N.d.A e W. Ringraziamo Mamaka per averci concesso l'uso del suo disegno.
 
Il Colore delle Rose
~ 8° parte ~
 
 

Non servì respirare profondamente né appoggiare le braccia sul tavolo per riacquistare il controllo perduto così facilmente e impedire alle sue mani di tremare. Era uscito di senno, completamente. Non sapeva più chi ringraziare per essersi fermato in tempo. Si era lasciato sopraffare dall’istinto, si era comportato da vero animale, accecato dalla gelosia. Peggio ancora, se avesse avuto lì il conte di Fersen non avrebbe esitato ad ucciderlo. Che cosa aveva detto ad Oscar? Era fuori di sé, confusa, desiderabile come non lo era stata mai. E lui..Vederla, così indifesa e poi perderne la visione, improvvisamente, mentre tutto diveniva scuro, nascosto al suo sguardo e allora gli era cresciuta dentro una rabbia, alimentata dal sapere che erano stati insieme, magari vicini, tentare di soffocare l’ira era stato impossibile. Proprio ora..doveva tornare ora, quel maledetto conte! Il bicchiere di vino venne scagliato con violenza contro il muro. Rigagnoli rossastri scesero lungo la parete bianca, frammenti di vetro si sparsero un poco ovunque. Non vi fece caso. Nulla aveva più senso se perdeva Oscar.
“Mio Dio..Cos’è successo?”
La vocina della cameriera che lo chiamava lo fece voltare di scatto. Era Rosane,  la giovane figlia di una delle anziane cameriere del castello. Non la conosceva molto bene ma il suo volto era talmente fresco e soave da non poter essere dimenticato. Aveva splendidi occhi neri e vivi, lunghi capelli corvini, una pelle bianca e sicuramente vellutata, emanava un dolce profumo di violetta. Indossava una delicata veste color celeste pastello e recava in mano un porta candele con una candela la cui luce pareva irradiasse stelle su quel viso assonnato e impaurito.
“ Signor..André..”
“ Niente.” la fermò lui, distogliendo lo sguardo e riportandolo contro il tavolo. “ Tranquilla, ho solo..rotto un bicchiere.”
Silenzio. Poi udì lei che le diceva: “ Le porto..Avete bisogno di qualcosa?”
“No..”
“ Vi siete fatto male?”
André si girò di scatto a guardarla. “ Perché continui a darmi del voi? Io non sono un signore, sono un semplice servo come te! E non ho bisogno di niente.”
Capì d’essere stato troppo duro quando la vide arrossire sotto la luce fioca della candela e sentì che mormorava un debole “Mi perdoni..” e si allontanava in fretta. Provò rimorso, André, ma non seppe chiederle scusa. Sospirò quando l’esile figura fu scomparsa ai suoi occhi, si passò una mano tra i capelli, angosciato dalla prospettiva di una lunga notte in cui non avrebbe dormito, come tante notti a quella parte. Il pensiero della pelle di Oscar lo avrebbe tenuto sveglio e il desiderio vivo di lei lo avrebbe reso folle e disperato. Un servo.. Era solo un servo…Un servo innamorato e quasi cieco, ma pronto a morire per lei. E non era abbastanza.

Oscar si accorse di avere freddo. Tremava, in tutto il corpo, forse la pioggia presa l’aveva fatta ammalare. Aveva la febbre, n’era sicura. I brividi si alternavano a ondate di calore che rendevano gelida e sudata la sua pelle. Eppure non era la febbre a preoccuparla. André…Fersen…
Abbandonata sul cuscino, fuori dalle coperte, la camicia ancora slacciata, segno di una dolce violenza di cui mai avrebbe immaginato l’intensità, la disperata follia. Così tanto l’amava, André? Quello era il desiderio? Lei, così inesperta in faccende amorose, così convinta di non provare emozioni di sorta, o quegli impulsi che coinvolgono solo gli amanti, le giovani dame, i focosi conquistatori…Non avrebbe voluto che André smettesse. Cos’era diventata? E Fersen…Quando li aveva sorpresi la pioggia si erano rifugiati in quella umida grotta. Aveva avuto freddo e Hans..l’aveva dolcemente attirata sul suo petto caldo, l’aveva baciata, con un’intensità che l’aveva annientata. Nulla a che vedere col bacio che le aveva rubato sulla spiaggia e che aveva subito paragonato a quello di André..Diceva di amarla, Fersen, ma era vero? E soprattutto, alla luce dei nuovi avvenimenti che le avevano sconvolto la vita, lei lo amava ancora? Quello che aveva dovuto essere un periodo di riflessione perché ritrovasse sé stessa, si stava trasformando in un tragico susseguirsi d’eventi che, se non prendeva riparo, le avrebbero stravolto l’esistenza e ogni suo piano. A quel punto, però, non sapeva più cosa fare.

“ Rosane..Rosane, sono io, Gilbert..! Apri la finestra, Rosane..!” La finestra si aprì, ma occorsero parecchi richiami. La ragazza dai capelli scuri e gli occhi grandi e vivi si affacciò ancora assonnata alle prime luci dell’alba.
“Gilbert! Ma che vuoi a quest’ora?”
Gilbert sorrise e si sfregò il naso, decisamente compiaciuto mentre lo sguardo scendeva sulla veste aperta di lei e sui seni non proprio nascosti. Lei intuì dove quegli occhi maliziosi stessero esitando e strinse la veste, assumendo un’aria indispettita. “ Gilbert!”
“ Eh, ma se tu ti presenti così..”
“ E abbassa la voce, che ti sentono!”
“ E che vuoi che m’importi?” la prese in giro lui alzando le spalle “ Tanto se la prenderanno con te, mica con me!”
“ Che razza di amico!” protestò la ragazza mente si guardava furtivamente indietro. Poi, rivolta al giovane: “ Aspettami, mi vesto e scendo.” Sparì e chiuse la finestra. Lui sorrise e appoggiò la schiena al muro, perso nei suoi pensieri, in quelle fantasticherie che suo padre sovente gli rimproverava. Ma cavolo, era giovane, no? E i tempi, beh, quelli stavano cambiando, decisamente. Lui era un contadino, verissimo, ma presto ogni barriera sarebbe stata abbattuta e nobili e servi e contadini e popolani sarebbero stati riuniti sotto un unico nome: repubblica. Ah, se erano vicini, quei tempi! Li si poteva respirare, alberi, fiori, vento, ogni essere vivente pareva gridare una sola parola, libertà. Liberi, uguali, fratelli di Francia. E quel giorno sarebbe potuto arrivare dove ora non avrebbe saputo osare. Lei, che era tutto, da sempre…
“ Eccomi, brutto scocciatore..” Borbottò la ragazza alle sue spalle, facendolo sobbalzare.“ Ti ho spaventato? Ti sta bene..”
“ Ehi, vedi un po’ di calmarti..Sto per metterti tra le braccia del tuo attendente preferito, ti pare poco?”
“Tu?” lo apostrofò lei, scoppiando in una fresca, genuina risata. “ Senti, sarà mio il merito, se riusciremo nel nostro piano!Sono una donna, ci so fare!”
“Una donna? Una mocciosa, vorrai dire! Sono sicuro che André neanche ti vede quando passi!”
Lei sorrise, chinò la testa da un lato e incrociò sul petto le braccia. “ Ah, certo..guarda che a te le cose non vanno tanto meglio, pensi che non lo sappia che pendi dalle labbra di madamigella Oscar?” Lo scimmiottò con voce falsamente dolce. “Guarda, che più miri in alto più ti farai male quando cadi, bello! E comunque la vedo dura, da realizzare, ora che è tornato quel nobile svedese..!”
“Un nobile..?” La interruppe lui, di colpo serio, poi, illuminatosi di colpo: “ Il conte di Fersen? E tu che ne sai? L’ hai visto?”
“ E’ stato qui ieri, cercava madamigella Oscar. Avessi visto che portamento, che occhi..”
“Sì, sì..” tagliò corto Gilbert, seccato. “ Vedo che sei abbastanza volubile, cara la mia piccola Rosane.. già ti sei stancata di André?”
“ Neanche ti ascolto..” ribatté la ragazza. “ Piuttosto, dimmi..come pensi di avvicinarli?”
“Chi?”
“Ma come chi?” saltò su Rosane. “ Madamigella Oscar e André, no? Sveglia, Gilbert!”
“ Tranquilla. A questo ho pensato io,è qui che entri in gioco tu.” Sì, ci avrebbe pensato lui, sarebbe bastato far trovare Oscar al posto giusto nel momento giusto perché capisse quanto André fosse importante e lo era, bastava vederli insieme.    Certo, il ritorno del conte complicava un po’ le cose..ma solo un po’. L’ottimismo della gioventù era dalla sua parte.

Fu presto mattina e Oscar si svegliò consapevole di non essere al meglio. Le poche ore di sonno non erano servite se non ad accentuare il suo mal di testa e anche se era quasi certa di non avere più la febbre, si sentiva indolenzita e stanca. Fuori splendeva il sole e nei suoi ricordi la notte trascorsa a pensare ai baci di André.
Sciocca…Forse era quel posto, sì..Quella spiaggia, l’aria, quei luoghi a renderla debole come mai lo era stata. Fatti forza, si disse rialzandosi, presto tutto questo passerà e tornerai la Oscar di sempre. Servì.
Improvvisamente un senso di benessere la invase e tutto non le parve più così scuro. Iniziò a riflettere. Piegata su sé stessa, il volto appoggiato sulle braccia, le braccia sulle ginocchia, i raggi del sole che ora le irradiavano i capelli. Certo! Ma cose le era capitato? Lei era un soldato! Voleva gettare tutto dalla finestra per un attimo di follia? 
Non avrebbe accettato un minuto di più di tutta quella storia! André non l’avrebbe trascinata verso qualcosa che oltre a non avere un senso non aveva neanche un futuro! E..cosa? Il conte di Fersen scopriva di colpo di amarla? Sciocchezze..! Amava sua maestà, di questo era sicura, e non l’avrebbe di certo dimenticata sposando la prima che le capitava! E poi sposarsi..lei!
Si alzò sospirando, sorridendo all’idea. Era stata già un’impresa farla vestire da donna una volta, figurarsi l’abito da sposa…agghindata da gran dama, coi fiori, le damigelle e tutto il resto! Da far ridere l’intera Francia! Uscì dalla stanza con una carica nuova, il pensiero di ciò che doveva fare e che ora le era chiaro in mente parve rinnovarla. E aveva anche fame! Scartò completamente l’idea che forse solo un problema si frapponeva tra lei e i suoi progetti di libertà: e trovò quel problema in cucina, ad aspettarla. La porta era aperta e lei lo vide immediatamente, di spalle, quelle spalle a cui, in un angolo del suo cuore, desiderava disperatamente aggrapparsi. Di colpo ebbe l’impulso di voltarsi piano ed andarsene senza che la vedesse, allo stesso tempo decise che l’orgoglio le ordinava di affrontarlo come nulla fosse, per convincersi che in fondo non era successo niente. Fu sul punto di parlare ma si arrestò di colpo quando lo sentì mormorare: “ Signore, aiutami…”
Aveva i gomiti appoggiati sul tavolo e la disperazione nella voce. Altri due secondi e si accorse che quelle spalle tremavano e che sul tavolo c’erano un bicchiere vuoto e una bottiglia di vino. Pensò che forse neanche lui aveva dormito bene quella notte e attese sperando che terminasse la sua preghiera, per capire cosa lo affliggesse tanto. Non poteva essere solo lei a farlo stare così, non aveva senso..Ma tacque, André, nessun’altra parola a chiarire ciò che gli passava per la testa da un po’ di tempo. Schiarendosi la voce e accentuando il passo - cosa che aveva appreso da suo padre, faceva sempre così quando la sorprendeva assorta, a concedersi emozioni non proprio consone a un soldato - entrò nella stanza. La divertì un poco la reazione di André. Un salto ed era in piedi, pallido di spavento. Nel movimento urtò il tavolo, la bottiglia vacillò pericolosamente, cadde, scivolò sul ripiano e precipitò a terra. Vino e frammenti di vetro si sparsero sul pavimento, ma nessuno dei due se ne curò. Da parte sua, Oscar gli gettò un’occhiata noncurante e prese una tazza da una delle credenze, decisa a prepararsi un the. André le era già vicino.
“ Lascia..faccio io..” Le disse. Lei lo respinse con lo sguardo fiero che le riconosceva.
“ Guarda che so come si prepara un the!” gli ricordò, aspra. “ Quello che non so..è come si faccia a bere a quest’ora del mattino! Dovresti proprio vergognarti, André!”
Lui serrò le labbra, ritrasse il braccio e stette a guardarla mentre afferrava la teiera appoggiata sul ripiano, sopra al camino acceso. Un grido tagliò il silenzio della cucina e con esso un rumore sordo, la teiera cadeva e i suoi cocci andavano a far compagnia ai vetri. Oscar stringeva la mano nell’altra, un’espressione di dolore dipinta sul volto. André era combattuto tra il tornarsene a sedere e lo stringerla tra le braccia e baciarle ogni centimetro di quella mano. Prevalse l’orgoglio, ce l’aveva anche lui. “ Così impari a fare di testa tua.” Leggere lo stupore negli occhi di lei gli diede un’enorme soddisfazione, ma non servì a mandar via la tristezza e il dolore che teneva dentro. Tornò a sedersi, a guardarla senza parlare mentre si chinava a raccogliere i pezzi della teiera.
…e i pezzi del mio cuore, le chiese mentalmente, quando li raccoglierai, Oscar? E torneranno mai insieme? Guardami, Oscar..Guardami, ti prego…
Lei alzò gli occhi e lo guardò.
“ Domani torno a casa, André.”
Lui deglutì. “ D’accordo. Darò ordine che vengano preparati...”
“ Parto da sola. Volevo che lo sapessi.”
Come aver ricevuto un pugno in pieno stomaco. Avrebbe potuto alzarsi, affrontarla di nuovo, tirarle in faccia la verità. Ripeterle all’infinito che l’amava, l’amava e l’amava..
“ Come vuoi.” disse, la voce rassegnata. Come a dire, ciò che tu vuoi non è ciò che voglio io e quello che pensi di volere, non è ciò che vuoi realmente, questo pareva dirle quello sguardo.
“ Bene.” rispose Oscar, alzandosi. Stava per uscire, André la fermò sulla porta.
“ Sposerai il conte di Fersen?”
Una lacrima solcò il volto della giovane. “ Questi non sono affari tuoi.” Sperò che lui non avesse avvertito l’incrinatura della sua voce. Tirò via quella lacrima con dispetto e fuggì via, lontano da lui. E lui rimase con gli occhi a fissare il pavimento e il vino versato, i pezzi della bottiglia, finché non vide più nulla perché le lacrime glielo impedirono. “ Ti sbagli…Non può esserci affare che m’interessi di più della tua vita.” Nient’altro gl’importava, neanche sapere di stare diventando cieco.

Per due ore, interminabili e colme di pensieri, Oscar aveva cavalcato, percorrendo la spiaggia, senza spiegarsi il perché. Solo un giorno prima era lì con André. Sarebbe riuscita a sfuggirgli? Perché era tanto disperato? Possibile che quell’amore immenso e totale fosse proprio per lei, solo per lei? E una volta che se ne fosse andata..cos’avrebbe fatto? Tentò di scaricare la coscienza riparandosi dietro al fatto che era per lui che lo faceva, forse era veramente così. Aveva sacrificato un occhio, una volta, non aveva dubbi che se ci fosse stato bisogno le avrebbe consegnato la stessa vita. Non poteva permetterlo. Tirò le redini di César e si fermò a guardare il mare. Fersen era di certo tornato a palazzo, o almeno così si augurava.
“ Non preoccuparti, André. Non ho intenzione di sposare nessuno.” Ma il cuore le batteva forte, come le onde contro gli scogli.

“Quello che voglio dimostrare..” com’era bello Gilbert in quel momento.
Rosane, sfuggita ai doveri del castello, sarebbe rimasta a guardarlo per ore. Quando aveva accettato di aiutarlo a provare non ricordava quale ideale, lo aveva fatto solo perché era stato lui a chiederglielo. Certo, anche per André, ma sinceramente il suo era stato un modo come un altro per ingelosirlo. Solo che non era andata proprio così, Gilbert si era infervorato con quella storia, da due giorni non parlava d’altro!
“..E’ che..” fissò gli occhi in quelli di lei. “..siamo tutti uguali. Vedi, se madamigella Oscar scoprisse di amare André, che è un semplice servo..ti immagini, Rosane, lo scandalo?”
Lei sorrise, scosse il capo mentre sistemava un ciuffo ribelle sotto la cuffia da cameriera.
“No?” Le catturò le mani. “ Sai che succederà quando il generale Jarjayes saprà una cosa del genere? Andrà su tutte le furie. Naturalmente i due amanti scapperanno insieme..il re e la regina si opporranno ma noi..noi porteremo la storia a Robespierre. Ne nascerà un caso di portata colossale..ricordi la collana? Beh, qualcosa di più grande..”
“Ehi, mi spaventi!” gli fece eco lei, fissandolo sconcertata. “ Non ti agitare così..”
“ E’ finita l’epoca dei nobili, Rosane…e l’unica speranza che ha Oscar di salvarsi..è passare dalla parte del popolo e so che lo farà..se André sarà al suo fianco.” Spostò lo sguardo avanti a sé. Si era alzato il vento, lei rabbrividì, ma non per il freddo. Gilbert pareva così convinto, così maturo per la sua età! Sapeva metterla in confusione.
“ Io VOGLIO che madamigella Oscar si salvi. Lei è l’unica nobile che io conosca capace di dare la vita per un essere umano..senza che si interessi della sua classe sociale. Mi ha salvato la vita.”
Rosane annuì. “ Sì..è speciale, ma…pensi davvero che…il popolo..”
“ Non ci pensare adesso.” le disse. “ Ora pensiamo…alle rose.”
Lei  lo fissò perplessa.
“ Alle rose?”
Ma lui s’era già alzato, scattando come una lepre, correndo e gridandole di seguirlo. Rosane non seppe se convincersi che quelle del suo ragazzo fossero solo fantasie o aver paura che potessero essere certezze. E le rose? Cosa c’entravano col futuro?
“ Aspettami, Gilbert!” Ma non aspettò. Neanche il vento aspettava, o quel futuro d’incertezza. Nemmeno le rose, che erano già fiorite lì ad Arras!
 

 
Fine 8° parte
 

                                                                                                                                    Laura
 

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