Sotterraneo, finora sotto traccia, incombente, annunciato, sussurrato, è adesso esploso apertamente nel Pd il problema dei rapporti con l’Italia dei valori di Tonino Di Pietro. E’ stato Pierluigi Bersani a porre la questione sul tappeto in maniera netta, ed è stato Dario Franceschini a replicare a stretto giro in maniera altrettanto netta, e così la vicenda è diventata oggetto di scontro congressuale. Attacca Bersani: «Con Idv ci divide il modo di fare politica e opposizione. Loro si limitano a enunciare le storture della democrazia, ma così facendo non si va da nessuna parte, sul tema della democrazia bisogna invece unire forze diverse. Comunque - conclude il candidato alla segreteria del Pd - se costruiremo una alternativa credibile non soffriremo più del fenomeno Di Pietro, tanti elettori torneranno a noi». Passa poco tempo, da Roma informano Dario Franceschini della presa di posizione dell’amico-rivale, e subito arriva la replica altrettanto netta e significativa: «Uniamo gli sforzi dell’opposizione per contrastare gli avversari. E l’avversario del Pd si chiama Berlusconi, non Di Pietro». Per Piero Fassino, principale sponsor del segretario uscente, ci vogliono sia Udc che Idv, «è un interesse oggettivo del Pd realizzare una convergenza con tutte le forze di opposizione». Differenze esplicite, c’è materia perché il congresso si infiammi. Il problema non è tanto e solo il rapporto o meno con l’ex pm più famoso d’Italia, quanto il modo di concepire il Pd, la sua funzione come partito e quindi le alleanze e quindi il modo di fare opposizione e quindi il tipo di alternativa da mettere in campo oggi per sperare di diventare domani alternativa al centrodestra.