Il giorno che t'ho incontrato
~ parte 2 ~
 
Gli amici la videro uscire quasi di corsa dal locale.
“Ehi Ariel, và un po’ a vedere che cosa le è successo” disse Pierre
“Eh..., lo so IO che cosa è successo!!” sospirò la ragazza. “E dire che non l’avevo avvisata! Quello non fa per lei!”
“Ma quello chi?” chiese Pierre che, evidentemente, non aveva capito un accidente di cosa era successo.
“Seee buonanotte Pierre, continua pure a sognare, ci vediamo domani!” gli disse di rimando Ariel, facendogli un cenno con la mano e uscendo dal pub di corsa.
“Ma che avete stasera tutti quanti!?” borbottò Pierre, mandando al diavolo la ragazza.
Quando Ariel fu fuori, trovò Elsie nel parcheggio, appoggiata al cofano della macchina, in lacrime.
“Ehi, ehi! Ma è il caso?” le disse prendendola fra le braccia e cercando di consolarla come poteva. Ma l'amica era peggio di una fontana.
“Che stupida che sono!! Stupida stupida stupida!!!!”
“Dai, ma che ti prende? Te li dovresti mangiare i tipi come quello! Elsie, guardami su...” le disse, mettendole un dito sotto il mento e tirandole su il viso.
“Oh....lasciami in pace - disse Elsie, voltandosi dall'altra parte ma, incapace di contenersi, buttò le braccia al collo dell'amica - oddio Ariel!!”
“Dai! Guarda come ti sei ridotta e per di più per uno che non conosci neppure…".
L'amica le stava accarezzando i capelli, cercando di frenare quelle lacrime, quando vide una figura camminare verso di loro. Non fece fatica a capire di chi si trattava:
"ecco, benissimo..ci mancava pure lui adesso…” disse e strinse a sè Elsie, come per proteggerla.
Quest'ultima sollevò lo sguardo dalla spalla dell’amica, dopo aver provveduto ad innaffiarle copiosamente con le lacrime l’abito di velluto nero e si trovò davanti Victor.
“Senti….scusami…io…” balbettò visibilmente dispiaciuto lui.
Il senso protettivo che Ariel aveva su Elsie esplose.
“Ma cosa ti scusi a fare eh?  - gli disse spintonandolo, lei gli arrivava a malapena al petto  - Non ti sembra un po’ tardi?  - gli disse indicandogli l’amica che continuava a tirare su col naso. - Lasciala stare!”
Quest'ultima si fece coraggio.
“..Ariel, ora va meglio, grazie, va pure…”
Ma Ariel era titubante a lasciala ancora da sola con quel tipo.
“Elsie,…”
“Va pure.”, la sua voce era determinata.
Ariel si allontanò, non prima però di aver rivolto a lui uno sguardo omicida.
Falla ancora piangere e sei morto, amico!
Rimasti soli, Elsie non trovava il coraggio di guardare il ragazzo in faccia. Aveva gli occhi fissi sui suoi piedi.
“Elsie io,... vorrei scusarmi con te, sono stato scortese....- sospirò - ... e stronzo” concluse.
Il sentir pronunciare il suo nome da lui, le diede un brivido. Si rese conto che per tutta la serata non l’aveva mai chiamata per nome.
“Direi che stronzo sia il termine più appropriato” gli rispose, tirando su col naso.
“Allora sono stato proprio stronzo”
“Si, e maleducato” sentenziò lei.
“…e anche maleducato” acconsentì lui con un cenno di assenso.
“e..”
“..e tutto quello che vuoi, ti chiedo scusa, veramente...”
Lei lo guardò, con gli occhi ancora pieni di lacrime. Si sorprese nel vedere nel suo sguardo una nota di vero dispiacere e per la prima volta capì che quegli occhi erano anche capaci di mostrare sentimenti positivi e non solo essere sprezzanti e freddi.
Si chiese ancora, per l’ennesima volta in quella sera, che cosa avesse provocato in lui quella freddezza e quel distacco. Ma era acqua passata. Ora era solo felice di poter riprendere a parlare con quel ragazzo che, nonostante tutto, l’affascinava.
“Mi piacerebbe ricominciare tutto d’accapo” disse lui
“Okei” annuì lei, prendendo il fazzoletto che Victor le stava porgendo e soffiandosi il naso.
“Allora rientriamo? Vieni…”la invitò lui, senza aspettare la sua risposta.

Nessuno del gruppo si era accorto della loro assenza, tranne ovviamente Ariel che si premurò immediatamente di sapere come stava la sua amica e di minacciare Victor ancora una volta.
“Sto bene, grazie, ora và" le disse Elsie all'ennesimo "se hai bisogno chiamami"
Ariel sospirò e si rivolse a lui " sentimi bene, amore" lo apostrofò "se vedo solo un'altra lacrima - disse indicando Elsie con lo sguardo - stasera so chi devo menare, ci siamo capiti? E ti assicuro che posso farlo"
Victor la osservò con aria un poco canzonatoria, poi chiuse gli occhi e le fece un inchino.
"State tranquilla mademoiselle, giuro sul mio onore che nessuna lacrima sgorgherà ancora dai suoi occhi per mano mia" disse lui, con un perfetto savoir-a-faire.
Ariel rimase interdetta (e alquanto compiaciuta...era parecchio sensibile a questo genere di linguaggio).
Elsie, vedendo l'amica imbarazzata, concluse "Dai, ora schioda!".
Quando furono tornati al loro posto, lei lo guardò aria molto sorpresa
"Però...non l'avrei mai detto! E chi ti ha insegnato a parlare così?"
"Come?"
"Si, il linguaggio che hai usato prima"
"Ah! Ti confesso un segreto: io sono nobile".
Elsie strabuzzò gli occhi "Ho capito, mi prendi ancora in giro"
"No, è vero! Sono nobile. Il mio nome completo è Victor Clemente de Girodel, la mia è un'antica famiglia francese, pensa che un nostro avo ha combattuto durante la Rivoluzione...poi l'hanno ghigliottinato..." concluse facendo, con la mano sul collo, il tipico segno della testa mozzata.
"E devi portate tutti ‘sti nomi tu?"
"Beh, no. Questo è il mio nome completo. Nella mia famiglia si usa tramandare il nome completo al primogenito se è maschio. Ma adesso ovviamente tutti mi chiamano Victor, Victor Girodel".
"Ma pensa te..- sospirò Elsie - e abiti a Quebec?"
"No, Parigi!"
"Parigi....- sospirò Elsie appoggiando la testa al divanetto e assumendo un'aria sognante - Non ci sono mai stata a Parigi...dev'essere una città stupenda..."
"Si e no...." risposta vaga. E l'ombra di prima si ridipinse nel suo sguardo.
"E i tuoi sono a Parigi adesso?"
"Solo mia madre. Mia sorella Gwendolen dev'essere a Boston per un master in economia, mio fratello Guillaume è in Italia a studiare architettura a Firenze e mio padre...boh! Da qualche parte nel mondo a qualche conferenza medica"
"E' un medico tuo padre?"
"Cardiochirurgo"
"Però!  - disse Elsie - E tu, perchè scienze politiche?"
"Mi ha sempre affascinato l'arte della diplomazia"
"E così anche tuo padre si chiama Victor Cleme..Clem..."
"Clemente -  finì lui. - si, anche lui..." rispose.
"Beh, però perchè hai scelto proprio Quebec? Non mi pare che ci sia una università particolare per una laurea in scienze politiche.." osservò Elsie.
"Lo so, ma volevo allontanarmi da casa in più possibile..., qui c’è mio cugino Pierre e poi posso continuare a parlare francese!"
Elsie comprese che quel senso d'angoscia che attanagliava lo sguardo di Victor aveva a che fare con la sua città natale. Preferì non indagare oltre, era già qualcosa che quella sera lui si fosse sbottonato così tanto con lei.
"Elsie?"
"Eh?"
"Ti va allora?"
"Cosa?"
"Mi chiedevo se domani ti andava di venire con me. Vorrei visitare il museo civico."
"Oh si!  - annuì con determinazione, ma si ricordò subito che invece era il suo turno di aprire il negozio al mattino  - Oddio…no...."
"Altri impegni?"
"Veramente si...in teoria dovrei lavorare..."
"A proposito, io ti ho spifferato tutto di me (o quasi), ma non so niente di te!"
"Che vuoi sapere?"
"Beh, cosa fai, chi sei insomma"
"Una qualunque" - fece spallucce  - "non ho antenati illustri, Parigi l'ho vista solo nei libri e le scienze politche non so neppure cosa siano...". Ma Victor non si accontentava di quello. Con un sospiro Elsie si apprestò a raccontargli tutta la sua piattissima vita
"Ho 23 anni, faccio la parrucchiera, ho un fratello più grande che fa il poliziotto, mia madre è sarta e mio padre è una guardia giurata. Sono nata qui a Quebec e non ho mai messo il naso fuori dal Canada...veramente non ho mai messo il naso fuori dalla contea..." concluse un poco imbarazzata. Effettivamente la sua vita paragonata a quella di lui risultava piattissima e per nulla interessante...
"Beh, c'è sempre tempo" le disse
"Ah si! E ho un gatto che si chiama Tomcat"
"Tomcat?? E che nome è??"
"Veramente è il nome di un aereo militare. L'abbiamo chiamato così perchè l'abbiamo trovato da piccolino in cima ad un albero e per non farsi prendere dal pompiere, si gettò di sotto a corpo morto. Ha fatto una sorta di planazione, un Tomcat insomma"
Victor si mise a ridere e lei lo osservò di sottecchi. Quanto era bello! Peccato che non rideva spesso, anzi, quella era la prima volta che lo vedeva ridere da tutta la sera.
"Tu non hai animali?" chiese lei
"Animali? Uhm..si, qualche cavallo"
"Cavalli????"
"Beh, la tenuta della mia famiglia è piuttosto grande. Si trova vicino Parigi, in un paese che si chiama Meudon, abitiamo lì da secoli.."
"Caaavoli... - disse Elsie sgranando gli occhi - deve essere stupendo...io non sono mai andata a cavallo, a parte i cavallini delle giostre quando ero bambina"
"Beh, non ci vuole tanto, solo un poco di allenamento e soprattutto avere fiducia nell'animale. Poi devi saperci andare, devi seguire il movimento del cavallo, accompagnarlo.."
"Beh, un po' come quando fai ses.. - Elsie si accorse che non era il caso di finire la frase - si, insomma, - tossicchiò - devi prenderci l'abitudine ecco!"
"Più o meno" concluse lui.
Elsie lo osservò mentre si accendeva un'altra sigaretta, si era nuovamente fatto pensieroso; ogni tanto si prendeva quei momenti dove nessuno riusciva ad entrare, si oscurava da tutto e da tutti. Elsie si ricordò che Pierre aveva accennato a "brutti momenti" che Victor aveva passato; chissà di cosa si trattava...
Si decise di fargli la fatidica domanda "Victor...hai..si, insomma, sei impegnato...affettivamente...hai una ragazza..?"
Lui, calmissimo, molto più calmo di quanto lei si fosse aspettata, continuò ad aspirare il fumo e non rispose. Solo dopo aver spento il mozzicone, disse semplicemente "No"
Ma era un "no" detto con un fondo di dolore, di rabbia, come se qualcosa gli impedisse di dire "si", come se non l'avesse voluto dire. Non diede spiegazioni, semplicemente disse "No" ed Elsie lasciò le cose come stavano, non fece ulteriori domande. Capiva però che il cuore di quel ragazzo era occupato, era catturato, era preso da qualcosa o da qualcuno...che lo stava facendo soffrire.
 

Fine 2° parte
 
 

                                                                                                                                        Alex
 

 

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