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A scoccetto. Durante la settimana di Pasqua di moltissimi anni fa, mi pare fosse il Giovedì Santo, uscendo da casa, allora abitavo in C.so Vittorio Emanuale (ora C.so del Popolo), nell'appartamento in cui ora c'è "Culuccì u dintista", notai, di fronte al Bar di Velia (chi se la ricorda Velia Giovagnetti, la madre di Gujè ?), parecchie persone che facevano capannello attorno a degli uomini che, a coppie, trafficavano con qualcosa in mano. Incuriosito mi avvicinai subito per vedere. Si stava facendo "a scoccetto", un gioco tradizionale delle feste pasquali a cui negli anni seguenti, finché è rimasto in voga, non ho mai voluto mancare di assistere. I due sfidanti, ciascuno con un uovo in mano, facevano la conta e chi perdeva stava sotto, cioè teneva nel pugno il suo uovo con la punta rivolta verso l'alto, mentre l'altro, con un altro uovo, vi dava dei colpi con molta attenzione. Chi battendo rompeva l'uovo dell'avversario lo vinceva; il perdente ne tirava fuori un altro e si ricominciava. (Continua a pagina 44)
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