Su richiesta di alcuni giovani compagni, scrisse da solo il numero unico del giornale dei giovani socialisti La Città futura, uscito l'11 febbraio 1917. Qui mostra la sua intransigenza politica, la sua ironia, anche contro i socialisti riformisti, il fastidio verso ogni espressione retorica ma anche la sua formazione idealistica, i suoi debiti culturali nei confronti di Croce, superiori perfino a quelli dovuti a Marx: «in quel tempo» - scriverà - «il concetto di unità di teoria e pratica, di filosofia e politica, non era chiaro in me e io ero tendenzialmente crociano». Nel marzo 1917 lo zar di Russia è facilmente rovesciato da pohi giorni di manifestazioni popolari, per lo più spontanee, che chiedono pane e la fine dell'autocrazia: viene instaurato un moderato governo liberale e, insieme, si ricostituiscono i Soviet, forme di rapprsentanza su base popolare, controllati dai partiti socialisti, già creati nella precedente Rivoluzione russa del 1905; le notizie giungono in Italia parziali e confuse: i quotidiani «borghesi» sostengono che si tratta dell'avviamento di un processo di democratizzazione in Russia, sull'esempio della grande Rivoluzione francese, mentre Gramsci è convinto che «la rivoluzione russa è [ ... ] un atto proletario ed essa naturalmente deve sfociare nel regime socialista [ ... ] i rivoluzionari socialisti non possono essere giacobini: essi in Russia hanno solo attualmente il compito di controllare che gli organismi borghesi [ ... ] non facciano essi del giacobinismo». Con il ritorno in Russia di Lenin, che pone subito il problema della pace immediata e della consegna del potere ai Soviet, la lotta politica si radicalizza. Gramsci è convinto che Lenin abbia «suscitato energie che più non morranno. Egli e i suoi compagni bolscevichi sono persuasi che sia possibile in ogni momento realizzare il socialismo». Gramsci nega esplicitamente la necessità dell'esistenza di condizioni obbiettive affinché una rivoluzione trionfi, quando scrive che i bolscevichi «sono nutriti di pensiero marxista. Sono rivoluzionari, non evoluzionisti. E il pensiero rivoluzionario nega il tempo come fattore di progresso. Nega che tutte le esperienze intermedie tra la concezione del socialismo e la sua realizzazione debbano avere nel tempo e nello spazio una riprova assoluta e integrale». È l'anticipazione dell'articolo, più famoso, che scriverà subito dopo la notizia del successo della Rivoluzione d'ottobre.