France
3° parte
 
 
 
Il ballo di fine anno decretò la conclusione di quel ciclo di studi.
Non mi ero mai resa conto della popolarità che mi circondava a scuola fino a quel momento: non ci fu ragazzo dell’ultimo anno che non provò a convincermi ad andare al ballo in sua compagnia! Credo che lo stupore si potesse leggere sul mio volto a caratteri cubitali: non avrei mai osato neanche immaginare che tutti quei ragazzi potessero rivolgermi un simile invito!
- Hai carisma, mia cara. – mi disse Mary, cercando, ancora una volta, di convincermi delle mie qualità – Traspiri un così naturale fascino e mistero da tutti i pori che è impossibile resisterti! –
Questo è quello che pensavano tutti di me?! Stranamente, non m’importava affatto. Non sarei andata al ballo. L’evento più atteso e sognato da tutti gli studenti, sin dall’inizio della “high school”, era da me così tranquillamente trascurato al punto che io stessa me ne meravigliai.
Ma qualcosa mi fece cambiare idea.
Alex non voleva mancare al gran ballo e, dal momento che aveva rotto con Mary, era rimasto senza dama; così mi chiese di accompagnarlo e io, quasi senza riflettere, accettai.
Era la prima volta in vita mia che facevo qualcosa senza prima averci pensato accuratamente, ma, in quel momento, non ero riuscita a controllarmi.
Stavo quasi per entrare in un negozio per acquistare un abito da sera adatto al ballo, il mio primo abito veramente femminile, quando, ferma di fronte alla vetrina, vidi la mia immagine riflessa. La scrutai bene. Non ero male, mi dissi, ma a lui non interessavo.
Ripensai alle parole che Alex mi aveva detto per convincermi ad accettare il suo invito:
“Non puoi farmi andare da solo: sei la mia migliore amica!”.
O Dio! Solo adesso mi rendevo conto di come ero stata impulsiva in quel momento.
Già… la sua migliore amica… non era nuova la sensazione che provavo dentro di me, al riecheggiare di quelle parole, ma non capivo cosa fosse. Rabbia?! Dispiacere?! Gelosia?!
No… era rassegnazione….
Non entrai più nel negozio e non comprai il vestito e, quando a sera Alex si presentò alla porta di casa mia, gli dissi che non sarei più andata al ballo con lui. Non era giusto.
Lui doveva, e voleva, andarci con Mary.
Gli suggerii di correre a cercarla e di mettere da parte tutto ciò che li allontanava l’uno dall’altra. Fortunatamente mi ascoltò e tra loro tutto si aggiustò. Ne fui inspiegabilmente felice, più di quanto lo sarei stata se fossi andata al ballo con Alex.
Dopo la cerimonia dei diplomi, io feci le valigie e, con in tasca tutto il denaro che i miei avevano messo da parte per permettermi di frequentare il college, salii sul primo aereo per la Francia. Non dissi loro niente, andai via senza avvertirli perché sapevo che non avrebbero capito e che mi avrebbero ostacolato in tutti i modi. Gli lasciai solo un bigliettino di poche righe:
“E’ inutile dirvi dove sono diretta: dovreste saperlo.
Vi chiedo solo di non essere adirati per quello che ho fatto e spero ne capirete il motivo.
Vi voglio bene, France.
P.S. vi farò avere presto mie notizie.”
 
Molte volte, infatti, avevo chiesto ai miei genitori di portarmi a visitare la Francia, ma loro erano sempre riusciti a rimandare e deviare l’argomento.
Quando sarai più grande, mi ripetevano sempre.
Ogni estate mi avevano portata in Irlanda a trovare i vari parenti paterni, e in giro per l’Europa, ma mai avevano avuto il coraggio di assecondare il mio desiderio. Era come se qualcosa li spaventasse, come se sapessero che quel Paese, prima o poi, mi avrebbe separata da loro.
Atterrai in Francia piena di entusiasmo e buon umore, con una miriade di aspettative nelle valigie del mio cuore e un sogno finalmente divenuto realtà: essere in Francia! Meraviglioso! Mi stabilii a Parigi.
Soggiornai per qualche tempo in un albergo, poi, mi trovai un appartamentino nel quale vivere.
Immediatamente, mi misi a girare la città da capo a fondo. Avevo comprato una cartina, ma non la usai. Era come se conoscessi già quei posti, come se ci fossi già stata. Ogni tanto mi fermavo a guardare una strada o una piazza e nella mia testa sentivo qualcosa: questo non c’era, qui non era così, lì è rimasto tutto uguale…. Che stupida, mi ripetevo sempre, come fai a pensare certe cose se è la prima volta che metti piede in questi posti! Così cercavo di allontanare da me quei pensieri, ma un giorno successe una cosa che mi turbò molto.
Camminavo lungo un’affollata via, la stessa presso cui, un tempo, dicono sorgesse la Bastiglia, quando sentii una grande confusione attorno a me.
Non era quella della gente che mi stava vicina: era una confusione diversa, piena di rabbia e disperazione, di urli e di strani rumori assordanti…. Provai un forte e improvviso calore al petto, come un fuoco che divampasse dentro di me, come mille aculei che mi trapassassero il torace, e caddi a terra svenuta.
Quando mi risvegliai, in ospedale, il medico disse che mi avevano sottoposto a tutti gli esami possibili e inimmaginabili, ma che non avevano trovato nulla di preoccupante: stavo benissimo, doveva essere stato soltanto un calo di pressione.
No, non era stato un calo di pressione… ma cosa, allora?!
Mi chiusi in casa per qualche giorno, coi miei pensieri, le mie paure, il timore che potesse accadere di nuovo… non volevo pensarci, non potevo permettere che la mia vita venisse sconvolta così… Ho un’immaginazione troppo fervida, mi ripetevo, cercando di consolarmi. Dovevo trovare assolutamente qualcosa che mi distraesse. Così, mi misi a cercare un lavoro.
Conoscendo quasi perfettamente sia il francese che l’inglese, non mi fu difficile trovare un impiego, due anzi! Portavo a spasso i visitatori stranieri per un’agenzia turistica e, nei ritagli di tempo, che facevo in modo avessero un’ampia portata, traducevo libri per una casa editrice. Entrambi lavori che mi piacevano molto. Col primo potevo incontrare tantissime persone ed entrare in contatto con diverse culture e, col secondo, coltivavo la mia passione per la letteratura. Soprattutto, però, mi davano modo di mantenermi! Non che i soldi che avevo preso in prestito dai miei genitori fossero pochi, ma non volevo spenderglieli tutti. Li tenevo da parte per le esigenze inaspettate, sperando di potermi vantare, un giorno, se non altro di essermela cavata da sola.
 

Fine 3° parte

                                                                                                                                        Perla

 

Torna a Fanfictions