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Serena Dandini

Serena Dandini allarga le braccia: "Non è una novità che il premier ci attacca: avevamo già letto nelle intercettazioni che non gli piaceva il programma. Non si può piacere a tutti. Lo sa Berlusconi che ci sono arrivate tante lettere di protesta perché abbiamo attaccato il Pd? Scontentiamo tutti e andiamo avanti. Sa come si dice, a chi tocca non s'ingrugna".

Berlusconi dice che tocca sempre a lui. "Non è colpa nostra se al governo c'è spesso lui. In passato è toccato a Prodi, ricordo una battuta feroce: 'Nessuno lo sa, ma sono morto vent'anni fa'. Poi è stato il turno di D'Alema, Craxi, Veltroni. La satira critica il potere. Berlusconi dice che c'è troppa libertà di stampa ma siamo abituati così: ci piacerebbe, a 150 anni dell'unità d'Italia, non cambiare queste tradizioni".

Però il monologo di Ascanio Celestini su "Toni Corrotto e Toni Mafioso" il primo "più importante" capo del governo, l'altro "presidente della Camera" era un po' forte. "La cosa bella di Parla con me è che unisce varie sensibilità artistiche: Ascanio è libero di esprimere la sua creatività. Ti può piacere di più il tg di Minzolini o il Trio Medusa, sono modi diversi di raccontare la realtà. Forse l'avrà turbato l'intervista al presidente emerito della Corte costituzionale Gustavo Zagrebelsky". Forse.

Ma perché la satira fa così paura? "È la vecchia favola del re nudo; capisco che l'ideale sarebbe essere amati da tutti. Ma la satira è un atto d'amore: il vero partito dell'amore siamo noi. Siamo seri, con tanti problemi criticare la tv non è un bel segno. Qualcuno ha dato del deficiente a Obama e lui non ha fatto una piega: 'La bellezza del nostro paese è che chiunque può dare del deficiente al presidente'. Ha un sense of humour sviluppato".

Come ci si sente ad essere attaccati dal capo del governo? "Con questo lavoro sei esposto al giudizio del pubblico, fa parte del gioco, ma non è gradevole, in un paese normale, venire criticati dal presidente del Consiglio. Un po' intimidisce. Per fortuna, corna facendo, andiamo bene e ci difende dal mercato, il pubblico che ci sceglie".

In Rai che clima c'è? "Posso parlare di RaiTre, siamo affiatati, c'è un rapporto fiduciario. Dell'azienda per cui lavoro non ho notizie. Prima quando s'insediava un presidente o un direttore si presentava, ricordo Agnes. Oggi non conosci nessuno, non c'è progettualità: chi è ai vertici diventa yesman, è legato al politico che l'ha messo lì. Peccato, la Rai è servizio pubblico".

Che si aspetta? "Niente. Andiamo avanti fino al 28, a meno di non trovare lo studio chiuso".

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