Il primo ospite della serata è Antonio Tabucchi. Nove storie compongono la nuova raccolta di racconti di Antonio Tabucchi pubblicata da Feltrinelli, «Il tempo invecchia in fretta». Nella misura del racconto Tabucchi è tra i maestri, e la conferma ci giunge anche da questo libro che accresce una già ricca e varia attività di narratore, traduttore e finissimo letterato sino dai tempi del sorprendente «Piazza d'Italia» nel '75. Nelle patrie consuetudini critiche si è sedimentata l'dea di un Tabucchi narratore sofisticato e iperletterario che s'affida al potere della finzione per introdurla nel tessuto della più palpabile realtà. Ma «Il tempo invecchia in fretta» si apre anche su altre direzioni che quasi smentiscono il dato più sopra ricordato. Si può partire da quel fenomeno che Tabucchi stesso definisce, nell'ultimo racconto del volume, «Contro tempo» che salta l'assurdità del viaggio e, quindi, l'invecchiamento misterioso del tempo che ci segue, ci precede e infine ci annulla. Si prenda poi «I morti a tavola» che è un breve capolavoro anch'esso di viaggio, contemplato però da un punto fermo, da un angolo di sosta che Tabucchi non dice, ma immagina dentro l'atmosfera di una Germania nella quale il viaggiatore cerca un Obiettivo (ecco Tabucchi!) dopo aver provato nostalgia per il muro abbattuto e distrutto. Quale ragione presiede ad un tale modulo di scelte? Forse, la ragione dell'illusione, cioè di quel tanto di immaginato che sempre si sottende alla variazione fantastica dei rapporti, dei luoghi, delle voci, e dei caratteri. «Sostiene Pereira» del '94 impose questo modulo affidandolo proprio al Tempo, al suo esserci e al suo inevitabile scivolar via. «E se giocassimo al gioco del se?» propone lo zio nel racconto «Clof, clop, cloffete, cloppete» (che non è una citazione palazzeschiana!): un racconto tutto tessuto di accenni sussurrati, infatti, e intesi da lontano, compensati dal buio e dell'ombra, racconto tenue ma rigorosissimo nelle sue varie parti simboliche e drammatiche. Parti che poi, a tratti, s'invertono in un curioso rapporto di interrogazioni che salgono dal racconto verso lo scrittore come in «Festival», dove i dettagli esibiti dall'avvocato affondano dentro la psicologia dell'autore-scrittore con la medesima avvelenata astuzia con la quale la notte di quel luogo fa «invecchiare» il tempo d'entrambi i personaggi.
Antonio Albanese ha debuttato alla Scala con “Le convenienze ed inconvenienze teatrali” di Gaetano Donizzetti. E’ festeggiato però anche per il suo compleanno.(compie 45 anni). Il regalo della redazione del programma è un plaid. Lui guardandolo si fa una risata e Fazio e dice che visto che inizia l’età presenile era per guardare la televisione. Anni prima aveva interpretato “Pierino e il lupo” sempre alla Scala e quindi era nato un rapporto e la direzione artistica aveva anche notato il suo lavoro sulla fisicità e quindi gli è stato chiesto di lavorare con i giovani dell’accademia (già professionisti) e trasmettere la sua esperienza. La sera della prima era molto ansiono, ma molto felice. Fazio gli ricorda che ha dichiarato che da spettatore abbandona l’opera a metà; ma lui ribatte che da regista non si muove fino alla fine. L’intervista continua con alcuni attori con cui ha lavorato alla Scala che gli cantano ”Tanti auguri”.