Nota dell'autrice. I personaggi naturalmente non mi appartengono, ma sono felice di averli potuti prendere in prestito per potere dare sfogo alla mia fantasia.
Ringrazio con tutto il cuore Alex e Monica, due amiche speciali ed insostituibili che, come sempre, mi hanno incoraggiato, aiutato e sostenuto nei miei “bricolage mentali”.
Grazie ragazze!
Ed un grazie speciale anche a chi leggerà questo racconto. E poi dicono che non esistono più persone coraggiose.  ^_^;
 
Solo
2° parte
 
 
 Aveva sperato che in quei tre giorni di congedo forzato potessero avere l’occasione di stare insieme come una volta, quando stare davanti al fuoco del camino con un buon bicchiere di vino in mano, anche in silenzio, era la fonte di una gioia che purtroppo non era stata in grado di riconoscere.
Se solo durante quei giorni le avesse dato un’occasione, forse sarebbero riusciti a ricominciare tutto da capo.
Con uno dei suoi sguardi gentili, forse sarebbe riuscito a darle il coraggio di dirgli tutte quelle parole che era stata capace di sussurrargli solo quando era incosciente.
In tre giorni non le aveva dato neanche un’occasione.
Sembrava volesse evitarla di proposito.
Non voleva crederci, André si allontanava da lei.
Era probabile che la ritenesse responsabile di ciò che gli era successo, non lo si poteva biasimare, o forse, e questo le faceva ancora più male, si era stufato di attendere il suo perdono per quel bacio rubato.
Non che in effetti avesse più molto da perdonargli.
Sai André, anche io ti ho rubato un bacio, quella sera, su quella carrozza fatiscente, macchiata del nostro sangue, anche io l’ho fatto. Sapevo che non era giusto, ti ho baciato in un momento in cui non avevi la possibilità né di ricambiarlo, né di rifiutarlo. Ma non ho potuto resistere, qualcosa dentro di me ha annullato ogni barlume di ragione, attirandomi verso le tua labbra.
Quelle labbra così calde e morbide.(1) 
 

Aveva rimuginato per tutta la notte, tutto il rancore che avrebbe dovuto sentire in più di trent’anni di vita, ma che la sua indole fino a quel momento gli aveva impedito di provare, aveva finito per accumularsi tutto in una volta, trasformandosi in una meteora infuocata pronta a scagliarsi contro il resto del mondo.
L’André sorridente, gentile e disponibile aveva lasciato lo spazio ad un André duro, solitario,indisponente.
Si era rinchiuso in volontario mutismo.
A palazzo Jarjayes non era più tornato, neanche per fare visita a sua nonna ed escluse le ore in cui doveva condividere i turni di guardia con gli altri soldati, utilizzava ogni espediente per evitare qualsiasi contatto umano.
Alcuni soldati, incuriositi dal cambiamento, facevano scommesse su chi sarebbe stato il prossimo ad avere “l’onore” di udire la sua voce.
Altri, preoccupati, facevano vani tentativi per recuperare il vecchio amico che sembrava essersi perduto chissà dove.
André si sentiva infastidito da tutto questo, non aveva intenzione di dare spiegazioni a nessuno e spesso andava a rifugiarsi in una piccola torretta dell’ala nord della caserma, gli ricordava molto la torre di Palazzo Jarjayes  su cui saliva, fin da piccolo, per stare solo con se stesso e riflettere.
Gli faceva ancora male il viso, gli era anche toccato subire lo sfogo di Alain.
Lui era certamente il più caparbio fra tutti i soldati, non era ancora riuscito a, come diceva lui, “digerire il nuovo André” e così, all’ultimo turno di guardia insieme, aveva subito l’ennesimo inutile interrogatorio.
“André, insomma, questa situazione è assurda! Mi vuoi spiegare che diavolo ti prende?”
“Nulla”
La risposta di sempre, aveva veramente superato il limite della sua sopportazione. Alain non era certo famoso per la pazienza e alterato dalla solita inutile risposta gli aveva elargito un dritto in pieno volto.
Senza battere ciglio André si era asciugato il labbro dal sangue, poi, dopo avergli risposto con uno sguardo vuoto, era tornato alla sua postazione.
“André, non sono affari miei, ma credimi, questa non è una soluzione, così danneggi solo te stesso.”
“Meglio da se stessi che da altri” fu la risposta conclusiva di André.
“Va al diavolo André! Fa come ti pare! Ma lasciati dire una cosa, se continui così finirai per perdere tutto, anche il tuo amore impossibile ed allora sarà troppo tardi.”
Taci Alain! Tu non puoi capire. Cosa può perdere uno come me che in vita non ha mai avuto niente. Basta. Non  voglio più sentire, non voglio più ascoltare.Taci Alain. Taci. Taci Oscar. Cosa stai tentando di dirmi. Cosa mi stanno urlando i tuoi occhi.  Non riesco più a sentirti. Il mio cuore grida  troppo forte. Taci. Taci amore.

***

Eccoti lì. Ti stai allenando con gli altri nella piazza d’armi. Ti guardo da lontano, di nascosto. Non posso fare altro. Ho provato ad avvicinarmi a te. Ma è stato come inseguire un’ombra. Quando pensi di averla raggiunta è già lontano. Quando credi di afferrarla ti svanisce fra le mani. Cosa ti è successo André,non ti riconosco più. Chi è quello sconosciuto che indossa il tuo volto? Non ricordo più l’ultima volta che hai pronunciato il mio nome. Lo hai dimenticato?Perdonami André. Perdonami perché non te lo lascerò dimenticare. Perdonami perché userò il mio potere per costringerti a guardarmi. Perdonami perché ti costringerò a guardare il mio cuore. Perdonami André, solo questo, perdonami.

“Colonnello D’Agout”
“Comandi!”
“Fate venire il soldato Grandier nel mio ufficio.”
“Subito Comandante!”

Perché vuoi vedermi?Questa volta non è come mio superiore che hai chiesto di me. Lo so, ad avermi chiamato, sei stata semplicemente tu, Oscar. Cosa vuoi dirmi? Non c’è più nulla da dire. Perché vuoi torturarmi ancora? Ti prego Oscar lasciami solo, non era ciò che volevi?

***

Stanno bussando. E’ lui, riconosco il suo tocco. So cosa voglio dirti André, ma non so come farlo. Una volta era semplice fra noi, quando di parole quasi non c’era bisogno. Ora ogni parola deve essere misurata, soppesata e anche così sembra essere sempre quella sbagliata. Ma devo tentare. Coraggio Oscar.
“Avanti.”
“Soldato Grandier agli ordini Comandante.”
Aveva pronunciato queste parole con una voce afona, fermo sugli attenti davanti alla porta, rigido e inanimato, simile ad un soldatino di piombo.
André, perché guardi lontano? (2) 
“Ti prego…André ho bisogno di parlarti, ma non così. Vieni, sediamoci così potremo farlo con calma.”
“Posso ascoltare anche così Comandante.”
Ma come siamo arrivati a questo? Perché mi parli così, non lo avevi mai fatto. Fatti forza Oscar, non devi arrenderti.
“D’accordo, come vuoi. André io… sto cercando di capire, ma è così difficile. Sei diverso, io davvero, non capisco… ti sei isolato, allontanato da tutto, soprattutto da me. Cosa ti sta succedendo?”
“Mi si rimprovera qualche mancanza nei miei doveri?”
“André accidenti, sai bene che non mi riferisco a questo. Non fingere di non capire.”
Calmati Oscar, non così, peggiori la situazione.
 “Perché mi eviti André?”
Sapevo che questo momento sarebbe arrivato Oscar. Mi dispiace, ma le ferite che ci faremo oggi non potremo più rimarginarle. Forse in fondo era inevitabile, ma è così triste, a che serve?
“Non sono io a fingere di non capire. Semmai è il contrario. Mi hai chiaramente detto tempo fa di non avere più bisogno di me, di andarmene per la mia strada. Non ti servivo più, per te ero diventato come un abito usurato e inutile. Non faccio che obbedire ai tuoi ordini… come sempre del resto. Di cosa ti lamenti ora?”
“Quindi è solo per vendetta, solo per vendicarti, per le sofferenze che ti ho inflitto, che ora ti comporti così. Non ti credevo capace di essere tanto crudele André. Hai sempre detto di conoscermi, ma la verità è che non mi conosci affatto. Cosa ne sai di ciò che ho sofferto, hai mai veramente pensato a ciò che ho provato dentro di me. Di quanto mi sia sentita sola, sempre e comunque. Vivo una vita da uomo che non mi dovrebbe appartenere, e pur essendo una donna…”
lo stupore negli occhi di André la costrinse un attimo al silenzio. Era la prima volta dopo tanto tempo, che ammetteva apertamente di essere una donna, questo aveva meravigliato André, ma non quanto se stessa.
“…neanche la vita da donna mi appartiene. Vivo fra uomini e donne senza essere né uno né l’altra. Un essere ermafrodita che non potrà mai essere compreso e accettato da nessuno.”
“Nessuno, e questo che sono sempre stato per te, nessuno?!?”
André si sentiva furioso, ma come era possibile che dopo tutto ciò che li aveva uniti e che amaramente li aveva divisi per tutta la vita, Oscar non fosse ancora riuscita a capire, a capirlo.
“Rispondimi Oscar! E’ questo che sono per te?”
“…”
“Hai sempre sbagliato tutto Oscar e non te ne rendi neanche conto. Io ho sempre conosciuto le tue sofferenze, le ho sempre condivise con te. Ho dedicato tutta la mia vita a placare la tua solitudine. Ma eri troppo presa da te stessa per vederlo. L’unica differenza ora, è che per la prima volta sei stata capace di esprimermi a parole tutto ciò che ho sempre letto nei tuoi occhi. Ma tu, tu invece non hai mai visto la mia di solitudine. Ho sempre vissuto fra i nobili, ma nessuno di loro mi ha mai considerato più che un soprammobile, perché nobile non lo sono. Sono un figlio del popolo, ma neanche la gente del popolo mi accetta,  perché mi sentono troppo vicino a quei nobili che odiano tanto. Vivo da sempre sospeso fra due mondi. E fra questi due mondi, vivo solo. Ma questo tu non lo hai mai voluto vedere, mi hai sempre dato per scontato e non lo accetto più. Anche il cuore di un uomo si può spezzare Oscar.”
Quelle parole di sfogo gli uscirono dalla bocca come lo straripare di un fiume in piena.
Senza aspettare repliche da Oscar, convinto che non ci fosse più molto da dire, se ne andò, tornando a quella solitudine che sembrava essere sempre più, l’unica soluzione ad una sofferenza che non era più capace di sopportare.
 

(1) Mi scuso per avere rubato questa frase a Riyoko Ikeda, ma mi piaceva tanto
(2) Anche questa citazione è stata presa in prestito dal manga. Non so spiegare i motivi, ma è una frase che mi ha particolarmente colpito.
 

 
Fine 2° parte
 

                                                                                                                                    Rose
 

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