Solo Uno
9° parte
 
 

Alcune ore più tardi, quando la tempesta si era ormai  placata, il mare si era ritirato, la sabbia si era nuovamente posata, e solo i segni delle onde e l’odore dell’aria rivelavano ciò che era successo in quel luogo, due figure si dirigevano verso una piccola casa, isolata, vicino al mare, dove due donne e un uomo aspettavano.
Andrè camminava lentamente, tenendo tra le braccia Oscar, addormentata e avvolta in una coperta. Era felice. Incredibilmente, inevitabilmente, indissolubilmente felice. Solo poche ore prima aveva rischiato di perdere tutto. Sarebbe bastato un secondo di ritardo per rendere tutto privo di senso. Sarebbe impazzito, lo sapeva. Ma ora…ora…ora stringeva tra le braccia quel corpo tanto amato, un lieve fardello che avrebbe volentieri portato per l’eternità. O più semplicemente, fino a quando l’avesse deposta sul suo letto.
Era incredibile quanto fosse leggera, pensava. Le braccia che aveva, istintivamente, passato attorno al suo collo, erano quanto mai esili, benché l’uso della spada le avesse sviluppate e rafforzate. Il volto era sottile, smagrito, gli occhi sottolineati da larghe occhiaie…chissà da quanto tempo non dormiva decentemente. Si fermò un attimo per depositarle un bacio sulla fronte. Lei mosse leggermente la testa, il suo respiro si modificò impercettibilmente, la presa delle braccia cambiò…lui si bloccò, trattenendo il respiro, temendo che si stesse svegliando. Ma lei ricrollò sulla sua spalla, e lui tornò a rilassarsi. Sorrise.
- Dormi, Oscar, dormi ancora. Dormi, amor mio, ne hai bisogno. - sussurrò tra i suoi capelli, prima di riprendere il suo cammino.

Oscar si risvegliò, alcune ore dopo. Si svegliò, ma non si trovava dove lei avrebbe creduto. Invece di un letto di alghe, di una coperta vecchia e logora, un fuoco acceso e le braccia del suo uomo attorno a sé, percepì di essere su un materasso, fra le lenzuola, nella sua stanza. Tutto pareva come prima, come se non fosse successo niente su quella spiaggia, in quella grotta… Credette di aver sognato, l’ennesimo, beffardo sogno che si prendeva gioco di lei e del suo dolore. Si girò dall’altra parte.
- O Andrè! - chiamò, angosciata, pronta a piangere, un’altra volta ancora. Era diventato così facile piangere, ormai!
- È di sotto, madama. Sta spiegando la situazione ad Alain e Rosalie. - le giunse invece una risposta, dalla voce di Fabrice. Oscar si rialzò a mezzo, guardandolo, con l’incredulità di mille motivi stampata sul viso. Accettare quello che lui le diceva era così dolce, ma così pericoloso… trascorsero alcuni minuti mentre in lei combattevano speranza e rassegnazione, desiderio e timore. E quando finalmente riuscì ad accettare la sua presenza lì, e a convincersi che non era un sogno quel che aveva vissuto, ma una nuova, meravigliosa realtà, un sorriso si disegnò sul suo viso, lentamente, ancora titubante a lasciar calare nuovamente le sue barriere.
- Non ho sognato…- sussurrò, mentre gli occhi le brillavano. - Non ho sognato! - ripeté, a voce più alta, ributtandosi indietro, ricadendo sul cuscino, mentre rideva di felicità. Fabrice scivolò giù dalla sedia su cui era appollaiato.
- Vado a chiamarlo, madama. Mi hanno raccomandato di farlo, non appena vi foste svegliata. - scappò via, correndo verso le scale. Oscar rimase immobile, ancora sorridente, respirando affannata per il riso. Da quanto tempo non rideva più! Da quanto tempo aveva dimenticato com’era ridere! Si rotolò nel letto, felice. La sua mente le presentava mille immagini gioiose, tante che non riusciva a seguirle.
Sentì i passi di Fabrice che tornavano, veloci. Poco dopo la porta si spalancò, per far posto al ragazzo, ansimante, per aver fatto tutto il tragitto di corsa, e ridente, perché finalmente la vedeva ridere, per niente turbato dal tarlo della gelosia. Lo sapeva, l’aveva sempre saputo, che Oscar era solo per Andrè, e non aveva mai desiderato altro per lei e per lui e per se stesso.
- Sta arrivando, madama. O meglio, stanno arrivando tutti quanti.
- Va bene Fabrice. Grazie per avermi avvisato. Credo sia meglio che mi alzi.
Scostò le coperte, cercando di piegare le gambe. Si fermò di botto, stupita dal dolore che le aveva attanagliato le cosce. Dovette muoversi lentamente, stringendo le labbra per il dolore. Doveva aver sforzato molto i muscoli, per provare un dolore simile. Era molto tempo, ormai, che non le capitava più… all’incirca da quando suo padre aveva deciso di rallentare i suoi allenamenti, giudicandola sufficientemente preparata. Le venne da ridere. E così, ecco che anche lei si sentiva indolenzita dopo un’attività troppo intensa…il suo corpo ritrovava la sua voce, tornava a protestare, a ribellarsi a ciò che non gli andava, e lei doveva ammettere di aver sbagliato, di aver sfruttato troppo le sue risorse. Tornava, finalmente, ad essere una persona di carne e sangue, non una bambola inanimata.
E rise, in effetti, rise in faccia a un attonito Fabrice.
- Sai, Fabrice, le gambe mi fanno un male tremendo! - gli disse, raddoppiando le sue risate, al notare la sua espressione.
- Questo vi fa piacere, madama? - le chiese lui, sempre più perplesso.
- Sì Fabrice, sì, mi fa piacere. Mi fa sentire…come dire…viva! E non sai quanto sia bello questo.
La porta si aprì in quel momento. Oscar non ebbe il tempo di vedere chi entrava, sentì solo le braccia di Andrè che la stringevano, le labbra di lui tra i suoi capelli.
- Buongiorno, dormigliona. Cominciavo a credere che non ti saresti più svegliata.
Lei restituì l’abbraccio, ridendo.
- Sfiduciato! Ti ho mai fatto uno scherzo del genere?
Andrè non rispose, le si scostò leggermente, sedendosi sui talloni davanti a lei.
- Come ti senti?
- Un po’ indolenzita, e terribilmente affamata.
- Già, lo so. Ma non si può pretendere che i contrabbandieri pensino a tutto, quando preparano i loro rifugi nelle grotte, no?- scoppiò a ridere, si alzò e le tese le braccia.  - Avanti, vieni con me, prima di tutto ti porto a cena.
Le afferrò le mani, la tirò in piedi. Lei si lasciò sfuggire un gemito di dolore.
- Ce la fai a camminare? - le chiese
- Non lo so. Credo di sì. - mosse qualche passo. Il dolore ai muscoli era terribile, si sentiva un pezzo di legno. Andrè la guardava, lo sguardo serio, intento. Non rideva più, ora: era troppo impegnato a sostenere e aiutare la sua donna, a verificare che non rischiasse di cadere e farsi male. Se fosse stato per lui, l’avrebbe sollevata fra le braccia e trasportata così, ma sapeva fin troppo bene che era importante che si muovesse, o il dolore non sarebbe mai passato.
Oscar lo guardò, sorrise.
- Non sarò molto veloce, ma se mi lasci appoggiare a te, credo che riuscirò a camminare.
Lui annuì, sorrise, le diede il braccio.
- Avanti, vecchietta, faremo in modo di procurarti un bastone.
- Certo! Magnifica idea! In effetti, temo di essere un po’ fuori allenamento, potrebbe essere un ottimo sostitutivo della spada, no? - rispose lei, con tono innocente, come quando si scambiavano battute e frecciate, da ragazzi. Sembrava che il tempo fosse tornato indietro, riportandoli giovani e spensierati..
Alain non l’aveva mai vista così. In quel mese e mezzo, non aveva mai riso, mai fatto una battuta. Oscar gli passò davanti, si fermò a guardarlo.
- Alain, su con la vita! Non è mica morto nessuno!
E a Rosalie, in lacrime accanto a lui:
- Rosalie, avanti, basta lacrime! Va tutto bene!
- Sì, sì, madamigella Oscar, ho…ho finito di piangere. Ora smetto, sì, ora smetto. Sapete, sono tanto felice! - rispose lei, raddoppiando i suoi singhiozzi e le sue lacrime. Oscar rise, passò oltre, sempre appoggiata e aggrappata ad Andrè.
Nel soggiorno, li aspettava Sabina. Non disse niente, quando si voltò al loro ingresso, ma si scostò appena, lasciando vedere il tavolo apparecchiato. Oscar si sedette pesantemente, lasciandosi cadere sulla sedia: le sue ginocchia non si reggevano flesse. Andrè si sedette accanto a lei.
- Gli altri avevano già mangiato prima che arrivassimo. Manchiamo solo noi.
- Allora mangiamo, no? Ho una fame da lupi.
Lui la servì, sorridendo, e mangiò con lei, guardandola sorridere. Oscar sorrise molto da quel giorno, in compagnia di Andrè.
 

 

Fine 9° parte

                                                                                                                                Illy
 
 

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