FABIO NEL SUO PICCOLO
Al riparo dai grandi clamori, zitto zitto invita chi gli pare e nessuno lo intralcia. Le sue armi? Ironia e intelligenza.
"Quel pomeriggio di un giorno da cani", non so trovare definizione migliore del titolo del famoso film con Al Pacino del 1975, per descrivere un vero e proprio misfatto, il peggiore al quale abbia mai assistito in oltre quarant’anni di frequentazione dei palazzi della Tv. Era un giorno di metà settembre del 2001 e con me una cinquantina di giornalisti erano venuti a sentire Fabio Fazio che ci avrebbe raccontato la sua nuova (e prima) trasmissione su La 7, che l’aveva strappato alla Rai (per la verità senza alcuna fatica, perché per lui la Rai era diventata matrigna) e incaricato di condurre una trasmissione giornalistica di seconda serata, Fab show, che in qualche modo doveva definire la linea editoriale della rete ex Telemontecarlo, poi diventata La 7 con il cambio di proprietà. Un’ora abbondante dopo l’annunciata conferenza stampa, un’incaricata della rete venne a comunicarci che Fab show non sarebbe andato in onda né quella sera né mai. Nessuna spiegazione, e che non ci aspettassimo di incontrare Fazio.
Conoscendolo, nessuno si mosse e lui puntualmente scese. Ho ricercato gli appunti di quel giorno dove avevo annotato: «Non faccio nessuna polemica. Adesso sparisco per un paio d’anni e poi si vedrà...». E sparì sul serio, certo, ferito da quel trattamento, ma deciso a non dare ai suoi "carnefici" il minimo appiglio per non rispettare il contratto. Sempre nei miei appunti ho ritrovato, ironia della sorte, anche una dichiarazione che Fabio mi aveva rilasciato poco prima di quel giorno funesto.
Affermi continuamente che ami ancora la Rai. Come è possibile?
«La amo visceralmente, credo nel servizio pubblico se (e non è un’utopia) la Tv rispetta le persone. Perché la Tv la fanno le persone. Però ho provato un’immensa gioia quando, durante il G8, io ero a Berlino e un quotidiano tedesco ha scritto: "La 7 è l’unica Tv libera in Italia. Speriamo sia un auspicio per il mio Fab show. Finché lo farò, sarà una realtà!" Una realtà che non ebbe nemmeno il tempo di vagire...».
In Rai, comunque, Fazio c’è tornato tre anni fa: ha scelto Raitre e una trasmissione di "nicchia" che sfida telegiornali, pacchi e Gabibbo. Si intitola Ma che tempo che fa ed è uno spettacolo di parole (traduzione letterale di talk show), piace al pubblico e ha il consenso della critica.
Fabio, tu hai scelto la strada della penombra, sulla tua trasmissione non piovono spot promozionali né titoloni dei media. Zitto zitto inviti chi ti pare: Biagi, Santoro, Prodi... e nessuno ti intralcia né crei polemiche, proprio il contrario del miliardario Celentano...
«Sta tutto nell’ossessionante creazione di un’aspettativa, nel tambureggiante tam-tam dei media; quando si esagera finisce sempre che il pubblico si chiede: "tutto qui?". È un discorso che vale sempre, non solo per Celentano».
Nato con Raffaella Carrà (1983, Pronto Raffaella), si dimostra un eccellente imitatore nel 1984 nel Loretta Goggi in quiz, Fabio diventa grande con Quelli che il calcio e con due mitologiche edizioni del Festival di Sanremo, oggi, a 41 anni, è tornato alla "sua" Raitre.
«Perché solo questa rete mi dà libertà e stima, perché nella vita non ci sono cose che non si possono dire. Questa è Raitre!».
Insomma, la Rai dei grandi ascolti ti sta ancora stretta? S’è parlato a lungo di una tua conduzione di Affari tuoi. Poi non se ne è fatto nulla. Perché?
«Non era proprio nei miei pensieri, ma me l’aveva chiesto Cattaneo, allora direttore generale della Rai e la Rai è la mia azienda. Avevo sposato solo una condizione: registrare le prime puntate. Non era un capriccio, ma una necessità personale molto importante. Il direttore di Raiuno, però, ha obiettato che Affari tuoi doveva andare in diretta. Così non se ne è fatto niente. Oggi la trasmissione dei pacchi viene regolarmente registrata...».
Quindi Del Noce ha perso con Celentano, ma ha vinto con te...
«Non so, non mi importa!».
Oggi non torneresti su Raiuno?
«Non si torna sul luogo del delitto, soprattutto quando lo hai commesso...».
Toglimi una curiosità: ho l’impressione che tu prepari domande intelligenti per certi ospiti e domande "standard" per altri...
«Per ottenere un risultato, o meglio un certo effetto, bisogna essere preparati, conoscere il più possibile l’ospite e metterlo a proprio agio. Guai ad aggredirlo. Io faccio conversazione e mi piace sprecare il tempo. Che so, parlare con Susanna Tamaro non di libri, ma di insetti e con Depardieu non di cinema, ma di cucina».
Sei soddisfatto quindi della tua finta meteorologia?
«Ho avuto la fortuna di fare, professionalmente, quasi tutte le esperienze. A me interessa la libertà creativa. Oggi sto sperimentando la mia capacità di comunicare al pubblico notizie e simpatia. Insomma, sto studiando a fondo l’essenza del talk show».
Quando te ne sei andato dalla Rai avevi lasciato all’azienda l’incarico di farti una proposta economica. Non è arrivata e tu, con un Sms, hai comunicato al presidente Zaccaria che te ne andavi...
«E lui mi ha risposto con un freddo comunicato Ansa, dove neanche era adombrato il tentativo di trattenermi. Così sono stato l’unico a essere andato via dalla Rai volontariamente, senza essere cacciato a giochi fatti, visto che ero nella lista dei cattivi dell’allora ministro delle telecomunicazioni Gasparri».
Per amor di cronaca anche Dario Fo e Franca Rame, nel 1962, quando tu avevi due anni, lasciarono Canzonissima, che conducevano, per incompatibilità con la Rai...
«Allora mi trovo in buona compagnia».
Nel 2001, quando sei passato a La 7, mi avevi detto: «Ho trentasei anni, mi sono tolto la soddisfazione di ottenere risultati eclatanti, ora vado a cercarmi un piccolo spazio, un 3 per cento di share, ho voglia di libertà, un contratto di ferro: se ci saranno problemi mi liquideranno i tre anni per i quali mi sono impegnato e me ne starò fermo un anno o due e andrò via con mia moglie Gioia. È da tanto che vogliamo un figlio. Mi piacerebbe guardarmi allo specchio nel ruolo di papà».
Adesso, cinque anni dopo, Fabio e Gioia hanno realizzato i loro desideri: lui lavora da uomo libero, dice quello che pensa e pensa quello che dice e, sette mesi fa, è nato Michele, senza clamori, senza annunci alla stampa.
«E io ogni giorno non vedo l’ora di tornare a casa in tempo per partecipare al rito del bagnetto».