|
Un breve
romanzo epistolare. Un dramma su due livelli che emerge da uno scambio
di lettere fra due amici soci in affari. Un livello è quello del
nazismo emergente, con il profilarsi dei suoi orrori; l’altro quello
del rapporto personale fra i due personaggi, che prende una china tragica
nel rapido susseguirsi degli scambi epistolari.
I due amici, uno di origine tedesca e l’altro ebreo, sono soci
mercanti d’arte a San Francisco.
Il primo torna in Germania negli anni in cui, durante la grande crisi
dei primi anni ‘30, il nazismo comincia ad affermarsi, e qui, disponendo
di mezzi e di conoscenze, si installa saldamente in un milieu sociale
in ascesa, che è quello che si sviluppa intorno alle gerarchie
naziste. E a sua volta diventa sempre più un fervente nazista.
Come conseguenza, chiede all’“amico” ormai dichiaratamente
ripudiato in quanto ebreo, e tuttavia comunque socio in affari, di scrivergli
dapprima segretamente, allegando i suoi messaggi agli estratti conto bancari,
in modo che sfuggano alla censura, poi di non scrivergli più affatto.
Questi tuttavia si vede costretto a scrivergli quando sua sorella rimasta
in Europa, attrice e già a suo tempo amante dell’amico tedesco,
decide di andare a Berlino. Gli scrive per chiedergli di proteggerla.
Al contrario, nel momento cruciale, l’“amico” tedesco
respinge la donna che si rifugia presso di lui per salvarsi, lasciandola
nelle mani delle SA che la uccidono.
Da questo momento ha inizio il secondo dramma, quello confinato al rapporto
fra i due ex-amici. Max, l’ebreo, ricomincia a scrivere a Martin,
il tedesco, lettere molto scarne ma esplicitamente compromettenti: parlano
di stretti rapporti commerciali fra i due, rapporti che in realtà
neppure esistono più. Il loro effetto, a causa della censura, è
la fine della fortuna di Martin, il suo isolamento sociale e infine il
suo internamento. Le lettere destinate a lui torneranno infatti al mittente
con la scritta “destinatario sconosciuto” che significa “scomparso”,
inviato in un campo di concentramento, morto. La vendetta è consumata.
Due gli elementi messi in evidenza da tutti i commentatori.
Il primo: la preveggenza dell’autrice riguardo allo sviluppo del
nazismo, al profilarsi dei suoi orrori. In realtà nel 1938, quando
il romanzo è pubblicato, ciò che accade in Germania è
già ben noto.
Il secondo: il capovolgimento dei “rapporti di forza” fra
i due “amici” dopo la morte della sorella di Max. E questo
è banale sottolinearlo, tanto è evidente.
A me sembra invece che lo sfondo di orrore del regime
nazista non riesca a prevalere, come i commentatori vogliono sottolineare,
sugli orrori dei rapporti personali fra i due protagonisti. E non so bene
che cosa mi risulti più repellente, tragico e agghiacciante, se
la viltà di Martin che, per non compromettersi con il regime, volta
le spalle alla sorella di Max destinandola a sicura morte, oppure la viltà
di Max il quale, senza rischiare nulla, distrugge Martin e la sua famiglia
con sei brevi lettere da oltre oceano.
Dico questo nella convinzione che la responsabilità è sempre
individuale, e non riesce mai a nascondersi né dietro alle ideologie
né dietro alle congiunture storiche.
Il breve romanzo della Kressmann Taylor, sotto questo
aspetto e nel suo distacco, riesce a delineare con tratti lucidi e asciutti
uno scenario da tragedia greca, là dove non sono mai veramente
gli dei a tracciare i destini degli uomini.
(queffe)
|