da Zeus n° 65 di Luglio 2002
Migrazioni
di Vittorio Romano

Spesso la differenza sta nei termini. Sfumature diverse di uno stesso concetto.
L'idea che associamo a una parola, dipende in massima parte dall'idea che altri associano alla parola stessa.
Se leggiamo sui giornali "Polacco investe madre di famiglia", e se il giorno dopo il ministro della Difesa durante il TG delle 20.00 parla di "repressione dell'immigrazione", l'idea che la nostra mente elabora dello straniero non può che rispecchiare le paure suscitate da tali proclami.
I termini, in televisione come nei bar, si confondono: l'immigrato diventa per forza un clandestino, il clandestino diventa un criminale, il termine extracomunitario è invece irrimediabilmente legato all'idea di povertà.
Infatti i turisti statunitensi o svizzeri non sono mai extracomunitari, nemmeno quando commettono un crimine. Perché?
Facciamo un po' di chiarezza. L'extracomunitario è colui che viene da un paese che non fa parte dell'U.E..
Rientrano nella categoria i Russi, così come gli Africani e gli Australiani.
Il clandestino è lo straniero che è entrato in Italia irregolarmente, senza visto sul passaporto per esempio, o senza aver fatto richiesta del permesso di soggiorno.
L'ultima ondata di xenofobia in Italia condotta dalla Lega è andata sempre più circoscrivendosi contro la sola categoria dei clandestini (per fortuna!).
Da un generico odio per il diverso, sovvertitore dell'ordine sociale, e da ultimo, infiltrato del terrorismo islamico, si è passati ad uno specifico attacco all'immigrazione clandestina che sta gradualmente diventando un crimine.
Ma come può essere un criminale un Kurdo che tenta di scappare dalle disumane carceri turche?
Come può essere reato lo scappare da un paese dove il 40% degli abitanti è malato di AIDS?
Prima della guerra in Afganistan (ma adesso la situazione non è diversa) eravamo pronti a condannare il burqa, pronti a scandalizzarci quando i Talebani costringevano le minoranze etniche ad indossare lacci gialli al braccio.
Ma li abbiamo accolti nelle nostre terre? Abbiamo dato loro la possibilità di fuggire da quell'orrore?
La Turco-Napolitano (L 40/1998) così come la Bossi-Fini non affronta il problema del diritto d'asilo in Italia, lasciando lettera morta la stessa Costituzione.
Di fatto l'unica differenza tra un clandestino e un immigrato regolare è un visto sul passaporto.
Un timbro. Come può un timbro fare la differenza tra un criminale e un uomo onesto?
Si sta tentando da più parti di confondere i concetti ci clandestinità con quello di criminalità.
Questa è, a mio avviso, una squallida mossa per creare paure e sfruttare emozioni da trasformare in voti.
Una politica onesta, che non voglia far leva sulle paure della gente deve controllare l'immigrazione clandestina, non perché atto criminale in sé, bensì perché necessario per un corretto funzionamento delle nostre istituzioni, per un adeguato utilizzo delle nostre risorse in genere.
Non si possono aprire le frontiere a tutto il mondo, ma si deve garantire il diritto di asilo ai perseguitati, e si deve promuovere l'integrazione tra le comunità.
La tolleranza zero verso i disperati è facile e strumentale, provate ad essere intolleranti contro il falso in bilancio!

Delle migrazioni

sommario n° 65 - Lug. '02