Nota dell'autrice. I personaggi naturalmente non mi appartengono, ma sono felice di averli potuti prendere in prestito per potere dare sfogo alla mia fantasia.
Ringrazio con tutto il cuore Alex e Monica, due amiche speciali ed insostituibili che, come sempre, mi hanno incoraggiato, aiutato e sostenuto nei miei “bricolage mentali”.
Grazie ragazze!
Ed un grazie speciale anche a chi leggerà questo racconto. E poi dicono che non esistono più persone coraggiose.  ^_^;
 
Solo
1° parte
 
 
 Ecco, glielo aveva detto, il suo Fersen si era messo in salvo, ora avrebbe potuto dormire tranquilla.
Di certo non avrebbe perso il sonno per lui. Non si era neanche presa pena di chiedergli come stava. Gli aveva solo offerto della cioccolata.
Ma cosa le passava per la testa….
Significava forse che, dopo aver saputo Fersen in salvo, era disposta a perdonargli i rischi che aveva corso il bel conte a causa sua?
Di certo non lo aveva chiesto lui, anzi, in quel momento aveva quasi intravisto, in quella corda che lo attendeva, una soluzione alle sue sofferenze, una pace che non aveva mai conosciuto.
Ma ancora una volta era arrivato quel maledetto svedese ad infrangere i suoi sogni.  Cosa fosse successo dopo non lo ricordava; rimasto solo davanti a quel patibolo improvvisato, malridotto com’era, aveva finito per perdere i sensi e quando si era risvegliato si trovava nella sua stanza, tutto fasciato e solo.
Non sapeva chi lo avesse soccorso e portato a casa, di certo non Oscar e se anche fosse stata lei, lo avrebbe fatto unicamente per senso del dovere.
In quel caso sarebbe stato meglio che lo avesse lasciato tramortito in quel vicolo, preda degli avvoltoi che lo avevano ridotto in quello stato. Si sentiva così in collera con lei.
Certo una volta l’aveva aggredita e ferita nell’animo, e si era maledetto mille volte per questo.
Ma era successo una volta sola.
Uno sfogo nato in preda all’alcool e alla disperazione, ora scontava duramente la pena per quell’unico errore; una pena severa che non era più tanto convinto di meritare.
Così fra i dolori, non solo del corpo, aveva passato quella notte insonne.
Per tutta la mattina aveva preferito rimanere chiuso nella sua stanza, non si sentiva abbastanza forte da sopportare lo sguardo glaciale che Oscar gli riservava ormai da tempo.
Scese solo per l’ora di pranzo.
Per fortuna il generale non sarebbe partito prima di sera, così avrebbe mangiato con il resto della servitù, evitando per la prima volta in vita sua, di proposito, la compagnia di Oscar.
Avvicinandosi alle cucine non poté evitare di sentire i commenti malevoli di alcuni servitori provenire dall’altra stanza.
“Hai visto, lo hanno conciato di nuovo per le feste”
“Si, dicono che lo abbiano quasi impiccato, credendolo un nobile.”
“Ha avuto ciò che si meritava, sarà la volta buona che smette di darsi tante arie.”
“Lui, con le sue arie da damerino, chi si crede di essere. Sono stufo di vedere scodinzolare le nostre donne al suo passaggio Si è dimenticato di essere solo un servo come noi?”
“Zitti, arriva qualcuno, se ci sente Marron Glaces ci lascerà a stomaco vuoto”

Anche loro.
Anche loro lo sbeffeggiavano, lo umiliavano, lo mettevano da parte come una cosa inutile.
Proprio come facevano gli altri soldati in caserma.
Proprio come faceva Oscar.
Tornò indietro verso la sua stanza.
Non se la sentiva proprio di mangiare in mezzo a quella gente che lo odiava tanto. Odiarlo per cosa poi? Non aveva fatto loro nessun torto.
Si era sempre reso conto delle attenzioni che gli venivano riservate dalle donne che abitavano il palazzo, ma non le aveva mai cercate.
Neanche lo interessavano.
Ragazze carine, a volte anche intelligenti, ma nessuna di loro poteva confrontarsi con Oscar in bellezza e sagacia.
Almeno ai suoi occhi.
Solo per questo lo odiavano? O forse perché, per guadagnarsi da vivere, non passava le giornate nei campi?
Ma non aveva mai dimostrato di essere  un buono a nulla e non si era mai tirato indietro davanti ai lavori pesanti, anzi, dopo avere passato giornate interminabili a Versailles con Oscar, quando per gli altri era ora di riposo, lui si sfiniva strigliando i cavalli, riassettando le stalle, alla manutenzione delle carrozze.
Ma allora dove trovavano motivo di tanto rancore ?
Un altro pomeriggio chiuso da solo dentro quelle quattro mura e come unico conforto alla solitudine, l’abbraccio di un cuscino che da sempre conosceva le sue lacrime. Rise amaramente di se, forse anche lui scapperebbe da me se solo avesse le gambe.

***

Le faceva ancora male dappertutto, la testa poi le pulsava in maniera insopportabile. A quel feroce mal di testa si era aggiunto anche il dovere sopportare a pranzo gli inutili sproloqui del padre.
Sapeva anche lei di quanto insostenibile fosse ormai la situazione a Parigi, ma le opinioni del Generale erano assurde.
Bisognava fare qualcosa perché le cose cambiassero, non certo “schiacciarli come insetti” come sosteneva lui.
Erano esseri umani, affamati e disperati.
Non li si poteva biasimare per l’odio che ormai nutrivano per i nobili che fame e miseria non l’avevano mai conosciute, anche se lei ed André non meritavano di sicuro un trattamento simile.
André…
Chissà come si sentiva.
 Era dalla sera prima che non lo vedeva ed anche in quella occasione non aveva potuto parlargli molto. Si era congedato da lei quasi subito.
Gli aveva offerto della cioccolata, una scusa puerile per fargli capire che voleva rimanesse con lei.
Nello stesso momento in  cui aveva visto quelle figure minacciose portarlo via da lei, aveva capito fino a che punto fosse importante per lei, quanto avesse bisogno della sua presenza, della sua vicinanza, in ogni singolo momento della sua vita.
Anche quando fu lei stessa a dichiarare il contrario. Nella parte più profonda di sé, quella parte di cui neanche lei era a conoscenza, sapeva che neanche quello avrebbe potuto separarli. Nulla. Tranne quelle ombre.
Ma lui non doveva avere capito, o forse infondo stava troppo male, ed era andato via.
Chissà perché non aveva cercato di vederla, neanche un momento, per tutto il giorno.
Un altro crampo al ventre… “accidenti, ci mancava anche questa, proprio oggi..”
Purtroppo anche il suo corpo, coerente del resto, aveva una puntualità militaresca, presentandole ogni mese il conto, sgradevole prezzo, dell’essere donna.
Sentì bussare alla porta. “...finalmente, André!”
Con un entusiasmo quasi infantile, balzò fuori dal letto “Entra André!”
“Oscar, sono io, ti disturbo?”
“Nonna. No, certo, entra pure.”
Con i dolori amplificati dalla delusione, si rannicchiò di nuovo sul letto in posizione fetale.
Alla vecchia governante faceva sempre tanta tenerezza quando la vedeva così, le sembrava tornata bambina e avrebbe voluto stringerla forte per consolarla.
Si accontentò di sedersi sul letto al suo fianco.
“Bambina mia, ti senti tanto male? Da vieni giù a mangiare, è già pronto. Vedrai che con qualcosa di caldo nello stomaco ti sentirai un po’ meglio. Ti ho preparato i tuoi piatti preferiti.”
“Ti ringrazio nonna, ma proprio non me la sento, non mi reggo in piedi.”
“Come vuoi, riposati allora, domani ti preparerò una colazione abbondante così ti rifarai. Avvertirò André che stai male e che dovrà mangiare solo per questa sera. Buonanotte  Oscar”.
“Nonna aspetta…”
“Dimmi”
“Senti, per favore, non dire ad André che io, si insomma…” un rossore diffuso le dipinse il volto.
“Certo, non ti preoccupare, cercherò di inventare qualche scusa”

Arrivata nella stanza del nipote, lo trovò in una posizione simile a quella di Oscar, stretto al cuscino, come a difendersi da qualcuno o qualcosa.
“André, André. Su svegliati pigrone è ora di cena.”
“Nonna…ma è già sera?”
“Che idea mettersi a dormire in pieno giorno. Dai che si fredda tutto.”
“Oscar…?”
“Ecco veramente…Oscar preferisce non cenare. Sai… si insomma…”
“Non ti preoccupare, ho capito, non c’è bisogno di continuare. Perdonami nonna ma non ho voglia di mangiare nemmeno io.”
“Stai scherzando vero? Allora cosa mi sono messa a fare sui fornelli. Dai muoviti a scendere.”
“Nonna, mi spiace averti fatto faticare per nulla. Ma non sono più un bambino. Ti prego, lasciami solo ora.”
La nonna conosceva fin troppo bene suo nipote,  sapeva che quelle rare volte in cui André usava quel tono deciso con lei, non c’era modo di fargli cambiare idea.
Razza di testone, vorrei tanto sapere da chi ha preso.
Non le rimase che tornare al suo lavoro, non senza risparmiargli qualche brontolio incomprensibile.

Oscar perché mi fai questo. Anche tu. Mi eviti. E’ a questo che siamo arrivati. Non lo avrei mai creduto possibile. Avevo sperato che fossi riuscita a perdonarmi, o quanto meno a dimenticare. Solo ora mi rendo conto che era solo il mio ennesimo sogno ad occhi aperti. Oscar ma perché? Credi davvero che lo meriti. Credi davvero che sia giusto cancellare vent’anni di affetto e dedizione a causa di un unico errore? Vuoi davvero escludermi totalmente dalla tua vita? Attenta Oscar, attenta a ciò che desideri, perché potresti ottenerlo! Mi vuoi solo, così come i soldati in caserma. Così come tutti qui a palazzo. Ma non mi lascerò più umiliare così. D’ora in poi rimarrò solo, d’accordo, ma sarà per mia decisione (1)!
 

(1) Lo so, un comportamento di questo tipo non si addice ad André, ma per una volta gliela possiamo concedere anche a lui una incavolatura, no? ^_^
 

Fine 1° parte
 

                                                                                                                                    Rose
 

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