Nota dell'autore e della webmaster:
Attenzione!!!!! La storia che vi apprestate a leggere non è per tutti i gusti e soprattutto non è per bambini. Contiene situazioni particolari e parole forti che non tutti posso digerire. Grazie
 
 
Un Incauto Spasimante
 
Versailles, 1783

La carrozza sfrecciava spedita lungo la strada sterrata.
Molte erano le buche e altrettante le pozzanghere, che impedivano al mezzo una crociera più adeguata al rango di chi veniva trasportato.
Restif sbattè nuovamente la testa contro il lato sinistro della vettura;
<< ..Ah!, merd! E' la quattordicesima volta che sbatto il capo, signore! Ma che sia ubriaco il conducente? Ve l'ho detto io quando siamo saliti che aveva una brutta faccia!! Casomai è pure ubriaco fradicio e adesso ci và ad ammazzare tutti quanti!!! Vedrete, mio signore, vedrete!!! ah! Marrano...! >>
Il suo compagno di viaggio lo apostrofò con uno sguardo bieco, appena accennato, quanto bastava per fargli intendere che, quel suo continuo lagnarsi, lo disturbava .
Si portò quindi l'indice e l'anulare della sinistra alle labbra, per intimargli di tacere e il suo attendente si ammansì come un gattino.
Ogni qual volta si teneva una festa o un ballo alla reggia di Versailles, la grande piazza prospicente il castello andava somigliando sempre più ad una piazza d'armi il giorno delle manovre; carrozze, lettighe, fiori, cibi, vesti ancor più sfarzose del solito riempivano di azione e di colori quel luogo.
Era arrivata anche la carrozza dei due viaggiatori di cui vi abbiamo raccontato; ne scese prima l'attendente e poi il suo signore.
Si trattava del conte de Mercy, proprietario terriero e praticamente nullafacente, inguaribile conquistatore di cuori femminili...suo unico passatempo in quella vita chissà quanto noiosa e piatta.
Girava voce che, se non lo si vedeva in giro per più di due o tre giorni, allora il suo nuovo recapito era certo: la casa d'appuntamento di M.me Poulenc, in Rue Saint Michel a Parigi.
La scena era sempre la stessa, da tutti conosciuta; il conte si presentava (mai senza preavviso), squadrava tutte le gentili ospiti della casa, volgeva lo sguardo alla maitrèsse e le porgeva un sacchetto di luigi. << ..Tenete. - le diceva - Le prendo tutte. >>
E così facendo si "affittava" l'intera casa per un periodo che poteva oscillare fra i tre e i cinque giorni.
Tutte le dame di corte ne parlavano male, lo insultavano a bassa voce tra i ricami dei preziosi ventagli agitati velocemente, dicevano che fosse un poco di buono, uno da cui era meglio star lontane, uno che preferiva i genitali piuttosto che i cuori delle sue "vittime"...ma chissà perchè erano altrettante (o le stesse?) a cui bastava sentirselo passare vicino, entrare in contatto con la sua aurea di "cattivo ragazzo", per avvertire un certo non so che....
Aveva da poco superato la trentina, il conte e l'aspetto era gradevole, anche se un poco tendente al "sinistro"; era molto pallido di natura, sia con il trucco abituale dell'epoca che senza.
Gli occhi erano svegli, attenti, accusatori, impietosi.
Parlava poco, quasi mai. Gesticolava ancora meno e tanto meno lo interessavano i giri d'affari della corte di Francia.
Altre cose gli premevano.
Erano persone, non importava l'età o la bellezza spiccata, il sapere erudito o la scioltezza nel sapersi proporre in pubblico; no.
...Bastava che fossero donne. Dame, serve, concubine, puttane, madri di famiglia...Ma donne.
Le voleva. Le otteneva. Sempre.
Il suo servo, Restif, era da vedere: alto la metà di lui, vestito quasi come uno straccione con la capigliatura sporca e incolta che gli usciva ora qua e ora là da sotto la parrucca incipriata e sbilenca, gli occhi porcini di chi vorrebbe farsi anche un sasso..se lo sapesse femmina.
C'era però una differenza fra i due.
A dire il vero ce n'erano molteplici com' è facilmente intuibile... ma la più lampante era che il nobile, sovente, riusciva ad accomodarsi fra le calde cosce di compiacenti signore, mentre il servo doveva ringraziare se gli si permetteva d'ingropparsi la serva più vecchia trovata in cucina.
Ad ognuno il suo...
De Mercy e il suo fido Restif passeggiavano silenziosi per i lunghi corridoi della reggia, in direzione della sala degli specchi; le alte, immense vetrate laterali gli permettevano di godersi lo spettacolo dei giardini reali illuminati dalla luna.
Quale soave spettacolo, quale luminescenza d'arte.
Il servo si guardava attorno, una mano al mento, gli occhietti veloci e vispi che si posavano ora su una dama, ora su un'altra.
<< ..signore - gli disse a mezza voce, sistemandosi il colletto -, noto con piacere che più della metà delle dame che abbiamo incontrato da quando siamo arrivati sono già "passate da voi", o sbaglio? >> rise, più sguaiato che divertito; pareva un vecchio cane asmatico...
Il conte gli rispose quasi subito, con sufficienza quasi arrogante, guardandosi bene dal volgere il capo verso il suo interlocutore;
<< ..ne convengo, mio caro Restif. >> continuava a guardare dritto davanti a sè.
<< Però - continuò l'altro -, noto stranamente che nessuna di lor "signore" provano a rivolgervi lo sguardo. Come mai, mio sign.. >>
<< ..strano - lo interruppe egli, fiero -, e sì che in altri ambienti, e in altri luoghi, rammento vividamente i loro sguardi infiammati mentre mi supplicavano, mi pregavano di rapire la loro innocenza.... >>
<< Vi "pregavano", mio signore? - finse di pensare per un attimo - ..eh, che pie donne... >>
<< Delle sante, Restif, delle..- ne guardò una, una nuova, che incrociò il suo sguardo sorridendogli nascosta dal ventaglio -..vere sante.... >>
Il servo prese di nuovo a ridacchiare in modo lascivo, zittito pochi istanti dopo da un cenno del suo padrone.
Il nobile gli indicò una strana figura in fondo a quel corridoio; erano a non più di una ventina di metri dalla sala degli specchi, dove il corridoio che stavano percorrendo faceva una curva ad angolo retto prima di immettere i presenti in una delle sale più belle d'Europa.
<< Chi è? >> gli chiese.
<< ..Oh, mio signore, lo..lo ignoro, sapete. Mai mi è capit.. >>
<< Scoprilo. >>
<< Sì, mio signore. Vado. >> si dileguò di lato veloce come una faina.
Era Oscar Francois de Jarjayes.
Stava in un angolo, ritta nella sua uniforme, l'occhio vigile, l'aspetto fiero. Chi non era in grado d'innamorarsene?
Il nobile le si avvicinò.
<< ..Cosa vedo! - le disse fingendosi stupito - una donna vestita da uomo! Questa è proprio bella...! E' una moda? O vi piace fare la parte dell'uomo? >> ..ogni doppiosenso era puramente voluto...
<< State parlando con un militare, ricordatevelo, signore. >> rispose Oscar infastidita.
<< ..Ooh, ma quanta austerità nelle vostre parole, "madame"... >>
<< ... >>
quel "madame" mandò su tutte le furie la giovane, che pose mano sull'elsa della spada mentre si imponeva di riuscire a trattenersi.
<< Permettete che mi presenti? - continuò intanto l'individuo, mettendosi sull'attenti e  scimmiottando il classico metodo militare - Conte de Mercy, per servirvi, "madame"... >> le sorrise; non era un semplice sorriso, c'era un insieme di particolari messaggi fra quelle labbra tirate, il cui meno libidinoso era "voglio sfilarti quella divisa io stesso e farti vedere cosa vuole dire essere veramente un uomo..."
Un soldato interruppe la loro interessante conversazione. Portava al suo comandante il rapporto sull'esercizio di guardia che la sua truppa stava facendo quella sera.
Il nobile, presa la palla al balzo, vide bene di dileguarsi fra la folla.
La voleva lasciare lì, così, senza un perchè, con la testa ancora scossa da quella (quasi) violenza psicologica appena subita.
La voleva lasciare lì, così, appena sconvolta, quanto basta perchè ci si cominci a porre dei...perchè.

La sala degli specchi era gremita di gente di tutte le casate, la nobiltà si sprecava; pizzi, merletti, ventagli piumati, parrucche all'orlo della decenza, la "creme" era ivi riunita, come sempre, per glorificarsi e darsi una riprova della loro sontuosità.
Come se ce ne fosse stato bisogno...
Restif si avvicinò al suo padrone; sbucò da dietro un cardinale grasso e panciuto...e già ubriaco.
<< ..Signore!, signore! >>
<< Contegno, Restif, per quante volte te lo dovrò ancora ripetere? >>
Gli parlava senza guardarlo; continuava a scrutare l'intera fauna presente nella grande sala con gli occhi di un giaguaro che punta la preda. Si sarebbe quasi detto che fosse in procinto di spiccare il balzo...
<< ..Ella è un militare! E' veramente un milit.. >>
<< Questo l'avevo già intuito, Restif, vedo che la tua presenza al mio fianco si fa sempre più superflua, giorno dopo giorno. >>
Il servo deglutì.

La festa fu esattamente, inoppugnabilmente, superbamente uguale a tutte le altre già tenutesi alla reggia.
Noiosa.
Oscar controllava i suoi uomini.
Il servizio d'ordine agiva a bacchetta ad ogni suo cenno, pronto, deciso. Pareva quasi che ai soldati piacesse essere comandati da una donna e lei si chiese se non fosse realmente così.
Le capitava più volte di riconoscere certi sguardi, certi mezzi sorrisi fra la sua guarnigione, anche se nessuno si azzardava a fare alcun commento.
Ma lei sapeva cosa volevano dire. Lo intuiva. In fondo era una donna.
Sorrisetti di mezzi uomini poco dotati, a cui proprio non andava di essere "messi sotto" da una femmina..
Un nobile era andato a sbattere contro la sua spalla facendole interrompere il corso di quei pensieri.

***

<< ..Mio caro amico..! Quale immenso piacere rivedervi!! >> il marchese de Montaye aveva visto il conte de Mercy e gli stava andando incontro, giulivo.
Teneva nella sinistra un calice colmo di vino, e con l'altra spandeva nell'aria gli effluvi profumati provenienti dal fazzoletto ricamato che stringeva fra le dita.
Il volto pareva scavato nel burro, gli occhi quasi inesistenti, soprattutto quando sorrideva ebete...cioè sempre.
<< ..Caro amico, come state? >> de Mercy fingeva un tono amichevole da far spavento, ma il pollo ci cascò come una mosca in una ragnatela.
<< Oh, bene bene, carissimo. L'ultima volta che ci eravamo visti non fu...? >> si interruppe per vedere se se ne ricordasse.
<<  ..Sì, ricordo - annuì de Mercy, accennado un sorriso di superiorità -; ci incontrammo alla residenza dei marchesi de Flaubertenne...ciiirca, ....fatemi pensare...un mese fa, può essere?>>
L'altro annuì e lasciò che continuasse.
<< ..fu quella sera - riprese - che facemmo quell'allegra seduta spiritica, dico bene? >>
<< ..Mph...Sì! Ih, ih... >> cominciò a bofonchiare de Montaye.
<< Sì, si, ora rammento alla perfezione...! Fu quando la cara cara madame la marchesa de Flaubertenne ci informò di essere posseduta da Afrodite e con quella scus..pardon, quella ragione prese "ad amare" tutti gli astanti, uomini e donne che fossero. ..Sì, devo dire che ricordo con un certo piacere misto a nostalgia quella serata... >> i due si guardarono per un attimo negli occhi, seri, per poi scoppiarsi a ridere in faccia reciprocamente.
<< Avete più avuto notizie di quell'amabile nobildonna? >> gli chiese de Mercy.
<< Le ultime voci erano che fosse divenuta l'amante del re>>
De Mercy lo fissò per un attimo, interrogativo; si sporse quindi verso di lui, serio. Si comportava come se l'altro si fosse messo a parlare in un'altra lingua.
<< ..Scusate, caro amico...- gli disse il conte -...mamamama,... ho capito bene ciò che avete detto o..? >>
L'altro si strinse nelle spalle e sbuffò. << ..Che volete che vi dica; queste sono le voci che ho raccolto...La gente è questo che dice...poi, se trattasi di verità o fandonia solo il buon fato può dirlo...si sa... >>
<< Dite...ma..stiamo parlando dello "stesso" re? >>
L'altro lo fissò, stupito; dalla sua prossima domanda de Mercy potè catalogare per sempre e in modo preciso il livello intellettivo del suo interlocutore.
<< ..P-Perchè, amico mio, in Francia abbiamo più di un re? >>
Il suo tono, reso improvvisamente così serio e grave, lasciava ben poco alla speranza di trovare ancora un poco di ragione in quella calotta cranica, il cui allegro possessore, ora, pensò bene di trangugiarsi l'intero contenuto alcolico del calice che reggeva.
La notizia di avere più di un re l'aveva sconvolto...
De Mercy gli sospirò in faccia, socchiudendo gli occhi; gli pareva di fare quattro chiacchere con una capra vestita da uomo.
<< ..Dicevo, caro amico...- gli spiegò - che "questo" re non mi sembra poi tanto "adatto" ad avere delle favorite. >>
<< Aaaaahhhhhhhh..............!!!!!, questo intendevate..! Adesso capisco... >> sospirò de Montaye.
<< Per quanto concerne le voci che sono giunte alla mia persona, il nostro amato re ama occuparsi unicamente di serrature. Infila e sfila chiavi tutto il giorno, prova e riprova a far scattare grilletti di tutte le misure fino allo sfinimento. Si può proprio dire un uomo che abbia un interesse, non trovate? >> sorrise ironico de Mercy.
<< Beh, se proprio posso dirla tutta, caro amico mio, mi sa tanto che anche voi ed io abbiamo lo stesso interesse...! >> replicò l'altro.
<< Beh, sì, lo ammetto, anche se...come dire...ecco, le serrature che mi interessano si possono dire "alquanto" differenti dalle sue, e sicuramente più divertenti da aprire. >> concluse annuendo de Mercy.
<< Voi siete un vero intenditore di serrature, caro conte! >> convenne l'altro
<< Oh, non lodatemi, amico mio. Ad ogni serratura la sua chiave...e per mia fortuna, posseggo un pass-par-tout... >>
Il marchese de Montaye quasi si soffocò dal ridere, a quella battuta mentre de Mercy preferì non tergiversare oltre e cambiò discorso.
<< Sentite piuttosto, caro de Montaye...mi sapete dire qualcosa su quella incredibile visione vestita da uomo, che se ne stà ritta ritta in piedi in quell'angolo da tempo ormai immemore?>>
E gliela indicò.
L'altro, asciugandosi col fazzoletto profumato le copiose lacrime dovute al pianto, mise ben a fuoco la vista e la riconobbe subito.
<< Oh, ma certo, conte... Si tratta di Oscar Francois de Jarjayes, figlia..pardon "figlio" del più famoso generale de Jarjayes, sapete? >>
<< "Figlio"? >>
<< Eh, sì, è una triste storia, sapete... E' stata cresciuta come un maschio fin da piccina piccina, ed ora come tale si comporta - finse di assumere un'aria mesta e triste - mi sono sempre chiesto se una persona cresciuta in un modo così bieco poi divenga lesbica, puttana o suora...>> ..la finezza era il suo forte.
de Mercy si strinse nelle spalle.
<< L'unica è tentare. >> gli disse, e si diresse di nuovo verso di lei lasciando l'amico lì, a pochi passi da una delle tante vetrate della sala degli specchi.

Oscar sbuffò quando vide ancora quello spregevole individuo di poco prima, dirigersi verso di lei.
<< Permettete? Conte de Mercy, per servirla, madamigella. >>
<< Siete tornato per scusarvi, conte? >> gli chiese; il tono era fermo, militare.
<< Anche, ma soprattutto per invitarvi a ballare. >>
<< ..?!  ..Sapete che ciò è impossile. Non sono qui per.. >>
Non la lasciò finire. Le si avvicinò ancor più, in un modo che non si confà ad un nobile che, soprattutto, vuole anche adescare una probabile vittima. Le disse, suadente e spudoratamente:
<< Ci verreste a letto con me? >>
Oscar lo fissò.
Non arrossì.
Non si schiarì la gola.
Non strinse i pugni.
Non lo decapitò con un sol fendente di spada (ne sarebbe stata capace).
Gli rispose, invece. Il tono era calmo, tranquillo, come se parlasse di armi o tattiche militari.
<< L'unico modo per cui voi possiate vedermi in prossimità del vostro letto, conte, sarebbe per rendevi l'estremo saluto, dopo che vi fosse stata impartita l'estrema unzione. Allora sì, è probabile che a quel punto potreste anche vedermi, al vostro capezzale. >>
<< Beh...è già un inizio. Direi che...beh, ecco, cheee...stiamo cominciando a trovarci reciprocamente simpatici, non trovate? >>
<< Se voi dite, conte... >>
<< ... >>
Spiazzato. Messo in un angolo. Zittito. Non sapeva più come definirsi, il povero conte de Mercy.
Mai nessuna nobildonna di Parigi, Versailles e dintorni si era neppur lontanamente sognata di rispondergli in tal modo.
E quella donna/uomo non ci aveva pensato due volte.
Non sapeva se odiarla, se amarla, se ammirarla...già, perchè meritava anche una certa ammirazione il modo scaltro e veloce con cui l'aveva liquidato. Bisognava ammetterlo.

Il marchese de Montaye stava ancora lì, ritto in equilibrio assai instabile in attesa del ritorno dell'amico nobile.
L'alcol oramai aveva pervaso a tal punto le sue vene che faticava a riconoscere quasi tutti i suoi conoscenti più cari, collezionando nell'ultima mezz'ora una oscena sequela di brutte figure con almeno un terzo della nobiltà parigina.
Era un triste figuro, ma ancor più triste era la figura che certe dame facevano pur di ingraziarselo. Non tutti i nobili che erano lì a corte navigavano nell'oro, come lui del resto....
De Mercy fu di nuovo da lui. Era alquanto imbronciato e pensieroso.
<< ..Ehm, dite, conte, com'è andata? >> provoò a domandare de Montaye.
De Mercy stava per rispondergli quando, con la coda dell'occhio, vide attraverso una delle grandi vetrate la figura inconfondibile di Restif, il suo attendente, che inseguiva una cameriera per i giardini della reggia.
Sospirò, tornando a volgere lo sguardo sull'altro.
<< ..Sapete una cosa, caro amico? >>
<< Dite >>
<< La voglio. >>
<< Oooohhhhh.............. >> enorme fu lo stupore sul volto burroso del nobile. Osava forse troppo il suo amico? Era il caso di avvertirlo?
<< Che c'è, de Montaye? Vi vedo "assai" stupito. >>
<< Eh? Eh..nno, è che, vedete, conte...il fatto è che, capite anche voi, i de Jarjayes, una così nobile e nota famiglia...una questione importante e delicata come la figlia, cresciuta come un maschio, il generale poi...tutte cose, queste, che mi paiono troppo ostacolatrici a dispetto del vostro disegno. Non trovate? >>
Il conte agitò stancamente entrambe le mani per aria, come fossero uccellini stanchi.
<< Parole, de Montaye, solo parole. Le vostre sono solo parole campate in aria e che in aria resteranno, credetemi. Io la voglio, e la avrò. >>
<< ... >>
<< Piuttosto, aiutatemi. >>
<< C-Chi, i-io? >
<< Sì. >>
<< Io? >>questa volta de Montaye si indicò col dito indice il petto.
<< Sì, voi. Sto forse parlando con altri? Parlo con voi, no? >>
<< B-Beh, ssì, parlate con me ma.. >>
<< Bene, è deciso. Quella donna, questa notte, sarà MIA. >>
<< ... >>
<< ..E non mi guardate in quel modo, de Montaye. Neanche vedeste il fantasma di vostra madre! >>
<< Ma la cara madre è ancora al mondo, conte... >>
<< L'ho vista l'altro giorno, era più di là che di qua...suvvia, andiamo. >> gli fece cenno di seguirlo.
<< ... >>

***

Erano le tre di notte e la festa era finita.
Molti nobili erano ubriachi; qualcuno ancora sobrio era riuscito a "sistemare" la moglie per quella notte con qualche altro personaggio di lignaggio più in alto, così, giusto per assicurarsi quel contratto il mattino dopo o più semplicemente per far arrivare un bel sacchetto di luigi in più a casa.  Mantenere un titolo costava, eccome se costava...e in tutti i sensi. Non era poi tutto rose e fiori il modo di vivere dei ricchi, checchè ne pensasse il popolo che, comunque, peggio di loro stava sicuramente. Ognuno ha le sue croci, come si suol dire...chi più grandi chi più piccole.
Le carrozze, diligentemente, lasciavano lo spiazzo prospicente la reggia una in fila all'altra; chissà quanti e quali discorsi dietro a quelle tendine...pettegolezzi, odii, rancori mal sopiti, voglie, amori...qualche vettura, forse, era già divenuta luogo adatto per un connubio d'amore, forse d'interesse, ma pur sempre un connubio era.
Il conte de Mercy e il marchese de Montaye, accompagnati dai loro attendenti Restif e Julien, attendevano chini dietro ad un lungo cespuglio sulla sinistra della piazzetta da dove stavano partendo le carrozze.
<< La festa dev'essere finita, mio signore. >> lo informò Julien e de Montaye annuì grave col capo. Ma subito dopo gli partì un rutto ancestrale che avrebbe potuto destare un cavallo.
<< SSSSSSSSHHHHHHHHHHHHH!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!, FATE SILENZIO, MON DIEU!!!!! Ma siete pazzo o cosa?! >>
<< ..Ehm, scusate, mio caro amico de Mercy - mormorò ancora ansimando il de Montaye -, ma sapete, tutto quel vino...lo stomaco mi si lamenta un poco... >>
De Mercy alzò gli occhi al cielo. <<"un poco", un poco gli si lamenta... Se gli si lamentava mai del tutto, mi crollava tutta la reggia coi regnanti dentro... >>
<< Oh, no, no, non sia mai, caro amico. Io qui chiedo al cielo tutto, di vegliare sui nostri beneamati sovrani e di far sì che abbiano luuunga vita e possano morire della più dooolce morte possibile, quella nel sonno della vecchiaia...ecco. >> era completamente, irreparabilmente ubriaco fradicio. Il tanfo di vino appestava tutto il cespuglio, gli altri tre compresi.
<< ..Sì, sì, certo, lunga vita al re, certo- tagliò corto de Mercy agitando una mano in aria -...ora però, dobbiamo calcolare bene i tempi. Fra quanto uscirà la MIA madamigella? >>
Prese la parola Restif: << Per dove dobbiamo andare, e visto che le prime carrozze sono già partite, e pensando che gli vogliamo fare una sorpresa e quindi arrivare prima... >>
<< ..Restif. >>
<< Sì, signore? >>
<< Hai bevuto? >>
<< ... >>
<< Restif. >>
<< Sì, signore? >>
<< Perchè non mi rispondi? >>
<< P-Perchè, s-signore, cosa g-glielo fa pensare? >>
<< Il tuo alito, Restif. Arriva fino a qua. >>
<< ... >>
<< Restif. >>
<< Sì, signore? >>
<< Sei un cojon. >>
<< Sì, signore. >>
<< Lo sai di esserlo, vero Restif? >>
<< Sì, signore, ne sono co-convinto, ecco. >>
<< ..Bene, ora, Restif, spero che tu non mi dica che saremmo già dovuti partire e che quindi siamo in ritardo perchè altrimenti... >>
<< ..a-altrimenti, mio signore? >>
<< ..ti faccio frustare, Restif. Anzi, ti frusto io stesso. >>
<< Ah... >>
<< Un ultima cosa, Restif. >>
<< Sì, signore? >>
<< Noi - indicò se stesso e poi gli altri -, "non vogliamo" farle una sorpresa presentandoci là. E' chiaro? Non è una festa. Io - e indicò nuovamente se stesso col dito - Me la voglio fare, e basta. Va bene? Hai capito, stavolta? >>
<< Sì, signore. >>
<< Mh, bene. Speriamo che sia la volta buona. >> detto ciò, tornò ad osservare le prime carrozze che stavano partendo.
<< ..S-Signore? >> lo chiamò Restif.
<< Mh? Che vuoi ancora? >> tornò a guardarlo.
<< Il signore voleva sapere quando ci conveniva partire, signore? >>
<< Sì. Allora? >>
<< ..Almeno qualche tempo prima delle prime carrozze, signore. Di sicuro. >> annuì, convinto di aver appena detto una cosa intelligente.
Il conte de Mercy tacque per qualche istante, mentre a tre metri da lui l'attendente Julien aiutava il suo padrone a rimettere tutti gli alcolici tracannati per tutta quella sera, fino a fargli creare un discreto rivoletto che corse giù giù, fino ad una stradina lì vicina.
<< Restif. >>
<< Sì, signore? >>
<< Io ti brucio. >>
<< ... >>

***

Oscar stava aiutando la madre a salire sulla carrozza.
<< Ecco, salite, madre. >>
<< Grazie, Oscar. >>
Salì anch'ella, posizionandosi al fianco della madre.
<< Sembri stanca, Oscar. >>
<< Il termine più giusto sarebbe "annoiata", madre. >>
Sorrise <<..Sì, ti capisco, Oscar; queste feste sono tutte uguali. Stessi volti, stessi rancori negli occhi di ognuno...E' solo una gara a farsi vedere in mezzo agli altri anche stavolta e, chissà, magari anche alla prossima. >>
Oscar annuì.
Non voleva ammetterlo ma stava letteralmente crollando dal sonno. Le palpebre erano pesanti, scendevano da sole ad oscurarle la vista. Le labbra prendevano a schiudersi da sole, senza un suo ordine, segno che anche i muscoli facciali stavano cedendo all'abbraccio di Morfeo.
La carrozza partì.
Oscar si chiese se sarebbe riuscita a rimanere sveglia per tutto il tragitto fino a casa.

***

Residenza della famiglia Jarjayes.

<< ..E' questa? >> il conte Mercy era fradicio di sudore. Aveva cavalcato, assieme agli altri, come un pazzo scatenato per la campagna circostante riuscendo nell'impresa. Neanche un corriere postale avrebbe corso così velocemente, si lodava col marchese de Montaye.
Quello, dal canto suo, gli ricordava ogni due minuti che i quattro cavalli li aveva pagati lui, ed attendeva un rimborso il giorno dopo.
Restif e Julien parevano due morti viventi; sguardo allucinato, sfarfugliavano mezze frasi senza senso, ormai inghiottiti dal sonno.
Il culmine si ebbe quando Restif, sorridente come un cerebroleso, apostrofò il "collega" Julien con un alquanto enigmatico "la mia bella cavalla".
Nessuno osò chiedergli ragione di tale affermazione, sperando fermamente (anche per il povero Restif) che si trattasse solo di un eufemismo...
<< Sì, è questa, è la residenza dei Jarjayes. >> annuì il marchese de Montaye.
<< Bene, andiamo. >> fece de Mercy.
Cominciò a dirigersi verso un muro di cinta (il cancello era ovviamente chiuso) e fece segno al servitore di aiutarlo nell'impresa. << Devo scavalcare, Restif, aiutami. >>
<< Sì, signore. >>
<< Ricordatevi la scommessa, amico mio. >> gli disse l'altro nobile, toccandosi una tasca della giacca. Avevano scommesso una certa quantità di luigi sulla buona (o cattiva) riuscita dell'impresa.
Il conte avrebbe dovuto riportare con sè un indumento della "vittima", il più intimo possibile, come prova. Il marchese arrivò a promettergli il doppio della cifra per qualche pelo pubico, così, "per ricordo".
Veramente quello che si può dire un animo nobile...
Restif si inginocchiò dunque, unendo le mani a scodella e lasciando che il suo padrone vi mettesse sopra un piede.
<< Bene, Restif, alè! Hop! >>
Il servo lo sollevò con tutte le sue forze, catapultando il povero conte fin oltre il muro di cinta.
I tre rimasti al di qua della barriera udirono un tonfo sordo; era il conte che era atterrato.
Restif sorrise gongolante agli altri due, grattandosi un'ascella;
<< ..E' già di là il mio padrone, eh...E' un grande, lui... >>

***

La carrozza di Oscar imboccò il cancello d'entrata di palazzo Jarjayes con qualche scossone, che la fece ridestare immediatamente.
Si stiracchiò pesantemente  e si girò subito in direzione della madre che dormiva anch'essa. Neanche quegli scossoni erano serviti a destarla.
Oscar le sorrise.
<< ..Siamo a casa, madre. >> le disse, toccandole leggermente un braccio.
La vettura si fermò davanti all'ingresso principale della villa.
La servitù, rimasta alzata fino a quell'ora, sbrigava automaticamente le azioni del caso, dalla sbrigliatura dei cavalli alla rimessa della vettura, mentre Oscar e la madre si incamminavano verso le scale interne della costruzione.
<< A domattina, cara. >>
<< Buona notte, madre. >>
Rimase ad osservare madame de Jarjayes incamminarsi verso le sue stanze, assicurandosi che tutto fosse a posto e stette a guardarla finchè la porta che si richiuse alle spalle non ne oscurò la vista.
Sbadigliando a più riprese, si diresse verso la sua camera massaggiandosi le reni dolenti. Non vedeva l'ora di togliersi gli stivali...
Ancora per le scale, aveva preso a sbottonarsi la giubba bottone dopo bottone.
Ogni asola liberata era un pò di respiro in più; poteva sentire il calore del suo corpo, del suo petto, attraverso la camicia sottostante, uscire da sotto quella divisa aperta pian piano.
"Aria...il mio corpo vuole stare un pò all'aria...", si disse.
Arrivò alla propria stanza. Aprì la porta.
Entrò e la richiuse.
Buttò la giubba per terra, sulla destra. Mancò in pieno la sedia sulla quale la riponeva ogni sera.
Non le importò assolutamente nulla. Era stanca, troppo stanca.
Ripose anche la spada in quel punto; provò ad appoggiarla contro il muro ma quella cadde a terra, sulla divisa.
Si sedette sul suo letto, assaporandone la sofficità.
Si tolse prima lo stivale destro. Poi il sinistro. Stava per sistemarli uno di fianco all'altro al loro solito posto...poi invece li gettò per terra, come abbandonati.
"Basta ordine, voglio solo dormire e riposare..."
Si buttò all'indietro sul letto, sprofondandoci dentro.
Stiracchiò tutto il corpo, sbadigliò ancora, e..
Un rumore.
Trasalì.
Saltò giù dal letto come una pantera, raggiunse la spada e la sguainò.
I suoi sensi mezzi addormentati ma sempre vigili, come un militare doveva avere, le dicevano di guardare in direzione della finestra.
Era chiusa.
Si avvicinò.
Un altro rumore.
Fece uno scatto indietro.
Ora niente...
Si riavvicinò. Si stava tormentando il labbro inferiore coi denti.
..Ora!
Si gettò sulla finestra, afferrò la maniglia e la girò completamente, liberando le due ante vetrate.
Ora la finestra era completamente aperta. Più luce lunare poteva così entrare nella stanza. Tutto era più chiaro, più nitido.
Fuori dalla finestra poteva scorgere l'albero, la campagna là dietro e una porzione di cielo stellato.
Ancora un rumore.
Fece un passo indietro. La spada era già puntata in quella direzione. Che fosse un ladro?
D'improvviso una mano comparve sul bordo sottostante del balcone; anche la sua compagna si presentò alla sua vista.
Tempo pochi istanti, e una figura si erse da sotto il balconcino della finestra di camera sua. Era un uomo, la figura lo evidenziava, e pure vestito bene.
Un nobile.
I lustrini e le paillettes che adornavano le sue nobili vesti riflettevano la luce della luna.
Con un balzo fu nella sua stanza, e in meno di un secondo capì che la punta di una spada gli stava premendo contro al mento.
<< Fatevi riconoscere, signore. >> il tono non era minaccioso. Di più.
<< ..E-Ehm, m-ma non ri-ricordate, cara fanciulla, mia amata? S-Sono i-io, il c-conte de Mercy.
Oscar sgranò gli occhi. Era furiosa.
<< VOI?! Qui?! Qui in CASA MIA?! >>
<< ..P-Pensavo c-che, ma-ma-magari si poteva...chesssò, "bere qualcosa insieme"? Ecco... >>
Fu un istante.
Un solo, brevissimo, istante.
Un colpo flessuoso di spada.
Una diagonale dall'alto al basso, dalla sinistra verso la destra.
La giacca ben lavorata del nobile si squarciò aprendosi in diagonale, e così la camicia sottostante.....ed anche i primi strati di pelle di quest'ultimo, che prese a grondare sangue dal petto come una fontana della reggia.
Era senza parole, allibito, sconvolto.
Ma cosa faceva più orrore al "povero" de Mercy? La ferita, che comunque si sarebbe rimarginata, o l'essere stato respinto, e questa volta nel più grande e scenografico degli stili?
Oscar si rimise in posa d'attacco e gli puntò l'arma nuovamente al mento.
<< ..vattene, verme. O ti uccido. >>
<< ..M-Madamigella O-Oscar...I-Io.. >>
<< ..sparisci. >>
<< ..V-Voi..S-Siete la mia prima sconfitta...madamigella... >>
<< Voi invece siete la sconfitta "regina" per il vostro sesso, monsieur e ora vi ho detto di sparire o veramente vi infilzo come uno spedo!>>
Il conte, gemendo come un infante, indietreggiò di tre passi e, giratosi di scatto, fece un balzo fuori dalla finestra lanciandosi in direzione del grande albero da cui si era arrampicato. Il contatto forte, improvviso della corteccia di quest'ultimo con la sua ferita aperta sul petto lo fece gridare; per sua fortuna solo Oscar lo udì.
Scese in fretta e furia da quella possente pianta, correndo come un pazzo fino al muro di cinta; una volta lì, trovato il punto ove poco prima s'era preparato un serie di gradini con dei pezzi di tronco destinati ai camini, salì alla bell'e meglio e si buttò dall'altra parte con una foga tale che pareva fuggire dalle spire dell'inferno stesso.
Oscar era ancora affacciata alla sua finestra.
Fissava il vuoto, ora. Il cielo stellato. Lo scuro della notte che pareva avvolgerla tutta.
Si girò per andare di nuovo a distendersi, e solo allora si accorse che le stavano tremando le gambe. Cercò allora di calmarle, di calmarsi. Ma senza risultato.
Buttò la spada in un angolo della stanza, lei sempre così ordinata e meticolosa, e andò a gettarsi nel suo letto.
Prese le lenzuola e si avvolse tutta, completamente, anche la testa. Si rannicchiò come un porcospino che si senta in pericolo, e lì attese Morfeo che la andasse a prendere anche quella notte.....

Buona notte, Oscar, dormi bene.
 

                                                                                                                                                                        Marco

 
 

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