IL DONO DELLO SPIRITO

 

Giovanni 14, 15-26

 

 

 

 

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Premessa

 

 

La nascita della Chiesa è scandita in due tempi: quello del Gesù della storia; e quello del Gesù risorto.

 

Per quanto riguarda il Gesù della storia, se leggiamo attentamente i vangeli scopriremo come Gesù non abbia mai avuto l'intenzione di fondare una chiesa, tuttavia ne ha poste le premesse nella sua predicazione del Regno di Dio (Mc 1,15), nell'aver formato attorno a sé un gruppo di fedelissimi, a cui ha lasciato in eredità il suo insegnamento, e nel suo tentativo di favorire con la sua predicazione e la sua opera un grande movimento di persone da orientare verso il Padre, scuotendo in loro una fede languida e, ormai, pressoché estinta. Se ne ha traccia di questa sua intenzione nel suo lamento su Gerusalemme, riportatoci da Matteo: "Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e quelli che ti sono stati inviati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una gallina raccoglie i suoi pulcini sotto le tue ali, e non hai voluto!" (Mt 23,37).

 

Per quanto riguarda il Gesù risorto, vediamo come questi, subito dopo la sua risurrezione si incontra con i suoi discepoli e affida a loro una missione che, a ben guardare, altro non è che la prosecuzione o, se si vuole, il prolungamento della sua stessa missione, da lui iniziata quando ancora apparteneva alla storia: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andata, dunque, e ammaestrate tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt 28,18-19).

 

Ma tutto ciò non era ancora sufficiente perché la chiesa venisse fondata e si qualificasse come una reale prosecuzione della missione di Gesù. Era necessario e fondamentale che lo Spirito del Gesù risorto entrasse nei suoi discepoli, facesse con loro un unico corpo, così che l'agire dei discepoli fosse lo stesso agire di Cristo.

 

Ecco, pertanto, il momento della Pentecoste, il momento questo in cui lo Spirito del Gesù risorto scende sui suoi, li permea completamente di sé, ne fa un tutt'uno con lui. Da questo momento in poi il Cristo risorto continuerà la sua missione in mezzo agli uomini, non più in forma diretta, come quando era nella storia, ma in forma mediata e sacramentale, ma per questo, non meno vera e meno reale o meno efficace.

 

Soltanto quando lo Spirito del Risorto si incarna nei discepoli tutta la missione del Gesù della storia, che ha lasciato in eredità ai suoi discepoli, prende nuovamente vigore e concretezza; diversamente egli sarebbe stato un semplice maestro, come tanti ve n'erano all'epoca; mentre i suoi discepoli sarebbero stati i propugnatori del pensiero filantropico del loro rabbi. La risurrezione di Gesù e il dono del suo Spirito, che ha fatto ai suoi discepoli, riscatterà interamente l'opera del Gesù della storia.

 

La Chiesa è nata così, come il naturale prolungamento della missione del Gesù della storia, che si è nuovamente incarnato nella sua Chiesa e in ciascuno di noi per mezzo del suo Spirito.

 

La Chiesa, come il suo Cristo, è diventata il punto d'incontro e di mediazione tra Dio e gli uomini; il luogo di accoglienza dell'intera umanità da offrire e consacrare al Padre. E' quindi, la prosecuzione di quel movimento di raccolta degli uomini iniziato da Gesù, quando ancora era sulla terra. Nella sua predicazione e nel suo agire ancora oggi predica e opera Cristo.

 

La Chiesa, dunque, è l'opera dello Spirito, il frutto maturo della Pentecoste. Senza l'azione dello Spirito, tutta la missione di Gesù e la sua incarnazione e la sua morte sarebbero state del tutto inutili e prive di efficacia. E noi saremmo ancora nel nostro peccato.

Vediamo, dunque, di conoscere un po' meglio questo personaggio, tanto invocato, tanto nominato, in cui ogni tanto ci imbattiamo, ma di cui non sappiamo questo gran che.

 

Ci aiuta in questo proprio il passo di Giovanni, che sentiremo proclamare nella solennità della Pentecoste. Con essa si chiude il tempo pasquale e si apre il tempo ordinario, che è il tempo della chiesa, il tempo in cui ciascuno di noi è chiamato a vivere quei cieli nuovi e quella terra nuova che la risurrezione di Gesù ha inaugurato, e nei quali lo Spirito, che abbiamo ricevuto nel battesimo e che ci è stato confermato nella cresima,  ci ha collocati e nei quali, anche se inconsapevolmente, viviamo.

 

 

Il Testo:  Gv 14, 15-26

 

 

[15]Se mi amate, osserverete i miei comandamenti.

[16]Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre,

[17]lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi.

[18]Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi.

[19]Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete.

[20]In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi.

[21]Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui>>.

[22]Gli disse Giuda, non l'Iscariota: <<Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?>>.

[23]Gli rispose Gesù: <<Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.

[24]Chi non mi ama non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

[25]Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi.

[26]Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

 

 

Introduzione

 

 

La struttura del brano in questione è molto complessa. Noi cercheremo di individuare le parti più semplici ed evidenti, che ci aiuteranno a capire meglio il messaggio di questo passo.

 

Il brano, composto dai vv. 15-26, si può dividere in due parti: la prima è delimitata dai vv. 15-21 e ha il suo centro nel v.18, attorno al quale ruota tutta la prima parte: "non vi lascerò orfani, ritornerò da voi"; la seconda parte, delimitata dai vv.22-26, è introdotta da una domanda di Giuda sul perché Gesù si rivela soltanto ai discepoli e non a tutto il mondo.

 

La prima parte è animata da numerosi soggetti e ne definisce i rapporti tra loro: Padre, Figlio, Spirito Santo, i discepoli e il mondo. La seconda parte, invece, pur riprendendo la prima, definisce prevalentemente le funzioni dello Spirito Santo.

 

Da ultimo, vediamo come l'intero brano è percorso da un continuo rincorrersi di stessi concetti, che sembrano stessi, ma che in realtà, ad ogni passata, dicono un qualcosa di nuovo. E' il cosiddetto "pensiero a spirale" caratteristico di Giovanni: il v.15 annuncia il tema: "Se mi amate, osserverete i miei comandamenti".  La prima conseguenza è la preghiera di Gesù al Padre perché mandi lo Spirito sui suoi discepoli; il v.21 riprende il tema e vi fa un'aggiunta: il Padre e Gesù amano chi li ama e si riveleranno a lui; il v.23 riprende nuovamente il tema e vi fa un'ulteriore aggiunta: il Padre e Gesù verranno da chi li ama e prenderanno dimora in lui.

 

Già questo crescendo continuo ci dice come l'amore si esprime solo nell'osservare i comandamenti di Gesù. Questo amore riscuote le attenzioni del Padre e del Figlio verso chi li ama, così che non solo essi si riveleranno a lui, ma lui diventerà la dimora stessa del Padre e del Figlio.

 

 

Il Commento

 

 

Se mi amate, osserverete i miei comandamenti: il greco per esprimere il termine "amare" usa tre verbi: "erao" per indicare l'amore passionale; "fileo" per indicare un amore affettuoso, amichevole; "agapao" per indicare un amore spirituale, il trasporto di una persona verso un'altra, che ti porta a fonderti con essa.

 

Pertanto, quando il Nuovo Testamento parla dell'amore di Dio per l'uomo o dell'amore del Padre verso il Figlio, il verbo usato è "agapao". Il verbo "agapao", quindi, ha dei connotati divini. Ebbene, per dire "se mi amate", Giovanni usa proprio il verbo "agapao", indicando, quindi, come l'amore che lega il credente a Gesù ha dimensioni divine. E' un amore che non ha nulla a che vedere con il nostro sentimento o la nostra passionalità, ma indica la totale apertura del credente a Dio, il suo aderire a Lui con la vita.

 

Ecco che, allora, diventa logica conseguenza "l'osservare i comandamenti". Il verbo greco per dire "osservare" è "tereo" che significa "aver cura, custodire, praticare". Non si tratta, quindi, di eseguire forzatamente dei comandi, ma di abbracciare una logica divina che già si è accolta e fatta propria nella vita in virtù dell'amore che ci lega esistenzialmente a Dio.

 

E' questo il tipo di rapporto che lega il credente a Gesù.

 

Gesù, poi, parla di "miei comandamenti". Il termine greco qui usato (entolé) è lo stesso che viene impiegato per indicare i comandamenti che Dio ha dato a Mosé. Questi comandamenti sono qui qualificati dall'aggettivo possessivo "miei". C'è, quindi, una implicita contrapposizione tra Mosé e Gesù, tra la vecchia Legge e la nuova Legge, che si identifica nella persona stessa di Gesù.

 

Ecco che allora si capisce come il rapporto che io devo avere con questa nuova Legge, che in realtà è una persona, non è di una mera esecuzione formale, come lo era per la legge mosaica, ma di amore, cioè di un'adesione sincera che mi coinvolge esistenzialmente e mi proietta direttamente nella stessa vita trinitaria.

 

E' fondamentale capire questo perché vedremo come i rapporti che legano Padre-Figlio-Spirito e il credente sono identici, cioè è un unico rapporto. Questo significa che quando amiamo siamo automaticamente collocati nella stessa vita di Dio; il nostro non è più un amore umano, ma divino e il nostro vivere assume connotazioni divine, perché Dio vive in noi e ci vive. E' questo il senso che Paolo esprime nella sua lettera ai Galati quando dice: "non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Gal 2,20)

 

Io pregherò il Padre ed egli vi darà ...  i verbi qui usati sono al futuro. E' da chiedersi, allora, perché Gesù non domanda subito a suo Padre il dono dello Spirito per i suoi discepoli, ma lo farà soltanto più avanti? Il motivo è semplice: perché questo Spirito, ora, risiede in Gesù stesso e pertanto non può essere donato. Esso verrà donato soltanto dopo la morte e risurrezione di Gesù. Infatti, soltanto al momento della sua morte, dopo aver dichiarato che "Tutto è compiuto" (Gv 19,30) Gesù "chinato il capo, spirò". La traduzione di quel "spirò" non è corretta. Il testo greco, infatti, dice "restituì lo Spirito". E' proprio, quindi, nel momento della sua morte, dopo aver compiuto la missione che il Padre gli aveva assegnato, che Gesù restituisce lo Spirito, di cui era ripieno, al Padre. Sarà proprio con questo Spirito che il Padre risusciterà Gesù, facendone una nuova creatura; sarà proprio questo Spirito che verrà effuso, poi, sui discepoli.

 

Ma per il momento, finché Gesù deve compiere la sua missione ed è ancora in mezzo ai suoi discepoli, questo Spirito è totalmente radicato in lui e non  può essere ancora donato.

 

... un altro Consolatore perché rimanga con voi: Gesù, quindi domanderà al Padre di dare ai suoi discepoli "un altro consolatore". E' strano come qui si parli di "un altro". Vien da chiedersi, allora: ma quanti "consolatori" ci sono? Ve ne sono due: il primo è Gesù stesso; è lui che fa da intermediario tra Dio e gli uomini e che intercede per essi presso il Padre. Ma quando Gesù non ci sarà più (quando Gesù dice queste cose mancano pochi giorni alla sua morte e risurrezione) ecco che allora ci sarà "un altro consolatore" che, a differenza di Gesù, rimarrà, invece, sempre in mezzo ai discepoli.

 

Questo consolatore, definito, come "Spirito di Verità" diventa ad essere colui che prosegue la missione di Gesù nel mondo. E' la continuazione dell'opera di Gesù. Infatti, questo consolatore "v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà ciò che io vi ho detto" (Gv 14,26) e "mi renderà testimonianza" (Gv 15,26) poiché "prenderà del mio e ve lo annunzierà" (Gv 16,14).

 

Lo Spirito Santo, quindi, altri non è che l'azione del Cristo risorto in mezzo al mondo, che accompagnerà sempre da vicino ogni credente e lo "guiderà alla verità tutta intera" (Gv 16,13). Cosa significa questo? Forse che Gesù non ci ha detto tutto, se c'è bisogno che lo Spirito ci conduca verso la piena verità? No di certo! Gesù è la pienezza della rivelazione del Padre e, quindi, non c'è bisogno dello Spirito che completi la sua rivelazione. Ma la rivelazione che Gesù ci ha portato non è totalmente e immediatamente coglibile; c'è bisogno di tempo. Ecco, allora, che l'azione dello Spirito consiste anche nell'illuminarci così che nel tempo, lungo il cammino della storia, possiamo sempre più addentrarci nel mondo misterioso di Dio. Infatti, lo Spirito è l'intelligenza stessa di Dio che ci fa comprendere realtà che diversamente, con il solo sforzo umano, non sarebbero raggiungibili. Egli quindi ci conduce alla piena comprensione della figura del Cristo, rivelazione piena del Padre e del suo progetto di amore per gli uomini.

 

... lo Spirito di verità ... il testo greco dice "lo Spirito della verità". Di quale verità qui si parla? Gesù stesso si definisce come "Io sono la via, la verità e la vita" (Gv 14,6). Questo Spirito, quindi, definito dall'espressione "della verità" altri non è che lo Spirito di Gesù stesso o se vogliamo, quello Spirito che opera e si manifesta attraverso Gesù.

 

E' uno Spirito che "il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce ". In altri termini, il mondo, che in Giovanni assume sempre una connotazione negativa, perché si contrappone alla rivelazione di Dio in Gesù (Gv 1,10), non è in grado di riceverlo. Infatti "non lo vede", cioè non ha creduto in lui, non si è aperto a lui, per questo non lo conosce, cioè non ha potuto sperimentarlo come, invece, è accaduto per i discepoli.

 

... egli dimora presso di voi e sarà in voi: si noti la diversità dei tempi dei verbi: uno al presente (dimora), l'altro al futuro (sarà). Questo significa che lo Spirito Santo, in quanto pienamente presente in Gesù, già dimora in mezzo ai discepoli, grazie alla presenza di Gesù; ma esso non è ancora nei discepoli perché ciò avverrà soltanto dopo la risurrezione di Gesù (vedi sopra, alla voce: "Io pregherò il Padre ed egli vi darà..."), quando Gesù effonderà su di essi il suo Spirito di verità: "Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: <<Ricevete lo Spirito Santo>>" (Gv 20,22).

 

Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi è il versetto centrale della prima parte (vv.15-21) ed è quello che le dà il senso. In Gesù non opera soltanto lo Spirito, ma anche il Padre. Anzi dire Gesù e dire il Padre è la stessa cosa. Infatti, a Filippo che gli dice "Signore, mostraci il Padre e ci basta" (Gv 14,8), Gesù risponde: "... Chi ha visto me ha visto il Padre ... io sono nel Padre e il Padre è in me" (Gv 14,9.11). Per questo la dipartita di Gesù è anche la dipartita del Padre e, quindi, noi, che siamo suoi figli, rimaniamo orfani.

 

Ma Gesù rassicura i suoi e afferma che non ci lascerà orfani, infatti egli ritorna a noi. Ma in quale modo egli ritornerà a noi? Egli ritornerà a noi attraverso il suo Spirito. Abbiamo, infatti detto prima che lo Spirito è il prolungamento dell'azione di Gesù in mezzo ai suoi e in mezzo al mondo, anzi è l'azione stessa di Gesù che continua a compiersi. Questa Azione divina, dopo la risurrezione, si stabilirà proprio nei discepoli: "... sarà in voi". Quindi, quella di Gesù è una dipartita soltanto provvisoria, poiché dopo la risurrezione egli prenderà definitiva dimora nei suoi stessi discepoli, nella sua stessa Chiesa. Proprio in tal senso, Matteo ci dirà: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20). E' uno Spirito che è presente in ciascuno di noi, è uno Spirito che è presente nella Scrittura e nei sacramenti. E' lo Spirito del Risorto, che ci accompagna sempre lungo il cammino della nostra vita e della storia dell'uomo.

 

Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più ...  quando Gesù sta dicendo queste cose è ormai giunto alla fine della sua vita (mancano soltanto pochi giorni alla sua morte e risurrezione); per questo il mondo non lo vedrà più, perché il Gesù della storia sarà sottratto ai sensi e da essi non sarà più coglibile. Da dopo la sua risurrezione e, ancor più dopo la sua ascensione, Gesù può essere colto soltanto attraverso i "sensi" della fede. Per questo il mondo non lo potrà più cogliere, perché non ha mai creduto e tuttora non crede. I discepoli che, invece, hanno creduto fin dall'inizio, continueranno a vederlo, non fisicamente, ma con la fede. Da dopo l'ascensione di Gesù, infatti, comincia per il credente il tempo della fede.

 

... perché io vivo e voi vivrete in greco per dire "vivere" ci sono due verbi: "Bioo" che significa vivere la vita fisica, trascorre il proprio tempo; e "Zao" che vuol dire vivere la vita, intendendo qui per vita, una vita superiore, elevata e qualificata. Ebbene, qui il termine usato è "Zao", cioè la vita stessa di Dio.

 

Si noti come, anche qui, c'è un verbo al presente (vivo) posto accanto ad uno futuro (vivrete). Il verbo al presente sta ad indicare come questa vita in Gesù è costante e persistente. Egli, infatti, sarà presentato nell'Apocalisse come il "Vivente": "... Non temere! Io sono il Primo e l'Ultimo e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho il potere sopra alla morte e sopra gli inferi" (Ap 1,17-18). Gesù, quindi, vive di una vita divina, che neppure l'uomo, nella sua crudele stupidità, è riuscito a spegnere. Ebbene, anche il credente, proprio perché tale, proprio perché ha accolto la vita divina presente in Gesù, anche lui vivrà della stessa vita divina che pulsa in Gesù. Ciò che garantisce questa vita divina nel credente è proprio lo Spirito, quello stesso Spirito che palpita in Gesù.

 

In quel giorno voi saprete ... questa espressione è strettamente legata al v.16 e ne è una sorta di completamento: "Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore" (v.16); ebbene "In quel giorno voi saprete ..." (v.20). Quindi il sapere e il conoscere del discepolo dipende tutto dal dono dello Spirito, l'unico in grado di condurci alla verità tutta intera (Gv 16,13).

 

Ma che cosa noi sapremo? Conosceremo che "io sono nel Padre e voi in me e io in voi". In altre parole comprenderemo quale tipo di rapporto intercorre tra Gesù e il Padre, tra Gesù e noi e, quindi, di conseguenza, quale rapporto c'è tra noi e il Padre. In altre parole, ci addentreremo nella vita stessa della Trinità. Tutto ciò ci è possibile grazie all'azione dello Spirito in noi. Egli è l'intelligenza di Dio che ci fa capire le cose di Dio e ci aiuta a vederle dalla sua prospettiva.

 

Chi mi ama sarà amato dal Padre mio ... anche qui si noti l'accostamento dei verbi al presente e al futuro: l'amore per Cristo, che si manifesta nel mio impegno di vita verso di lui, è motivo di amore che scaturisce dal Padre. Vediamo, però, come l'amare del Padre è posto al futuro "sarà amato". Perché? Perché l'amore del Padre si attua e si manifesta soltanto attraverso lo Spirito. Quindi soltanto quando lo Spirito sarà posto in noi, noi sperimenteremo l'amore del Padre, un amore che ci colloca nella stessa sua vita, per questo Gesù si "manifesterà a lui", cioè al discepolo che ama. Soltanto l'amore, infatti, creerà tra discepolo e il suo maestro quel feeling che compenetrerà l'uno nella vita dell'altro, così che il credente avrà pieno accesso alla rivelazione di Gesù.

 

... noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui : per la terza volta Giovanni riprende il tema di fondo: "Se uno mi ama, osserverà". Questo lo si è visto al v.15, al v.21 e qui, al v.23. Vediamo come l'osservare è espressione e conseguenza dell'amore. Ma ha anche delle implicanze: al v.21 l'amore del discepolo provocherà, da un lato, l'amore del Padre nei suoi confronti; dall'altro gli sarà concessa la piena comprensione del mistero di Cristo. Ma non solo. Infatti, qui al v.23 vediamo un ulteriore sviluppo delle conseguenze dell'amore del discepolo verso la parola del suo maestro: Padre e Figlio verranno a lui. Il venire del Padre e del Figlio esprime il movimento di amore che trasporta l'amante verso l'amato; mentre il prendere dimora presso di lui dice la profonda compenetrazione tra amante e amato al punto tale che i due formano una cosa sola.

 

Vediamo, dunque, come questo amore, che si concretizza nell'osservare la parola di Gesù, cioè nel conformare la propria vita a Cristo, così che Cristo, un po' alla volta diventi il nostro atteggiamento mentale di fondo, il leit motiv della nostra vita, ci porta gradualmente in un rapporto sempre più profondo e intimo con Cristo e con il Padre, inserendoci di fatto nel ciclo vitale della Trinità stessa, che è ciclo di amore.

 

Tutto ciò è reso possibile grazie allo Spirito; tutto ciò è l'azione propria dello Spirito in noi

 

.... egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto: questo v.26 intende presentare una sorta di carta di identità dello Spirito: innanzitutto viene definito Santo, cioè Spirito che appartiene a Dio e che, anzi, è lui stesso Dio. Ci viene detto da dove proviene: "il Padre lo manderà"; quindi anche lo Spirito, come Gesù, è un inviato dal Padre e frutto dell'azione del Padre. Viene precisato che esso non opera mai direttamente, ma passa per il tramite di Gesù: "manderà nel mio nome". Ci viene detto che cosa fa: "vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà ciò che vi ho detto". "Vi insegnerà" è il verbo proprio del maestro, il verbo che definisce la predicazione stessa di Gesù. Ciò sta a significare che l'insegnamento dello Spirito è quello stesso di Gesù. Infatti, Gesù dirà che lo Spirito "prenderà del mio e ve lo annunzierà" (Gv 16,14). Lo Spirito, quindi, non si inventa niente, ma dà soltanto attuazione a quanto il Padre ha progettato e Gesù a realizzato.

 

L'altra sua funzione è quella di farci ricordare tutto ciò che Gesù ha detto. L'azione che lo Spirito qui compie non è solo una sorta di ricostituente per la nostra memoria, ma anche e soprattutto un far sì che questa memoria si compia in noi.

 

Abbiamo visto più volte come il "ricordare", soprattutto nel mondo ebraico, significa "fare memoria", cioè rendere presente, per mezzo della celebrazione, avvenimenti salvifici compiutesi nel passato. Ed è proprio lo Spirito che "attua" questa memoria, cioè rende presenti in noi e in mezzo agli uomini gli insegnamenti di Cristo, ci aiuta a comprenderli e a compenetrarli sempre più. Se Cristo oggi è vivo ed è presente ancor oggi in ogni credente e nella sua Chiesa e per mezzo nostro ancora opera, ciò è dovuto all'azione dello Spirito che, riprendendo la missione di Cristo, continuamente la attualizza lungo il cammino della storia.