Lostris 

la

Regina del Nilo 

Il nome Lostris, in antico egizio significa "figlia delle acque"

Velata dalla nube di sabbia sollevata dal khamsin, il vento del deserto che tutto avvolge nel suo turbine, è la triste storia di Lostris e Tanus  vissuti all’epoca della grande minaccia incombente sull'Egitto e che causò la morte del saggio e glorioso Faraone Mamose. Una minaccia che si nutriva del sangue del popolo egizio, sangue che arrossava i campi di battaglia nell’interminabile guerra contro gli invasori. È in questa cupa atmosfera che nasce il grande e impossibile amore tra la vedova del faraone, Lostris Regina di Tebe ed il grande guerriero Tanus; amore nato, quando l'Egitto dovette soccombere ed il suo popolo costretto a lasciare le terre che lo avevano visto nascere, fuggendo fino alla foce del Nilo. La grande e devota regina Lostris, riuscì a far rifiorire l’antica civiltà, riportando il suo popolo a rioccupare il suolo natio ed a vendicarsi degli usurpatori Hyksos, gli invasori stanziati nel nord del Paese, ma perdendo anche il suo grande amore, Tanus, ucciso in battaglia  

 

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"Mia regina, niente e nessuno potrà mai cancellare quello che provo per te"

Tanus

 

Nella società egizia la donna poteva ricoprire le più importanti cariche dello stato: nessuna strada le era preclusa. Troviamo così faraoni e sacerdoti donne la cui fama ha sfidato il passare dei secoli grazie alle loro personalità davvero uniche. La civiltà egizia dimostra ancora una volta il suo alto grado di evoluzione ponendo la donna al pari dell'uomo: anzi, l'uomo non era considerato tale senza la donna. Questo concetto rientrava nella visione della dualità egizia che corrispondeva ad un equilibrio armonico in accordo con l'equilibrio universale. Parte maschile e parte femminile, avevano assolutamente lo stesso valore ed erano indissolubili. E non solo sulla terra, nel mondo dei vivi, ma anche in cielo, nel pantheon degli Dei. Questa parità anche a livello ultraterreno trova conferma nell'analisi delle concezioni legate al principio della creazione. Uno dei più antichi miti relativi all'origine del mondo vedeva Atum, unico essere dell'universo, utilizzare la mano per il solo atto creatore possibile, quello della masturbazione, intesa come simbolo del potere creatore della mente e della mano, quest'ultima artefice di tutte le creazioni umane. Con l'evolversi della teologia la mano diventò un simbolo dell'elemento femminile contenuto nella mente divina e venne identificata con la dea Iusaas, consorte di Atum, con la quale il dio creò la prima coppia divina costituita da Shu, divinità maschile che rappresentava l'atmosfera luminosa, l'aria e la luce, e Tefnut, entità femminile che indicava l'umidità. Da questa prima coppia divina successivamente furono generati Geb, dio della terra, e Nut, dea del cielo. I teologi egizi elaborarono varie teorie relative alla creazione degli dei e degli uomini che si diffusero nel mondo, a seconda del periodo storico e dei diversi centri politici. Un elemento costante era la complementarità tra parte maschile e femminile. Ad esempio, per i sacerdoti di Hermopolis, il principio vitale era costituito da quattro coppie di Dei, maschili e femminili: Nun e Naunet che rappresentavano l'umidità, Kek e Keket le tenebre, Hehu e Hehet l'infinito spaziale e infine le due entità nascoste Amon e Amonet. Rimanendo nella sfera del divino, la donna nei panni di dea veniva raffigurata con diverse sfaccettature e poteva esprimere lati terribili e pericolosi oppure suscitare amore e compassione. Nel "mito della distruzione degli uomini", è presente un'entità femminile complessa: la Dea Hathor. Questa divinità fu inviata dal dio Ra contro quegli uomini che avevano minacciato di scacciarlo dal trono divino per via della sua età avanzata. Hathor si scagliò con un'incredibile ferocia contro gli esseri mortali che si erano invano rifugiati nel deserto. La dea li scovò e li uccise, compiacendosi alla vista del sangue delle sue vittime. Una versione di questo mito vede "La Dea Lontana" nei panni di Tefnut che fugge nel deserto orientale della Nubia dove, prese le sembianze di una leonessa feroce, semina il terrore tra la popolazione. La collera divina sembrava davvero inarrestabile ma Shu e Thot, i messaggeri celesti inviati da Ra, riuscirono ad avvicinare la terribile fiera e a intrattenerla con affascinanti racconti tra cui quello celebre del leone e del topo, giunto fino a noi grazie alla rielaborazione dello scrittore La Fontaine. La dea si commosse e decise di fare ritorno a casa ma non poteva certo entrare in Egitto nei panni di una leonessa sanguinaria. Thot allora calmò la rabbia della divinità versando vino nelle acque di Philae, dove essa si abbeverava. Costei, scambiando il vino per sangue, ne bevve fino a placare la sete, si ubriacò e finalmente si calmò. Al suo risveglio aveva riacquistato il suo aspetto positivo e fu così accolta in Egitto come dea Hathor con grandi feste e onori. Hathor infatti aveva un aspetto benefico. Essa era considerata la madre del sole, la vacca celeste che ingoiava l'astro diurno alla sera e lo partoriva al mattino, patrona della danza, della musica e dell'amore. Gli Egizi la invocavano spesso "perchè procurasse un focolare alla vergine e uno sposo alla vedova". Proseguendo con le dee benefiche del pantheon egizio possiamo ricordare Iside e Mut. Iside è la sposa di Osiride e rappresenta la moglie amorevole, che riporta in vita il marito ucciso dal terribile Seth, e allo stesso tempo la madre affettuosa e premurosa, che protegge il figlio Horus. Questa immagine ebbe un successo inimmaginabile: la madre amorevole, con il figlio Horus sulle ginocchia, fu venerata anche dai Copti e passò a rappresentare la Vergine cristiana, ancora presente nella nostra iconografia. Nei panni di madre divina troviamo anche la dea Mut, sposa di Amon, il cui nome in egizio significa proprio madre. Le dee in terra invece erano rappresentate dalle regine, le spose dei faraoni, che avevano il ruolo di completare la maestà e la divinità del sovrano

 

 

    La religione

 

    Breve storia di Tebe

  

 

             

 

 

 

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