Intervista a Marco Bertotto, presidente di Amnesty international
Mai come oggi c'è bisogno di Amnesty international, l'organizzazione che denuncia le violazioni dei diritti umani in tutto il mondo. La sede italiana esiste dal 1976 e nel paese ci sono 85mila sostenitori. Il suo loquace presidente è il trentunenne torinese Marco Bertotto.
Negli ultimi tre anni, spiega, "criticare i governi è più difficile. A causa della minaccia terroristica gli abusi sono in qualche modo giustificati. Il clima generale suggerisce che è lecito ridurre o sacrificare i diritti fondamentali per la sicurezza: la domanda centrale diventa 'come facciamo a tener fuori i terroristi?'. Questa logica, secondo noi, andrebbe capovolta".
La sicurezza, sostiene Bertotto, non è in contraddizione con i diritti umani, ma ne è la conseguenza. "È inutile chiudere le frontiere. Bisogna capire da cosa queste persone stanno fuggendo. Bisogna capire perché i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu vendono l'88 per cento delle armi del mondo".
In questa nuda statistica c'è una possibile spiegazione per i tanti profughi e i tanti immigrati che vengono dalle zone di guerra. "Inoltre l'Italia è l'unico paese europeo senza una legge sul diritto d'asilo. Non esiste un sistema di accoglienza per gli stranieri. Esistono delle nicchie importanti – associazioni e autorità locali – ma è come voler vuotare l'oceano con un cucchiaio. L'Italia ha già assunto degli obblighi, deve però ancora tradurli in pratica. Purtroppo c'è poca sensibilità da parte dei politici italiani sui diritti umani: pensano sempre che siano un problema di politica estera, invece sono una questione interna".
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