Testi tratti da: "Guida di Locorotondo", di Pasquale Montanaro e Giuseppe Tursi, Bari, Arti Grafiche Angelini,1991.

Chiesa Madre

Questo monumentale edificio, dedicato a san Giorgio martire, venne eretto fra il 1790 ed il 1825 sulla stessa area ove già si erano succedute altre chiese, sempre sotto lo stesso titolo, di cui una menzionata intorno al 1195 ed un'altra, cinquecentesca, demolita per far posto all'attuale. Ciò che più colpisce dell'edificio è certamente il suo aspetto grandioso: all'esterno la sua figura si eleva al centro ed al di sopra delle case; la facciata di gusto neocinquecentesco, ospita nel timpano una raffigurazione in rilievo di san Giorgio con il drago ed ai due angoli, più in basso, le due statue di san Pietro e san Paolo, scolpiti da un ignoto artista locale di fine `700 su modellini di creta forniti da uno scultore milanese. Sulle lesene della cantonata destra ad angolo con via porta Nuova, si possono osservare alcune piccole croci incise; ciò può essere collegato, probabilmente, alla posa della prima pietra e delle reliquie di san Vittorio e san Ruffino quando si diede inizio ai lavori il 19 luglio del 1790. Sempre all'esterno ai quattro angoli del primo ordine del campanile (alto, da terra, ben 47 metri e mezzo) si possono osservare quattro statue lapidee di figure femminili identificate con le tre Marie e la Veronica, qui collocate dopo lo smembramento del polittico della Pietà esistente nella vecchia Chiesa Madre. La cupola centrale (alta oltre 35 metri compresa la lanterna), dal profilo piuttosto schiacciato, era un tempo rivestita con tegole in terracotta invetriata a più colori; danneggiata da un fulmine abbattutosi sulla chiesa nel 1841, esse non furono mai più ripristinate, facendo perdere quel contrasto cromatico fra la cupola ed il resto che doveva rivelarsi assai efficace.
La costruzione si articola su di una pianta a croce greca inscritta della quale però si privilegia l'asse longitudinale dell'ingresso mediante un accentuato prolungamento del presbiterio absidato e di poco rialzato sul sottostante Soccorpo. Ad una certa sobrietà neoclassica degli elementi architettonici si accompagna un corredo figurativo rinascimentale e barocco proveniente, in gran parte, dalla precedente chiesa.
Sulla parete di sinistra, entrando, vediamo aprirsi il cappellone del SS. Sacramento nel quale si conservano due coppie di paraste sulle cui facce sono scolpite, in 42 riquadri, scene dal Vecchio e Nuovo Testamento; queste paraste, insieme all'ormai smembrato polittico della Pietà, ornavano la precedente ed omonima cappella eretta tra il 1591 ed il 1613. Sulla parete dell'absidiola vi è un'Ultima Cena del pittore napoletano Gennaro Maldarelli (del 1841)che ne produsse una pressocchè identica per la Matrice di Mottola (Taranto). Il ricchissimo altare barocco, a commessi marmorei, fu realizzato (assieme a quelli che vedremo più avanti dell'Assunta e del SS. Rosario) nel 1764 nella bottega napoletana del Lamberti.
Ai lati dell'ingresso del suddetto Cappellone vi sono, a sinistra un seicentesco affresco staccato, raffigurante san Donato vescovo, proveniente dalla chiesa inferiore della Madonna della Catena, ed a destra, una settecentesca tela raffigurante Cristo Risorto d'autore ignoto. Accanto troviamo l'altare dell'Assunta, ornato da una tela del Maldarelli del 1838. Appena entrati in Sagrestia, nella stanza a sinistra sono conservate tre antiche tele, databili tra la fine del `600 e l'inizio del `700 d'autore sconosciuto, raffiguranti un Cristo flagellato, il Martirio di san Bartolomeo e L'incredulità di san Tommaso.
Nella nicchia vi è un lavabo barocco in marmo anch'esso superstite dalla precedente chiesa. I busti lignei seicenteschi collocati sopra la porta della Sagrestia raffigurano i santi Vittorio e Ruffino. L'altare maggiore, anch'esso in marmi policromi, è opera dello scultore napoletano Fedele Caggiano del 1861; il grande quadro di San Giorgio, sul fondo dell'abside, sempre del Maldarelli è del 1841. Restando sul presbiterio, nelle due nicchie ai lati dell'altare moderno (tutto il presbiterio è stato modificato negli anni `70) vi sono, in una, la statua lignea di san Giorgio Martire e, nell'altra, una serie di antichi reliquiari. Accanto alla porta d'accesso alla scala del Soccorpo (Cripta) vi è l'altare di san Michele, databile intorno al 1819, con una tela raffigurante la Caduta degli angeli del 1839, sempre del Maldarelli.
Segue lo splendido altare del SS. Rosario del 1764, ove la plastica materia marmorea sale sulla parete come cornice alla grande tela centrale della Madonna del Rosario tra santa Caterina da Siena e san Domenico ed a 15 ovali raffiguranti i Misteri opera del pittore martinese Francesco De Mauro del 1769. Prima di uscire, ai lati dell'ingresso centrale troviamo due nicchie contenenti, una il Battistero in marmo policromo dello scultore napoletano Fedele Caggiano, l'altra, un monumento marmoreo intitolato a Vitantonio Montanaro, fondatore della nuova chiesa, eseguito dalla scultore napoletano Pasquale Ricco. Entrambe le opere risalgono alla metà dell'Ottocento.
La serie di tredici quadri, dislocati sulle pareti in alto in vari punti della chiesa, sono del pittore contemporaneo Onofrio Bramante.
Accanto alla Chiesa madre, sulla sinistra vi è la Chiesa dell'Annunziata.

 

 

Chiesa dell'Ospedale

Detta comunemente di sant'Anna, la cappella si ritiene sia stata edificata nel corso del `500 con il nome di santa Maria dei Martiri. Nonostante la collocazione cronologica finora accettata, è chiara la sua origine più remota. All'interno le volte a crociere ogivali, impostate senza soluzione di continuità su tozzi pilastri, le conferiscono un sapore decisamente medievale. Nella piccola abside è conservato un affresco di Gesù in Trono dagli stilemi tardogotici, mutilo, purtroppo, nella parte superiore perchè in epoca recente, sulla parete soprastante, era stata ricavata una nicchia poi richiusa. Nello stesso punto vi era una tela della Natività della Vergine del pittore martinese Ieronimo de Jesu (metà del `600) scomparsa alla fine del secolo scorso. Allo stesso modo è andato perduto un altro affresco che si trovava sulla parete sinistra. Nel 1880, in seguito all'edificazione dell'Ospedale (1873), la cappella subì profonde modificazioni alla copertura esterna: le originarie e tipiche cummerse incrociate, di cui si vedono i profili, furono sostituite da un terrazzo e l'intero edificio assunse una forma squadrata da cui emergono il campanile e l'abside. In facciata è rimasto l'antico rosone, intagliato nella pietra.
A metà strada del corso XX settembre, sulla destra in piazza A. Moro, sorge in nuovo Palazzo Comunale iniziato nel 1952.

 

 

Chiesa dello Spirito Santo

Stretta tra gli edifici di Corso XX Settembre, la graziosa chiesetta venne edificata, come si legge sul suo ingresso, nel 1683, ad opera dell'arciprete di allora, che la dotava di alcuni beni. Osservando una foto della tipica copertura si vede chiaramente come l'edificio ha subito un lieve ampliamento della parte posteriore, con conseguente arretramento dell'altare, in epoca imprecisata.
All'interno si conserva un'antica tela (ritagliata sicuramente da una originariamente più grande) raffigurante la Discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli di uno sconosciuto pittore tardosecentesco di nome Bruno.
Nella seconda nicchia a destra dell'ingresso vi è la statua lignea, tardosettecentesca, di Sant'Antonio da Padova, proveniente dall'omonimo altare un tempo esistente nella Chiesa della Greca.
Giungiamo così alla sommità del Corso (comunemente detto Stradone) che termina nell'accogliente piazza Dante con a destra la Villa Comunale.
∎ Villa comunale. Intitolata a G. Garibaldi questo piacevole giardino pubblico venne sistemato nel 1860 sulla sommità di una collinetta che anticamente rimaneva appena fuori dalle mura e veniva denominata Mondezzaio dei tre Olmi. Nel 1930 in occasione di alcuni rimaneggiamenti prese il nome di Monte Grappa. Oltre al suo gradevole aspetto il visitatore potrà godere della sua amena posizione, vera terrazza panoramica sulla sottostante Valle d'Itria.
... e sulla sinistra la Chiesa dell'Addolorata.

 
 

Chiesa dell'Addolorata

E' questa la nuova chiesa costruita nel 1858 dall'omonima confraternita, formatasi tra la fine del `600 e l'inizio del `700 sotto il titolo della Vergine dei sette dolori. La precedente sede era costituita dall'oratorio che sorgeva, sovrapposto a quello dell'Annunziata, tra le attuali via Giannone (scendendo a sinistra della Chiesa Madre) e quella che, appunto, è denominata via Addolorata vecchia.
Posto proprio a ridosso dell'ingresso da corso XX settembre alla parte vecchia del paese, l'attuale edificio venne eretto sull'area del vecchio castello, abbattuto nel 1855 per iniziativa di un sacerdote, il quale intendeva far sì che il popolo potesse cancellare il ricordo delle numerose ingiustizie e dei delitti perpetrati nei sotterranei del castello, per tutto il periodo in cui Locorotondo fu sottomesso ai duchi Caracciolo di Martina Franca. Dalle poche fonti, scritte ed iconografiche, possiamo tuttavia tentare una ricostruzione del castello: già menzionato all'inizio del 500, era di forma quadrata, con bastioni angolari quadrati. Era armato di ben 13 pezzi di artiglieria ed aveva al centro una torre più alta e sicuramente più antica. E proprio sotto la Sala delle Armi era collocata la cosiddetta fossa di Luogorotondo come veniva chiamata la prigione sotterranea a cui abbiamo accennato.
La chiesa non presenta alcun particolare architettonico significativo. Al suo interno conserva una serie di statue lignee policrome, alcune tardosettecentesche (Addolorata, san Gaetano, Madonna della Croce) provenienti dalla precedente, altre due, nelle nicchie all'ingresso, sono del 1888 e firmate da un artista locale, Antonio Semeraro; tra queste riveste un certo pregio quella di san Antonio Abate. Nella sagrestia è conservata una piccola statua lapidea smaltata, ancora di san Antonio Abate, antica e di ignota provenienza. All'esterno, agli angoli della facciata si osservano due antiche sculture, forse raffiguranti le sibille Delfica ed Eritrea, un tempo esistenti ai piedi del polittico della Pietà nella vecchia Chiesa Madre.

 
 

Cappella Santa Maria del Soccorso

Il piccolo edificio eretto verso il 1630 dall'allora barone di Locorotondo Gian Giacomo Borrassa con i fondi che in verità gli erano stati affidati da un privato cittadino, affinchè restaurasse l'omonima e più antica cappella, che esisteva a pochi metri dall'attuale. La sua facciata semplicissima è adorna solo di un portale lunettato, al di sopra del quale vi è ancora un cartiglio con lo stemma dei Borrassa, e dal piccolo campanile a vela. All'interno troviamo una tela grande posta sull'altare, raffigurante La Vergine del Soccorso, fatta eseguire in occasione della nuova edificazione dal barone suddetto, ed una piccola di san Vito, proveniente dalla vecchia chiesa dell'Annunziata.
Più avanti, sulla sinistra, ad angolo con via Morelli, ammiriamo una finestra ed un portale di genuino gusto rinascimentale, che campeggiano sulla bianca facciata di un palazzo signorile costruito nella prima metà del `500. Proseguendo sempre per la stessa via, ad angolo con via Eroi di Dogali incontriamo il settecentesco palazzo Comunale.

 
 
 

 

 

Chiesa di San Nicola

Eretta negli anni immediatamente precedenti il 1666 per iniziativa di un notabile locorotondese, la chiesetta risulta stretta dalle alte case circostanti che lasciano in vista solo la scarna facciata, della cui originaria forma a capanna con campanile a veletta rimane ben poco. La struttura architettonica del piccolo edificio è assai semplice, ma originale: un'unica aula coperta anteriormente da una volta a botte e, per il resto, da una cupoletta con tamburo su pennacchi. Ad una tale combinazione corrisponde all'esterno l'innesto di un tetto a falde con il cono di un trullo, entrambi embricati con le consuete chiancarelle calcaree, il cui grigrio ben contrasta con il bianco della calce.
All'interno l'interruzione del cornicione sulla prima arcata, la presenza di una lesione in corrispondenza di esso lungo tutta la curvatura della botte ed alcune diversità di esecuzione della muratura, fanno pensare a momenti diversi di edificazione. Il piccolo ambiente sopraelevato, in corrispondenza della seconda arcata destra, era destinato a sagrestia e probabilmente, essendo aperto, fungeva anche da cantorìa. Questo e l'attiguo braccio a destra dell'altare, avevano un tempo una diversa altezza e di conseguenza due tetti distinti all'esterno perpendicolari all'asse della chiesa.
La superficie interna è in gran parte occupata da una ricca decorazione pittorica che segue una precisa divisione tematica: all'imposta della botte troviamo dieci riquadri (cinque per lato) con scene della vita e dei miracoli di san Nicola di Mira e, al di sopra, un teoria di angeli musicanti; sui pennacchi sono rappresentati i quattro Evangelisti, tra cui vale la pena notare il San Luca, pregevole per la inconsueta versione iconografica: questa vuole, infatti, che il santo venga raffigurato mentre ritrae una Madonna con Bambino in quanto risulta l'unico nei Vangeli che si soffermi a parlare di Maria. Ma al di là del fatto allusivo, ciò sembra corrispondere alla tradizione diffusa dai primi cristiani secondo la quale San Luca avrebbe effettivamente dipinto la prima immagine della Madonna, la cosidetta Hodigitria di Costantinopoli, in cui il bambino compariva sul braccio sinistro della Madre, così come nella raffigurazione del nostro pennacchio. Nei quattro scomparti del tamburo trovano posto scene di vita eremitica e, sull'intradosso della cupola, una serie festosa di cherubini ruotanti attorno all'Eterno Padre raffigurato con il classico globo terracqueo ed in atto benedicente. L'unico altare esistente è ornato da una edicola a timpano spezzato, di gusto tardo cinquecentesco, nel cui riquadro sono raffigurati san Nicola e sant'Antonio da Padova in adorazione del SS. Sacramento; la scena è completata in basso da un piccolo angelo che reca tre sfere d'oro, simbolo del santo di Mira. Infine ricordiamo, sempre sulla botte, la piccola balaustra circolare dipinta a trompe-l'oeil, ovvero a visione prospettica, entro cui è posta una colomba. Questa considerevole produzione pittorica può essere datata in parte negli anni immediatamente successivi all'edificazione, in parte (pennacchi, cupola e quadro dell'altare) tra fine `700 ed inizi `800.
Sotto la seconda arcata di sinistra è collocato un basso rilievo in pietra della Crocefissione molto più antico della chiesa (la copertura policroma è più recente), e che mostra di essere stato tagliato in più parti; ciò avvalora una notizia riportata da uno storico dell'Ottocento secondo il quale esso venne ritrovato in una grotta nei dintorni di Locorotondo.
Proseguendo, sbucheremo nella piazza Fra G. Andrea Rodio dominata all'imponente facciata della Chiesa Madre.

 

Chiesa dell'Annunziata

Venne eretta agli inizi dell'800 sul luogo di un precedente ed omonimo oratorio risalente al 1633. L'attuale edificio ingloba nella parte posteriore del presbiterio un ambiente coperto da una bassa volta a botte, il quale costituisce la parte terranea superstite dell'antico Ospedale costruito verso il 1560.
Il piano sovrastante questa parte era un tempo la vecchia chiesa della Addolorata; successivamente, nel 1872, ospitò il primo asilo infantile del paese. Oggi è sede di mostre e di altre iniziative culturali.
All'interno della chiesa si conservano alcune statue in legno ed in cartapesta; tra le prime, più antiche, ricordiamo quella dell'Annunziata, dell'Addolorata e dei sei Misteri della Passione di Cristo.
A destra della Chiesa Madre, invece, per via Dura e poi per via Aprile ci inoltreremo in quella che è ritenuta la parte più antica dell'abitato, ove i vicoli si incuneano stretti tra le case. Da largo Bellavista, gradita e inaspettata sosta panoramica sulla prospiciente valle d'Itria, attraverso via Garibaldi, incrociamo via Porta Nuova, che prende il nome dell'altro vecchio ingresso al paese, una volta detta di Lecce o di santo Scianno (san Giovanni). Questa strada corrispondeva all'antica via Maggiore che divideva in due il paese. Risalendo da questa ci infileremo nelle anguste via Camerette e via Addolorata Vecchia che girano tutt'intorno al perimetro della Chiesa Madre sbucando infine su via Giannone, da dove proseguiremo a destra per discendere l'ampia scalinata che ci porterà ad incrociare via Cavour. A destra s'impone alla nostra attenzione l'edificio monumentale più importante di Locorotondo: la chiesa della Madonna della Greca.

 

Chiesa Madonna della Greca

Sull'origine di questo splendido edificio non si hanno notizie certe; il primo riferimento documentario risale ad appena il 1520, mentre è, invece, evidente da una serie di elementi che la sua fondazione sia avvenuta molto tempo prima.
Ha un impianto basilicale a tre navate di cui la centrale, composta da quattro campate, con volte ogivali a crociera costolonata, e le due laterali da mezze botti rampanti ed unghiate. La volta a semibotte è propria delle chiese pugliesi a cupola in asse, che ebbero diffusione nel XII e nel XIII secolo. Tuttavia i due sistemi sono presenti accostati molto raramente, nella chiesa di san Benedetto a Brindisi ed in quella di santa Maria de Colonna a Trani.
I pilastri polistili presentano anch'essi una serie di caratteristiche, oltre alla differenza di altezza e di composizione: le basi sono classicheggianti con ornamenti di protezione in rilievo (fiori, animaletti, conchiglie) negli angoli; i fusti delle semicolonne sono privi di apofige, ovvero di quello sguscio di raccordo alle due estremità; i capitelli sono un compendio di motivi classici, (volute, cornucopie, scanalature) figurine varie (putti, sirene, bifide, corpi d'uccello con volti umani) ed altri elementi del mondo animale e vegetale. Al di sopra essi sono completati da aggettanti cornici intagliate in vario modo. All'esterno, il portale lunettato rinascimentale presenta due capitelli probabilmente di altra provenienza che dimensionalmente mal si combinano con il resto. La porta a lunetta rialzata, murata sul lato sinistro della chiesa, è chiaramente di tipo medievale. Il suo orientamento collegato alla parete interna messa di fronte ad essa e recante un frammento d'affresco potrebbe far pensare ad un nucleo primitivo più piccolo con asse ruotato di 90 ° rispetto all'attuale. A questa costruzione se ne aggiunse un'altra in un periodo a cavallo tra la fine del `300 e l'inizio del '400 a giudicare dalla prevalenza della maniera costruttiva gotica. Ha una facciata molto semplice, a capanna con spioventi laterali, secondo la tripartizione interna; nei secoli essa ha subito alcune modificazioni come si può osservare in una veduta settecentesca dell'architetto e pittore francese J.L. Desprez, il rosone attuale è opera recente (1981) del maestro locorotondese Domenico Rosato, un leggerissimo traforato realizzato sul modello di quello della cattedrale d'Acquaviva delle Fonti. In alto nella posticcia cornice campeggia un piccolo rilievo di scarso valore; esso ricorda l'affidamento della chiesa alla nascente Confraternita di san Rocco, che nel 1893, convinta di prendersi cura del sacro edificio, l'alterò in più parti. Venne in tale occasione decorato a vari colori l'interno, disfatto il cimitero antistante la chiesa (gran parte dei lastroni tombali sono oggi visibili sul tetto) e distrutto l'antico rosone; le due statue, assai logorate dei santi Pietro e Paolo, all'estremità della facciata, già all'ingresso del suddetto cimitero, provengono da un trittico esistente nell'abside della vecchia Chiesa Madre. Sempre all'esterno uno sguardo alla tipica copertura a cummerse incrociate dalla bella ed articolata disposizione delle lastre calcaree (chiancarelle). Oltre alla ricchezza di motivi presenti sui capitelli, la chiesa conserva al suo interno una preziosa testimonianza della scultura rinascimentale pervenuta fino a questa estremità della provincia meridionale. Primo fra tutti si impone il Polittico dell'altare centrale intitolato alla Madonna delle Rose (la mensa è posteriore) con le immagini (da sinistra) di santa Lucia, san Pietro, la Madonna con il Bambino. san Paolo e sant'Oronzo (o san Donato). Al di sopra dei bassorilievi dei quattro Evangelisti e, nel timpano, la consueta immagine dell'Eterno Padre benedicente. L'impostazione architettonica è anch'essa molto buona nonostante alcune incongruenze proporzionali o quelle dovute a sicure manomissioni. Accanto a questo sorge sulla destra, nel vano un tempo adibito a coro, il prezioso e splendido bassorilievo della Deposizione nel Sepolcro formante con quattro colonnine dal fusto riccamente decorato con testine di angeli e tralci di vite, un altare composto in epoca moderna. In origine è molto probabile che questa lastra scolpita ornasse il paliotto della mensa originale posta sotto il suddetto polittico.
Nel nicchione posto sud fondo della navata sinistra vi è il gruppo scultoreo di san Giorgio (1559) che insieme a tutto il cassettonato proviene dall'antica e omonima cappella che sorgeva nella vecchia Chiesa Madre. Il gruppo quindi completato da una sottostante mensa in forme barocche, venne qui montato nel 1794. Accanto a questo altare è posta una statua di un notabile personaggio in atto di preghiera, del quale nonostante la dicitura PIRRUS TARENT. PRINC. P.S.D. FF è dubbia l'identità: potrebbe egli essere Pirro del BalzoOrsini, principe di Altamura, ritenuto per tradizione colui che nel 1480 fece costruire la chiesa; oppure Ottaviano Loffredo, barone di Locorotondo verso la metà del '500 e probabile committente del polittico, visto che il piccolo stemma messo al centro del fregio dello stesso è proprio di quella casata. Sul tratto murario della navata centrale si intrevede ancora un frammento d'affresco, di una Madonna con Bambino, forse fulcro della primitiva costruzione, avanti a cui sempre nel corso del `500 fu eretto un ciborio in pietra formato da un padiglione piramidale su quattro colonnine, delle quali restano alcuni frammenti scanalati ed i quattro accostati al paliotto della Deposizione. Inoltre attorno all'immagine suddetta vi erano a mo' di cornice tredici riquadri a bassorilievo di cui nove sono tuttora collocati sulla parete a sinistra dell'ingresso.
La zona retrostante la parete con affresco, era un tempo completamente chiusa, con accesso dal coro, e serviva da sagrestia; il suo tratto murario esterno, come si vede, è stato ricostruito nel corso di un restauro risalente agli anni `60 quando vennero rimosse alcune superfetazioni. La statua lapidea posta sotto questa arcata è della Madonna delle Grazie e proviene dall'omonima cappella esistente nella distrutta Chiesa Madre.
La piccola acquasantiera a conchiglia posta subito dopo ci ricorda che l'arcata corrispondente era fino a gran parte del '700 un ingresso secondario che dava sul cortile pergolato adiacente la chiesa e comunicante con l'abitazione annessa. La chiesa così com'è oggi appare completamente spoglia di qualsiasi arredo sacro o accessorio; un tempo era ricchissima di ex-voto, di suppellettili sacre, tenuto anche conto che dalla metà del `500 sino alla fine dell'Ottocento tutte le nicchie perimetrali ospitavano ciascuna un altare. La loro distruzione ha significato la perdita delle opere d'arte che l'ornavano.
A sinistra della scalinata di via Giannone, poco più avanti troviamo la chiesa del Protettore del paese: san Rocco.

 

Chiesa di San Rocco

La prima menzione che si ha di una chiesa sotto questo titolo e nello stesso luogo ove sorge quella attuale, risale al 1568. Si trattava poco più di una cappella posta fuori delle mura, di circa sette metri per quattro, coperta da una lamia a spiculo, cioè da una volta a crociera e dalle caratteristiche architettoniche locali.
L'introduzione e la diffusione del culto di san Rocco a Locorotondo e la conseguente fondazione di una chiesa in suo onore si vuole siano avvenute in seguito allo scampato pericolo di un contagio da una epidemia di peste scoppiata tra il 1690 ed il 1691 in alcuni paesi costieri poco distanti da qui. Questa ipotesi comporta, però, una discordanza di date visto che una chiesa dedicata al Santo esisteva da almeno un secolo. Secondo una credenza popolare, invece (sopravvissuta nella vicina città di Ceglie Messapica e raccolta dallo studioso Scatigna-Minghetti), pare che tutto ciò sia dovuto all'iniziativa di un devoto locorotondese, il quale avrebbe avuto una visione di san Rocco, presso una cappellina, sulla via del ritorno da un pellegrinaggio che l'uomo aveva compiuto presso la chiesa del Santo in quella città.
Nel 1804 la primitiva chiesa venne demolita per far posto alla nuova, a croce greca cupolata ed absidata, dalle forme più classiche. Dopo circa un settantennio (nel 1872) il nuovo edificio venne alterato con un avanzamento della parte anteriore di pochi metri oltre il filo stradale di via Cavour, allora detta Borgo San Rocco. Ciò, se da un lato procurò un lieve aumento di spazio all'interno e la conseguente possibilità di erigere una cantoria giusto sopra l'ingresso, dall'altro significò la perdita dell'originaria facciata e, con essa, delle quattro statue degli Evangelisti qui collocate dopo lo smembramento del cinquecentesco polittico liteo della Pietà, esistente nella vecchia Chiesa Madre.
Lo storico locorotondese Angelo Convertini (1771-1831), parlando della nuova chiesa di san Rocco, ovviamente prima dell'ampliamento del 1872, la descrive costruita sul modello della Rotonda di Roma (Pantheon).
E' ovvio, che non potendoci essere alcuna similitudine con il celebre edificio a livello planimetrico, lo storico ha sicuramente inteso riferirsi alla veduta frontale dell'edificio che si ha scendendo dall'attuale Corso Umberto I. Di conseguenza possiamo immaginare che la facciata del 1804 fosse caratterizzata da uno schema classico a timpano impostato su un colonnato, il tutto di altezza inferiore all'attuale, in modo da lasciare in vista la retrostante cupola su tamburo.
All'interno sono da vedere: a destra dell'ingresso una tela del 1854 raffigurante san Rocco fra gli appestati, del pittore locorotondese Antonio Vito Semeraro; più avanti, sempre a destra, vi è una tela settecentesca di san Francesco da Paola e di fronte un'immagine di santa Irene sullo sfondo di una città costiera. Ai lati del presbiterio troviamo due statue in pietra smaltata, di fattura settecentesca di sant'Eligio e sant'Oronzo. Nella nicchia sovrastante l'altare è collocata la statua lignea di san Rocco, scolpita a Napoli nel 1792.
Proseguiamo sempre per via Cavour fino al piccolo largo di Bonifacio, dove, a sinistra, si conserva un tratto di strada con antiche case a cummerse che costituivano l'antico borgo sorto lungo la via che uscendo dalle mura conduceva, attraverso largo san Pietro, verso la chiesa della Madonna della Catena.

 
 
 

Chiesa Madonna della Catena

Una prima chiesa venne costruita, quasi certamente, nel 1597 in seguito alla diffusione di una voce secondo la quale in quel luogo doveva trovarsi l'accesso ad una grotta ove si custodiva un'antichissima raffigurazione della Madonna. Man mano che la notizia richiamava un gran numero di persone, si diffondeva anche la voce di miracoli e di grazie che nel frattempo sembravano avvenire. Il clero del tempo, assecondando la devozione popolare, ordinò uno scavo nel punto indicato in cui venne effettivamente scoperto l'accesso ad una grotta che, però non conteneva alcuna immagine sacra. Nonostante ciò l'affluenza del popolo era tale che alla fine si decise di erigere una vera e propria chiesa, essendo divenuto quel luogo venerabile. Il primitivo edificio, una Cappella grotta, era quasi per intero scavato nella roccia, aveva due altari e vi si accedeva per due scale di una decina di gradini ciascuna. L'unica parte costruita in muratura era costituita dalla volta e dal tetto, che assieme ai due ingressi alle scalinate doveva elevarsi di un paio di metri sul piano stradale di allora (corrispondente all'attuale piazzale sottostante a destra dell'odierna chiesa). Poco tempo dopo la sistemazione della chiesa, nell'anno 1600 venne eretto l'edificio che tuttora esiste e che doveva servire come ospizio ai pellegrini ed abitazione per coloro che si prendevano cura del santuario. Poichè l'altare di quella prima chiesa venne ornato da un quadro raffigurante la Madonna con la catena al collo, da allora essa assunse tale titolo.

A causa dei danni provocati dalla forte umidità, quel quadro fu ben presto sostituito da una nuova e più grande icona raffigurante la Madonna con quattro santi, anch'essa andato perduto. Nel 1790 furono scoperte altre grotte che dalla cappella sotterranea si dipanavano ancor più in profondità e che almeno in parte ancor oggi esistono. Nel 1866 la chiesa divenne proprietà del Demanio; nel 1886, ormai in gran parte crollata venne acquistata da un privato cittadino che a sua volta la cedette nel 1890 ad un sacerdote, il quale si impegnò affinchè la chiesa potesse essere riaperta al culto. Così nel 1897 ad opera della signora Angela Sforza, venne eretto un nuovo santuario, costituito da una nuova cappella-grotta e da una chiesa superiore. Quella inferiore, tuttavia inglobò parte dell'antica chiesetta, tuttora visibile. In concomitanza con tale rinnovamento venne istituito anche il culto dei santi Medici Cosma e Damiano per i quali oggi la chiesa è anche nota.
La chiesa superiore è composta da un unico grande vano a croce greca, appena leggibile, cupolato ed absidato. Il presbiterio fino a qualche decennio fa era arricchito da un vecchio altare; sull'abside è conservato un frammento d'affresco raffigurante la Madonna della Catena; nella piccolissima sagrestia si conserva murato un frammento di nicchia proveniente dal polittico della Pietà nella scomparsa chiesa Madre del `500.
Dalla stessa sagrestia si scende per una scala nella Chiesa Inferiore. In questa distinguiamo la residua parte antica da quella nuova, regolare, avente i sostegni angolari dei quattro grandi archi strutturalmente coincidenti con quelli superiori. Di particolare effetto virtuosistico è la grande volta a vela fortemente ribassata. In essa si scende anche da un piazzale esterno. In questa si conservano, oltre al recente altare del Crocefìsso, un altro tardosettecentesco, sulla cui parete è postauna nicchia rinascimentale incorniciata da eleganti lesene ornate a candelabra ed una statua della Madonna con Bambino, in pietra policroma, il tutto proveniente dalla vecchia Chiesa Madre del `500. A destra di questo, al di sopra di una rudimentale mensa di altare si intravvedono tracce di antiche pitture murali raffiguranti forse un san Biagio. Da qui venne asportato il san Donato conservato, oggi, nella Chiesa Madre. Della vecchia Cappella-Grotta, oltre alle due pareti superstiti ed all'immagine, si conservano le acquasantiere sullo scalone ed un piccolo tondo a bassorilievo della Madonna col Bambino murato sulla porta d'ingresso esternamente al suddetto scalone.