Il giorno che t'ho incontrato
~ parte 4 ~
 
Mattina.
Il trillo della sveglia la destò dal sonno turbato che per tutta la notte l’aveva accompagnata .
Si mise a sedere sul letto, con i capelli spettinati e si rese conto solo allora, mettendosi una mano sulla testa, che era andata a dormire con ancora le forcine nella capigliatura.
Si alzò traballante e, per prima cosa, si guardò allo specchio. L’immagine che si rifletteva la spaventò.
“Oddio…” mormorò sconsolata, massaggiandosi vigorosamente le guance.  “Sei proprio messa male, ragazza mia…” si disse.
Per una frazione di secondo pensò di dare buca a Victor...ma poi si diede della stupida; farsi fregare così nei sentimenti da una persona che conosceva appena e che, da quanto aveva potuto constatare, sarebbe stato un “mostro d’orgoglio”.
Quello che ci voleva per lei, non era certo uno come Victor, capace solo di prendere il suo cuore e ridurlo a brandelli. Pierre, molte volte, le aveva chiesto di uscire con lui, ma lei aveva sempre rifiutato, perché…
”perché sei un’imbecille, ecco perché!” si sorprese a dire, come se i suoi pensieri fossero diventati improvvisamente tangibili.
A quell’ora sarebbe già dovuta essere pronta per andare in negozio e invece era ancora lì, intenta a telefonare a Robert, il suo principale, per raccontargli qualche balla.
“Pronto? Robert? Sono Elsie, si, no non sto affatto bene stamattina, non ce la faccio a venire in negozio. Si, chiama Bette, si, certo, scusami, ciao, a domani, ciao..”.
Fatto. Con uno sbuffo, mise giù la cornetta. Si sentiva una merda adesso.
Robert Duvall era da considerarsi tutto meno che un “principale”. Un ottimo amico, un parente quasi, anzi sicuramente di più. Aveva a cuore tutte le sue dipendenti, le considerava un po’ come fossero le sue figlie. Quando accadeva qualcosa a qualcuna di loro, era il primo a darsi da fare per dare una mano, come quella volta che Marie e suo marito erano stati sfrattati. Si era impegnato a trovare loro una sistemazione provvisoria, finendo addirittura per ospitarli in casa sua per un breve periodo.
Elsie pensò che un giorno o l’altro avrebbe detto la verità a Robert, non si meritava una bugia, in nessun caso.
Aprì la doccia e si mise sotto il getto d’acqua, sperando che le desse un po’ di sollievo.

“Elsie, stamattina non vai al lavoro?” chiese sua madre.
“No mamma, stamattina devo…devo…devo andare in centro per Robert, sai, una commissione..” rispose evasiva. Un’altra bugia…
“Capisco, torni a pranzo?”
“Non credo, anzi, no”
“Tieni il cellulare acceso cara”
“Certo, mamma non ti preoccupare”
Baciò la madre e uscì di casa.
La sua scassatissima Panda 1000 l’ aspettava fuori dal portone.
La mia Carolina non mi abbandona mai! Alla faccia di tutte le Puma del mondo!
Pensò con un sorriso, mentre toglieva dal tergicristallo le foglie morte degli alberi, che erano cadute durante la notte.
Mise in moto. Carolina le rispose prontamente. Ingranò la prima e partì.
Chissà, un presentimento forse, ma preferì non prendere la superstrada solita, ma imboccò la statale. Dopo pochi minuti sentì un rumore strano provenire dal motore.
“Carolina, tesoro, vai bella dai…”
Ancora qualche metro e stop. Macchina spenta e tutte le spie accese, sembrava un albero di Natale.
“Come non detto…” disse Elsie scendendo dalla macchina e sbuffando.
Provò ad alzare il cofano a vedere se ci capiva qualcosa, ma lei e i motori erano esattamente agli opposti.
Guardò l’ora e si rese conto che cominciava già ad essere tardi. Victor la stava sicuramente già aspettando al museo civico e lei non aveva neppure modo di avvisarlo, dato che non si erano scambiati neanche il numero di cellulare.
“Oh al diavolo! Chi se ne frega!” disse Elsie, cominciando a fare il numero del suo meccanico.
Si sedette e aspettò pazientemente che arrivasse il signor Armand, il meccanico di fiducia di suo padre. Passati dieci minuti, vide spuntare il furgone.
“Signorina Elsie, che succede?” le domandò l’ometto scendendo dal carro attrezzi
“Oh Armand, buongiorno” salutò cordialmente “ che vuole che le dica: si è fermata e non ne vuol sapere di ripartire!”
“Eh …io l’avevo avvertita, deve cambiarla questa macchina, è vecchia! Ormai l’abbiamo rattoppata dappertutto, adesso l’agganciamo e vediamo di trasportarla..” ma Elsie non lo ascoltava più.
Una Puma si era fermata a fianco a loro.
“Ciao!” la salutò Victor

“Eh..questa si che sarebbe una macchinina per lei, signorina!” diceva intanto il buon Armand osservando la macchina di Victor parcheggiata a bordo strada.
 “Victor, che ci fai qui?” gli domandò Elsie
“Non ti vedevo arrivare e volevo venire a vedere a casa se era tutto ok. E poi non avevo neppure il tuo numero di cellulare”
“Già..” riuscì solo a dire lei squadrandolo da capo a piedi, come se fosse un marziano.
Quella mattina era bello da mozzare il fiato. Pantaloni e camicia di jeans e capelli sciolti sulle spalle.
“Signorina, vada pure col suo amico, la prendo io la macchina e la porto in officina”
“Come? Ah, grazie Armand…grazie….”, non riusciva a staccare gli occhi da dosso a Victor, era come se fosse prigioniera di quello sguardo blu e magnetico.
“Mi sa che comunque il museo è già chiuso” disse allora il ragazzo aprendole la portiera.
“Chiude a mezzogiorno” si limitò a dire lei.
“Allora siamo fregati, mancano solo 10 minuti..” rispose lui, mettendo in moto, la macchina partì sgommando.
“Mi dispiace..” riuscì’ ad articolare lei dopo un po’.
“Come?” la musica della radio stereo era piuttosto alta.
“Ho detto che mi dispiace” ripetè alzando la voce lei.
Ma Victor cantava “Don’t you cry tonight, I still love you baby, don’t you cry tonight”(1)
Lei lo guardò stupita. “Mi hai sentito?”
“Si, non ti preoccupare, adesso andiamo a mangiare che ho fame! Ne parliamo dopo” rispose lui per nulla risentito.
 

(1) Per la cronaca: "Dont' Cry" dei Guns 'n' Roses

 
Fine 4° parte

                                                                                                                                         Alex
 
   

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