La ristorazione d’autore fra passato e futuro

 

L’Evento

La ristorazione d’autore fra passato e futuro

Lunedì 23 gennaio 2006, alla presenza di giornalisti, opinion leader e operatori del comparto, DEGUSTA ha premiato il Ristorante ÆOLIA di Costozza (Vicenza) per la sua creativa ed intelligente capacità di coniugare alimenti tradizionali con ingredienti e prodotti alternativi e innovativi. Luca Chemello, chef di cucina, è stato nominato con onore “Chef del mese”.
La giornata è stata dedicata alla conoscenza del luogo (dolce e vacanziero), all’incontro con i proprietari del ristorante (cordiali, accoglienti e bene informati) e con i titolari delle aziende produttrici dei vini e dei cibi gustati durante il pranzo (squisiti, sia i vini, sia i cibi, sia le persone) e alla discussione sullo stile di cucina sostenuto dalla filosofia di Degusta, volta a stimolare una proposta gastronomica di cibi gustosi e genuini che rispondano sempre più a precisi requisiti organolettici e nutrizionali.
Questo il programma:
- Ritrovo e aperitivo di benvenuto presso ristorante ÆOLIA di Piazza Da Schio 1 – Costozza di Longare (VI)
- Tavola rotonda e dibattito sul tema dell’incontro
- Presentazione di specialità eno-gastronomiche
• I formaggi Caprini di Ivan Quadri – Allevamento Valle Alta di Erba (CO)
• La carne di struzzo de “La Cerreta” – Allevamento in Castiglion Fiorentino (PG)
• Le fruttolade dell’Æolia – prodotte con frutti locali, melograno, datteri, cachi e peperoncini rossi piccanti
• Carni e distillati
• Le mille interpretazioni dello Zabov

Vari i vini, tutti dell’Azienda Agricola Dal Maso, di Montebello Vicentino (VI)
• Spumante Brut “Primis”
• Gambellara Classico DOC Cà Fischele
• Chardonnay DOC Colli Berici Casara Roveri
• Sauvignon DOC Colli Berici Casara Roveri
• Rosso IGT del Veneto Terra dei Rovi Rosso
• Gambellara DOC Recioto Classico Riva dei Perari


Il Luogo

Ristorante Æolia

Un menu ogni mese, più gli extra per S. Valentino, Pasqua, Natale e S. Silvestro. Ogni menu offre sette antipasti, sette primi piatti e undici secondi piatti (non sempre, in un paio di mesi gli antipasti sono appena sei), mentre i menu extra non hanno quasi mai meno di sei portate.
Non c’è bisogno di fare i conti, è chiaro che il ritmo è turbinoso. E di conseguenza non riposante, dal momento che ogni piatto nuovo è da studiare, anche dal punto di vista dell’accompagnamento con i vini adatti (che pure vanni cercati, analizzati e scelti), e sperimentare finché non riescano perfettamente, poiché qui all’Æolia non ci si accontenta di nulla di meno della perfezione.
Quale sarà la ragione per cui Luca Chemello e Luca Varin hanno fatto la scelta della molteplicità? Come sempre non solo una ma varie, legate una all’altra, una dentro l’altra. Ma la prima, la fondamentale, è il cliente. Il cliente che si innamora di questo luogo magnifico e torna volentieri durante tutto l’anno. E questi due Luca, uguali solo nel nome, ma capaci di funzionare egregiamente insieme, hanno deciso di offrirgli ogni volta qualcosa di nuovo. Pazienza se per farlo devono lavorare molto. Vorrà dire che non correranno il rischio di annoiarsi. D’altra parte, ci dice Luca Varin, la continua rivoluzione, pur nella fatica che richiede, “dà la carica, perché cambiare il menu significa anche essere costretti a cambiare, avere degli obblighi e doverli rispettare”.
Da questo pensiero nasce anche lo stile singolare dei menu, in cui accanto ai piatti tradizionali della cucina vicentina, come il baccalà stufato, con radicchio e polenta, e perfino la polenta con l’aringa (la ‘renga, una sola, come una volta) si possono gustare “novità” come… ma diamo uno sguardo al menu di gennaio 2006:
A Tavola d'Inverno
Gli Antipasti
Soppressa delle Valli, con Funghi di Bosco e Polenta di Maranello
Germogli Scottati al Lardone Stagionato & Balsamico
Formaggio Borgaiolo con Miele d’Acacia Noci e Polenta di Maranello
Focaccia al Rosmarino con Culatello di Modena
Prosciutto Crudo di Montagnana e Fichi d’India
Polenta e ‘Renga’ alla Vicentina
Tortino Tiepido di Radicchio & Asiago Giovane

I Primi Piatti
Tagliatelle con PorcalOca
Risotto ai Rubini (Melograno)
Fagottini "Prosciutto & Pere"
Farfalle Zucchine & Gamberetti
Gnocchi di Patata ai Porcini
Crespelle ai Broccoli Fiolari e Piave
Zuppa di Polenta

I Secondi Con Contorno
Lombata di Bisonte (North Dakota) alle Erbette con Scorzonera
Entrecôte di Angus (Irlanda) alla Grappa con Radicchio Brasato
Costolette di Agnello (N. Zelanda) al Timo con Carciofi al Forno
Baccalà Stufato con Radicchio & Pinoli con Polenta di Maranello
Tagliata di Struzzo (Toscana) all’Uva, con Patate & Peperoni
Mazzancolle (Madagascar) al Coccio, con Crudità
Canguro (Australia) al Curry, con Fagiolini alla Cannella
Selezione di Formaggi, Le Frutolade, Pani Caldi, Un Calice di Buon Rosso
Cotechino in Crosta con Cavolo Nero Brasato & Rafano al Balsamico
Fegato di Maiale in Rete con Polenta di Maranello e Coste alla Pancetta
Sella di Renna (Svezia) al Cacao Amaro con Caponata

Ecco che il mosaico si compone. Per dare al cliente il gusto del nuovo, stimolando la sua curiosità e stupendolo ogni volta, è necessario cercare le “novità”. L’altra via sarebbe quella di fermarsi sui saporiti piatti vicentini. Non molti, sempre gli stessi, e sempre diversi i clienti, perché a mangiare le stesse cose ci si annoia un po’. Al Ristorante Æolia invece non si annoia nessuno. Certamente non in cucina, dove tutti corrono, ma neppure in sala, dove i clienti sono occupatissimi a gustare ciò che hanno nel piatto, sentendosi un po’ antichi Romani, un po’ Africani, un po’ Sioux, un po’ Koori, ossia Aborigeni Australiani. E se questo non bastasse potrebbero anche ingannare il tempo cercando di calcolare quante ore di lavoro occorrano per mantenere così lustra la ricca collezione di recipienti di rame che pendono a decine dal soffitto e dalle pareti.
Tuttavia, come si diceva, se il cliente vuole gustare un piatto vicentino troverà anche quello, fedele all’originale, benché affettuosamente rammodernato. Un restauro intelligente, come si usa dire.
Ma facciamo un passo indietro. Andiamo a vedere come è nato l’Æolia.
Luca Chemello e Luca Varin si sono conosciuti nel 1978 alla Scuola Alberghiera di Recoaro. Alla fine del corso Luca Chemello ha continuato il lavoro nel ristorante Æolia, creato negli anni ’60 dal padre, e Luca Varin ha fatto le sue esperienze altrove, in vari luoghi. Ma fra i due era evidentemente nata una buona intesa, la qual cosa dopo alcuni anni li ha portati a decidere di “mettersi insieme”. Il ristorante c’era, bellissimo e ricco di storia, bisognava solo decidere se continuare con la cucina classica vicentina o cambiare qualcosa. Come abbiamo visto qualcosa è cambiato, anzi, il cambiamento è diventato permanente.
Una bella abitudine della casa è quella di servire il piatto con un accompagnamento di verdure, cosicché non c’è bisogno di chiedere altro che quella pietanza e arriva tutto insieme, ben coordinato, il canguro con i fagiolini alla cannella, la tagliata di struzzo all’uva con patate e peperoni, l’agnello con i carciofi. Tutto già studiato, il cliente non deve affaticarsi a pensare e magari anche a sbagliare accostamento.
La stessa cosa accade per i vini. Cioè, a dire il vero, la stessa cosa e il suo contrario. Il maître Luca Varin è allo stesso tempo indulgente e rigoroso. Indulgente perché non vuole imporsi, consiglia ma lascia anche fare (e questo è straordinario, anche perché è una sorta di “viaggio di ritorno”, incominciato quando Luca ne sapeva un po’ meno di vini e imponeva di più i suoi criteri, mentre adesso accade il contrario. La sapienza enologica è cresciuta e l’intransigenza è caduta, e ora il rapporto con il cliente è regolato dalla convinzione che “il troppo sapere è allontanarsi” e che un’eventuale educazione al vino deve essere fatta con garbo, comprensione e lentezza). Al tempo stesso può giungere a non servire un certo vino se ritiene che non possa essere gustato al meglio in quel momento. L’esempio che ci ha fatto è quello del Barolo. Un vino meraviglioso, ma che non si può bere così “su due piedi”, bisogna aprirlo in anticipo, farlo respirare, prepararlo (ecco perché, tra le altre ragioni, è consigliabile prenotare). Diversamente sarebbe un po’ sciupato e non vi sarebbe onore né per il vino, né per la cantina né per l’ospite. Meglio rimandare. Tuttavia, se per caso la bottiglia è stata aperta e se per caso non è stata vuotata, Luca la confeziona e la consegna al cliente, raccomandandogli di finirla a casa, quando il vino sarà perfetto. Non è anche questa una premurosa e moderna “attenzione al cliente”?
Una terza, ma non ultima, bella abitudine della casa è quella di applicare prezzi molto ragionevoli, sia per il cibo, sia per il vino. Basta dare uno sguardo ai menu, sul sito www.aeolia.com per rendersene conto.

Lucilla Horatia Valentina


Le Cantine del Ristorante e la Storia

La Cantina del Dio dei Venti

La sala Æolia, ampia e luminosa, dal soffitto affrescato e le pareti di marmorino (che coprono i resti di affreschi probabilmente trafugati dalle truppe napoleoniche durante il loro insediamento), è costruita sopra una delle più singolari cantine che esistano. Tanto singolare che non si chiama neppure cantina, ma “Carcere dei Venti”. E questo carcere dei venti ha una storia molto antica, in parte certa, in parte da scoprire.
Bisogna intanto sapere che Costozza, il paese in cui si trova il ristorante Æolia, è ai piedi del Monte Brosimo, il quale fa parte dei Colli Berici, e che nel secolo IX qui esisteva un borgo medievale, il quale doveva la sua ricchezza all’estrazione della pietra (sarebbe anche interessante sapere che le prime notizie storiche di questi luoghi risalgono agli Etruschi e che il nome del paese viene dal latino Custodia, ma non andiamo oltre). Bisogna anche sapere che siamo in provincia di Vicenza, e che a Vicenza operò a lungo Andrea Palladio, grande architetto del rinascimento. E bisogna infine sapere che Andrea Palladio frequentò questi luoghi dal dolce clima, che anche Galileo Galilei si trovò a passarvi e vi dimorò, che incontrò Andrea Palladio e che, insieme, i due studiarono un particolare fenomeno.
Torniamo al borgo. Questo, circondato da mura, era protetto anche da una rete di grotte e passaggi scavati nel colle, insieme vie di fuga e d’attacco a sorpresa dei nemici. Quando, nel secolo XI, le mura crollarono a causa di tre terremoti successivi, il borgo fu invaso e distrutto e gli abitanti chiesero soccorso alla Repubblica di Venezia. Questa intervenne con il suo esercito e liberò la zona, quindi ripristinò le cave per l’estrazione della pietra (la pietra di Vicenza, largamente usata nella costruzione di statue e decorazione dei palazzi veneziani), e riedificò il borgo, mentre ricchi Veneziani si facevano costruire intorno belle ville residenziali.
La rete di passaggi scavati nel monte collegava ora le ville. Quando e per caso si scoprì che tali cunicoli conducevano l’aria fresca proveniente dalle grotte sulle colline gli accorti abitanti ne videro subito la possibilità di impiego, oltre che come vie di sicurezza, come sistema di climatizzazione delle case e come locali a temperatura bassa e costante (da 10°C a 14°C durante tutto l’anno) da adibire a magazzini. Alla fine del secolo XIII fu emanato uno statuto che regolamentava l’uso delle grotte e dei condotti (detti anzi ventidotti).
La cantina del ristorante Æolia, ricavato nelle dipendenze delle adiacenti ville (Villa da Schio e Villa Trento-Carli, fatte costruire da Francesco Trento), è appunto rinfrescata da tali ventidotti. E sono proprio questi che Andrea Palladio e Galileo Galilei studiarono con curiosità, cercando di usare l’energia creata dal vento, costruendo forse sistemi e condotte per gestire l’aria e farla giungere alle ville vicine.
Francesco Trento era un uomo ricco e capace, che sapeva come usare le situazioni a suo favore. Non è difficile immaginare che abbia pensato di trasformare la fonte di energia che aveva in casa e la presenza dei due famosi studiosi in una fonte di prestigio, facendo costruire la bella Sala Æolia per ospitare degnamente le nobili caste veneziane, in particolar modo quella dei Notari, che giungevano in visita. Decorata con affreschi preziosi (del XVI secolo, attribuiti a Fasolo e Zellotti, allievi del Veronese), in comunicazione con la cantina tramite una grata e quindi rinfrescante rifugio dal calore della città durante l’estate, la sala divenne anche la sede dell’Accademia Eolica, nella quale gli studiosi si riunivano per discutere di scienze, filosofia ed arti.
Visitare la cantina è una bella esperienza. Piccola, breve, ma da fare personalmente. Così come i vini, i cibi e i profumi non si può raccontare.

Lucilla Horatia Valentina