'A filandra.



La sua ciminiera resa scura dalla fuliggine, prima che fosse costruita la torre dell'acquedotto svettava alta al di sopra di ogni altro edificio del paese e rendeva inconfondibile il profilo di Filottrano a chiunque venisse, da Jesi, da Osimo o da Macerata. Quando, in corriera, tornavo dall'Accademia per le vacanze e la scorgevo da lontano, provavo sempre un po' di emozione. Nel '45, reduce da due anni di guerra che neanche alla nostra città aveva risparmiato lutti e rovine, la vidi dalla cima della salita della Cesarina; ne fui sorpreso perché, forse inconsciamente, non me l'aspettavo. Invece c'era ancora; un po' sbrecciata dai colpi di cannone, ma era sempre là e la mia commozione fu grande. Ero a casa.
La filanda è stata per parecchi decenni una importante risorsa economica per molti Filottranesi. La sua presenza infatti fece sì che nel territorio si sviluppasse la bachicoltura. Tante famiglie, in campagna e nelle frazioni, si dedicavano all'allevamento del baco da seta e incrementavano gli scarsi guadagni conferendo i bozzoli alla filanda. Fino agli anni immediatamente precedenti la seconda guerra mondiale erano una quarantina le donne che vi lavoravano. Si riconoscevano dalle mani sbiancate e con la pelle raggrinzita dal continuo contatto con l'acqua bollente.Era un lavoraccio, ma per mogli e figlie di operai e artigiani, la massima aspirazione era quella di esservi assunte come operaie.
-Fo 'a filandràra- dicevano con orgoglio e soddisfazione.
Il suono della sua sirena scandiva e influenzava la giornata dei Filottranesi annunciando l'inizio e la fine dell'orario di lavoro che tra mattino e pomeriggio era di dodici ore e serviva anche da orologio.
-Che ora sarrà ?-.  -Sarrà 'e sei e mezze..., è poco che ha sonato a filandra...-.

Finita la guerra la filanda danneggiata non riprese più la sua attività. La ciminiera pericolante fu demolita mattone per mattone dai vigili del fuoco nel '61 o '62 e anche quello fu un avvenimento.

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