Cronaca - il sito di zon@ venerdì

Racconti



Non me la sento di cantare vittoria perché un cardinale ha aperto per qualche minuto la finestra

Quest'anno dentro l'uovo di Pasqua ho trovato le dichiarazioni del cardinale Carlo Maria Martini. L'anno scorso la sorpresa è stata l'elezione di Joseph Ratzinger a pontefice: posso dire che, in un anno, qualcosa è cambiato. Mentre il papa e i suoi fedeli affollavano le strade di Roma in occasione della Via crucis, mentre dichiaravano che le forme di dissoluzione del matrimonio sono espressione di libertà anarchiche, Martini sedeva sulla sua poltrona a riflettere sui grandi temi che la chiesa ripropone a scadenza fissa almeno una volta a settimana: aborto, cellule staminali, profilattico, adozioni ed eutanasia.

Dalle sue riflessioni sembra che la chiesa stia lentamente facendo passi avanti sul sentiero del buonsenso, abbandonando almeno un po' quell'attaccamento morboso e viscerale al dogma cattolico che non può trovare terreno nella società di oggi.

Martini si dichiara contrario all'aborto, ma in alcuni casi estremi rispetta la scelta, che riconosce come dolorosa e sofferta, di chi considera necessario il gesto; favorevole all'utilizzo di embrioni congelati già esistenti (meglio permettere a una vita di espandersi, dice, piuttosto che lasciarla morire). Si dice favorevole anche all'uso del profilattico (che sarebbe un male minore, ma pur sempre un male) per prevenire l'aids, e ritiene che nel caso di due coniugi sposati, di cui uno affetto dal virus, l'uso del preservativo debba essere obbligatorio.

Leggo un'allusione al preservativo anche quando Martini afferma che lo stato deve impegnarsi "a diminuire il più possibile le cause dell'aborto", perché immagino che anche il cardinale riconosca le difficoltà a cui andrebbe incontro uno stato che promuova l'astensione dai rapporti sessuali. Si dice anche favorevole all'adozione per i single (ma non parla delle coppie omosessuali), e assolutamente contrario all'eutanasia, ma comprensivo verso coloro "che compiono un simile gesto per puro sentimento di altruismo".

Quando Martini considera "necessario e urgente un ‘dialogo sulla vita' che non parta da preconcetti o da posizioni pregiudiziali ma sia aperto e libero e nello stesso tempo rispettoso e responsabile", come si fa a non accorgersi delle differenze tra lui e Ruini? Come si fa a non capire chi è progressista e chi no?

Martini è consapevole di parlare sulla base di princìpi astratti, gli è chiaro che la sua esperienza personale non è in grado di fornirgli materiale sufficiente a giustificare le sue prese di posizione. Sa benissimo di essere un uomo di chiesa, sa benissimo che qualsiasi cosa lui dica non può essere supportata da una reale consapevolezza, ma si basa solo su teorie e dogmi. E questo non mi pare poco.

melissa p.

Per commentare scrivere qui