Quali interferenze fanno più rumore?
Quelle che appiattiscono, che non creano spinte verso l’alto, quelle di chi le produce perché sa di non poter andare oltre, di chi abbatte per non costruire e danneggia per non risaldare.
Credi in Sanremo o, piuttosto, nei santi?
Meglio detto: un trampolino di lancio spesso in grado di declassare un artista, un tuffo di testa dentro una piscina prosciugata. Un tuffo di testa può essere letale anche in una piscina piena. Più in alto si sale maggiore è il rischio di farsi del male; ma è più rischioso non rischiare. Sanremo è stato un bel gradino di una scala molto più lunga e complessa, una sorta di lavatrice in piena centrifuga in cui è facile perdere il controllo e farsi male. Sono molto contenta di aver fatto questa esperienza a 27 anni, con una consapevolezza e una maturità che hanno fatto in modo che ne uscissi a testa alta e senza strani e innaturali picchi di popolarità. Ho sempre avuto paura delle ascese veloci, normalmente la velocità della discesa è doppia rispetto alla salita… Un bilancio molto positivo dell’esperienza sanremese: pubblico e critica dalla mia parte.
La classica domanda: hai portato a Sanremo una canzone che parla di un amore omosessuale. Perché Anna Tatangelo e Povia su tutti i giornali, tu in sordina?
Perché io faccio musica, non gossip.
Il coraggio di portare te stessa nei i tuoi pezzi: un azzardo?
Io sono i miei pezzi. L’emozione è senza filtri, non saprei fare altro. E sono convinta che tutto le dimostrazioni di affetto, le mail, le presenze registrate ai miei concerti sono determinate dal fatto che questo mio essere sempre e comunque autentica arrivi in modo quasi disarmante.