Intervista ad Alessandra Ravetta, direttrice di Prima Comunicazione
"Credo che sia la rivista più costosa d'Italia", dice con orgoglio la direttrice Alessandra Ravetta. Prima Comunicazione costa dieci euro e vale ogni centesimo. È una delle riviste più oneste che ci sia in edicola. Parla della comunicazione, del mondo dei giornalisti: gossip, progetti, litigi, tutto.
Vende circa diecimila copie. Ravetta ci lavora da trent'anni, lei e suo marito sono condirettori. Possiedono circa il 70 per cento delle azioni e quindi sono liberi dai soliti padroni – un altro azionista è Lorenzo Pellicioli delle Pagine Gialle. Ravetta è schietta quanto la rivista. Le chiedo come giudica la salute del giornalismo italiano. "Pessima".
Subisce pressioni? "Tantissime. Querele, inserzionisti che si ritirano se non gradiscono gli articoli. Per esempio, dal 2001 la Rai non è più un nostro inserzionista. Nel 2003 i giornalisti italiani sono stati querelati per due miliardi di euro. In un solo anno! La querela è molto di moda. Noi abbiamo una rubrica come Pit Bull, che ha uno stile volgare, aggressivo. Il povero cane ha preso un sacco di querele!".
Perché vi arrivano tante soffiate? "Abbiamo una rete di conoscenze. Facciamo questo lavoro da trent'anni. Conosciamo i direttori da quando erano giovani. E poi, Prima non è Dagospia: il nostro è un lavoro di fonti, ricerca, indagine, come quello dei giornalisti economici".
La Rai? "L'effetto Berlusconi è stato ovviamente drammatico. La Rai è diventata come Mediaset. Hanno minato le sue radici. Come se avessero preso uno e gli avessero rotto tutte le ossa. È un'azienda di grande professionalità, di grandissima cultura, però temo che non possa mai più riprendersi". Il nuovo numero – a dieci euro – sarà in edicola da sabato.