Luca  2, 21-22.25.27-32.36-38

 

 

 

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Premessa

 

 

Potremmo suddividere i primi 39 versetti del secondo capitolo di Luca in tre parti.

 

La prima, vv 1-7, ci racconta, in modo sobrio ed essenziale (soltanto il v.7 vi è dedicato), la nascita di Gesù. Essa viene collocata in un contesto storico a cui Luca, invece, dedica ben sei versetti. Con questa sproporzionata attenzione alla cornice storica Luca ci vuole dire che la nascita di Gesù non solo è un fatto reale e che, quindi, Gesù appartiene ad ogni effetto alla storia degli uomini e, pertanto, vero uomo; ma anche che la storia di Dio si intreccia con quella degli uomini, fino quasi ad identificarsi. Con la venuta di Gesù, dunque, Dio si rende visibile agli uomini e li incontra nel loro habitat naturale.

 

Nella seconda parte, vv. 8-20, Luca si dilunga in una consistente riflessione teologica e cristologica su quello sconosciuto bambino, la cui nascita, proprio per la sobrietà del racconto, quasi ci sfuggiva. Concisamente egli ci dice che Gesù è il vero discendente di David; egli è colui che realizza le promesse di Dio; è il salvatore del mondo, il Cristo Signore, cioè l'uomo di Dio che è stato incoronato Signore della storia e del cosmo intero nel momento della risurrezione. Lui è l'atteso dalle genti, che con la sua venuta interpella l'uomo e gli chiede una risposta di fede, cioè di adesione esistenziale a Dio. La sua nascita non solo ha una valenza universale, cioè è rivolta a tutti gli uomini, ma anche cosmica e trova un'eco perfino in cielo.

 

La terza parte, vv 21-39, che mediteremo questa sera, ci svelerà come questo bambino è veramente l'uomo di Dio, atteso da Israele; è lui che realizza in sé tutte le promesse che Dio ha fatto al suo popolo a partire da Abramo in poi.

 

Vediamo, quindi, come Luca, nei vv. 2, 1-39, ci presenti la figura di Gesù e la sua nascita in rapporto alla storia, all'intera umanità, al mondo celeste e ad Israele, depositario delle promesse divine. Ci fa, pertanto, toccare con mano tutto il peso cosmico e universale dell'evento Gesù e della sua nascita.

 

 

Il Testo: Lc 2, 21-39

 

 

[21]Quando furon passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima di essere concepito nel grembo della madre.

[22]Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore,

[23]come è scritto nella Legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore;

[24]e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore.

[25]Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d'Israele;

[26]lo Spirito Santo che era sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore.

[27]Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge,

[28]lo prese tra le braccia e benedisse Dio:

[29]<<Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola;

[30]perché i miei occhi han visto la tua salvezza,

[31]preparata da te davanti a tutti i popoli,

[32]luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele>>.

[33]Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui.

[34]Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: <<Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione

[35]perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima>>.

[36]C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza,

[37]era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere.

[38]Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.

[39]Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret.

 

 

Il Commento

 

 

E quando si compirono gli otto giorni ... benché il v.21 sia di transizione, cioè ci traghetta dal mondo dei pastori, illuminati dalla rivelazione celeste sulla natura di quel bambino, al mondo delle attese messianiche in Israele, tuttavia contiene in sé degli elementi che meritano attenzione.

 

Innanzitutto, quel "quando si compirono". Luca è il teologo della storia della salvezza, al cui interno si attua il progetto di Dio sull'umanità. Quel "compiersi", quindi, sta ad indicare che qui si sta realizzando il disegno di Dio. Per Luca, nulla accade nella storia che non sia un continuo e graduale “compiersi di Dio”. Un Dio che continuamente si fa “evento” per gli uomini qui nella storia.

 

"Otto giorni". L'otto nel mondo della Bibbia, in particolare quello del Nuovo Testamento, dice un nuovo inizio. Il compiersi, pertanto, degli otto giorni sta ad indicare che la storia con Cristo ha avuto un nuovo inizio. Se è vero che "In principio Dio creò il cielo e la terra" (Gen1,1), altrettanto vero è che in Cristo e con Cristo Dio ha operato una nuova creazione. La lettera agli Efesini ci ricorda che il disegno del Padre è quello di ricapitolare tutte le cose della terra e del cielo in Cristo (Ef 1,10). Cristo, pertanto, è il cuore dell'intero cosmo, da cui defluisce una nuova umanità e una nuova creazione. Con lui hanno avuto inizio i cieli nuovi e la terra nuova (Is 66,22; Ap 21,1).

 

Compiutisi gli otto giorni, Gesù viene circonciso. La circoncisione è una piccola operazione che viene compiuta sull'uomo. Essa è sempre esistita presso il mondo degli antichi ed aveva una funzione squisitamente igienica. Ma con Abramo essa viene caricata da Dio di un nuovo significato: essa diventa il segno visibile dell'Alleanza tra Dio e il suo popolo (Gen 17,10). Un'Alleanza che, quindi, era in qualche modo impressa nel corpo dell'uomo e indicava la sua appartenenza a Dio.

 

Con la sua circoncisione anche Gesù viene inserito nell'Alleanza antica, nella stirpe di Abramo e sottoposto alla Legge di Mosé. Gesù, dunque, con la circoncisione, entra a far parte in modo ufficiale del mondo d'Israele. Paolo ricorderà questo momento: “Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge” (Gal 4,4-5)

 

E il suo nome fu chiamato Gesù ...  Per gli ebrei il nome non ha un valore soltanto indicativo di una persona, ma dice l'essenza e la sostanza stessa della persona. Imporre il nome significa avere un potere particolare su quella persona e, in un certo qual senso, vuol dire che quella persona mi appartiene. Per questo il nome a quel bambino non fu dato da Maria e Giuseppe, ma da Dio stesso. E' Dio, infatti, per mezzo dell'angelo Gabriele, che impone il nome a quel bambino (Lc 1,31) e il fatto, qui, viene ricordato. Questo per dire che quel bambino non è frutto di progetti umani, ma di Dio. E' un bambino, quindi che appartiene al mondo di Dio e ne indica la missione (Gesù in ebraico significa “Dio salva”)

 

Come era stato chiamato dall'angelo prima ... vediamo qui come il nome di Gesù è stato scelto prima del suo concepimento, lasciando intravedere come qui ci troviamo di fronte ad un progetto divino, che già è stato pienamente pensato fin dall'eternità e che, qui, lentamente, ora, si incarna nella storia e viene svelato gradualmente agli uomini. In questa chiamata c'è inclusa anche implicitamente una chiamata divina per compiere una missione. Il nome, che dice la sostanza e l'essenza della persona, è Gesù, cioè "il Signore salva". Già il nome, quindi, ci svela non solo chi è quel bambino, ma anche la sua missione e nel contempo dice il porsi di Dio nella storia.

 

E quando si compirono i giorni della loro purificazione ...  come si diceva sopra, per Luca la storia è un continuo "compiersi" dell'azione di Dio nella storia degli uomini, che proprio per questo si trasforma in storia sacra, in storia della salvezza. La storia per Luca, dunque, è il luogo privilegiato dove si attua il progetto di Dio a favore degli uomini.

 

Luca qui parla della "loro" purificazione. Che cosa intende Luca con quel "loro". Qui non viene specificato, ma nel contesto sembrerebbe rivolgersi a Maria e Giuseppe e, forse, anche Gesù. Ma si dà il caso che la "purificazione" riguardasse soltanto la puerpera e nessun altro, così stabiliva il Levitico 12,1-4. Perché allora Luca parla di "loro". Qualcuno ha concluso che Luca, in quanto greco, non conosceva bene gli usi degli ebrei e, pertanto, qui si è confuso e ha sbagliato.

 

Ma è proprio vero questo? A mio avviso, qui, Luca si riferisce si a Maria, ma anche al popolo di Israele. Infatti, Luca nel suo vangelo presenta Maria ben collocata storicamente all'interno del popolo d'Israele e per mezzo di Giuseppe appartiene alla stirpe di Davide; inoltre con il cantico del "Magnificat" Luca pone Maria al centro del progetto divino di salvezza, che si attua per mezzo di Israele. Quindi Maria è inserita pienamente sia nel filone storico-culturale che messianico del popolo d'Israele. In tal modo si viene a creare una sorta di identificazione tra Maria e il popolo stesso.

 

La purificazione, pertanto, qui acquista una duplice valenza: il compiersi quanto prevede la Legge di Mosé; e il compiersi, con la venuta di Gesù, la purificazione del popolo di Dio. E mentre la Legge di Mosé purifica l'uomo da una semplice contaminazione fisica, il sangue, Dio, per mezzo di Gesù, rigenera l'uomo alla vita stessa di Dio.

 

Già qui si può vedere come sembra operarsi una sostituzione del vecchio culto (la purificazione secondo la Legge di Mosé) con il nuovo culto: Gesù, che rivestito della potenza dello Spirito, rigenera l'uomo al mondo di Dio. Questo è il senso delle guarigioni operate da Gesù in Luca (Vedasi in proposito Lc 7,22). La vecchia purificazione cultuale mosaica, dunque, era una sorta di prefigurazione di quell'altra purificazione, attuata in Gesù.

... lo condussero a Gerusalemme per presentarlo al Signore ... secondo la Legge di Mosé, ogni primogenito di uomini, di animali o di raccolti  apparteneva al Signore e pertanto esso era sottratto alla disponibilità degli uomini. I primogeniti degli animali e le primizie del raccolto venivano sacrificati, mentre i primogeniti degli uomini venivano riscattati con cinque sicli d'argento (un siclo equivaleva a circa 11,5 gr circa) pari ad una paga di venti giorni di lavoro.

 

E' strano come qui Luca tralasci il tema del "riscatto del primogenito", mentre descrive la "presentazione" di Gesù al Tempio; un rito, questo, che non era più praticato. In questa "confusione" che Luca fa qualcuno vede la scarsa conoscenza che l'evangelista  ha circa i riti giudaici (Luca è un greco); altri, invece, vi fanno una lettura teologica: Gesù, in quanto primogenito, appartiene a Dio e al suo mondo e, quindi, gli rimane sempre consacrato, pertanto non viene riscattato, ma viene portato al Tempio, cioè viene messo a disposizione di Dio, perché egli compia la sua opera di salvezza per mezzo di questo primogenito che gli appartiene. L'operare di Gesù, pertanto, non è un semplice operare di uomo, ma è Dio stesso che opera per suo mezzo e in lui.

 

Ed ecco c'era un uomo in Gerusalemme ... con questa espressione ora Luca introduce la presentazione di due grandi figure appartenenti al Vecchio Testamento, cariche di simbolismo: Simeone e Anna.

 

Simeone, il cui nome significa "esaudimento", ma anche "colui che ascolta", è il prototipo del pio israelita, attento agli avvenimenti della storia, a quanto in essa vi accade e in essa vede l'attuarsi del disegno di Dio. E' l'uomo che, postosi in ascolto della storia, è pronto ad accogliere il Dio che viene. Simeone, infatti, viene definito come "uomo giusto e timorato di Dio"; un'espressione, questa, caratteristica di Luca con cui egli definisce le persone che gravitano nell'area di Dio e hanno configurato la propria vita in conformità alle sue esigenze. Questa stessa frase la troviamo anche in Atti 10,2 dove il centurione Cornelio viene definito "uomo giusto e timorato di Dio".

 

Egli vive in Gerusalemme. La localizzazione di Simeone in Gerusalemme non è casuale. Ricordando "Gerusalemme" Luca ce la presenta come la "Città santa", il luogo dove si realizzano le speranze messianiche, dove si compiono i misteri della nostra salvezza (morte e risurrezione ed effusione dello Spirito). Gerusalemme, pertanto, diventa il luogo centrale di tutta la nostra storia della salvezza. Così facendo Luca pone Gesù, e con lui tutti quelli che lo attendono e lo accolgono (simboleggiati in Simeone), al centro della storia della salvezza e, quindi, del progetto salvifico di Dio.

 

E movendosi nello Spirito ... con questa espressione Luca ci presenta un'altra caratteristica del nuovo credente: egli è colui che si lascia condurre dallo Spirito. E' l'uomo, quindi, che si è convertito sinceramente a Dio e si lascia da lui guidare nella sua vita; è l'uomo nuovo che ragiona secondo le logiche di Dio e non secondo quelle degli uomini. Paolo ce lo ricorderà nella sua lettera ai Romani: "Infatti, tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio" (Rm 8,14), cioè gli appartengono.

 

... lo prese tra le braccia e lo benedisse ... Simeone è il simbolo dell'Israele fedele a Dio, simbolo di tutti quegli israeliti e di tutti quegli uomini che, al di là delle apparenze umane con cui Dio si è presentato a noi, hanno saputo cogliere l'agire di Dio nella storia e lo accolgono nella loro vita, trasformandola in una liturgia di lode e di benedizione a Dio.

 

Ora lascia, o Signore, che il tuo servo ....  l'inno incomincia con quel "Ora", in greco "nin" che significa "adesso", richiamando l'attenzione al "momento presente". E' il dischiudersi del Vecchio Testamento al Nuovo Testamento. Quel "Ora" funge da passaggio tra il Vecchio e il Nuovo Testamento. La venuta di Gesù pone fine alle attese veterotestamentarie e con lui iniziano i tempi nuovi, che troveranno la loro attuazione piena nel momento della risurrezione. Quell' "andarsene di Simeone in pace" simboleggia la fine del Vecchio Testamento per lasciare spazio al Nuovo, ma anche la liberazione dell'uomo dal giogo della Legge, poiché ciò che ora conta è soltanto Cristo.

Cambia anche il rapporto tra Dio e l'uomo. Simeone qui si rivolge a Dio con l'espressione "Signore" (in greco "despota" che significa padrone), mentre lui si definisce "servo". Il rapporto, quindi, si pone su di un piano di disparità: tra servo e padrone. Con Gesù siamo, invece, diventati figli di Dio. Paolo ce lo ricorda: "E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito di figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: <<Abbà, Padre!>>" (Rm 8,15). Tutto con la venuta di Gesù cambia radicalmente, poiché con Gesù l'uomo è stato riportato in seno a Dio e, in quanto figlio, partecipa della sua stessa vita e della sua stessa dignità (Sal 8,5).

 

... perché i miei occhi hanno visto ...  qui il pensiero di Simeone acquista una dimensione universale: quel bambino lì è l'attuazione del progetto divino che Dio ha pensato fin dall'eternità. Ce lo ricorda, come sempre, Paolo: "In Cristo egli ci ha scelti prima della creazione del mondo per farci santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci ad essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo" (Ef 1,4-5). Questo progetto di Dio, attuato in Gesù, è visto da Simeone come luce per le nazioni, cioè come atto di rivelazione che il Padre fa di se stesso agli uomini, per spiegare ad essi il senso del loro esistere e quali sono le sue esigenze nei loro confronti. Gesù, quindi, viene qui visto come la rivelazione del Padre e del mondo di Dio agli uomini, diventando, nel contempo, un invito ad entrarvi.

 

Ma Gesù è anche "gloria del suo popolo Israele", cioè è la presenza di Dio in mezzo al suo popolo, così che Israele diventa la vera culla di Dio in mezzo agli uomini. Israele, quindi, qui acquista tutto il vero senso del suo esistere e della sua missione. Israele, pertanto, non è un "vuoto a perdere", ma nel progetto di Dio assume una posizione fondamentale. Paolo questo ce lo ricorderà nella sua lettera ai Romani nei capitoli 9-11.

 

C'era anche una profetessa, Anna, ...  Anna, il cui nome significa "grazia", è l'altro personaggio che fa da spalla a Simeone. Anna ci viene presentata come "molto avanzata in età"; che "aveva vissuto con il marito sette anni" e "rimasta vedova"; "fino a ottantaquattro anni".

 

Anna assume qui un valore simbolico: essa, come per Simeone, rappresenta quella parte dell'Antico Israele, che ha vissuto in piena fedeltà al "marito", cioè Dio, per sette anni, vale a dire per un tempo pieno, quindi sempre. Era, poi, rimasta vedova, con un'allusione, forse, alle persistenti infedeltà di Israele fino all'abbandono di Dio, sostituito da uno sterile legalismo, contro cui Gesù si scaglierà duramente (Mt 23,13-29). Nonostante ciò il vero resto di Israele "non si allontanava mai dal tempio", cioè il vero Israele era colui che rimaneva fedele al vero culto a Dio, che veniva onorato non soltanto con le labbra, ma con il cuore, cioè con l'intera sua vita. Quel "servire Dio giorno e notte" sta ad indicare la totale disponibilità di tutta la vita del vero Israele spesa per Dio e che si esprimeva anche attraverso il culto, fatto di preghiere e digiuni.

 

Essa aveva ottantaquattro anni o era rimasta vedova per ottantaquattro anni, non è chiaro. Tuttavia quel "ottantaquattro", ottenuto da "12x7" sta ad indicare l'Israele (12) perfetto (7). Anna, in tal modo, rappresenta il vero Israele che, in una costante, fedele e sincera dedizione esistenziale a Dio, lo attendeva.

 

Pertanto, anche lei, attenta ai segni dei tempi e resa capace dallo Spirito a leggere nella storia l'agire di Dio, diventa testimone con la sua vita dell'opera di Dio in mezzo agli uomini.