La poltrona

Il divorzio
a cura di Carlo Barretta




Molti anni fa, in Italia, si aprì un dibattito serrato intorno alla necessità di porre fine a quelle situazioni drammatiche che vedevano famiglie disgregate nei fatti, costrette a coabitare fra litigi e ricatti.
Fu quello un periodo di grandi scontri e di serrate polemiche, voluto più da chi era interessato a mantenere il potere, che dai cittadini.
L'uomo della strada, la gente comune, che quotidianamente era costretta a confrontarsi o a subire situazioni, a dir poco, drammatiche era da tempo pronta a decidere in favore del divorzio, come i fatti poi dimostrarono in maniera inconfutabile.

Tuttavia i politici, le autorità ecclesiastiche ed alcuni partiti facevano finta di non accorgersi di quanto mutati fossero il comune sentire ed i costumi sociali.
Una decisione che avrebbe potuto, presa per tempo, evitare code di sofferenze e molti drammi, fu continuamente rinviata, fino a divenire motivo di divisione e di scontro sociale, per non parlare dei costi economici, che un referendum sempre comporta.
Ho voluto ricordare questi fatti tanto lontani nel tempo, per dimostrare come spesso gli amministratori, i politici, i legislatori e le autorità più disparate, non riescono ad entrare in sintonia con la società civile, non riescono a captare i segnali che da essa provengono o, probabilmente, fanno finta di non sentire, nel timore di perdere posizioni di privilegio o di potere.
La Politica dovrebbe, non solo intercettare in tempo reale i bisogni che la società esprime, ma tentare di anticiparli, ponendo mano al rinnovamento graduale della stessa.
Quando non riesce a farlo, non solo si dimostra inefficiente, ma induce alla disaffezione nei suoi confronti, inculcando nella gente l'idea che la politica sia cosa della quale disinteressarsi.
Spesso, la storia lo dimostra, questo tipo di atteggiamento è voluto, è una scelta strategica determinata dalla volontà di allontanare quanto più possibile i cittadini dall'aministrazione, facendola diventare in tal modo, cosa di pochi ed evitando il controllo della pubblica opinione.
Una simile scelta sembra essere stata fatta, scientemente, anche dagli amministratori locali e dai partiti che li hanno espressi.
Non si spiega altrimenti, come mai, a fronte di sezioni vuote, di un calo consistente degli iscritti, di indifferenza per le poche iniziative che a stento riescono a raffazzonare, non aprano un dibattito, un confronto con l'istanza di autogoverno che giorno dopo giorno, sempre più forte si leva dall'Entroterra.
Temono come sempre il confronto adottando il metodo delle canne, le quali si piegano in attesa che passi la bufera.
Nel frattempo curano gli interessi di bottega, certi che potranno ripresentarsi a cose fatte per cavalcare la situazione ormai consolidata. Come per i camaleonti gli basterà mutare pelle ed il gioco è fatto, tanto i cittadini hanno la memoria corta, questo il loro modo di pensare.
Un pensiero che accomuna stranamente maggioranza ed opposizione, a riprova della pochezza di una classe politica incapace di dare risposte esaurienti e soluzioni ai molti e gravi problemi dell'Entroterra.
Diciotto mesi di governo, quelli che di solito godono della spinta iniziale derivata dall'entusiasmo, non hanno prodotto alcunchè.
Figuriamoci cosa potrà accadere nei prossimi mesi, il nulla più assoluto ci attende.
Soltanto l'approssimarsi della scadenza del mandato elettorale, fra due anni circa, innalzerà i toni del dibattito e vedremo qualche intervento di piccolo cabotaggio.
Sono cose risapute che non incantano più i cittadini disincantati.
Lo stato di assoluto abbandono in cui versa l'entroterra, ha raggiunto livelli insopportabili, che neanche l'opera meritoria dei tanti Comitati di quartiere riesce ad arginare.
Non sono più sufficienti le denuncie, cadono nel vuoto e nel disinteresse generale, bisogna agire ed agire in fretta.
Il malato ha bisogno di cure innovative ed energiche. Riprendiamoci, come società civile, l'iniziativa e abbandoniamoli al loro destino.
È necessario rimboccarsi le maniche e passare alla raccolta delle firme per la creazione di un nuovo Municipio, più vicino, anche fisicamente, ai bisogni del territorio.
L'idea si sta concretizzando e fra un mese, quanto la gente chiede da tempo potrà diventare realtà.
Come già quel divorzio, anche questo, nei confronti di Ostia, si realizzerà nonostante i partiti e le chiusure mentali di chi continua a rappresentarli, senza accorgersi di fare la guardia ad un bidone di benzina, ormai vuoto!

La poltrona
Sommario n° 70 - Gen. '03