Il primo ospite della serata è Gino Strada che parla del rapimento di tremedici nell'ospedale che Emergency gestisce in Afghanistan. In realtà si dice che siano stati arrestati con l'accusa di aver architettato un piano per assassinare il governatore di una regione afghana. Inoltre sarebbero state trovate delle armi nell'ospedale. Strada dichiara che è piano fatto dallo stato afghano per screditarli e farli andare via anche perchè un ospedale oltre a curare le persone per forza di cose ha anche una funzione di testimonianza. Quello che testimonia è che si ha di fronte una guerra e non una missione di pace e questo da fastidio.
Quasi tutta la puntata è invece dedicata a Roberto Saviano. E' nelle librerie pubblicato da RaiTrade un cofanetto con un libro e dvd intitolato "La parola contro la camorra". L’autore di Gomorra, che ha squarciato il velo di tenebre sulla camorra dei Casalesi e non solo, tradotto in 57 paesi (ultimo, la Georgia), alla fine della conversazione conFazio ha mostrato una maglia numero dieci del Barca. Con tanto di dedica autografata. Firmato: Lionel Messi. A quel punto, Saviano si è alzato in piedi e ha fatto un toccante monologo sulla Pulce. Lo scrittore è partito dal culto di Diego Armando Maradona e così nello studio è improvvisamente calata la storica voce del telecronista argentino Morales che tenta di raccontare il Gol (con la maiuscola) che El Diego infilò alla perfida Albione partendo dalla propria metà campo. I dribbling di Maradona sono più veloci delle parole di Morales e il telecronista è costretto a un colpo di genio: riassume con un semplice ta-ta-ta-ta-ta gli ultimi metri di quell’azione eterna. Piantata questa lapide all’inizio del monologo, Saviano ha poi raccontato la vita di Messi. Come la bella di Torriglia, tutti lo vogliono ma lui si nega. Roberto Saviano, che con il suo libro Gomorra ha raggiunto fama e celebrità proiettando in tutto il mondo l’immagine di una Italia di mafiosi e camorristi come se tutti vivessimo alla periferia di Napoli, pare sia stato uno degli uomini più ricercati d’Italia. Comincia con Veltroni, confermando da un lato l’inadeguatezza di Veltroni a guidare quello che era il maggior partito italiano e dall’altro il poco amore per il segreto dello scrittore napoletano: «Quando Veltroni mi ha chiamato nel suo ufficio al Campidoglio, abbiamo parlato a lungo di mafia e appalti. Mi disse che quello sarebbe stato uno dei primi punti della sua agenda». Per essere onesti, non sembra, dal racconto, che Veltroni gli abbia offerto mai nulla, ma solo che sia stato un po’ avventato nel tentativo di compiacere il famoso scrittore. Promessa mantenuta? Chiede il giornale. Saviano giudica: «Non mi sembra. Ma il Pd è in buona compagnia. Purtroppo, la lotta alla mafia è la grande assente di questa campagna elettorale, a sinistra come a destra». Non gli si può dare torto quando individua un grande errore della sinistra: «Dare sempre per scontato che la mafia stia dall’altra parte. Il complesso di superiorità applicato alla criminalità organizzata. Credersi immune dalle infiltrazioni, pensare che questo sia sempre e solo un problema degli altri». Gomorra l’ha reso uno dei volti e dei nomi italiani più noti anche a livello internazionale. In questi giorni sfiorerà il traguardo di sei milioni di copie vendute. L’autore oggi è un eroe della lotta al potere mafioso, forse non aspira al posto di Maroni, ma a quello di giudice supremo dell’etica politica certo sì: «Fausto Bertinotti mi ha fatto arrivare una proposta tramite l’assessore regionale campano Corrado Gabriele. [e se fosse stata una iniziativa locale?] Io ho molto apprezzato il lavoro di Forgione alla commissione antimafia, ma credo che anche la sinistra debba fare outing, e ammettere di non essere stata così rigorosa nell’allontanare gli affaristi collusi con la mafia». La lista dei pretendenti non finisce qui. «Alleanza nazionale mi ha mandato messaggi di apprezzamento. Persino l’Udeur prima che si dissolvesse». Dichiara di essere cresciuto in una terra dove Pci e Msi stavano dalla stessa parte, contro la camorra. Conclude: «Vorrei tanto che il centrodestra riprendesse i valori dell’antimafia, quelli che aveva Giorgio Almirante e che avevano ispirato Paolo Borsellino. Li vedo trascurati, nonostante una base che al Sud ha voglia di sentirli affermare». Affascinante l’accostamento tra Almirante e Borsellino, solo perché il giudice ucciso dalla mafia e icona della sinistra era iscritto al Fuan. Saviano spiega di avere scritto Gomorra perché voleva fare un libro che davvero cambiasse le cose: «All’inizio, la camorra lo ignorò. I miei problemi cominciarono verso le centomila copie. La gente pensa che io sono come Salman Rushdie, colpito da una fatwa della camorra. Ma non è così. Lui rischia per quel che scrive, io perché mi leggono. Non è Saviano ad essere pericoloso, ma Gomorra e i suoi lettori».