Il 23 febbraio 1848 Parigi insorge: in due giorni Luigi Filippo di Francia è costretto a fuggire a Londra e viene proclamata la repubblica. La rivoluzione si estende in tutta l'Europa, cancellando l'assetto politico creato nel 1814 dal Congresso di Vienna.
La pubblicazione della "Gazzetta tedesca di Bruxelles", di cui Marx è collaboratore, induce il governo prussiano a richiedere l'espulsione di Marx, e quando scoppiano moti popolari anche a Bruxelles, il governo belga arresta Marx e lo espelle.
Con il mandato della Lega di costituire un comitato centrale del partito, emigra il 4 marzo a Parigi dove il governo provvisorio lo saluta: "La tirannia vi ha bandito, la libera Francia apre le sue porte a voi e a tutti quelli che lottano per la santa causa della fraternità dei popoli". In Francia già si era verificata la spaccatura fra forze liberali, che temevano l'estremismo proletario, e quelle socialiste; i blanquisti, rifacendosi alla Grande Rivoluzione, chiedevano la guerra rivoluzionaria contro le monarchie assolute.
Secondo Marx, essendo la borghesia incapace di condurre la rivoluzione persino nella prospettiva delle conquiste democratiche, il proletariato organizzato doveva mantenere la propria autonomia d'azione e prepararsi allo scontro decisivo per la rivoluzione sociale.
Alla fine di marzo la rivoluzione si allarga alla Germania dove tuttavia, rispetto alla Francia, le possibilità rivoluzionarie, per l'assenza di un proletariato numeroso, organizzato e conquistato alle idee socialiste, dovevano limitarsi a richiedere riforme democratiche. Per Marx occorre intanto favorire la comunione d'intenti fra proletariato e forze democratiche sperando in una favorevole evoluzione in Francia che traini la rivoluzione tedesca.