Dopo i fatti d'Ungheria del 1956 preferì allontanarsi dai comunisti ed all'interno del partito guidò la corrente dei "Socialisti autonomisti", tendente a creare le condizioni per un governo che fosse espressione di un accordo tra i socialisti ed il centro, contrapposta alla corrente dei "Socialisti carristi", più orientati a sinistra. Fondò, con Aldo Moro, Ugo La Malfa e Giuseppe Saragat, una nuova coalizione politica, chiamata centrosinistra. Tuttavia in tale occasione si ebbe la scissione della corrente dei "carristi" che, dopo il XXXV congresso svoltosi a Roma all'inizio del 1964, presso il Palazzo dei Congressi dell'EUR, diedero vita al nuovo PSIUP, guidato da Tullio Vecchietti e Dario Valori. Eletto deputato per numerose legislature, fu più volte ministro e anche vicepresidente del Consiglio nel primo, nel secondo e nel terzo governo Moro), ed in tale veste si adoperò per l'adozione di riforme economiche e di struttura, nonché per la riforma della scuola (fu tra l'altro fautore dell'abolizione dell'insegnamento obbligatorio del latino, da lui definito "lingua dei signori") e per la semplificazione della burocrazia (famosa la sua battaglia contro il titolo di "eccellenza"). Fu favorevole all'unione tra socialisti e PSDI e la sua ultima grande campagna fu quella per il riconoscimento legale del divorzio.