APPENDICE 1
Punti di fuga come limiti di un processo
...

Occorre innanzitutto tracciare una costruzione geometrica, la cui prima operazione consiste nel disegnare le circonferenze circoscritte ai quadrati di base di ciascuna piramide; la seconda operazione consiste nel disegnare tre ulteriori circonferenze, la prima passante per i centri delle basi delle piramidi, la seconda tangente internamente alle tre circonferenze precedentemente disegnate, e la terza tangente esternamente (fig. 1): queste ultime tre circonferenze passano per due punti, uno a nord-est e l'altro a sud-ovest delle piramidi.
La questione non riguarda l'esistenza di questi punti di incontro: infatti, sono infinite le possibili configurazioni di tre circonferenze - chiamiamole "minori" - che generano, nel modo che abbiamo descritto, altre tre circonferenze -  chiamiamole "maggiori" - passanti per due punti (fig. 2); in altri termini, non si tratta di una circostanza miracolosa, ma di una proprietà geometrica ben precisa.
La questione non riguarda, inoltre,
il merito della scoperta, che va senz'altro attribuita al ricercatore americano John Legon e risale a più di vent'anni fa; fu Legon, fra l'altro, a definire i punti di incontro delle tre circonferenze quali "punti di fuga" - in analogia con la nota proprietà delle rappresentazioni prospettiche -, e anch'io manterrò tale definizione.
La questione, infine, non riguarda neppure la precisione con cui queste circonferenze si incontrano nei punti di fuga: infatti, nessuna configurazione delle circonferenze minori può dar luogo alla convergenza assolutamente esatta delle circonferenze maggiori, come si può verificare geometricamente; nella realtà ci si deve accontentare di una convergenza approssimata - che nel nostro caso è dell'ordine di ...-, ma esiste un metodo di analisi matematica che consente di fissare l'esatto punto di incontro come limite di un processo (vedi appendice 1); nel seguito dell'analisi, per punti di fuga si intenderanno proprio questi punti limite e non quelli reali.

Tuttavia è anche vero che l'aspetto generale di una qualsiasi configurazione di questo tipo non cambia se ingrandisco o rimpicciolisco proporzionalmente i tre cerchi di base (fig. 3): quello che cambia è che ingrandendo i cerchi di base anche le due aree di incontro si estendono, mentre rimpicciolendoli anch'esse si riducono. Allora si può pensare di continuare a rimpicciolire (sempre proporzionalmente, lo ribadiamo) i tre cerchi di base e verificare ogni volta estensione e posizione delle due aree di incontro: il limite di tale processo virtualmente infinito è costituito da un'area di estensione nulla (dunque un punto) e esattamente posizionata sul cerchio maggiore centrale.