Ma lui subito ci ride su: «Il Festival di Sanremo è un grande gioco di società al quale tutti noi ci sottomettiamo con il sorriso sulle labbra». Enrico Ruggeri arriverà all’Ariston dopo aver vinto due volte e convinto tante altre. Sarà in gara con il brano La notte delle fate che è un bel rock tosto come il suo alla vecchia maniera, quando metteva poesia su di una nervatura di chitarre quasi punk.
Probabilmente non vincerà un’altra volta perché «il televoto premierà chi da quel meccanismo ha tratto base della propria carriera». In poche parole, chi è uscito dai talent show come Valerio Scanu o Marco Mengoni. Però Ruggeri vincerà sul medio o lungo termine perché il brano funziona, ha gli incastri giusti e un ritornello che prima o poi ti prende. In più c’è anche il disco intero, il suo ventinovesimo, che si intitola La ruota e uscirà la prossima settimana. In queste dodici canzoni lui, che è un volpone, ha abbassato il livello acustico della voce per esaltare quello dei suoni: così si toglie «una certa patina italiano cantautorale».
E il risultato, così senza giri di parole, è un gran bel disco, complesso ma godibile con brani come Io conosco il rock’n’roll che sono piccole lezioni a chi, ragazzino, vuol prendere la chitarra e alzare il volume. Insomma, Enrico Ruggeri, che ha cinquantadue anni, dalla tv ci ha guadagnato. Ha successo come presentatore su Italia Uno anche se «sono l’unico che al mattino alle dieci non ha l’ossessione dell’Auditel». Si sente, in poche parole, assai tranquillo e senza dubbio questa serenità si riversa non solo sulle canzoni ma anche, probabilmente, su tutta la partecipazione al Festival. Innanzitutto, il suo direttore d’orchestra sarà la sua compagna Andrea Mirò che, non per nulla, «è il direttore d’orchestra più bravo che conosca».
E poi gli ospiti per la serata dei duetti saranno i Decibel, cioè la band che lo accompagnò nel suo primo Sanremo con il brano Contessa. «Non ci siamo visti per vent’anni. Ora uno di loro fa il viceprimario, l’altro ha una ditta». Piccolo amarcord. Grande Ruggeri (e dai diciamolo, ce ne fossero di artisti così).