Nota dell'autrice: Lo ammetto. Fin da quando ho iniziato a scrivere “Solo uno”, l’avevo pensato come un racconto a più finali, ma essi sono rimasti a lungo a livello meramente ipotetico. In seguito, ispirata (o meglio istigata) da altre menti, che ho intenzione di ringraziare in seguito, cominciai, a delineare prima e a scrivere poi, questo finale. Esso è dedicato ai più realisti, coloro che hanno giudicato Fabrice e Sabrina pazzeschi, fuori dal mondo, troppo irreali per trovar posto in una fanfiction su Berubara. Insomma, questo finale è per tutti voi che volete restare con i piedi relativamente per terra, ma anche a un’altra categoria di persone, che non vi rivelerò, ma che di certo individuerete leggendo.
Arriviamo alla storia. Oscar è ormai ufficialmente impazzita, i sui soldati, profondamente addolorati, sono riusciti a convincerla a trasferirsi al mare con Rosalie e uno di loro, sperando che lontano dalla città, riesca a guarire dai suoi molteplici mali. La scelta del suo accompagnatore ricade naturalmente su Alain, il più degno di fiducia agli occhi di tutti. Come la sua parallela, dunque, questa parte si apre in riva al mare, ma…con qualche differenza. Buona lettura!
 
 Solo Uno
7° parte (bis)
 
 

Di tanto in tanto, Oscar si svegliava convinta di essere una brava cuoca. Si alzava all’alba e iniziava a cucinare qualsiasi cosa le capitasse sottomano, sconvolgendo l’ordine che Rosalie tentava di mantenere in cucina.
La prima volta che era successo, Alain e Rosalie erano stati svegliati dall’odore di bruciato, ed erano corsi giù, temendo che stesse andando a fuoco la casa. Invece avevano trovato lei, in cucina, indaffarata tra pentole e fornelli, con un grembiule annodato sopra i pantaloni e i barattoli di spezie aperti tutt’intorno a lei. Erano rimasti a bocca aperta per qualche secondo, prima che Rosalie corresse a togliere una pentola dal fuoco, per evitare che si rovinasse completamente. Si era voltata per esaminare anche le altre, ma Oscar l’aveva aggredita.
- Maledizione, Rosalie, cosa diavolo stai facendo?
- Ma…monsieur Oscar…sta bruciando tutto…
- Ma cosa stai dicendo? – aveva iniziato a urlare lei – Sta cocendo, capisci? Cocendo, non bruciando! È uno stracotto, gli stracotti cuociono a lungo. Cuociono, capito? Cuociono, non bruciano! Credi forse che io non sappia riconoscere quando una pietanza sta bruciando? Allora? Avanti, parla! Parla!
Quel giorno, Rosalie ringraziò mille volte di aver avuto modo di frequentare Versailles, e di aver imparato le sue regole di comportamento. Non avrebbe mai superato quel momento, altrimenti.
- No, no monsieur, non penso questo. Scusatemi, ho agito d’impulso, e ho sbagliato. Non volevo offendervi. – fece una pausa, per osservare il volto ancora corrucciato di Oscar. Buttò – Volete che lo rimetta sul fuoco, Monsieur?
- No, lascia stare. Ormai è rovinato. – rispose lei, ancora sdegnata, ma un po’ rabbonita dalla risposta di Rosalie.
Alain, intanto, si era affrettato a spalancare tutte le finestre, sperando di riuscire a contrastare la diffusione di quella puzza. Ora osservava perplesso le due donne, Rosalie timida e timorosa, rattrappita in se stessa e ansiosa di calmarla, e Oscar, eretta e fiera, corrucciata e silenziosa, incurante degli altri.
Era capitato molte altre volte di vederla così, dopo, in mezzo ai fornelli, indaffarata e soddisfatta di quello che preparava, e ogni volta lo stesso odore svegliava i suoi coinquilini, che aprivano le finestre e la lasciavano fare, anche se consumava le loro già scarse provviste per qualcosa che nessuno di loro mangiava. Una volta giudicato il tutto pronto, infatti, lei lo versava in un piatto e lo portava fuori, lontano, lungo la spiaggia. Lo poggiava per terra, e lasciava che acqua e sabbia riempissero il piatto. Si sedeva per terra, e guardava quel cibo già immangiabile farsi una poltiglia informe, parlava da sola, rivolgendosi al mare chiamandolo Andrè, e chiedergli se era buono il cibo che gli aveva preparato, e rispondendo che sì, era sicura che gli piaceva, gli era sempre piaciuto quello che gli cucinava lei, quando decidevano di fuggire per qualche giorno, e sparivano da casa insieme… e continuava così per ore, finché non si faceva notte, e a volte anche dopo, restando a parlare al buio, confondendo la realtà con i suoi desideri. Tutto questo durava alcuni giorni, poi, senza alcun motivo apparente, tornava alla “normalità”, riprendeva le sue passeggiate solitarie e i suoi mutismi, le sue riflessioni personali e le sue reazioni esagerate a ogni tentativo di toccarla. Loro non avevano mai osato parlarle delle sue avventure culinarie, che d’altronde lei mostrava di non ricordare, e si limitavano a sopportare le sue sempre più numerose stranezze, cercando di mantenere un’apparenza di equilibrio nella loro vita. Evitavano di doverla contrariare, o turbare in qualsiasi modo, ma facevano in modo da avvolgerla quasi nella bambagia, così some era sempre stata. E lei continuava a passeggiare da sola, a svegliarsi all’alba per cucinare, a evitare qualsiasi tipo di tocco.
A volte si rinchiudeva in camera sua, e rifiutava di uscire per qualsiasi motivo. Potevano sentirla, allora, piangere e lamentarsi, e quelle erano le occasioni in cui più temevano per lei, perché la sentivano imprecare contro se stessa, dichiararsi indegna di vivere, accusarsi della morte di Andrè.
Ciò non era così nuovo come essi pensavano, erano pensieri che covava dal quel giorno, erano gli stessi pensieri che i suoi soldati avevano intuito e che li avevano fatti decidere a seguirla sempre. Ma allora erano solo supposizioni, mentre adesso erano fatti, certezze, che  li spaventavano perché non lasciavano spazio a speranze, e che avevano rafforzato in Alain l’abitudine a seguirla. Solo che adesso non aveva nessuno con cui dividere l’incombenza, e non era l’unica occupazione cui dovesse dedicarsi.
Era stato una coincidenza fortunata che si fosse trovato nei paraggi, nell’episodio con Marc.

Una sola cosa non cambiava mai, pur con tutti i suoi mutamenti d’umore: il suo rifiuto di mangiare. Avevano tentato di convincerla, ma tutti i loro stratagemmi non avevano sortito alcun effetto. Da principio, Oscar si era limitata a un abbozzo di sorriso, l’espressione più allegra che fosse ormai possibile tirarle fuori, e una scrollata di spalle. Quando loro avevano insistito, si era dimostrata prima perplessa, poi sempre più seccata, finché non aveva iniziato a disertare i pasti, senza che loro potessero appigliarsi ad alcunché per farla tornare sulla sua decisione. Lei non dava motivazioni, non rispondeva alle loro domande, ai loro discorsi, rimanendo muta e composta come una statua, e loro temevano, insistendo e andando più in profondità, di turbarla e scatenare un’altra delle sue reazioni. Ed era una cosa che avevano deciso di evitare.
E restavano così, impotenti di fronte alla sua pazzia, incapaci di capirla, timorosi di sapere da che lato prenderla. Avrebbero dovuto imparare in poche settimane ciò che Andrè aveva imparato in una vita, avrebbero dovuto rischiare, sbagliare, e imparare dall’errore, e di  nuovo rischiare, con costanza. Ma il tempo era volato via, senza lasciar scampo e speranza, se n’era andato portandosi sempre più via la salute di Oscar, prendendola senza battaglia, come un dono di commiato.
Oscar voleva andarsene assieme al tempo, e loro non potevano impedirlo. E questo li spaventava.

 

[continua]

                                                                                                                                Illy
 
 

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