Il racconto di Zeus
Checco il bugiardo
di Nadia Agati

In tempo di guerra la vita in casa mia era piuttosto triste e monotona, papà tornava a casa dall'aeroporto con la sua bicicletta a tarda sera sempre stanco morto e quando pioveva e faceva freddo, infreddolito e bagnato fino alle ossa, mamma lavorava tutto il giorno, lavava, stirava, puliva la casa e si impegnava a fondo per mettere insieme il pranzo con la cena, perché i soldi erano pochi e le bocche da sfamare tante.
Però nonostante tutte queste difficoltà a volte in famiglia regnava un po' d'allegria, specialmente quando mio padre invitava a cena un suo amico, che raccontava storie talmente inverosimili che facevano ridere tutti: noi lo chiamavamo "Checco il bugiardo".
Papà si raccomandava: "Bambine, ascoltatelo in silenzio e cercate se vi è possibile di non ridere, tutt'al più sorridete, poi vi sfogherete quando se ne sarà andato. Promettete!" E noi in coro: "Promettiamo".
Dopo aver cenato, mio padre si rivolgeva all'ospite dicendo: "Carissimo amico vuoi raccontare alla mia famiglia la tua stupefacente avventura africana?"
A Checco non sembrava vero di essere così gentilmente incoraggiato.
"Molto volentieri, caro Gaetano".
Intanto le mie sorelle ed io sotto il tavolo ci pizzicavamo per non scoppiare a ridere.
E "Checco il bugiardo", con cipiglio serio, incominciava a raccontare.
"Mi trovavo in Tanzania per una battuta di caccia grossa, sapevo che nella savana si aggiravano dei grossi leoni, io ero munito di un fucile di precisione e la cartucciera che portavo alla cintola era ben provvista di munizioni. Mentre mi aggiravo con aria circospetta tra la folta vegetazione vedo sbucare da dietro un cespuglio la testa di un enorme felino, imbraccio l'arma e aspetto che la belva esca all'aperto, e lei dopo un po' all'aperto esce, io sparo ma il fucile non risponde, forse le cartucce erano bagnate, riprovo ma cilecca di nuovo
Intanto, il leone mi vede, mi punta. Mio Dio mi sento ormai perduto. Per caso vedo a terra un grosso nocciolo, mi calo, lo prendo, carico con questo l'arma e punto direttamente alla fronte del grosso felino, sparo, forse non ci crederete ma lo colpisco in mezzo agli occhi, l'animale cade tramortito al suolo a pochi metri dai miei piedi."

In quel preciso momento sotto il tavolo ci davamo pizzichi e calcetti per non cedere all'ilarità più sfrenata.
Papà allora disse: "Certo carissimo amico che è stata una idea veramente geniale quella che hai avuto e inoltre sei stato anche piuttosto fortunato, ringrazia Iddio che ti ha salvato da morte sicura."
Quando a una certa ora Checco si congedò, in cucina scoppiò un pandemonio, tutti ridevano fino alle lacrime, ed io che amavo esibirmi saltai sul tavolo e mimai l'avventura di caccia di Checco, facendo finta di imbracciare il fucile dicevo a papà: "Ti prego, fai il leone e quando ti sparo col nocciolo sbatti la testa sul tavolo con gli occhi sbarrati".
Lui faceva ciò che gli avevo chiesto e io gridavo a squarciagola: "L'ho ucciso, l'ho ucciso."
A questo punto i miei genitori dicevano: "Ora basta! Per oggi vi siete divertiti anche troppo, tutte a letto!"

I Racconti di Zeus
Somm. Set. '02 - N° 66