UN ASSESSORATO ALLA DIFESA POPOLARE NONVIOLENTA IN TUTTI I COMUNI DEL PROSSIMO VOTO AMMINISTRATIVO

 

 

 

 

Chiediamo, in occasione delle prossime elezioni amministrative del 12 giugno, che in tutti i comuni venga istituito un assessorato alla difesa popolare nonviolenta.

Perché un assessorato alla difesa? Perchè i nostri diritti costituzionali sono in pericolo. In particolare da noi al Sud, i diritti legati alla personalità, alla mobilità, alla libera circolazione, alla sicurezza... sono messi seriamente in pericolo dalla criminalità mafiosa ed organizzata, dalla corruzione ed inadempienza dei politici e dei burocrati, dal rifiuto degli immigrati, dal razzismo, dal consolidarsi delle nuove povertà, dal cattivo funzionamento dei servizi.

Non possiamo delegare la difesa dei nostri diritti costituzionali solo alle istituzioni — “l’esercito ci difenda dai mafiosi e i giudici dai politici corrotti” —perché essa deve essere un diritto—dovere di ogni cittadino come stabiliscono l’art.52 della Costituzione e la sentenza del 24 maggio 1985 della Corte Costituzionale.

A partire dalla teoria politica dell’azione nonviolenta, vorrei delineare un piano dl difesa dei diritti costituzionali applicabile nella dimensione comunale veicolato nella proposta dell’istituzione dell’assessorato alla difesa.

Sgombriamo, però, prima il campo da comuni pregiudizi sul metodo nonviolento. Non è una mistica o un’ingenuità moralistica dei pacifisti che ha a che fare con la passività, ma si tratta di una teoria con dignità di scienza politica nel senso che adotta un metodo scientifico: analisi della situazione — valutazione delle ipotesi d’intervento — scelta dell’azione più efficace. Perciò la scelta di questo metodo non è determinata da motivi ideologici, ma da ragioni di opportunità politica: l’azione nonviolenta raggiunge più efficacemente lo scopo.

Due aspetti desunti dalla teoria politica dell’ azione nonviolenta credo che possano fornire utili indicazioni per il nostro progetto di difesa comunale.

Il primo, il controllo del potere. In contrasto con una concezione monolitica del potere — secondo cui il potere sarebbe una forza duratura, indipendente dalla società e quindi annientabile solo con lo scontro violento di un’altra forza distruttiva (si pensi a certe concezioni della mafia come l’antistato) — la teoria politica dell’azione nonviolenta basa la sua analisi su una concezione della dipendenza plurima del potere:

esso dipende dalla società, è pluralistico e ‘quindi fragile perchè la sua forza si basa su varie fonti. Premesso, allora, che gli stessi cittadini sono la fonte del potere, risulta chiaro che esso esiste grazie al consenso che la società gli accorda con la collaborazione e l’obbedienza. Ritirando la collaborazione — rifiutando, così, di alimentare le fonti stesse del potere — è possibile controllare il potere nel senso di limitarlo o addirittura annientarlo. Il rifiuto della collaborazione può essere esercitato in forme diverse — le azioni d’intervento nonviolento — che richiedono coraggio, intelligenza e partecipazione popolare.

Il secondo, la diffusione dei luoghi del potere. Una particolare struttura sociale è fondamentale per stabilire una capacità di controllo duratura del potere. Il rafforzamento della società, nel senso di trasferimento del potenziale di potere a gruppi, istituzioni sociali, aumenta la possibilità di successo dell’azione di controllo del potere.

Il terreno normativo a cui è possibile fare riferimento per realizzare questo progetto di difesa comunale è quello offerto dalla legge 142/90 che ha promosso gli Statuti comunali. Lo Statuto comunale con le istanze di cui è portatore — la concezione più democratica del potere, il decentramento, l’obbligo alla trasparenza, le forme di “accesso” al palazzo — si rivela un formidabile strumento da utilizzare.

Il piano di difesa comunale ha la sua struttura portante nell’istituzione dell’assessorato alla difesa popolare nonviolenta dei diritti costituzionali che dovrebbe avere il compito di promuovere una serie d’istituzioni ed iniziative che andrò ad elencare di seguito.

In relazione ai pericoli da cui difendersi sono riportate le azioni nonviolente da mettere in atto.

 

Difesa dalla criminalità organizzata e mafiosa attraverso:

a) l’istituzione di un Osservatorio permanente sulla criminalità a vasta partecipazione e rappresentatività delle componenti sociali. I suoi compiti: monitoraggio sui risvolti economici (tangenti, usura, droga...), politici (rapporti criminalità—politica), socio— culturali del fenomeno; raccolta e diffusione dei dati.

b) la creazione di una Commissione di studio, alle dirette dipendenze dell’assessorato, col compito di elaborare i dati dell’osservatorio e di formulare strategie d’intervento a livello culturale, politico, economico, socio—pedagogico.

c) l’istituzione di Forum di cittadini, vale a dire incontri pubblici tra cittadini, pubblici funzionari, magistrati, esponenti degli enti locali, per coordinare sul territorio gli interventi formulati dalla Commissione di studio.

 

Difesa dalla corruzione ed inadempienza dei politici e dei burocrati attraverso:

a) l’istituzione di un Osservatorio permanente sui politici e i responsabili dei servizi. I suoi compiti: monitoraggio sulla vita e l’impegno dei suddetti soggetti in base a criteri predefiniti (arricchimenti non motivati, incompetenza, inadempienza, disonestà, rapporti poco rispettosi dei cittadini, scarsa trasparenza dei propri atti); raccolta e diffusione dati. Il materiale raccolto può risultare utile alla Commissione di studio di cui sopra.

 

Difesa dalle nuove povertà attraverso:

a) l’istituzione di Centri d’iniziativa nei quartieri a rischio. Si considerino le possibilità offerte dal DPR 309/90 per questo tipo d’interventi e il progetto “Povertà 4” della Comunità europea. Le attività dei Centri rivolti soprattutto a bambini, ragazzi, adolescenti potrebbero essere di carattere sportivo, educativo—formativo, artistico— espressivo, manuale. Altri destinatari i giovani per i quali si dovrebbero prevedere In particolare la creazione di opportunità lavorative (cooperative di mini produzione, commercializzazione, attività socialmente utili). Infine gli adulti e le famiglie per cui andrebbero sviluppati momenti aggregativi, forniti servizi di arbitraggio essendo alto il tasso di conflittualità tra le famiglie e all’interno di esse, forniti altri tipi di servizi di carattere amministrativo (pensione, vertenze lavorative, problemi casa...), sanitario (rapporto coi consultori).

b) l’istituzione di servizi per persone ad alto rischio come i centri  di  prima accoglienza, le comunità per minori.. .Si vedano, a tal proposito, le opportunità offerte dalla legge 216/91.

 

Difesa dal rifiuto degli immigrati, dei nomadi, dal razzismo attraverso:

a) la creazione di un Campo sosta attrezzato per i nomadi in cui la permanenza potrebbe essere assicurata in cambio dello svolgimento di lavori socialmente utili. Queste attività lavorative sarebbero un rimedio al triste fenomeno dell’accattonaggio.

b) la nascita di Gemellaggi con paesi del Sud del mondo per favorirvi occasioni di sviluppo così da non costringere i cittadini ad emigrare nei paesi più ricchi.

c) l’istituzione di una Commissione di studio — si potrebbero utilizzare le possibilità offerte dalla legge 49/87 e dalla legge della regione Puglia 11/93 — col compito di elaborare progetti educativi ed iniziative su cooperazione e multiculturalità. Questa commissione dovrebbe occuparsi delle iniziative concrete per instaurare rapporti di solidarietà e giustizia con i paesi del Sud: il commercio equo e solidale e il consumo critico, il risparmio consapevole e le banche alternative, la formazione degli obiettori di coscienza per eventuali missioni in zone di guerra.

 

Difesa dal cattivo funzionamento dei servizi attraverso:

a) la Verifica annuale pubblica della qualità dei servizi, secondo quanto prevede la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri emanata il 27 gennaio 1994. Tutti i servizi comunali devono ispirarsi a principi di eguaglianza, giustizia, continuità, efficienza, efficacia. Sono previste forme di rimborso agli utenti nei casi in cui il servizio è inferiore agli standard previsti.


b) le Conferenze pubbliche dei servizi, l’interlocuzione, cioè, tra cittadini, sindacati, lavoratori, amministratori per misurare la qualità del servizio e trovare soluzioni a problemi concreti attraverso la stipula di un accordo finale tra gli intervenuti.

c) il Referendum consultivo come strumento ordinario di verifica.

d) l’istituzione di Procedure di conciliazione — in collaborazione col Difensore civico —per sanare situazioni di conflittualità tra cittadino e amministrazione.

 

Concludendo, credo che i vantaggi per la comunità con un piano dl difesa del genere siano notevoli: si abbasserebbe il tasso di conflittualità sociale; si alzerebbe il tasso di democrazia reale; si assicurerebbe l’effettivo godimento dei diritti costituzionali in particolare per le fasce sociali più deboli; si creerebbero opportunità occupazionali; si provocherebbero riflessi positivi nel Sud del mondo.

 

Michele de Pasquale