Che cos’è lo stato innaturale che dà il titolo al tuo cd?
È la condizione in cui perdiamo completamente il controllo sulla nostra testa, in cui le scelte, le parole, i pensieri hanno come unico centro di comando la nostra pancia, senza alcuna possibilità di essere filtrati. Per questo l’amore ci porta in posti che mai avremmo pensato di poter visitare, perché spesso ci poniamo dei limiti assurdi ed inutili, a causa dei quali lasciamo che tante cose ci passino vicino, a volte addirittura ci tocchino, senza poterle afferrare.
Raccontaci l’esperienza di Sanremo dello scorso anno. Speri di tornarci?
Arrivare su quel palco è stato realizzare un sogno. E questo non vuol dire aver raggiunto una meta … è un po’ come aver nuotato intorno alla base di un iceberg ed essere riusciti ad arrivare vicini al pelo dell’acqua… comunque un gran bel risultato! Durante quella settimana sembra che il mondo ruoti intorno al festival, ai suoni, ai colori, sembra che tutto il resto non esista, c’è una frenesia diffusa che mette addosso tanta carica positiva. Sono contenta di aver fatto quell’esperienza con la maturità di una ventottenne, basta poco per perdere il fuoco delle cose e lasciarsi confondere da lustrini superflui. Ci tornerei volentieri, certo, con una consapevolezza ancora maggiore.
Perché hai scelto di inserire nel tuo cd d’esordio la cover Oggi sono io di Alex Britti?
Ci sono canzoni che diventano le colonne sonore di alcuni periodi della nostra vita e diventa inevitabile, riascoltandole, che riportino alla mente cose, persone, odori. Mentre scrivevo Stato Innaturale, Ore ed ore e i pezzi più recenti dell’album lo ascoltavo spesso, per caso, mentre ero in macchina e passava in radio o al supermercato. In studio, durante le pause, imbracciando la mia chitarra, era la prima cosa che mi veniva in mente… un po’ la mia coperta di Linus musicale!
Quali sono le tue influenze musicali e quali gli artisti italiani che stimi?
Certamente ho una predilezione per il cantautorato italiano. Ho molto rispetto di quello dei “padri”, da De Gregori a De André a Paolo Conte, ma la mia attenzione è rivolta alla nuova generazione, da Bersani, a Cammariere, fino ad arrivare a Elisa, a Paola Turci e Carmen Consoli. Trovo che siano i veri rappresentanti della comunicazione musicale del nostro tempo, perché oltre a “cosa” si dice è davvero importante il “come” lo si dice.
Nel disco ci sono brani scritti quando eri adolescente e alcuni recenti. E’ una sorta di “disco di formazione”?
Ho scritto Molto di più a 16 anni, il primo pezzo di senso compiuto che ho tirato fuori dalla mia chitarra e si capisce anche un po’ di fretta viste alcune ingenuità compositive, ma inserirlo nell’album è stato come un voler rimarcare delle tappe, sottolineare la strada che, nonostante soste, deviazioni e qualche rischio di inversione, mi ha portata fino a qui. Gran parte dei pezzi sono stati scritti negli ultimi 3 anni, hanno accompagnato dei momenti importanti della mia vita personale e professionale, alcuni sono stati la mia cura.
Ci descrivi in 5 aggettivi il tuo cd?
Autentico, romantico, malinconico, ammiccante…. Vagliesco!
Hai suonato al Pride di Bologna dello scorso anno. Quest’anno a Milano per laGiornata Mondiale contro l’omofobia. Quanto conta per te essere presente e attiva per certe manifestazioni impegnate?
Le parole non costano nulla. Al massimo un leggero sforzo delle corde vocali e un lieve dispendio di aria dai polmoni. Credo nei fatti, nei gesti, anche piccoli, considerando che gli strattoni spesso provocano strappi di improbabile utilità. I grandi cambiamenti avvengono lentamente… se pensi che per molti si deve ancora completare l’evoluzione in sapiens-sapiens! Le masse sono formate da singoli individui volti e motivati al raggiungimento di uno stesso scopo. Io mi sento uno di quelli. E se il mestiere che faccio può dare maggiore visibilità alla causa, tanto meglio.
C’è chi sostiene che i gay pride ormai siano un mezzo superato per la rivendicazione dei diritti glbt. Ma molti sostengono che in Italia ancora siano doverosi vista la situazione sociale e politica. Tu cosa ne pensi?
I gay pride hanno una molteplicità di facce e funzioni, dalla festa fino ad arrivare alla protesta. E come tutte le cose multiformi e sfaccettate, per un’opinabile incapacità di sintesi e ricerca della “notizia” a tutti i costi da parte degli organi di informazione, viene trasformato davanti all’opinione pubblica come un deplorabile miscuglio carnevalesco. L’anno scorso a Bologna ho visto famiglie e bambini, gente comune che voleva esprimere la propria solidarietà al popolo gay. Se, per assurdo, si organizzasse un pride senza carri, senza eccessi, senza nulla che possa sconvolgere l’apparente quanto fasulla pudicizia degli italiani, gli organi di stampa sarebbero costretti a mostrare il volto di un pride che si tiene volutamente nascosto, un pride pacato e spinto da motivazioni serie.
Hai mai subito episodi di omofobia?
Fortunatamente no.
Perché pensi che l’Italia sia, insieme alla Grecia, l’unico paese europeo che non riconosce i diritti dei gay?
L’Italia affonda le sue radici in tabù mai superati e continuamente rafforzati da racconti e immagini che distorcono la realtà in modo spropositato. Il gay diventa, davanti all’opinione pubblica, un pericolo per la morale, un cattivo esempio che conduce sulla strada della perversione. E’ una strategia elementare usata spesso anche in passato: diffondere paura per poter raccogliere quante più persone nello stesso rifugio, distogliere l’attenzione dalle cose evidenti creandone alcune eclatanti. E poi, chissenefrega se prendi l’aids. L’importante è che non usi il preservativo!
Hai mai pensato di lasciare l’Italia per qualche paese più “civile e progressista”?
No. Mai. Ma per dei limiti ben precisi che mi rendo conto non riuscirei ad oltrepassare, a cominciare dalla comunicazione, chiaramente quella che va ben oltre il lessico basilare per relazionarsi a qualsiasi individuo. Le parole vanno dosate, a volte l’incapacità di poter descrivere sensazioni o stati d’animo fa quasi sentire l’esigenza di crearne delle nuove… e se questo mi succede con la mia lingua madre, dopo quasi 30 anni di confronto, di studio, di continuo cesellamento, certamente sarebbe un problema elevato all’ennesima potenza con una lingua straniera.
Pensi che l’impegno di artisti come te possa fare da cassa di risonanza per la battaglia dei diritti glbt?
Certamente la visibilità di mestieri come il mio aiuta parecchio. A volte però mi rendo conto che si sprecano più energie nel combattere dei mostri piuttosto che a proteggere e portare avanti principi sani e certamente meno “rumorosi”.
Quali diritti ritieni prioritari conquistare?
Credo nella libertà fino al limite in cui non si lede quella di chi ci sta intorno. Libertà di azione, di pensiero e di sentimenti. Credo che tutte le camere da letto debbano restare affare privato e non elemento fondamentale di giudizio di un singolo individuo. Rispetto per tutti, anche per quelli di cui non condividiamo scelte o pensieri.
Dove possiamo venire a sentirti suonare nel tuo tour?
E’ un momento di pausa perché stiamo definendo le date estive e in più sto lavorando al disco che uscirà a settembre. Presto inserirò le nuove date sul mio myspace e su facebook (che gestisco personalmente, trovo che sia una forma di rispetto per le persone che seguono me e la mia musica). E chiaramente sarebbe con immenso piacere che suonerei al pride di Genova e a quello di Roma!