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Che tempo che fa

Il primo ospite è Enzo Iacchetti. Da febbraio sarà in tour teatrale a presentare il suo cd “Chiedo scusa al signor Gaber”. Festeggia in questo periodo i suoi trenta anni di carriera e ricorda di come lui e Fazio si sono conosciuti proprio in quel periodo (Iacchetti aveva 27 anni e Fazio 15). Era molto legato a Gaber (che considera assieme a Jannacci il suo maestro) e vi ha collaborato nei suoi ultimi anni di vita. Pensava fosse brutto fare un album su Gaber subito dopo la sua morte e così ci ha messo qualche anno per decidersi a farlo. Gaber sarà insostituibile come tutti i grandi e non avrà mai successori; ma è una cosa apprezzabile interpretare e tenere in vita la sua opera.

L’altro ospite è Roberto Maroni, ministro degli interni ed esponente della Lega Nord. Per Maroni «la criminalità mafiosa non è un fenomeno locale o territoriale» del Sud, ma «è ampiamente diffusa in altre aree dell’Italia e non solo». Maroni ha parlato di «una sfida» per tutta l’Italia onesta nello sconfiggere le mafie. «Un cancro che si può estirpare», ha aggiunto Maroni «perché si può vivere meglio di ora senza la criminalità organizzata». Che, «crea legami perversi con il mondo delleimprese, della finanza e talvolta della politica», insomma con tutte le attività «dove ci sono i soldi». Conosco Roberto Saviano  – aggiunge ancora Maroni -– che ha grandi meriti per aver divulgato queste realtà, di Caserta e dei Casalesi, dove c’è una concentrazione effettivamente forte, addirittura un soffocamento della civiltà, ma – ha aggiunto il titolare del Viminale – purtroppo la criminalità è ampiamente diffusa in altre realtà italiane e non solo». Una tesi tra l’altro ribadita dallo stesso Saviano nel suo best-seller «Gomorra», che proprio qualche settimana fa al settimanale Panorama aveva definito Maroni «il miglior ministro degli Interni di sempre», pur auspicando che tra le misure da adottare il governo ponesse più attenzione agli aspetti legislativi oltre che agli aspetti di ordine pubblico, nel contrastare le mafie. Oltre alle misure di tipo militare e poliziesco serve per Maroni «una ribellione, una rivolta» contro la mafia. «Senza atti eroici – ha precisato – ma attraverso ad esempio anche la semplice denuncia di un tentativo di estorsione, confidando nelle forze dell’ordine e nella magistratura», evitando così di essere costretti a vivere sotto la cappa dell’oppressione. 

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