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Report

«Mettiamo che uno voglia prendere il treno e che i biglietti vengano messi all’asta, quello partecipa, vince e..sale sul treno ma il suo posto è già occupato da qualcun altro che il biglietto non ce l’ha, ma può continuare a star lì». Questo il promo della trasmissione di Rai3, Report, che ha incuriosito milioni di persone.
Chi non si arrabbia se qualcuno è seduto senza biglietto nel nostro posto acquistato regolarmente? Che sia in treno, in teatro, al cinema o come in questo caso in televisione. Come in televisione? Non non esistono i posti in televisione: ognuno la vede da cosa propria. Forse per noi telespettatori non esiste chi può rubarci il posto in prima fila, ma per chi è proprietario di una televisione questo rischio c’è. E’ il caso di Europa 7, televisione privata dell’avezzanese Francesco Di Stefano, che nonostante abbia il biglietto del treno, ovvero la concessione a trasmettere, non ha le frequenze per andare in onda che sono occupate da Rete4. Nel 1999 dopo anni di discussioni e due leggi che regolano il settore televisivo venne indetta una gara per le concessioni delle frequenze. A vincere sono state quasi tutte le emittenti nazionali già operanti, alle quali si aggiunge una rete locale, Europa7. Il progetto con cui ha vinto, ottiene il massimo punteggio per la programmazione di qualità, davanti a Rete4 nella classifica totale. Studi pronti ed investimenti per miliardi di lire. Ma le frequenze non vennero assegnate subito, così quelle reti che già erano operanti continuavano a trasmettere, mentre Europa7, vincitrice ma non ancora assegnataria delle frequenze, resta fuori. Bisognava aspettare il piano di assegnazione del governo. 
Un piano che non è mai arrivato. Ma in compenso è arrivata la legge Gasparri sulle telecomunicazioni. A seguito della legge è arrivata anche una chiara sentenza della Corte di Giustizia Europea: «il sistema televisivo in Italia non è conforme alla normativa europea che impone criteri obiettivi, trasparenti e non discriminatori nell’assegnazione delle frequenze». 
La Corte di Giustizia Europea ha condannato infatti l'Italia a una multa di 350 mila euro per ogni giorno di ritardo nell'applicazione della direttiva europea a partire dal 1 gennaio 2009 (circa 130 milioni di euro all'anno) se Rete 4 non abbandonerà le frequenze analogiche in favore di Europa 7 vincitrice della gara di assegnazione. La sanzione verrà calcolata con effetto retroattivo fino al 1 gennaio 2006. Questa forse è stata la vittoria più grande dei legali di Europa7 che dal 1999 sono stati impegnati su tutti i fronti: dalla Corte di Cassazione al Tar, dal Consiglio di Stato alla Corte di giustizia Europea. Tutte le sentenze sono state a favore di Europa7 e a pagare la multa saranno i cittadini italiani. Come se in treno un signore seduto vicino a noi nello scompartimento fosse multato perché senza biglietto, e tutto lo scompartimento dovesse pagare la multa facendo una colletta.
Grande protagonista di tutta questa storia è la politica. O meglio un intreccio tra politica, stampa e comunicazione. Pluralismo sì, anzi no. Un vicenda piena di palesi contraddizioni legati alle ambiguità delle leggi. Basta una parola “giusta” in una legge per lasciare Rete4 al suo posto e Europa7 fuori. Parole ed escamotage che Giuliano Amato ha definito: «da orgasmo per i giuristi». Che i legislatori fossero dei maghi con le parole è noto a tutti, ma quello che viene registrato dai giornalisti di Report sembra avere in connotati di una “truffa”. In primis ai danni di Francesco Di Stefano, in secondis ai danni dei cittadini. Una sequela di sentenze, leggi ad hoc, decreti urgenti sono i fili di una maglia che la redazione di Report ha cercato di prendere uno ad uno per trovare il bandolo della matassa. Per ricostruire da capo la storia, Bernardo Iovene, giornalista titolare dell’inchiesta, ha scomodato personaggi illustri della politica e dell’azienda di Silvio Berlusconi: da Giuliano Amato a Oscar Mammì, e poi Antonio Maccanico, Salvatore Cardinale, Fedele Confalonieri, e Paolo Romani. Tutti i politici dell’epoca intervistati da Iovene hanno concordato su un punto: sarebbe stata una spartizione di televisioni a livello partitico ad accontentare tutti. Così furono dati più poteri al direttore della Rai che all’epoca era della Democrazia Cristiana, Rai3 fu data in mano al Partito Comunista e così Berlusconi mantenne le 3 reti private. Una situazione quella di Berlusconi, che secondo la Corte di Cassazione, avrebbe configurato una posizione dominante nel panorama della comunicazione italiana.

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