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Rosy Bindi

Non vincerà, tranquilli – ma se invece succedesse? Se quei milioni di imprevisti sconosciuti che resero le primarie di Prodi un plebiscito si rifacessero vivi domenica? Se facessero saltare in aria tutte le previsioni, mandando alla segreteria del partito di centrosinistra una casta democristiana 56enne? Non accadrà, non accadrà, ma ci vogliamo almeno pensare?

Per prima cosa, sarebbe uno choc. Per la prima volta la sinistra non incoronerebbe un candidato designato. Nessun precedente storico: Togliatti, Longo, Berlinguer, Natta, Occhetto, furono indicati dai Comitati Centrali. L’unico brivido lo abbiamo vissuto nell'estate 1994, quando i tesserati dovettero scegliere tra D’Alema e Veltroni: lì si vide la forza delle grandi sezioni emiliane, rimaste fedeli all’erede programmato mentre sui giornali di Roma e Milano si cicalava intensamente di Veltroni come dell’uomo nuovo. È stato 13 anni fa. Da quel momento ha preso forma un curioso paradosso: mentre il partito convergeva al centro, perdeva voti proprio in quell’elettorato “molle” che avrebbe dovuto conquistare, rafforzando così ulteriormente il peso interno dello zoccolo duro. D’Alema&co forse guardavano all’America, ma si sono trovati a reggere un partito sempre più bulgaro nelle sue dinamiche interne: nessun delegato è mai entrato a un congresso Ds senza sapere già il nome del segretario che ne sarebbe uscito. Se vincesse la Bindi, molti uomini d’apparato semplicemente impazzirebbero.
Oddio, questo non sarebbe necessariamente un male.

Se vincesse la Bindi, ci troveremmo una donna al comando – certo, non quel tipo di donna che trovi da Vespa in tacco e mini. Piuttosto davanti in fila alla coop. O a un consiglio di classe. O a una marcia della pace. Per esempio io l’ho incontrata lì. Non guidava uno spezzone: girava tra la gente, l’aria di chi cerca qualcuno. Lungo il circo massimo il soundsystem mandava Fossati, mi sono voltato e ho pensato, toh, c’è la Rosi. Per fortuna non l’ho detto a voce alta. Nello stesso momento, lo spezzone di Fassino veniva bloccato e contestato da un drappello di noglobba. La Bindi invece andava in giro tranquilla. È da una vita che fa così. Tutto intorno pallottole e fango, e lei neanche uno schizzo. Magari è fortuna, eh.

Se vincesse la Bindi, la segreteria andrebbe a un cristiano praticante – ma aspetta, questo è già successo, Fassino non è quello che ha studiato dai preti e se ne vanta? La differenza è che la Bindi non si è mai vergognata di ammetterlo. Ma cosa c’è di peggiore di un cristiano coerente? Un cristiano convertito di fresco. Quelli alla Rutelli, per intenderci. Perché Rutelli sta con la Bindi, no? No? Con chi sta? Con Veltroni? Ah.

Lasciamo stare la fede. Il problema è che se vincesse la Bindi, sarebbe il segno che i democristiani hanno vinto, maledetti. Quegli untuosi alla Fioroni, che quando meno te lo aspetti ti sbloccano un finanziamento alle scuole cattoliche… ma aspetta, neanche Fioroni sta con la Bindi. Sta con Veltroni. Pure lui. Però.

In ogni caso come faremmo noi laici a votare una segretaria che sotto il tailleur veste un cilicio... no, sbaglio anche stavolta. Quella in cilicio è la Binetti. Non sta con la Bindi neanche lei. Sta con… Veltroni.

Ci devo pensare bene. Se la Bindi vincesse un bel po’ di democristiani storici e di ritorno si ritroverebbe con le ossa rotte. Messa in questi termini è piuttosto interessante.

Se la Bindi vincesse, magari si riparlerebbe di DiCo. Era una proposta sua. Certo, molti a sinistra storcerebbero il naso: i DiCo erano solo un compromesso. D’altro canto, di partiti a sinistra del Pd, con piattaforme più radicali del Pd, ce n’è già parecchi. È a destra che non c’è nessuno: anzi, meno di nessuno, sommando Dini e Boselli. Insomma, con la Bindi al comando tutto il centrosinistra si troverebbe schierato a favore dei diritti sulle unioni di fatto, con i DiCo (il Pd) o con contratti anche più forti (comunisti, verdi, ecc). E Rutelli potrebbe riciclarsi come coltivatore di cicoria in qualche orto vaticano. Sto sognando, naturalmente. Non può essere vero. La Bindi non può vincere le primarie.

Però se le vincesse, Roma si ritroverebbe con un sindaco a tempo pieno, e Dio sa quanto ne abbia bisogno. E tra qualche anno l’Africa potrebbe accogliere un missionario di prima grandezza, un romanziere, un dj, un cinefilo, un uomo meraviglioso. Sarebbe una gran cosa per Roma e per l’Africa, e chissà, forse anche per il partito democratico.

In ogni caso non succederà. La Bindi non vincerà le primarie. Però è stata brava a volerci provare. Domenica avrebbe potuto essere una farsa, come ne abbiamo viste tante. Invece sarà qualcosa di più simile a una lotta vera. Le primarie sono importanti anche e soprattutto come precedenti.
Se la Bindi perderà, com’è probabile, resterà in piedi. Se ci sarà una corrente interna di minoranza (com’è giusto che sia), lei la guiderà, e sarà leale e battagliera. Con il prezzo di un solo voto ci ritroveremo due leader investiti dalla base. Non è un cattivo risultato, per un euro. Che altro ti porti a casa con un euro al giorno d’oggi, il disco dei Radiohead?

Leonardo

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