Nel Manifesto si analizza la forma sociale borghese come prodotto di un lungo processo storico:
«Ceto oppresso sotto il dominio dei signori feudali, insieme di associazioni armate ed autonome nel Comune, talvolta sotto la forma di repubblica municipale indipendente, talvolta di terzo stato tributario della monarchia, poi all'epoca dell'industria manifatturiera, nella monarchia controllata dagli stati come in quella assoluta, contrappeso alla nobiltà, e fondamento principale delle grandi monarchie in genere, la borghesia, infine, dopo la creazione della grande industria e del mercato mondiale, si è conquistata il dominio politico esclusivo dello Stato rappresentativo moderno. Il potere statale moderno non è che un comitato che amministra gli affari comuni di tutta la classe borghese».
Con la trasformazione dei rapporti sociali e lo sviluppo delle forze produttive, «anche le idee, le opinioni e i concetti, insomma, anche la coscienza degli uomini, cambia col cambiare delle loro condizioni di vita, delle loro relazioni sociali, della loro esistenza sociale. Cos'altro dimostra la storia delle idee, se non che la produzione intellettuale si trasforma assieme a quella materiale? Le idee dominanti di un'epoca sono sempre state soltanto le idee della classe dominante. Si parla di idee che rivoluzionano un'intera società; con queste parole si esprime semplicemente il fatto che entro la vecchia società si sono formati gli elementi di una nuova, e che la dissoluzione delle vecchie idee procede di pari passo con la dissoluzione dei vecchi rapporti d'esistenza».
È la divisione del lavoro intellettuale e manuale che produce all'interno della stessa borghesia i suoi ideologi, gli intellettuali apologeti, in buona o cattiva fede, dei valori politici, economici, religiosi, morali, giuridici, elaborati in sistemi filosofici e sociologici, riportati ed esaltati nelle interpretazioni dei fatti storici, separando tali idee dominanti dai rapporti che caratterizzano il modo di produzione della società, credendo e propagandando la falsa teoria del dominio storico delle idee le quali si svilupperebbero attraverso un loro moto interno e indipendente. Tali ideologie, o false coscienze, non possono trasformare la struttura sociale ed economica, come alcuni ideologi, più o meno ingenuamente, possono ritenere, essendo esse stesse il prodotto delle relazioni umane materiali che giustificano spiritualmente i rapporti di produzione esistenti e diventano strumento di conservazione del dominio di classe, del potere politico. Non è la critica o il pensiero che riflette su sé stesso, ma è la rivoluzione la forza motrice della storia.