutti, aneliamo...
allora cos’è?
Come Santa
Teresa di Gesù Bambino, cerchiamo la risposta nella Scrittura. San
Paolo scrive: “Vi siete rivestiti di Cristo”.
Dunque, la veste
di cui parliamo non è un oggetto, bensì una Persona: Gesù
Cristo.
Solo Lui poteva
essere quell’abito di gioia, quel manto di allegrezza di cui avevamo bisogno.
Lui e sua Madre,
perché essi non sono mai separati. Infatti, “quando venne la pienezza
del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge”
(Gal 4,4).
Maria è
lo strumento umano privileggi- ato dalla grazia, il canale mediante il
quale il Padre ci ha donato il Figlio, riempiendoci dello Spirito per farci
suoi figli nel Figlio.
Sin dai primi
passi della Chiesa, i Cristiani hanno guardato a Lei come alla materna
protettrice e alla Vergine piena dello Spirito di Dio.
Alla donna
forte nel dolore, alla discepola attenta alla Parola, alla Madre che con
la sua presenza richiama quella del Figlio.
Perciò
la Chiesa neonata si è radunata proprio attorno a Lei per accogliere
il dono dello Spirito e lanciarsi sulle strade del mondo per diffondere
il Vangelo.
Un’antichissima preghiera
dei primi secoli del cristianesimo, invoca: “sotto la tua protezione cerchiamo
rifugio, Santa Madre di Dio” .
Col passar
dei secoli, il riferimento alla Madre di Dio è diventato richiamo
ai valori più genuini e vivi della fede cristiana, tanto da divenire
la bandiera di coloro che s’impegnavano per la riforma della Chiesa.
In questo clima,
sui monti dai quali si vede la pianura di Nazareth, nasce agli inzi del
secolo XIII un gruppo di eremiti che si radunano attorno ad una fonte detta
“di Elia”: i Carmelitani.
Costoro, si presenteranno
e pretenderanno di essere riconosciuti dalla Chiesa come i “Fratelli della
Beata Vergine Maria del Monte Carmelo”.
“Il Carmelo
è tutto di Maria”. Parole coniate per descrivere una realtà
antica: il legame reciproco fra i Carmelitani / le Carmelitane e Maria,
la Madre di Gesù, divenuta madre di tutti i suoi discepoli.
E proprio questa
è la qualifica principale degli eredi di quegli antichi eremiti:
discepoli di Gesù, come Maria.
Essi lodano
Dio, ringraziandolo per aver loro donato Maria, e pregano così:
“Umile ancella, Maria accolse la tua Parola e la custodì nel suo
cuore; mirabilmente unita al mistero della Redenzione, perseverò
con gli Apostoli in preghiera nell’attesa dello Spirito Santo.
Madre spirituale
di tutti gli uomini, veglia con amore sulla moltitudine dei suoi figli,
e risplende, segno di consolazione e di sicura speranza, sul nostro cammino.
In Lei, come
in una perfetta immagine, noi vediamo realizzato quello che desideriamo
e speriamo di essere nella Chiesa”.
Cerchiamo di
capire e di conoscere meglio questo legame, per comprendere i grandi valori
contenuti nel segno dello Scapolare Mariano-Carmelitano.
La spiritualità
mariana del Carmelo, non può prescindere quindi da questo segno
esterno di particolare consacrazione a Lei, né privarsi di evidenziare
nella predicazione, del grande richiamo di imitazione della B.V. Maria
attraverso il suo santo abito: “Breviario di virtù” (Pio XII).
Ascoltiamo
il Santo Padre
In occasione della
celebrazione del 750° anniversario del dono dello Scapolare, anche
il Santo Padre si è voluto unire alla gioia di tutto il Carmelo
inviando una suo messaggio ai superiori generali dell’Ordine.
E’ più
che opportuno quindi, pubblicare anche sul nostro giornalino della “Madonna
del Granato” (redatto da un religioso carmelitano), il testo completo del
documento pontificio.
1. “Il provvidenziale
evento di Grazia, che è stato per la Chiesa l’Anno giubilare, la
induce a guardare con fiducia e speranza al cammino appena intrapreso nel
nuovo millennio.
“Il nostro passo,
all’inizio di questo nuovo secolo - ho scritto nella Lettera apostolica
Novo millennio ineunte - deve farsi più spedito... Ci accompagna
in questo cammino la Vergine Santissima, alla quale... ho affidato il terzo
millennio” (n. 58).
Con profonda gioia
ho pertanto appreso che 1’Ordine del Carmelo, nei suoi due rami, antico
e riformato, intende esprimere il proprio amore filiale verso la sua Patrona,
dedicando l’anno 2001 a Lei, invocata quale Fiore del Carmelo, Madre e
Guida nel cammino della santità.
Al riguardo, non
posso non sottolineare una felice coincidenza: la celebrazione di quest’anno
mariano per tutto il Carmelo avviene, secondo quanto tramanda una venerabile
tradizione dell’Ordine stesso, nel 750° anniversario della consegna
dello Scapolare.
E’ quindi una celebrazione
che costituisce per l’intera Famiglia carmelitana una meravigliosa occasione
per approfondire non solo la sua spiritualità mariana,
ma per viverla sempre
più alla luce del posto che la Vergine Madre di Dio e degli uomini
occupa nel mistero di Cristo e della Chiesa e, pertanto, di seguire Lei
che è la “Stella dell’evangeliz zazione” (cfr Novo millennio ineunte,
n. 58).
2. Le varie generazioni
del Carmelo, dalle origini fino ad oggi, nel loro itinerario verso la “santa
montagna, Gesù Cristo nostro Signore” (Messale Romano, Colletta
della Messa in onore della B. V. Maria del Carmelo, 16 luglio), hanno cercato
di plasmare la propria vita sugli esempi di Maria.
Per questo nel Carmelo,
e in ogni anima mossa da tenero affetto verso la Vergine e Madre Santissima,
fiorisce la contemplazione di Lei che, fin dal principio, seppe essere
aperta all’ascolto della Parola di Dio e obbediente alla sua volontà
(Lc 2,19.51). Maria, infatti, educata e plasmata dallo Spirito (cfr Lc
2, 44-50), fu capace di leggere nella fede la propria storia (cfr Lc 1,
46-55) e, docile al suggerimenti divini, “avanzò nella peregrinazione
della fede e serbò fedelmente la sua unione col Figlio sino alla
croce, dove, non senza un disegno divino, se ne stette (cfr Gv 19,25),
soffrendo profondamente col suo Unigenito e associandosi con animo materno
al sacrificio di Lui” (Lumen gentium, 58).
3. La contemplazione della
Vergine ce la presenta mentre, come Madre premurosa, vede crescere il suo
Figlio a Nazaret (cfr Lc 2,40.52), lo segue lungo le strade della Palestina,
lo assiste alle nozze di Cana (cfr Gv 2,5) e, ai piedi della Croce, diventa
la Madre associata alla sua offerta e donata a tutti gli uomini nella consegna
che lo stesso Gesù fa di Lei al suo discepolo prediletto (cfr Gv
19,26). Quale Madre della Chiesa, la Vergine Santa è unita ai discepoli
“in continua preghiera” (At 1,14) e, quale Donna nuova che anticipa in
se ciò che si realizzerà un giorno per tutti noi nella piena
fruizione della vita trinitaria, e assunta in Cielo, da dove stende il
manto di protezione della sua misericordia sui figli pellegrinanti verso
il monte santo della gloria.
Un simile atteggiamento
contemplativo della mente e del cuore porta ad ammirare l’esperienza di
fede e di amore della Vergine, che già vive in sé quanto
ogni fedele desidera e spera di realizzare nel mistero di Cristo e della
Chiesa (cfr Sacrosanctum Concilium, 103; Lumen gentium, 53). Per questo
giustamente carmelitani e carmelitane hanno scelto Maria come propria Patrona
e Madre spirituale ed hanno sempre dinanzi agli occhi del cuore Lei, la
Vergine Purissima che guida tutti alla perfetta conoscenza ed imitazione
di Cristo.
Fiorisce così un’intimità
di rapporti spirituali che incrementano sempre più la comunione
con Cristo e con Maria. Per i Membri della Famiglia carmelitana Maria,
la Vergine Madre di Dio e degli uomini, non è solo un modello da
imitare, ma anche una dolce presenza di Madre e Sorella in cui confidare.
Giustamente santa Teresa di Gesù esortava: “Imitate Maria e considerate
quale debba essere la grandezza di questa Signora e il beneficio di averla
per Patrona” (Castello interiore, III, 1,3).
4. Questa intensa vita mariana,
che si esprime in preghiera fiduciosa, in entusiastica lode e in diligente
imitazione, conduce a comprendere come la forma più genuina della
devozione alla Vergine Santissima, espressa dall’umile segno dello Scapolare,
sia la consacrazione al suo Cuore Immacolato (cfr PIO XII, Lettera Neminem
profecto latet [11 febbraio 1950: AAS 42, 1950, pp. 390-391]; Cost. dogm.
sulla Chiesa Lumen gentum, 67). E’ così che nel cuore si realizza
una crescente comunione e familiarità con la Vergine Santa, “quale
nuova maniera di vivere per Dio e di continuare qui in terra l’amore del
Figlio Gesù a sua madre Maria” (cfr Discorso all’Angelus, in Insegnamenti
XI/3, 1988, p. 173). Ci si pone così, secondo l’espressione del
Beato martire carmelitano Tito Brandsma, in profonda sintonia con Maria
la Theotokos, diventando come Lei trasmettitori della vita divina: “Anche
a noi il Signore manda il suo angelo ... anche noi dobbiamo ricevere Dio
nei nostri cuori, portarlo dentro i nostri cuori, nutrirlo e farlo crescere
in noi in modo tale che egli sia nato da noi e viva con noi come il Dio-con-noi,
l’Emmanuele” (Dalla relazione del B. Tito Brandsma al Congresso Mariologico
di Tongerloo, agosto 1936).
Questo ricco patrimonio
mariano del Carmelo è divenuto, nel tempo, attraverso la diffusione
della devozione del Santo Scapolare, un tesoro per tutta la Chiesa. Per
la sua semplicità, per il suo valore antropologico e per il rapporto
con il ruolo di Maria nei confronti della Chiesa e dell’umanità,
questa devozione è stata profondamente e ampiamente recepita dal
popolo di Dio, tanto da trovare espressione nella memoria del 16 luglio,
presente nel Calendario liturgico della Chiesa universale.
5. Nel segno dello Scapolare
si evidenza una sintesi efficace di spiritualità mariana, che alimenta
la devozione dei credenti, rendendoli sensibili alla presenza amorosa della
Vergine Madre nella loro vita. Lo Scapolare è essenzialmente un
«abito». Chi lo riceve viene aggregato o associato in un grado
più o meno intimo all’Ordine del Carmelo, dedicato al servizio della
Madonna per il bene di tutta la Chiesa (cfr Formula dell’imposizione dello
Scapolare, nel “Rito della Benedizione e imposizione dello Scapolare”,
approvato dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti,
5/1/1996). Chi riveste lo Scapolare viene quindi introdotto nella terra
del Carmelo, perché “ne mangi i frutti e i prodotti” (cfr Ger 2,7),
e sperimenta la presenza dolce e materna di Maria, nell’impegno quotidiano
di rivestirsi interiormente di Gesù Cristo e di manifestarlo vivente
in sé per il bene della Chiesa e di tutta l’umanità (cfr
Formuladell’imposizione dello Scapolare, cit.).
Due, quindi, sono le verità
evocate nel segno dello Scapolare: da una parte, la protezione continua
della Vergine Santissima, non solo lungo il cammino della vita, ma anche
nel momento del transito verso la pienezza della gloria eterna; dall’altra,
la consapevolezza che la devozione verso di Lei non può limitarsi
a preghiere ed ossequi in suo onore in alcune circostanze, ma deve costituire
un «abito», cioè un indirizzo permanente della propria
condotta cristiana, intessuta di preghiera e di vita interiore, mediante
la frequente pratica dei Sacramenti ed il concreto esercizio delle opere
di misericordia spirituale e corporale. In questo modo lo Scapolare diventa
segno di «alleanza» e di comunione reciproca tra Maria e i
fedeli: esso infatti traduce in maniera concreta la consegna che Gesù,
sulla croce, fece a Giovanni, e in lui a tutti noi, della Madre sua, e
l’affidamento dell’apostolo prediletto e di noi a Lei, costituita nostra
Madre spirituale.
6. Di questa spiritualità
mariana, che plasma interiormente le persone e le configura a Cristo, primogenito
fra molti fratelli, sono uno splendido esempio le testimonianze di santità
e di sapienza di tanti Santi e Sante del Carmelo, tutti cresciuti all’ombra
e sotto la tutela della Madre.
Anch’io porto sul mio cuore,
da tanto tempo, lo Scapolare del Carmine! Per l’amore che nutro verso la
comune Madre celeste, la cui protezione sperimento continuamente, auguro
che quest’anno mariano aiuti tutti i religiosi e le religiose del Carmelo
e i pii fedeli che la venerano filialmente, a crescere nel suo amore e
a irradiare nel mondo la presenza di questa Donna del silenzio e della
preghiera, invocata come Madre della misericordia, Madre della speranza
e della grazia.
Con questi auspici, imparto
volentieri la Benedizione Apostolica a tutti i frati, le monache, le suore,
i laici e le laiche della Famiglia carmelitana, che tanto operano per diffondere
tra il popolo di Dio la vera devozione a Maria, Stella del mare e Fiore
del Carmelo!”
Dal Vaticano, 25 marzo 2001
Joannes Paulus II
CENNI
STORICI
Nella ricorrenza del
decennale della riapertura al culto di questo antico santuario credo di
far cosa gradita ai lettori riportare alcuni cenni storici circa le origini
di questo complesso architettonico del Granato oggi monumento nazionale.
Distrutta PAESTUM nell’877
D.C. ad opera dei Saraceni, la gente sfuggita all’eccidio, insieme al suo
vescovo, si salvò sul monte Calpazio, ove edificò un nuovo
centro abitato che prese il nome di CAPACCIO (in latino CAPUT AQUAE) per
la presenza alle sue falde di sorgenti d’acqua.
Nel X secolo fu iniziata
la costruzione del maestoso tempio che dornina tutta la “Piana del Sele”
ed avendovi il vescovo posto la sua residenza, divenne cattedrale della
diocesi di PAESTUM - CAPACCIO. Per aver dato “ospitalita” alla “congiura
dei baroni’ contro l’imperatore; la Capaccio Vecchia fu distrutta dalle
armate di Federico II nel 1247. Alcuni cittadini rifugiatisi
nella vicina Terra di S. Pietro, diedero inizio al nuovo centro cittadino
detto appunto Capaccio Nuova.
L’interesse della
antica cattedrale di S. Maria del Granato è dovuto sia alla sua
splendida posizione sull’ampio golfo di Salerno, che alle antichissime
origini.
Infatti prima del
tempio cristiano vi sorgeva nei pressi un altro piccolo tempio Pagano (le
cui origini affondano nella leggenda Greco- Romana) ed era dedicato a Giunone
cui era sacro il melograno.
Nella vetusta cattedrale,
era venerata la Madre di Dio con il titolo di S. MARIA MAGGIORE; dopo il
XIV secolo subentrò il titolo di S.MARIA DEL GRANATO (ne fanno testo
alcuni sarcofagi episcopali conservati nella cripta della cattedrale di
Salerno).
Il grandioso tempio
di stile romanico è suddiviso in tre navate terminanti in altrettanti
absidi; la ristrutturazione come appare oggi risale al grande restauro
del 1708 ad opera del Vescovo di Capaccio Mons. Francesco Nicolai.
Vanno in oltre ricordati:
il bel pulpito marmoreo (XV sec.?), l’ampia monofora dell’abside maggiore
(XIII sec.?) ed in ultimo un’urna marmorea in cui nel 954 furono riposte
le reliquie di S. Matteo Apostolo, ora conservate nel duomo di Salerno.
Nel 1838 un altro
vescovo di Capaccio Mons. Michele Barone diede inizio alla costruzione
di un edificio annesso al tempio per accogliere il clero perchè
zelasse il culto del Santuario.
Il 23 marzo 1991 Sua
Eccellenza Rev.ma Mons. Giuseppe Rocco Favale, Vescovo di Vallo della Lucania
riconsacrava l’altare maggiore, dopo un ennesimo restauro all’antico santuario,
durato circa un ventennio, tra il tripudio di una innumerevole folla di
devoti, pervenuti da tutta la piana del Sele.
Nel 2 Luglio 1992
il nostro Vescovo con decreto episcopale elevava la chiesa di Capaccio
vecchia a Santuario Diocesano.
In occasione del grande
Giubileo del 2000, il nostro Santuario usufruiva di una legge straordinaria
dello Stato, emanata per l’evento giubilare, di un ulteriore intervento
di restauro.
In seguito a questi
lavori, la Sovrintendenza ai beni storici e culturali di Salerno, permetteva
l’abbattimento del vecchio altare, ricostruito nel 1921, e che era addossato
all’abside maggiore.
Rinvenuto il basamento
di un preesistente altare datato al 1500 circa, su di esso veniva posizionata
la così detta: “Urna di S. Matteo”; si otteneva così il nuovo
altare più rispondente alle esigenze di culto volute dalla riforma
liturgica del Concilio Ecumenico Vat. II.
In occasione della
incoronazione con corone auree della venerata immagine della Madonna del
Granato, avvenuta sul sagrato della Basilica l’otto Dicembre 2000, veniva
posizionato come un paleotto marmoreo davanti al basamento del nuovo altare,
la antichissima lapide del VI sec. proveniente da un sepolcro cristiano.
Custodisce il Santuario
un religioso carmelitano dell’A.Oss., desideroso di fondarvi una comunità
eremitica che viva nell’ossequio di Cristo sull’esempio di Maria e ardente
di zelo per la causa di Dio ad imitazione del Profeta Elia, secondo l’ideale
del Carmelo.
A
Decoro
Con questo numero
del giornalino del nostro santuariorio, che vuole ricordare il decennale
della sua riapertura al culto, penso sia giunto il momento opportuno per
fare un resoconto di quanto si è potuto realizzare a decoro del
santuario in questo arco di tempo che va dal 23/03/1991 al 23/03/2001.
Gli assidui devoti
sanno che all’apertura del santuario, questo complesso (chiesa e convento),
era privo di tutto, sia per quel che riguarda la suppellettile: banchi,
sedie, confessionali, armonium etc. come per l’arredo sacro: paramenti,
tovaglie per altari, vasi sacri, croci, candelieri, statue, “via Crucis”.
Tratteremo
di seguito, prima gli interventi per rendere più idoneo il culto
in chiesa e poi per quanto concerne il convento.
A) Interventi nella chiesa
Il precedente restauro
(iniziato negli anni ottanta), aveva sì provveduto all’impianto
di illuminazione sotto traccia, mancavano però i corpi luminanti
e l’aggancio alla rete pubblica; ugualmente dicasi dell’impianto microfonico:
era, anch’esso, del tutto mancante.
Nelle giornate di
vento (che non sono rare in questo luogo), era una impresa celebrare i
sacri riti: il vento forte e gelido intirizziva la schiena ai devoti
quivi convenuti, rendendo quasi impossibile la partecipazione al culto.
Da queste prime annotazioni,
appare chiaro che bisognava incominciare da zero sotto tutti i punti di
vista.
Non è quindi
tanto la vanagloria che ci spinge ad elencare quanto si è realizzato,
quanto un senso di giustizia; si vuole evidenziare l’apporto generoso e
nascosto di semplici devoti che con i loro sacrifici, fin dai primissimi
giorni della riapertura del santuario, hanno reso possibile quanto ora
è diventata realtà.
La prima necessità,
era quella di permettere ai fedeli di poter assistere alle sa cre funzioni
almeno seduti: mancando infatti i banchi, si era costretti a stare in piedi.
Chi si offriva ad
arredare la chiesa almeno con banchi vecchi o con sedie di fortuna?
Il sig. Pasquale Nappo
di Castellamma re, di Stabia (NA) ha risposto prontamente all’appello.
Dovendo rinnovare
l’arredo nella sala di ristorazione da lui gestita, e sollecitato dalla
signora Rosa Consigliato sua parente e al contempo assidua frequentatrice
del Santuario, ha generosamente regalato tutte le le vecchie sedie
(ma in ottimo stato di conservazione) al Santuario.
L’inaspettato benefattore
dopo aver noleggiato un camion per il trasporto, di persona è venuto
a consegnare ben centocinquanta sedie la metà delle
quali in legno e ferro, con sedile pieghevole che potevano all’occasione
servire anche come inginocchiatoi.
In seguito ad una
visita fraterna qui all’eremo da parte del Priore dei Carmeli tani
di Caivano, mio confratello, mi sento proporre un’altra singolarissima
offerta.
Avendo ordinato dei
nuovi banchi per il suo santuario della Madonna di Campiglione, era disposto
a regalarmi i suoi, visto che il santuario del Granato ne era privo, a
condizione che provvedessi al trasporto.
Non me lo feci ripetere
una seconda volta...una settimana dopo i banchi di Caivano facevano bella
mostra nel santuario di Capaccio.
Inoltre, perché
la voce del celebrante potesse essere ascoltata fin in fondo alla chiesa,
bisognava apprestare un minimo di amplificazione; come fare?
Chiesi al solito
confratello se mi poteva venire incontro anche in questo e mi regalò
il suo vecchio impianto fatto a suo tempo dalla “Geloso”.
Acquistai alcuni
microfoni, per altare sede e ambone e così sopperii a quest’altra
emergenza.
A questo punto, non
potevo più rimandare il problema concernente la realizzazione
di una struttura protettiva dal vento.
Per la messa in opera
di un “tamburo” all’ingresso chiesa, i problemi da superare erano vari
e più...complessi:
1) realizzare un progetto
da parte di un architetto del luogo, 2) ottenere l’approvazione di esso
da parte dela Sovrintendenza ai beni artistici di Salerno, 3) reperire
i fondi ecc. ecc.
“Chi si ferma è
perduto” dice un antico proverbio, e quindi...fiducia nella Provvidenza
sì ma bisognava anche rimboccarsi le maniche; e così,
anche questa opera ora è una realtà...ve la presento:
Vetrata Antivento
La disponibilità
della ditta Farro Michele di Capaccio a portare avanti questo lavoro ed
a farmi credito, mi ha dato l’imput ad iniziare; ho contattato quindi l’arch.
Italo Cerullo di Capaccio per stendere un progetto di massima.
Ottenuta l’approvazione
da parte delle competenti autorità, si diede inizio all’opera.
Veramente, è
il caso di dirlo, è stata la prima delle opere ( di un certo spessore
economico: £ 51.000.000).
Era giunto il momento
di “bussare” e con la speranza di una porta che si apre (secondo i suggerimenti
di Gesù), mi rivolsi alla Cassa rurale ed Artigiana di Capaccio.
Si ottenne una cospiqua
elargizione da parte di codesto ente, quivalente quasi ad un terzo dell’intero
ammontare della spesa.
Per il rimanente della
spesa (oltre trenta milioni) bisognava invece bussare al cuore dei fedeli
devoti della Madonna del Granato e costoro hanno contribuito generosamente.
E’ doveroso quindi
pubblicare l’elenco di questi benefattori:
Fam. Mauro, Giuseppe
- Carmina; Fam. Garritano, Ermenegildo - Antonia; Fam. Fiore, Nicola -
Giovanna; Sig.na Cecilia Baratta ved. Salati; Sig. Merola Francesco; Fam.
Perrillo Luigi; Don Remigio M. Jandoli; Sig. Crisci Luciano; Sign.na Mauro
Maria Rosa; Sig. Salati Antonio;
Albergo “ Scluman” loc.
Laura; Sig. Capo Lucio; Sig. Difulco Mario; Avv. Picilli; Albergo “Clorinda”;
Albergo “Esplanada”; Sig. Voza Vincenzo; Sign.na Voza Pia; Trattoria “Nonna
Sceppa”; Sig. Taddeo Raffaele; Sig. Taddeo Gennaro; Albergo “Excelsior”;
Sig. Marino Domenico; Maddalena Franco Passarrelli; Martorano Antonio;
Fam. Di Biasi Eugenio - Elena; Sign.na Liccardi Roberta; Fam. Capo Antonio;
Sig. Marino Domenico; Sig. Scariati Giovanni; Sig. Capozzi Raffaele “a
nome del piccolo Daniele”; Hotel Meridiana; Sig. Farro Carmine; Sig. De
Marco Giovanni; Fam. Palmieri Antonio; Sig. Valletta Antonietta; Fam. Jannelli
Carmine; Sig. MalvinoMatilde; Fam. Restaino, Giovanni - Delia; Fam. Ferrentino
Roberto - Cris.; Fam. Marrandino, Virgilio - Alba; Sig. M. Fortunato
A questi nominativi
di offerenti noti, vanno aggiunti diversi offerenti che hanno voluto conservare
l’anonimato; è doveroso ricordare anche tutti coloro che in diversi
modi hanno contribuito alla raccolta delle offerte come gli anomatori del
santuario che hanno organizzato lotterie per reperire fondi.
Non vorrei passare
sotto silenzio l’apporto del’architetto Italo Cerullo che ripetutamente
ha messo a disposizione dell’opera, di cui sopra, la vendita delle sue
ceramiche artistiche.
Interventi per il convento
Annesso al santuario
c’è anche un cenobio, costruzione realizzata nel 1835 dal compianto
Vescovo di Capaccio: Mons. Michele Barone, per permettere ai canonici di
risiedere presso il santuario Mariano per zelarne, più da vicino,
il culto.
Questo edificio serve
ora come residenza al monaco Carmelitano che ha scelto di vivere, in questo
luogo di solitutine e silenzio, una forma di vita eremitica.
Anch’esso, come
ho già descritto per il santuario, nel giorno dell’innagurazio ne
era completamente inabitabile: privo di rete idrica e fognaria, di
linea elettrica e telefonica, di impianto gas, come pure di qualsiasi arredo;
le celle erano completamente spoglie... più carmelitane di così?
“Nada, Nada, Nada”,
ci suggerisce il nostro confratello e Dottore Mistico S. Giovanni della
Croce, per cui avevo tutti gli “ingredienti” per incominciare davvero la
vita eremitica: privo di tutto ma ricco di Dio.
Fidandomi della Divina
Provvidenza ho dato inizio, con volontarie rinunce, anche per questo
cenobio, a procurare un pò di arredo.
Una settimana dopo
il mio ingresso, l’animatore vocazionale della nostra Provincia, decide
di farmi visita con il gruppo giovani aspiranti, per condividere per una
settimana con me questa forma di vita che da poco avevo appena iniziato
nell’Eremo di Capaccio.
Erano in dodici, disponevo
di tredici celle, spoglie... dove metterli a dormire?
Gia dal mese di giugno
del 1990, avevo ricevuto il permesso dal superiore provinciale di poter
dare inizio alla mia esperienza di eremita Carmelitano.
Nell’attesa che fossero
completati i lavori di sistemazione del Cenobio, mi diedi alla predicazione
ed alla visita dei sodalizi Carmelitani presenti nei vari paesi intorno
al nostro Convento di Palmi (RC).
Da questo mio lavoro
Apostolico, mi ero procurato il necessario per la vita nell’Eremo; fu così
che non appena ebbi notizia dell’arrivo dei miei confratelli, diedi fondo
al mio “tesoro” per arredare le undici celle con sedie, tavoli e brandine.
Fu la prima spesa
che sostenni per rendere più accogliente anche il Cenobio; da allora
la Provvidenza mi è venuta incontro permettendomi di poter ricevere
quanti tra sacerdoti, seminaristi e giovani in ricerca vocazionale, bussavano
alla mia porta.
VITA
EREMITICA: UTOPIA?
Per eventuali interessati
ad una forma di vita eremitica, secondo la regola del Carmelo, ecco l’orario
che vige in quest’eremo:
ORARIO
Ore 3.30 Levata
4.00 Angelus-Mattutino
4.30 Meditazione
5.30 Lectio Divina
6.30 Lodi
7.00 S. Messa
7.45 Terza
8.00 Lavoro
12.00 Angelus-Esame di C.-Sesta
12.30 Pranzo
13.00 Riordino: Refettorio-Cucina
13.30 Tempo a disposizione
di ognuno
(Preghiera: Nona - Studio
- Attività varie)
17.30 Vespro - Angelus
18.00 S. Rosario - Adorazione
SS.mo
19.00 Ricreazione
20.00 Completorio
20.30 Riposo
“Sette volte al giorno ti
loderà la mia bocca”
(Dal Salmo) “Rimanga ognuno
nella sua cella
meditando giorno e notte
nella Legge del Signore
e vigilando nella Preghiera”
(Dalla S. Regola)
Espressioni di vita Eremitica
A) Preghiera
1) In coro ci si presente
con la cappa bianca
2) Ogni “ORA” celebrata in
Comunità, è in canto.
3) Entrando in Chiesa recitare
il “Laetatus sum”.
4) Prima del Mattutino, canto
dell’Ave Maris Stella.
5) Dopo “Sesta” recitare
il “De Profundis”
6) Dopo la S. Messa e dopo
ogni “Ora” antifona mariana a scelta.
7) Ogni mercoledì
e sabato antifona mariana: “Flos Carmeli”
8) Dopo compieta sempre la
“Salve Re- gina”
9) Dopo la “Salve Regina”
il Priore asperge singolarmente i monaci.
B) Penitenza
Astinenza dalle carni (sia
quelle di pesce che di altra provenienza) tutti i giorni della settimana;
eccetto le domeniche che non sono di Avvento e Quaresima.
Digiuno:
a discrezione di ognuno;
preferendo i momenti di refezione non “comuni” (colazione o cena)
Disciplina:
ogni venerdì (in
privato)
Divieto di alcolici distillati.
Uso moderato di vino e caffè.
N.B. Ai visitatori ed ospiti,
possono offrirsi sia i liquori che il caffè.
C) Norme pratiche
Nell’eremo si indossi sempre
la tonaca.
Ogni Domenica vi sia la “Correzione
Fraterna” (Capitolo conventuale)
La colazione (ore 05,45)
e la cena (18,30) non sono “Atti comuni”
Durante i pasti, c’è
sempre -Silenzio-
Nell’eremo non vi sia la
televisione.
A fine mese non c’è
diritto a denaro personale.
Non c’è diritto alle
vacanze.
N.B. Si possono visitare
i genitori ed i parenti in occasioni particolari.
“....Questa via è
santa e buona, camminate in essa.”
(Dalla
S. Regola)
Regola dell’ordine dei fratelli
della Beatissima Vergine Maria del monte Carmelo
Alberto, per grazia di Dio
patriarca della chiesa di Gerusalemme, ai diletti figli in Cristo B. e
agli altri eremiti che, sotto la sua obbedienza, dimorano accanto alla
fonte al monte carmelo, salute nel Signore e benedizione dello Spirito
Santo.
Molte volte e in molte
maniere i santi padri hanno stabilito in che modo ciascuno, in qualsiasi
Ordine si trovi o qualunque forma di vita religiosa abbia scelto, debba
vivere nell’Ossequio di Gesù Cristo e servire fedelmente a Lui con
cuore puro e retta coscenza.
(Dal Prologo)
Preghiera di S. Simone Stoch
Fior del Carmelo
vite fiorente
splendore del cielo
tu solamente
sei Vergine e Madre.
Madre mite
e intemerata
sii propizia
ai Carmelitani
stella del mare.
Attualità
A) Orgoglio “gay”: troppi
luoghi comuni
Sette sintetiche illuminanti
risposte ai luoghi comuni sull’omosessualità, da ricordare, da utilizzare.
Attenti al lupo. Quel lupo
astuto e pericolosissimo che si nasconde dietro la maschera rassicurante
del “luogo comune”. Il luogo comune è oggi il peggior nemico del
cristianesimo: esso si diffonde a macchia d’olio, come una malattia il
cui contagio avviene per trasmissione orale.
Di bocca in bocca
1’errore travestito da buonsenso circola nelle piazze, negli uffici, nelle
case, e trova spesso il povero cattolico assolutamente impreparato.
Come un lupo vorace si mangia la fede e la sua capacità di ragionamento,
e lo trasforma in un uomo del mondo che ragiona come il mondo.
Un esempio su tutti:
l’omosessualità. Prendendo spunto dall’intelligenza
del Beato Pio IX, utilizziamo l’espediente letterario del Sillabo, e riassumiamo
sette “false proposizioni” che riguardano l’omosessuahità, spiegando
in sintesi dove sta l’errore.
1. L’omosessualità
è una tendenza innata, e quindi agire di conseguenza non è
una colpa.
“La genesi psichica dell’omosessualità
rimane in gran parte inspiegabile”. Così il il n. 2357
del Catechismo della Chiesa Cattolica. Allora, delle due, l’una:
- o l’omosessualità
è tale per ragioni di patologia - psichica o organica - e allora
la sua è una malattia che può e deve essere curata.
- Oppure l’omosessuale
vuole essere tale per una scelta culturale, e in tal caso entra in gioco
il suo libero arbitrio.
In entrambi i casi,
la Chiesa non giudica la tendenza omosessuale, ma chiede dixks4-lare sulla
condotta: “le persone onosessua
li sono chiamate alla castità”
(n.2359 del Catechismo).
2. Ci sono tante persone
che vivono da
cxrcsessuali, quindi è
tma cosa nor male.
I mezzi di comunicazione
utilizzano con grande abilità un meccanismo elementare:
parlare molto di un certo
comportamentoser ve a renderlo normale; E’ stato così p) e r il
divorzio e l’aborto.
Oggi si tenta la stessa
operazione con la
pornografiQ e l’omosessualità.
Noi non ce ne accorgiamo, ma è una sorta di avvelena-mento progressivo
a lento rilascio: alla fine tutto è normale. Compresa la pedofi
ha.
Ma la Chiesa ci insegna
che non è la stati-stica a tracciare la strada maestra verso
il Paradiso. La verità
non è deirocratica: non si può mettere ai voti.
3. Non esistono ccmnportauenti
“normali” e “anormali” *
Questa affermazioné
è la sintesi della fol ha contemporanea, poiché nessuna legge,
hessuna conviùenza civile sarebbero possi-bili cancellando queste
due categorie fon-damentali.
Se non esiste la normalità,
non esiste nem meno il giusto e l’ingiusto, il vero e il falso. E la vita
dell ‘uomo sarebbe condan-nata all ‘insignificanza.
4. L importante è
che due persone si amino: il resto non conta.
E’ il classico luogo comune
buonista capa-ce di ammaliare schiere di cattolici Rrivi di anticorpi.
La Chiesa - ma prima ancora la natura - ci insegna che 1 ‘amore è
auten tico solo quando e creativo”, cioè quando produce, quando
dona, quando trae dal nul-la qualcosa di bello. Quando, in una paro-la,
genera. Per questo il diritto canonico considera nullo un matrimonio nel
siano sta ti esclusi in partenza i figli.
L’omosessualità è
per definizione un n o n
-a m o r e, perché
è per definizione steri
le. E’ un amore impossibile,
perché vorreb te piegare la natura, violentarla.
5. La Chiesa discrimina
e abbandona nel
solitudine gli cmxnsessuali.
L’unico luogo dove un omosessuale
può esse-re accolto come fratello è la Chiesa. La Chiesa,
infatti, ama come Maestra, dicendo la verità che libera: va e non
peccare più.
La Chiesa ama come Madre,
attendendo ognu-no di noi, omosessuali compresi, nell’oasi sempre fresca
del confessionale. Dentro il quale non c’è posto per nessun tipo
di or-goglio, tanto meno gay.
6. Chiedere agli cxrosessuali
dì vivere
castauønte significa
operare una di-scriminazione intollerabile ai loro danni.
Gesù chiede a tutti
gli uomini di vivere castamente: in particolare, a tutti coloro
che non sono sposati, e
che magari sono in quello stato non per scelta ma per le cir-costanze della
vita, come pure a divorzia-ti e separati. Ma, per citare una battuta del
Cardinal Biffi, anche agli sposati è ri chiesto un grande sforzo:
rinunciare a tut te le donne (o a tutti gli uomini) del mon do, ad eccezione
della propria sposa (o del proprio sposo).
Il mondo si meraviglia -
o deride - la fati-ca di questo cammino perché non crede nel-la
potenza della Grazia, ed è accecato dal la presunzione di fare da
se.
7. Ognuno ha diritto a vivere
la sessualità caiø preferisce, anche con persone dello stesso
sesso.
Come tutti purtroppo sperimentiamo,
l’uomo è certo libero di peccare. Ma per conservare questa libertà,
di fare il bene e di fare il male, occorre che sia capace di riconoscere
il bene e il male. E la condotta omosessuale è - almeno oggettivamente
- un male grandissimo. Quando poi a questa miseria umana si aggiungono
la rivendicazione, l’ostentazione, ha pretesa di uno status giuridico,
le manifestazioni di piazza e 1’ irrisione del Papa e della Chiesa, allora
il male si moltiplica perché
grande è lo scandalo che si semina nel cuore di molti innocenti.
E con questi peccatori Gesù non fu tenero...
(da “La Via” Febbraio 2000
G. Lentini)
B) Piovono i castighi
I castighi di Dio ce
li procuriamo noi. La colpa ètutta nostra, perché usiamo
male la nostra libertà e la nostra responsabilità. Dio vuole
solo il nostro bene, ma noi siamo sordi e ciechi di fronte ai suoi aiuti
e ai suoi sapienti richiami. Ecco alcune tragiche e dolorose situazioni.
Gli italiani non vogliono
più figli o ne vogliono trop-po pochi. Così, presto o tar-di,
diventeremo schiavi o sudditi dei neri, dei gialli, dei verdi, dei pellerossa
e simili... Gli italiani non si adattano più ai lavori sem-plici,
umili, pesanti e gra-vosi. Così verranno gli cx-tracomunitari a
occuparli e si moltiplicheranno i nostri disoccupati.
Molti italiani hanno
ab-bandonato la Messa festiva e i Sacramenti. Così crolla la
famiglia, i giovani si ribella-no,
i delinquenti si moltipli-cano, i problemi si compli-cano, gli aborti aumentano,
la droga dilaga, la prostitu-zione impera... E chi più ne ha più
ne metta. La lugubre litania si prolunga sempre più e la cronaca
nera, divcn-tata sempre più impressio-nante e noiosa, occupa gior-nali,
riviste, radio, tivù...
Cari italiani, o ritorniamo
a Dio e ai valori che conta-no, oppure dovremmo lec-carci ferite ancora
più dolo-rose e sanguinanti. E non saremmo autentici vigliacchi.
Ciascuno di noi faccia un serio esame di coscienza e cominci da se stesso
una sincera conversione verso Dio, che ci attende con cuo-re aperto, e
verso il prossi-mo, che ha bisogno del no-stro genuino amore.
Don Mario Gatti
Verona
C) Infanticidio
(cosa ne pensava
Trilussa)
L’aborto è un’infanticidio,
cioè l’uccisione di un innocente; il poeta romanesco ci illumina
al riguardo con una sua composizione poetica:
E’ mezzanotte e c’è
la luna piena.
Una tigre e una jena
escheno de la tana e vanno
in giro
cò la speranza de
trovà da cena.
Ma se guardino intorno
e nun troveno gnente.
“ aspetteremo che se faccia
giorno”;
pensa la tigre rassegnatamente.
Però - dice - se sente
un fru fru tra le piante...
chi c’è? Una donna!
e che farà a quest’ora?
aspetterà un amante...
cammina con un’ aria sospettosa...
qualche cosa c’è
sotto... certamente
c’è sotto quarche
cosa.
Cià un fagotto - lo
posa - è una pupazza!
ma che pupazza - è
una creatura viva!
pare che chiami mamma -
e mo? l’ammazza!
E’ la madre! hai capito?
Come? la madre?! Verginemmaria!
La tigre spaventata scappa
via
e la jena cià un
occhio inumidito!
Trilussa
“... meditate gente,
meditate”
(ndr)
DA SAPERE, DA RICORDARE
L’aborto
procurato e volontario è sempre peccato, è sempre omicidio.
La legislazione italiana sull’aborto, entrata in vigore il 6 gennaio 1978
non è legge che può lasciare tranquilla una coscienza. S
una legge umana, e nessuna legge umana può sopprimere una legge
divina.
— La legge di Dio è
chiara e precisa: “non uccidere
— Ogni bambino o bambina,
fin dal loro concepimento sono esseri umani e come tali, hanno diritto
a nascere.
— Chiunque opera l’aborto,
o vi coopera in modo diretto, anche con il solo consiglio com-mette peccato
grave che grida vendetta al co-spetto di Dio e offende i valori fondamentali
della convivenza umana.
— Il cristiano che si macchia
dell’abomine-vole delitto dell’aborto, incorre nella scomuni-ca cioè
si esclude immediatamente dalla comu-nione della chiesa e non può
ricevere i sacra-menti.
— Alla gestante in difficoltà
si deve offrire tutto l’aiuto necessario, tutta la comprensione possibile,
l’assistenza in famiglia e nella comu-nità cristiana, in particolare
nei consultori e nei centri di accoglienza ispirati a sani orientamen-ti
morali.
D) Costo di un Deputato
STIPENDIO 37.086.079 AL MESE
STIPENDIO BASE 19.325.396
al mese
PORTABORSE 7.804.232 al
mese (generalmente parente, familiare o amico dell’amico dell’amico del
cugino di uno raccomandato)
RIMBORSO SPESE AFFITTO 5.621.690
al mese
RIMBORSO SPESE (che non
si possono dire) 1.001.320 al mese
RIMBORSO SPESE VIAGGIO 2.052.910
al mese
TELEFONO CELLULARE gratis
TRIBUNA D’ONORE NEGLI STADI
gratis
TESSERA DEL CINEMA
gratis
TESSERA TEATRO gratis
TESSERA AUTOBUS - METROPOLITANA
gratis
FRANCOBOLLI gratis
VIAGGI AEREO NAZIONALI gratis
VIAGGI TRENO CARROZZA LETTO
gratis
CIRCOLAZIONE AUTOSTRADE
gratis
CORSO LINGUA STRANIERA gratis
PISCINE E PALESTRE gratis
VAGONE RAPPRESENTANZA DELLE
FS gratis
AEREO DI STATO gratis
USO DI PREFETTURE ED AMBASCIATE
gratis
CLINICHE gratis
RIMBORSO SPESE MEDICHE gratis
ASSICURAZIONE INFORTUNI
gratis
ASSICURAZIONE IN CASO DI
MORTE gratis
AUTO BLU CON AUTISTA gratis
GIORNALI gratis
RISTORANTE gratis (nel 1999
hanno mangiato e bevuto gratis per 2.850 milioni di lire)
Liquidazione (per ogni anno
di mandato si intascano uno stipendio)
Pensione 4.762.669 (possono
acquisire il diritto alla pensione dopo 35 mesi in Parlamento mentre obbligano
i cittadini a 35 anni)
Indennità di carica
(da 650.000 circa a 12.500.000)
200.000.000 circa li incassano
con il rimborso spese elettorali (in violazione alla legge sul finanziamento
ai partiti)
50.000.000 ogni anno ciascuno
se fondano un giornaletto (La sig.ra Pivetti, ex-Presidente Camera dei
Deputati, per tutta la vita avrà l’auto blu ed una scorta sempre
a suo servizio)
Questa classe politica ha
causato un danno al paese di 2 MILIONI E 446 MILA MILIARDI (L. 2.446.000.000.000.000)
La sola camera dei deputati
costa al cittadino 4.289.968 AL MINUTO!
(da una e-mail del
18/04/01 sul
mio sito internet)
VARIE
A) Nel prossimo numero Maggio-Giugno
continueremo l’elenco dei nomi dei vari benefattori e delle varie opere
realizzate in tutto questo decennio dall’apertura del Santuario ad oggi
(23 Marzo 1991 - 2001).
B) Come già accennato
precedentemente su questo giornalino, questo anno 2001 è per noi
del Carmelo il 750° anniversario del dono dello Scapolare da parte
della nostra Patrona al suo Ordine ed alla Chiesa Universale.
Per la circostanza
stanno fiorendo varie iniziative in tutto il mondo per solennizzare tale
ricorrenza; degno di nota sarà l’appuntamento di tutta la Famiglia
Carmelitana per il 12 Settembre prossimo (Nome di Maria), l’incontro con
il S. Padre in P.zza S. Pietro (RM).
I dettagli di questo
raduno, li pubblicherò nel prossimo numero. |