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"Ho avuto tra le mani i rottami dell' astronave"

 
            Et, entità extraterrestri biologiche, marziani, dischi volanti. Realtà o fantascienza? Molte domande ma poche risposte verificabili. Il tema si presta a tutte le speculazioni, dalle più pazze alle più fantasiose. Eppure un integerrimo e credibilissimo colonnello in congedo afferma che le grandi scoperte tecnologiche degli ultimi decenni sono state rese possibili proprio grazie ai resti di Roswell, recuperati e nascosti gelosamente dall’esercito americano.

I dati sono questi: nel 1947 un misterioso oggetto volante si schianta nel deserto del Nuovo Messico, a Roswell. L’area viene dichiarata off limits. La vicenda suscitò grande commozione nella popolazione. E come non capirla, sono ancora recenti i ricordi di panico provocati dalla radiocronaca della guerra dei mondi di Orson Welles.

Per conoscere l’ennesima (l’ultima?) verità su Roswell si è dovuto aspettare fino al 1997, quando J.P. Corso, alto ufficiale dell’Intelligence dell’esercito decide di parlare… pubblicando il libro «Il giorno dopo Roswell». Cos’ha da dire quest’ufficiale? Supportato dai documenti declassificati e al limite della violazione del segreto militare, ripercorre per la prima volta la storia del più famoso ufo crash e dei reperti recuperati sull’astronave aliena.

Immaginiamoci lo scenario dell’epoca. Siamo nel 1947, la guerra è appena terminata mentre ne inizia un’altra, la guerra fredda. La paura del comunismo raggiungeva la paranoia e nessuna parte dello stato ne era immune. Cosa fare del materiale trovato a Roswell? Come utilizzarlo in modo produttivo senza rivelare niente al nemico interno ed esterno? Si rendeva necessaria una vasta operazione di cover-up. Detto, fatto.

Secondo la sua testimonianza, Philip Corso riceve nel 1961 l’incarico dal Pentagono di sviluppare un programma industriale segreto per "riciclare" il materiale rinvenuto nella navicella sconosciuta. Prende l’avvio dunque la più grande operazione di retro-ingegneria che portò allo sviluppo di visori notturni a infrarossi, circuiti integrati, fibre ottiche, leghe metalliche ad allineamento molecolare e altre diavolerie varie… I beneficiari furono prima l’industria bellica, successivamente quella civile.

Fantasie di un fanatico o di uno squilibrato? A dire il vero il colonnello dista molto dallo stereotipo del militare alla «Dottor Stranamore». A leggere il suo curriculum si penserebbe a un tecnocrate. Al massimo gli si potrebbe rimproverare una certa mancanza di fantasia, anche se, stando ai risultati ottenuti, la fantasia proprio non gli mancava.

Ma allora perché tanta discrezione? Perché non un lancio in grande stile, con fuochi d’artificio mediatici? Perché affidare queste rivelazioni a un oscuro militare in pensione? Che non sia anche questa una perfetta operazione di depistaggio…

Michel Paganini

 

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