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Ecco a voi il Simputer di cui nessuno parla, ma potrebbe essere una rivoluzione

Webmaster point. 21/12/2002 (www.webmasterpoint.org)

a cura di Marcello Tansini

 

Si parla spesso di computer sempre più potenti, di nuovi cellulari "computerizzati", della rivoluzione prossima ventura della diffusione in grandissima scala dei microchip (fino addirittura a vederli inseriti nel nostro braccio), ma pochi di voi avranno letto del Simputer (che sta per Simple+Computer).

Un' idea rivoluzionaria, tanto rivoluzionaria che è meglio metterla a tacere (così almeno ritengo pensino le grandi multinazionali).

Una invenzione che, invece, per il Mit di Boston è fra i 7 progetti universitari migliori al mondo e il settimanale americano Time classifica come quarta nella speciale classifica delle invenzioni che cambieranno il mondo.

Di cosa si tratta esattamente?

"Semplicemente" un gruppo di giovani ingegneri indiani della cosiddetta Silicon Valley Indiana, Bagalore per la precisione, ha deciso di creare una sorte di mini computer palmare che permettesse di fare di tutto, come i grandi pc e i più sofisticati palmari occidentali, che costasse però 200 dollari, per poter davvero diffonderlo in tutte gli stati poveri dell'Asia e dell'Africa.

In realtà un computer del genere potrebbe interessare, e non poco, anche l'occidente.

Studiato per essere utilizzato in realtà poverissime, il Simputer può funzionare con la corrente elettrica o addirittura a pile, consumando pochissimo; ha un sistema di riconoscimento vocale evoluto e un pennino per scrivere appunti (ma anche semplici lettere come quelle che dovrebbero fare i bambini di villaggi poverissimi che con il Simputer potrebbero imparare a leggere e scrivere) sul video a cristalli liquidi che è anche touch-screen; permette il collegamento ad internet satellitare, di navigare e spedire e-mail (oltre che supportare protocolli come telnet, ftp, ecc.) e di ascoltare mp3.

Nel Simputer, che usa Linux come sistema operativo con delle icone semplicissime e intuitive anche per i tanti analfabeti, ci sono già disponibili applicazioni per la telemedicina, come quelle per inviare elettrocardiogrammi online ad ospedali lontani centinaia di chilometri.
Senza contare la disponibilità di smart-card che permettono di controllare il proprio conto corrente online.

Questi programmi ovviamente sono stati studiati per funzionare nel contesto dei villaggi indiani, ma penso che possano essere molto interessanti anche per noi occidentali "evoluti"...

Perché il progetto stenta a decollare allora?

Nella sola India, il salario medio dei lavoratori è pari a 38 dollari mensili, ma soprattutto il progetto trova l'ostacolo delle grandi multinazionali e di governi mal disposti a veder andare via dai campi la maggior parte dei ragazzi che vivono in villaggi poverissimi, minacciando l'economia tradizionale.

Ma visto che la tecnologia, soprattutto quando risponde a determinati bisogni reali, è molto più forte di tanti ostacoli, cercate di ricordare questo nome, Simputer, perché potrebbe essere nel 2003-2004 l'invenzione del secolo, che permetterebbe l'abbattimento non solo del digital divide, ma della ricchezza squilibrata tra nord e sud del mondo.

Forse sto esagerando, ma le premesse per coltivare questa piccola speranza ci sono tutte. E lo spirito natalizio aiuta...

N.b.: Per scrivere questo articolo ho preso spunto dal reportage di Edoardo Vigna che ha scritto di Simputer su Sette, il settimanale allegato al Corriere della Sera ogni giovedì. Mi sembrava una notizia così importante da diffonderla corredata da alcune mie personali opinioni, alcune delle quali molto simili allo stesso autore del testo.

 

 

 

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Johannesburg: ma quale sviluppo sostenibile?

Altremappe. 14/08/2002 (www.altremappe.org)

 

Tra il 26 agosto e il 4 settembre si svolgerà a Johannesburg il Vertice mondiale Onu sullo 'sviluppo sostenibile'.
Un incontro, che a 10 anni dal vertice di Rio de Janeiro, ripropone i pressanti problemi dello sfruttamento delle risorse del pianeta e della dilagante povertà del sud del mondo determinato dal processo di globalizzazione dei mercati e dalle guerre.
Un incontro che, nonostante le innumerevoli sessioni preparatorie ufficiali, gli incontri informali e le mediazioni dell'ultima ora, ancor prima di iniziare sembra destinato al fallimento.
D'altronde i rappresentanti dei governi che dieci anni fa discusero le misure concrete da adottare per la salvaguardia dell'ecosistema, hanno fin'ora tradito gli impegni e le scadenze contenute nel piano d'azione della cosiddetta «Agenda 21» approvata a Rio: basta pensare al Protocollo di Kyoto, per la riduzione delle emissioni di gas di serra, che non è ancora
entrato in vigore.
Quest'anno si parla invece degli «accordi a doppio livello»: i governi approverebbero ciò su cui non c'è contenzioso e tutte le altre questioni sarebbero risolte tramite degli accordi volontari (tra governi, imprese private e organizzazioni non governative); in questo modo i «paesi ricchi» eviterebbero di prendere impegni concreti proprio sulle questioni su cui si concentrava il piano d'azione: la lotta contro la povertà e quindi l'accesso alle risorse, il consumo sostenibile e la difesa dell'ambiente.

Prima del vertice...

Solo negli ultimi tre mesi i passi tentati sono stati molti. Il primo importante campanello di allarme è suonato quando la quarta e ultima riunione preparatoria del vertice che si è conclusa a Bali, in Indonesia, lo scorso 7 giugno è terminata con un sostanziale nulla di fatto.

L’agenda di Annan, rilanciata nel vertice farsa della Fao a Roma dello scorso giugno, si è rivelata una chimera, irrisa e ignorata dai paesi del Nord e dalle loro imprese multinazionali, in particolare di quelle che operano nel settore dell'energia e in quello agricolo. Petrolio e Ogm sono solo due degli argomenti che più premono ai cacciatori di profitto ad ogni costo.

E i capitoli del programma discusso a Bali sui quali non si è riusciti ad arrivare ad un accordo sono proprio quelli legati agli aiuti allo sviluppo, all'aumento dei trasferimenti per la lotta alla povertà, al debito dei paesi poveri, alla riforma del sistema finanziario internazionale (Fondo Monetario e Banca Mondiale), all'accesso dei paesi poveri ai mercati internazionali. Non c'è accordo sul ruolo del WTO (Organizzazione mondiale del Commercio), sul commercio dei prodotti non agricoli, sul miglioramento dei termini di scambio, sulla stabilità dei prezzi dei prodotti dei paesi poveri, sull'interpretazione degli accordi internazionali dei trattati sulla proprietà intellettuale, i famosi TRIPS.

A Bali si sarebbe anche dovuto sottoscrivere un piano di azione nel quale sarebbero state elencate tutte le misure concrete per arrivare a conseguire alcuni obiettivi ritenuti da tutti fondamentali, come per esempio la diminuzione, entro il 2015, del 50 per cento delle persone che vivono con un reddito inferiore ad un dollaro al giorno.

Ma quando si è iniziato a discutere nel concreto allora i nodi sono arrivati al pettine. Per quanto riguarda l'obiettivo della riduzione della povertà, tutti si sono dichiarati a favore, ma non si è riusciti a trovare un accordo per la creazione di un fondo speciale di solidarietà. Non si è arrivati ad un accordo nemmeno per quanto riguarda il capitolo della tutela e della gestione delle risorse naturali. Su questo punto lo scontro si è giocato tutto intorno alla questione di Kyoto e del trattato sulla riduzione delle emissioni gassose nell'atmosfera che gli Stati Uniti contrastano apertamente.

"Questo incontro avrebbe potuto essere un passo avanti verso un mondo migliore: al contrario i governi non hanno mostrato capacità di leadership né idee", ha detto Kim Carstensen, Capo della Delegazione WWF alla preconferenza di Bali alla fine dei lavori". I blocchi delle nazioni ricche hanno letteralmente tiranneggiato i negoziati, in un modo che raramente si è visto usare nelle trattative internazionali, così come raramente si è visto un così scarso risultato prodotto".

 

Cosa ci possiamo aspettare dunque dal Vertice di Johannesburg?

Probabilmente gli eventi più interessanti saranno le iniziative organizzate dalla società civile e in particolare «il Forum della società civile», parallelo al Vertice, dal 19 agosto fino al 4 settembre: sono previste più di sessantamila presenze tra
ONG, organizzazioni non governative e associazioni.

E' previsto anche un forum di tutt'altro tipo: il «Business Forum», a cui parteciperanno tra gli altri l'Organizzazione Internazionale delle associazioni dell'industria chimica, e l'Associazione Internazionale delle industrie dei fertilizzanti. I partners con cui l'Onu intende lavorare...

Alcuni capi di governo dei paesi occidentali invece non saranno presenti al Vertice, tra cui l'Italia e gli Usa, minando il sistema multilaterale di discussione del Vertice stesso.


Per approfondimenti

A Johannesburg, dove finisce l'ambiente
Parla Wolfang Sachs
da www.altreconomia.it

Per leggere "THE JO`BURG - MEMO", il testo in cui 16 economisti ed attivisti compiono un’analisi critica dell’impostazione del vertice vedi www.emi.it
LINKS utili:
www.nigrizia.it/doc.asp?ID=3138
www.nigrizia.it/cat.asp?ID=11&ISSC=1
sito ufficiale del Vertice:
www.johannesburg.org


sito ufficiale per il Forum della società civile:
www.worldsummit.org.za

www.indymedia.org

(in particolare Sudafrica)

www.carta.org

Apocalypse No...
Carta Almanacco su Johannesburg in edicola
dall'8 agosto

www.rebelion.org

Periódico Electrónico
de Información Alternativa

www.greenpeace.org
www.unimondo.org
www.foei.org
friends of earth international
www.wwf.it
www.misna.org

 


 


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URUGUAY 02/08/2002

Il Cono Sud A Fondo

 

Indymedia Italia, 02/08/2002 (http://italia.indymedia.org)


Il tracollo del sistema neoliberista colpisce in pieno le economie di Brasile e Uruguay.
Il valore della moneta nazionale brasiliana rispetto al dollaro è fortemente calato negli ultimi giorni e in Uruguay è stata prolungata la chiusura delle banche fino a lunedì, per mancanza di liquidità disponibile. A Montevideo tornano le scene vissute mesi fa in Argentina: diverse persone hanno provato a saccheggiare alcuni supermercati al grido di "Abbiamo fame".
Non contenti del risultato prodotto, i governi di Brasile e Uruguay inviano delegazioni in missione ufficiale a Washington per richiedere nuovi prestiti al Fondo Monetario Internazionale.

>>> URUGUAY
In questo momento in Uruguay la situazione è molto tesa. Durante il giorno ci sono stati dei tentativi di saccheggio di alcuni supermercati, tutti concentrati in una zona della città di Montevideo. La polizia è intervenuta arrestando alcune persone, e tra queste diversi bambini. | foto |
I mezzi di comunicazione ufficiali sostengono la versione del "saccheggio organizzato da piccole bande criminali, che hanno portato via dal supermercato alcolici e denaro"...
La città di Montevideo è attualmente militarizzata e i sindacati dei lavoratori hanno chiamato alla mobilitazione.

Azione diretta
Alcuni articoli sulla situazione in uruguay in spagnolo
America Latina: ferite aperte
uruguay imc
lettera di indy uruguay ai media ufficiali
argentina imc

 

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Spaventa (Consob): allarme in Borsa per i piccoli azionisti

Metro, 09/04/2002

 

Milano - Le società quotate in Borsa sono nelle mani di pochi e i piccoli azionisti contano poco o nulla. Lo ha detto il presidente della Consob (l'organismo che controlla la Borsa Valori italiana) Luigi Spaventa. Spaventa ha rimproverato il capitalismo italiano di poca trasparenza e democrazia. Attraverso il classico sistema delle "scatole cinesi", sostiene Spaventa, dei "soci forti", ma minoritari finiscono per avere troppo peso, a scapito dei piccoli azionisti che continuano a pesare troppo poco.

 

 

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Napster, svolta cruciale contro le major della musica

Il giudice Patel accoglie l'istanza della difesa per dibattere l'ipotesi di complotto tra case discografiche contro il distributore online e la veridicità dei loro diritti di copyright
Il Nuovo, 25/02/2002

San Francisco, U.S.A. - Gli uni stavano per cantar vittoria, gli altri stavano per rassegnarsi alla perdita del più grande distributore di musica.
Tutto cambiato. Ora le case discografiche temono un capovolgimento del processo, che aveva visto nei suoi colpi di scena anche l’oscuramento di Napster. Viceversa gli internauti riprendono a sperare che le major possano incontrare una clamorosa sconfitta.

Il giudice Marylin Hall Patel, della Corte Federale Distrettuale del Nord California, ha infatti deciso di accogliere la richiesta della difesa: è plausibile la tesi per cui
le case discografiche hanno attaccato Napster nel quadro d’un complotto teso a garantire a se stesse il monopolio nella diffusione della musica digitale. E così la corte ha deciso di indagare  se è poi così scontato che i colossi della musica possano vantare diritti di copyright e di far presentare alle stesse prove a sostegno.

Una cosa è certa: la Corte vuole vedere le prove perché, sul piano prettamente giuridico, la richiesta comporta un dibattito, che a sua volta obbliga la presentazione di prove e testimoni concreti. Le due tesi sostenute dagli avvocati di Napster mirano a far traballare l’intera storia processuale. Infatti se, seguendo la prima ipotesi, si configurasse l’ombra di un complotto, il processo verrebbe automaticamente dichiarato nullo. Invece, se le case discografiche non riuscissero a dimostrare la fondatezza dei loro diritti di copyright, non avrebbero ragione di muovere causa contro il grande distributore di musica online. Conseguenza: fine del processo. Dunque lo snodo si rivela cruciale e può capovolgere l’intera querelle legale a vantaggio degli internauti. Una vera Waterloo per le major della musica.
L’importante è non lasciarsi prendere da facile entusiasmo visto che comunque l’attuale decisione del giudice Patel non annulla retroattivamente quella sull’oscuramento del portale per violazione dei diritti di proprietà intellettuale
. Dunque armi affilate e in guardia: la sfida riprende. Il vincitore? Chi resiste di più.

 

 

 

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Marocco: la CIA dovrebbe rendere noti i documenti

Cercate evidenze relative alla "scomparsa" di leader dell'opposizione nel 1965

Washington, 26 febbraio 2002          -          Traduzione by MaC

 

La CIA dovrebbe declassificare tutti i documenti riguardanti il rapimento e la "scomparsa" del leader dell'opposizione marocchina Mehdi Ben Barka, ha riferito oggi Human Rights Watch.

Si ritiene che gli agenti della sicurezza marocchini abbiano progettato e diretto il rapimento di Ben Barka a Parigi nel 1965, e di averlo ucciso subito dopo. Il suo corpo non è mai stato ritrovato.

Il fallimento nell'identificare e punire i principali responsabili, ed il presunto ruolo di agenti segreti stranieri, continuano ad alimentare discussioni in Marocco.

In risposta ad una richiesta del 1976, come previsto dalla Legge sulla libertà di informazione, la CIA ha riconosciuto di avere 1.846 documenti su Ben Barka, ma ha tirato in ballo motivi di sicurezza nazionale e si è rifiutata di renderli noti. La grande maggioranza di questi rimangono tuttora segreti.

L'interesse nella documentazione si era riacceso l'anno scorso, quando un agente della polizia segreta marocchina si è fatto avanti per sostenere che, durante gli anni '60, gli agenti della CIA lavoravano nell'ufficio di polizia che ha messo in pratica la “scomparsa” di Ben Barka. L'ex-agente, Ahmed Boukhari, ha ripetuto quest'affermazione in un libro pubblicato in Francia all'inizio di questo mese. Gli Stati Uniti non hanno fatto alcun commento su questa questione.

La richiesta attuale era unitamente sottoposta da Human Rights Watch e da Institut Ben Barka, una organizzazione con sede in Francia dedita alla raccolta e conservazione di documenti su e di Mehdi Ben Barka. La richiesta è stata fatta conformemente alla Legge sulla libertà di informazione, una legge americana che ha inteso assicurare il pubblico accesso ai documenti in possesso del governo.

La lettera inviata da Human Rights Watch/Institut Ben Barka alla CIA può essere visionata al seguente indirizzo internet: http://hrw.org/press/2002/02/foe_0226_ltr.htm [in inglese; la traduzione in italiano è riportata qui di seguito, N.d.R./N.d.T.]

 

 

Lettera alla CIA per richiedere la completa rivelazione delle informazioni sul caso Mehdi Ben Barka.

Washington, 26 febbraio 2002          -          Traduzione by MaC

 

Kathryn I. Dyer
Coordinatrice delle Informazioni e la Privacy
Central Intelligence Agency (CIA)
Washington, DC 20505
U.S.A.

Gentile Sig.ra Dyer,

Questa è una richiesta in conformità con la Legge sulla libertà di informazione.

Human Rights Watch e Institut Ben Barka scrivono per richiedere una copia di tutta la documentazione riguardante la sorveglianza e rapimento di Mehdi Ben Barka, di nazionalità marocchina, avvenuta in Francia nel 1965, e la sua successiva “scomparsa”.

Mehdi Ben Barka, un leader largamente conosciuto dell'opposizione al governo marocchino, viveva in esilio in Svizzera ed Egitto quando fu catturato da agenti della polizia francese in una via di Parigi il 29 ottobre 1965. Non è stato più visto in pubblico da allora e il suo corpo non è mai stato ritrovato. Si sospetta che agenti di sicurezza marocchini, capeggiati dall'allora Ministro dell'Interno Generale Mohamed Oufkir, abbiano progettato e diretto il rapimento e la “scomparsa” di Ben Barka, e lo avrebbero ucciso mentre era sotto la loro sorveglianza.

La rivista Time, nella sua edizione internazionale del 29 dicembre 1975, ha riferito che nel 1964 il Ministro Oufkir ha chiesto aiuto all'ambasciatore americano a Rabat Henry J. Tosca per "portare Ben Barka in un tribunale marocchino". Time ancora riporta che "Tosca trasmise la richiesta al quartier generale della CIA in Europa, ma non c'è nessuna prova che la CIA abbia mai accettato l'invito".

L'anno scorso, un agente in pensione della polizia segreta marocchina Ahmed Boukhari ha dichiarato che tre agenti della CIA furono assegnati all'ufficio della polizia anti-sovversiva marocchina a Rabat dal 1960 al 1967, durante il periodo di permanenza in quell'unità. Secondo Boukhari, la cui testimonianza fu pubblicizzata per la prima volta in un lungo articolo-denuncia sul quotidiano francese Le Monde e il settimanale marocchino Le Journal Hebdomadaire il 29 giugno 2001, un agente della CIA conosciuto come "Colonnello Martin" ha seguito da vicino la preparazione del rapimento di Ben Barka e sarebbe a conoscenza della sua morte, che pare sia avvenuta nella notte successiva al suo rapimento, e il trasporto segreto del suo corpo in Marocco avvenuta subito dopo. Le asserzioni del sig. Boukhari sugli agenti della CIA assegnati all'ufficio della polizia anti-sovversiva per collaborare con i marocchini sono ripetute nel suo libro, "Le Secret: Ben Barka, et le Maroc", pubblicato questo mese in Francia dall'editore Michel Lafon. Le sue affermazioni hanno attratto anche l'attenzione della stampa negli Stati Uniti.

Il sig. Ben Barka era una figura ben conosciuta al governo americano. Nel 1957 venne negli Stati Uniti su invito e a spese del governo americano, e si incontrò con esponenti di alto livello dell'esecutivo e con membri del Congresso, come mostrano i telegrammi del Dipartimento di Stato in quel periodo.

Il 1° marzo 1976 il figlio di Mehdi Ben Barka, Bachir Ben Barka, richiese i documenti riguardanti suo padre, conformemente alla Legge sulla libertà di informazione. La CIA, in una risposta datata il 11 agosto 1976, ha fatto riferimento a 1.846 documenti pertinenti, ma in seguito ha declinato di renderli noti, citando motivi di sicurezza nazionale. Solo pochi documenti furono in seguito inviati al richiedente, mentre la grande maggioranza non è mai stata rilasciata. Il Decreto governativo sulla Classificazione riconosce che le ragioni di sicurezza nazionale per continuare a tenere segreti i documenti diminuiscono col passare del tempo – in questo caso più di un quarto di secolo dalla prima richiesta, e trentasei anni dagli avvenimenti in questione.

Noi domandiamo rispettosamente che i 1.846 documenti citati dalla CIA nella sua corrispondenza con Bachir Ben Barka del 1977 siano esaminati per renderli pubblici. E' possibile che il loro rilascio soddisferebbe la presente richiesta.

Il 26 ottobre 2001 Human Rights Watch ha inviato una lettera al Segretario di Stato Colin S. Powell, per richiedere la liberazione [dal segreto - per motivi di sicurezza nazionale, N.d.T.] di tutti i documenti americani riguardanti la vicenda di Ben Barka. La risposta, datata 18 dicembre, dichiarava che, "se il Dipartimento dovesse ricevere richieste in conformità alla Legge sulla libertà di informazione (FOIA-Freedom of Information Act) …le richieste saranno riesaminate… ed una decisione verrà presa".

In quanto organizzazione non-profit dedita alla raccolta e divulgazione di informazioni sui diritti umani al pubblico internazionale e degli Stati Uniti, Human Rights Watch qui chiede l'esenzione delle spese relative allo svolgimento della pratica. Le informazioni richieste sono usate nell'esercizio del nostro monitoraggio dei diritti umani e non per scopi commerciali, e contribuirà a far comprendere al pubblico la condotta politica degli Stati Uniti nel Medio Oriente e in Nord Africa. A causa dello spazio riservato dalla stampa alle affermazioni del sig. Boukhari sugli agenti americani, rendere pubblici documenti del governo americano aiuterebbe a chiarire il ruolo o conoscenza, se ci sono stati, di agenti americani in questo tuttora controverso capitolo della storia marocchina.

La seconda firma di questa richiesta, Institut Ben Barka—Mémoire Vivante, è di un'organizzazione non-profit con sede in Francia il cui scopo è promuovere il pensiero e le attività di Mehdi Ben Barka, attraverso la raccolta e la conservazione di documenti appartenuti a lui o che si riferiscono a lui. Alleghiamo la dichiarazione, in francese, relativa ai suoi compiti e alla sua missione.

Grazie per la Sua considerazione.

Cordiali saluti,

 

Hanny Megally

 

Bachir Ben Barka, Presidente
Institut Ben Barka – Mémoire Vivante
Casella postale 271, 90005 Belfort
Cedex - France
benbarkainstitut@easynet.fr

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questa pagina è stata aggiornata domenica 23 marzo 2003.

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